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La Torre di Veglia n 2 marzo-aprile 2024

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Marzo• Aprile 202424

LA TORRE TORRE DI VEGLIA VEGLIA

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ba, rimasta vuota, abbandonata dall’unico risorto

di tutti i tempi e di tutti i luoghi. La chiesa ci invita

a recarci pellegrini a quel luogo, unico al mondo,

dove avvenne quel fatto irripetibile, la risurrezione

di Gesù. Siamo invitati a riempire gli occhi e la

mente di stupore. Ci dice la liturgia: “Questo è il

giorno che ha fatto il Signore, giorno unico e irripetibile,

andate e portate a tutti la gioia del Signore

risorto”.

Il compito di noi cristiani è far sbocciare nel deserto

di tanti cuori il fiore bello e profumato della

gioia, della collaborazione, della fraternità, dell’a-

more.

La fede

come un dono

Qualcuno potrebbe obiettare: “A

che serve sognare il giorno di Pasqua

se domani comincerò ancora la stessa

vita, con le stesse rogne e le stesse croci?”.

Questo è il concetto di “croce” vissuta in

modo negativo, non come trampolino di

lancio verso la risurrezione, ma come pietra

d’inciampo, pietra di scandalo.

Maria ai piedi della croce, dove la fede è messa

alla prova, riassume e rappresenta tutti noi.

Per questo anche quest’anno siamo invitati a

metterci in ginocchio davanti al crocifisso. Davanti

alla croce capiamo quanto futili siano tanti nostri

desideri e inconsistenti certi pensieri. Davanti alla

croce impariamo a vivere felici nonostante impariamo

a rileggere la nostra esistenza e quella altrui in

modo nuovo, meno superficiale e più solidale. Il

crocifisso ci incoraggia ad affrontare la vita dalla

prospettiva della condivisione, dell’amore, del

dono di sé, del perdono. Nel contesto attuale

di preoccupazione ed incertezza in cui viviamo

(guerre, uccisioni, violenze, crisi sociale e climatica),

parlare di speranza potrebbe sembrare

una provocazione. Ma chi se non noi cristiani,

dopo la passione e risurrezione di Cristo, può

annunciare al mondo una Pasqua di pace e di

fraternità?

La Pasqua canta la speranza dei poveri. Poveri

di beni materiali, ma ricchi di quella fede che li

rende felici al pensiero che Cristo è uno di loro. I

poveri non si sentono schiacciati dai loro peccati:

sanno che Cristo ha pagato per loro. I poveri non

hanno nulla da perdere con la morte: sperano, anzi

credono che due braccia li attendono oltre il “muro

d’ombra”.

I poveri si possono permettere il lusso di cantare:

Dio del cielo, se mi vorrai

in mezzo agli altri uomini mi cercherai.

Dio del cielo, se mi cercherai

nei campi di granturco mi troverai.

Dio del cielo se mi vorrai amare

scendi dalle stelle e vienimi a cercare.

Dio del cielo, se mi vorrai amare

scendi dalle stelle e vienimi a cercare.

Dio del cielo, se mi cercherai

in mezzo agli altri uomini mi troverai.

Dio del cielo, io ti aspetterò

nel cielo e sulla terra io ti cercherò.

(F. De Andrè)

don Giulio

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