IL GIOCATORE Fedor Dostoevskij
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si è sfogato con me; tra l'altro ha ritenuto di nuovo necessario farmi
osservare che egli non desiderava vedermi al tavolo da gioco. Secondo lui,
se io avessi perso molto ciò l'avrebbe gravemente compromesso. «Ma
anche se lei vincesse molto, io ne sarei ugualmente compromesso,» ha
aggiunto con aria significativa. «Naturalmente io non ho il diritto di
decidere delle sue azioni, ma lei stesso converrà che...» e al suo solito non
ha concluso la frase. Io ho risposto seccamente che avevo pochissimo
denaro, e di conseguenza non potevo mai perdere in misura notevole,
anche se mi fossi messo a giocare. Tornandomene in camera mia, ho fatto
a tempo a consegnare a Polina la sua vincita e a dichiararle che la prossima
volta non avrei più giocato per lei.
«E perché?» ha chiesto lei allarmata.
«Perché voglio giocare per me,» ho risposto osservandola
meravigliato, «e questo me l'impedisce.»
«Dunque lei è sempre assolutamente convinto che la roulette è la sua
unica via d'uscita e di salvezza?» ha chiesto lei in tono ironico. Ho risposto
di sì con la massima serietà; ho aggiunto che quanto alla mia convinzione
di dover assolutamente vincere ammettevo pure che potesse essere
ridicola, ma volevo soltanto «che mi si lasciasse in pace».
Polina Aleksandrovna insisteva sul fatto che io dovevo assolutamente
accettare la metà della vincita di quel giorno e voleva darmi ad ogni costo
ottanta federici offrendomi di continuare a giocare anche in futuro a quelle
condizioni. Ma io ho rifiutato decisamente e definitivamente la spartizione
e ho dichiarato che non potevo giocare per conto di altri non perché non lo
desiderassi, ma perché certamente avrei perduto.
«E tuttavia io stessa, per quanto ciò possa essere sciocco, spero quasi
soltanto nella roulette,» ha aggiunto lei facendosi pensierosa. «Per questo
lei deve assolutamente continuare a giocare facendo a metà con me, e
naturalmente lo farà.» Detto ciò se n'è andata senza dare ascolto alle mie
proteste.
III
Comunque, per tutta la giornata di ieri non mi ha detto neppure una
parola intorno al gioco e in generale ha evitato di parlare con me. Il suo
abituale modo di fare con me non è cambiato. Un'assoluta noncuranza nel