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La Torre di Veglia n 2 marzo-aprile 2024

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Marzo• Aprile 2024

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12

d

LA TOR

TORRE RE DI VEGLIA

Per il tema dell’accoglienza della diversità, in questo numero ho pensato di intervistare Nicola Ziliotto,

vicedirettore della Caritas diocesana di Vittorio Veneto, che negli ultimi mesi è stato impegnato nell’arrivo

a Vittorio Veneto di una famiglia proveniente dall’Afghanistan utilizzando i corridoi umanitari messi a

disposizione da Caritas Italiana.

Nicola, prima di tutto, spiegaci cosa sono i corridoi

umanitari

In estrema sintesi, è un modo per far sì che le persone

possano spostarsi da uno Stato ad un altro in

modo legale e sicuro, per evitare quindi viaggi di fortuna,

come quelli che vediamo avvenire via mare con

i barconi, oppure attraverso la rotta balcanica, che

come sappiamo espongono le persone a grandi rischi

per la vita in un percorso che a volte dura anni. Spesso,

per sperare di arrivare a destinazione sono costretti

a pagare i trafficanti cifre spropositate. Senza contare

che a volte si muovono con dei bambini anche piccoli,

e che a volte sono dei minori stessi a viaggiare

soli senza genitori (i minori non accompagnati).

I corridoi umanitari concretamente funzionano con

paesi del mondo in cui sappiamo che ci sono delle

condizioni di discriminazione o di persecuzione, di

tipo religioso o etnico, o nei confronti delle donne,

per cui la persona o la famiglia vuole scappare dal

suo paese in cui non si sente tutelato nei suoi diritti

fondamentali, anzi si sente in pericolo. Lo stesso

papa Francesco incentiva molto questa opportunità.

Il progetto ha diversi attori coinvolti: Caritas italiana

come coordinatore del progetto, la Caritas diocesana

dove la persona o la famiglia vogliono arrivare, il ministero

degli interni italiano, e le autorità dello Stato

di partenza (quando accettano di collaborare).

Concretamente come avviene questo viaggio?

Nello specifico, noi come Caritas diocesana di Vittorio

Veneto abbiamo permesso il ricongiungimento

familiare dei genitori di una donna che era già scappata

in Italia due anni fa circa, insieme a marito e figli,

che attualmente sono ospitati da Caritas Vittorio

Veneto.

Concretamente il viaggio avviene attraverso un volo

predisposto da Caritas Italiana, abbiamo potuto far

arrivare in Italia queste due persone, insieme ad un’altra

trentina aiutate e accompagnate da altrettante Caritas

di altre diocesi italiane. Il viaggio aereo è però

solo la conclusione di tutto un processo di accompagnamento

a distanza, ad opera di Caritas italiana,

lungo tutto l’iter burocratico necessario a far sì che lo

Stato di partenza approvi il viaggio verso l’Italia.

Immagino che non sia stato facile...

È stato tutt’altro che facile o immediato... Uscire

liberamente dall’Afghanistan è impossibile, visto che

lì c’è un regime dittatoriale, il regime stesso non permette

a nessuno di lasciare il paese, in particolare alle

donne, per cui queste persone hanno dovuto usare un

escamotage per uscire dal paese. Sono riusciti a farsi

autorizzare un permesso turistico della durata di 60

giorni in Pakistan, paese confinante con l’Afghanistan.

Per cui hanno fatto le valigie e hanno lasciato la

loro casa, e si sono pagati la permanenza in Pakistan

per due mesi in un appartamento... In questi due

mesi di preparazione al viaggio, bisogna ringraziare

il grande lavoro di Caritas Italiana di Roma che ha

una persona di fiducia in Pakistan che ha accompagnato

questa famiglia ad espletare tutte le procedure

burocratiche per poter uscire dal paese: visti, le visite

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