è una forma d'arte - Monza Club
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aL femminiLe<br />
Martina sassoli - presidente anci Giovani lombardia | www.martinasassoli.it<br />
uN GiorNo, forse, si riusCirà ad avere uNa doNNa presideNte sCelta<br />
solo per le sue doti e NoN perChé portatriCe di CoNiuGe eCCelleNte<br />
indipendenti, ma con<br />
il cognome del marito<br />
A volte ritornano. Ma <strong>è</strong> sempre la stessa<br />
solfa. Forse in balia di <strong>una</strong> stereotipata<br />
mania che vuole a tutti costi la donna in<br />
primo piano, la stampa americana sta già<br />
facendo pressing in vista delle elezioni<br />
presidenziali del 2016. Nemmeno il<br />
tempo di far insediare Obama per il<br />
secondo mandato e già si sprecano<br />
i commenti sul futuro candidato<br />
presidente. Ansia da prestazione,<br />
verrebbe da dire e per giunta pericolosa.<br />
E non solo perché a guardare troppo in<br />
là si perde la percezione del quotidiano,<br />
ma soprattutto per i nomi che stanno<br />
iniziando a circolare, anche solo a<br />
livello di gossip. Guarda caso, nella<br />
ristretta cerchia dei democrat c’<strong>è</strong> chi<br />
punta il dito verso l’usato sicuro, ossia<br />
casa Clinton. Ma attenzione, negli<br />
Stati Uniti non sognano un remake<br />
degli anni ’90 come succede da noi in<br />
Italia. No. In America va bene il brand,<br />
ma bisogna rinnovare i volti. Scartato<br />
Bill, non resta che puntare sull’altro<br />
asso, cio<strong>è</strong> Hillary. Come mai? Perché<br />
<strong>è</strong> apprezzata, perché <strong>è</strong> gradita dal 60%<br />
della popolazione, perché ha dimostrato<br />
di essere un eccellente politico. Ma no.<br />
Perché <strong>è</strong> donna. In quel macchinoso<br />
stereotipo di cui sopra, l’America vuole<br />
in questo frangente dare riprova del<br />
proprio avantguardisme mondiale<br />
sconvolgendo le prassi consolidate.<br />
Dopo un afroamericano, perché non<br />
puntare su <strong>una</strong> donna? Poi sarà il turno<br />
di un ispanico? O di un omosessuale? Lo<br />
dico con franchezza. La gara al premio<br />
per le minoranze (che minoranze, in<br />
termini quantitativi, non sono) ha<br />
iniziato a infastidirmi perché ha un<br />
odore antipatico, quello dell’ipocrisia. E<br />
questo lo dico con cognizione di causa<br />
perché durante la campagna elettorale<br />
Usa, il commento più gettonato era “Ah,<br />
Michelle Obama, che grande presidente<br />
sarebbe”. Ferma restando la stima per<br />
<strong>una</strong> First Lady che ha saputo recuperare<br />
i consensi persi per strada da parte<br />
del marito, non mi spiego su che basi<br />
possa fondarsi la teoria dell’eccellente<br />
presidenza targata Michelle. Soprattutto<br />
dopo aver constatato la validità di<br />
donne che in politica si spendono da<br />
tempo e in prima persona e non dietro<br />
alle spalle del consorte. Prima tra tutti<br />
Nancy Pelosi, prima donna a ricoprire<br />
il ruolo di speaker del Congresso. E<br />
che dire delle senatrici e deputate<br />
Jeanne Shaheen e Kelly Ayotte, Carol<br />
Shea-Porter e Ann McLane Kuster che<br />
insieme alla governatrice Maggie Hasan<br />
hanno reso il New Hampshire l’unico<br />
9<br />
<strong>Monza</strong><strong>Club</strong><br />
Stato interamente a rappresentanza<br />
femminile? Queste non sono degne di<br />
essere contemplate eccellenti candidate,<br />
sia per <strong>forma</strong>zione che per esperienza?<br />
La risposta sarebbe ovvia, se queste<br />
portassero in dote un cognome di peso.<br />
La mia non <strong>è</strong> <strong>una</strong> critica dall’antico<br />
sapore femminista, chi mi conosce lo<br />
sa bene. È l’amara costatazione che<br />
la bandiera della meritocrazia perde<br />
qualsiasi vigore nel momento stesso<br />
in cui inizia a spirare il vento del<br />
pari-opportunismo più che delle pari<br />
opportunità. Il caso della Clinton <strong>è</strong><br />
emblematico. Una donna che ha già<br />
dimostrato, negli ultimi quattro anni,<br />
di saper essere un eccellente Segretario<br />
di Stato non dovrebbe essere premiata<br />
perché evocativa del marito o perché<br />
donna. Se così fosse, potrebbero optare<br />
per la figlia Chelsea. Ed <strong>è</strong> forse questo<br />
paradosso che meglio spiega la pochezza<br />
del ragionamento. Senza voler cedere<br />
alle lusinghe delle dietrologie futuriste,<br />
<strong>una</strong> cosa <strong>è</strong> d’obbligo. Augurare a Hillary<br />
un buen retiro in vista della scadenza<br />
del suo mandato e, se possibile, darle un<br />
consiglio. Nel caso riprendesse l’attività<br />
politica, usare il proprio cognome<br />
sarebbe un gran segnale.<br />
Rodham, alla fine, non <strong>è</strong> poi così male.