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Ritengo che questo lavoro sia un ottimo esempio di partecipa-zione autonoma della cittadinanza attiva alla vita della comuni-tà, un documento esemplare che testimonia quanto si possa fa-re unendo competenza tecnica e passione per il bene comune. Rappresenta inoltre un efficace modello di analisi ed informa-zione che dovrebbe essere utilizzato anche in molte altre parti d'Italia: dal Piemonte alla Sicilia, passando naturalmente per la Liguria in cui vivo, serve unire le forze per contrastare il dila-gante e cinico pensiero neoliberista
Ritengo che questo lavoro sia un ottimo esempio di partecipa-zione autonoma della cittadinanza attiva alla vita della comuni-tà, un documento esemplare che testimonia quanto si possa fa-re unendo competenza tecnica e passione per il bene comune. Rappresenta inoltre un efficace modello di analisi ed informa-zione che dovrebbe essere utilizzato anche in molte altre parti d'Italia: dal Piemonte alla Sicilia, passando naturalmente per la Liguria in cui vivo, serve unire le forze per contrastare il dila-gante e cinico pensiero neoliberista
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Il SIN di Livorno bomba ecologica dell’alto
Tirreno
Maurizio Marchi – Antonio Fiorentino
Le aree industriali e portuali di Livorno e Collesalvetti sono
tra le più inquinate d’Italia se non del Mediterraneo e da tempo sono
state inserite tra i Siti di Interesse Nazionale (SIN), ossia quelle porzioni
del territorio nazionale di particolare pregio ambientale, caratterizzate
da un “elevato rischio sanitario ed ecologico”.
A partire dal 1998 sono stati individuati ben 42 SIN, tra cui
quelli di Taranto, Gela, Piombino, Priolo, Porto Marghera, e tanti
altri, tali da configurare una preoccupante mappa dei veleni d’Italia,
sempre più diffusi e pericolosi ma, il più delle volte, dimenticati
dalle autorità governative e locali.
L’istituzione dei SIN ha certamente permesso di ricostruire i
fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali in
modo da ottenere le informazioni adeguate alla messa in sicurezza e
alla bonifica del sito stesso. Questa è finalizzata a ridurre, in modo
significativo, le sorgenti e le emissioni inquinanti, a trattare o rimuovere
i volumi contaminati, a garantire il ripristino ambientale e
la tutela della salute umana.
Il problema è che alle iniziali buone intenzioni non abbia
fatto seguito l’attuazione delle bonifiche necessarie. In nessun SIN
queste sono state portate a termine. La percentuale di aree con il
procedimento concluso è una minima parte, pari solo al 16% della
superficie totale dei terreni e al 12% della superficie delle acque sotterranee.
In questo quadro così desolante il SIN di Livorno, a più di
venti anni dalla sua istituzione, si distingue in peggio per non aver
visto completare nessun intervento di bonifica, sia del suolo che del
sottosuolo che delle acque sotterranee. Anzi, la superficie sottoposta
a tutela è passata dagli iniziali 2.024 ettari del 2003 (di cui 1.433
marini e 509 di terra) ai 776 del 2014 (di cui 570 marini e 206 di
terra), agli attuali 206 ettari (solo di terra). Eppure il carico di inquinanti
presente nelle aree escluse era ben noto, come anche che
queste non fossero state oggetto di interventi di bonifica. E allora
perché sono state escluse dal SIN? Semplicemente perché queste
coincidevano proprio con le aree marine dove era previsto lo sconsiderato
progetto della Darsena Europa. Dovevano essere sacrificate
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