In punta di sellino n. 4 - maggio 2024
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in <strong>punta</strong> <strong>di</strong> <strong>sellino</strong><br />
IL RACCONTO<br />
La corsa rosa fra storia e geografia<br />
Fatta l’Italia c’era da fare il Giro d’Italia. La corsa a tappe più amata dagli italiani<br />
è ancora oggi la cartina al tornasole dello Stivale: registra umori, slanci e tenerezze.<br />
Serba anche i ricor<strong>di</strong> delle vittorie mancate e dei gran<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> giornata<br />
Il Giro d’Italia è ancora oggi un rito<br />
collettivo. La corsa appartiene a quel<br />
patrimonio <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zioni con<strong>di</strong>vise che<br />
per il popolo sono ra<strong>di</strong>cate nella propria<br />
storia, come le ra<strong>di</strong>ci degli alberi.<br />
A partire dalla prima e<strong>di</strong>zione del<br />
1909 il Giro è il riflesso dell’Italia, con<br />
i suoi drammi, i suoi eroi, la sua storia.<br />
Il tracciato che viene <strong>di</strong>segnato ogni anno<br />
è come il filo che lega pezzi <strong>di</strong> terra,<br />
lambisce e attraversa regioni, si spinge<br />
da Nord (quest’anno partenza dal Piemonte)<br />
a Sud (fino alla Campania), per<br />
poi risalire lo Stivale con l’idea <strong>di</strong> inerpicarsi<br />
sulle montagne. Trasferimento<br />
con l’aereo e gran finale nella Capitale.<br />
Ci rimangono male le città più meri<strong>di</strong>onali<br />
- il Giro fa fatica ad arrivarci<br />
- e Milano, che da qualche anno a questa<br />
parte sembra snobbata, trascurata, a<br />
<strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione antica e gloriosa<br />
che la vedeva in prima fila a concedere<br />
l’ultimo traguardo che incorona<br />
la maglia rosa. E a <strong>di</strong>spetto, anche, della<br />
conclamata fede ciclistica del sindaco,<br />
Giuseppe Sala.<br />
Come erano belli gli arrivi all’interno<br />
del Velodromo Vigorelli, il santuario<br />
laico del ciclismo, e persino sul tartan<br />
dell’Arena Civica.<br />
Gli scrittori inviati<br />
La corsa a tappe ciclistica nazionale per<br />
eccellenza è una lezione <strong>di</strong> geografia e<br />
<strong>di</strong> storia a cielo aperto, fuori dalle anguste<br />
aule <strong>di</strong> scuola. Lo intuirono i giornali,<br />
che spe<strong>di</strong>vano al seguito della Carovana<br />
fior <strong>di</strong> scrittori in veste <strong>di</strong> inviati:<br />
Dino Buzzati, Anna Maria Ortese, Vasco<br />
Pratolini, Achille Campanile, <strong>In</strong>dro<br />
Montanelli, Enzo Biagi, Paolo<br />
Monelli, Giorgio Bocca, Orio Vergani<br />
e altri. Non bastava scrivere la cronaca<br />
sportiva, ci voleva anche il pezzo cosiddetto<br />
<strong>di</strong> colore, il racconto evocativo. <strong>In</strong><br />
assenza delle immagini, inoltre, la scrittura<br />
svolgeva un ruolo fondamentale,<br />
basilare. La ra<strong>di</strong>o portò all’interno delle<br />
case degli italiani le cronache sportive le<br />
vittorie <strong>di</strong> Bartali, le fughe <strong>di</strong> Coppi. Dove<br />
mancava l’accuratezza del dettaglio<br />
<strong>di</strong> cronaca, spiccava il volo la fantasia.<br />
Con l’arrivo della televisione le cose<br />
cambiano. Assurge a notorietà la figura<br />
del telecronista, si organizzano le interviste<br />
<strong>di</strong> fine corsa. Sergio Zavoli inventa<br />
il Processo alla tappa, una sorta<br />
<strong>di</strong> salotto dove si <strong>di</strong>squisisce non solo<br />
<strong>di</strong> tecnica e gambe (stanche). Vengono<br />
invitati alla trasmissione anche personaggi<br />
<strong>di</strong> cultura, scrittori e giornalisti,<br />
come Montanelli e Pasolini; duettano<br />
con campioni e gregari, personaggi sanguigni<br />
e popolari come l’abruzzese Vito<br />
Taccone. È l’Italia nelle sue <strong>di</strong>fferenze:<br />
l’alto e il basso e viceversa. Su e giù per<br />
le montagne, verso le spiagge, lungo i<br />
laghi e per le colline. Il mondo del pedale<br />
sembra nutrire l’ambizione <strong>di</strong> tenere<br />
dentro tutto: “tout se tient”, <strong>di</strong>rebbero<br />
i francesi”, che la sanno lunga,<br />
ma “che le balle ancora gli girano”,<br />
come canta Paolo Conte, ricordano<br />
le gesta dell’immenso Gino Bartali.<br />
“Il Garibal<strong>di</strong>”<br />
Il Bel Paese visto dal Giro è esemplificato<br />
in una guida. Fin dal 1909, a<br />
ogni e<strong>di</strong>zione della gara, l’organizzazione<br />
<strong>di</strong>stribuisce a tutto il seguito della<br />
corsa un Atlante programmato ufficiale,<br />
una sorta <strong>di</strong> guida che registra<br />
tutti i dati tecnici della competizione:<br />
i tracciati, le altimetrie e persino le informazioni<br />
turistiche sui territori attraversati<br />
dalla gara. Dal secondo<br />
dopoguerra questo libretto è stato<br />
ribattezzato “Il Garibal<strong>di</strong>”, e proprio<br />
come l’eroe italico tiene unita<br />
l’Italia sotto forma <strong>di</strong> cartine e<br />
profili altimetrici. Fatta l’Italia, insomma,<br />
c’era da fare il Giro d’Italia.<br />
La gara ciclistica <strong>di</strong>venne presto come<br />
una grande rappresentazione teatrale<br />
a cielo aperto, lungo i tornanti e le <strong>di</strong>scese,<br />
sulle salite e ai punti <strong>di</strong> ristoro. A<br />
dare propulsione alla macchina organizzativa<br />
ci pensò Vincenzo Torriani, il<br />
patron del Giro, l’organizzatore vulcanico<br />
e geniale per quasi mezzo secolo, dal<br />
1949 al 1993, alla ricerca <strong>di</strong> nuovi arrivi,<br />
percorsi, salite ine<strong>di</strong>te. Valorizzò i panorami<br />
dolomitici, come le strade<br />
del sud. Fece arrivare il Giro a<br />
Venezia, fra le acque. Si inventò<br />
finali mozzafiato e romantici come<br />
l’ultima tappa all’Arena <strong>di</strong> Verona.<br />
Il Giro d’Italia è una corsa<br />
<strong>di</strong> eroi e <strong>di</strong> trage<strong>di</strong>e. Pensiamo al<br />
suo esor<strong>di</strong>o, e<strong>di</strong>zione 1974, quando<br />
perse la gara per soli 12 secon<strong>di</strong>,<br />
un’inezia. Ricor<strong>di</strong>amo il cosiddetto<br />
tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> Sappada, vale a <strong>di</strong>re<br />
il giorno in cui la rivalità tra Roche e<br />
Visentini deflagrò. L’italiano in maglia<br />
rosa, in crisi, perse il Giro. Un terremoto<br />
che sconquassò tutto: la storia del Giro<br />
d’Italia, la carriera dell’irlandese, la carriera<br />
e la vita <strong>di</strong> Roberto Visentini.<br />
Angelo De Lorenzi<br />
L'arrivo al Vigorelli<br />
La cronometro a Milano<br />
Gianni Motta<br />
Baronchelli e Saronni<br />
Bartali e Coppi<br />
Eddy Merckx maglia rosa nel 1974<br />
Il giro d'onore del Cannibale<br />
al Vigorelli