cronaca la <strong>Pagina</strong> • 31 agOSTO 2005 E‘ iniziato l’anno scolastico (in Italia) ed il nuovo ministro della Pubblica Istruzione, in assenza di idee e progetti organici seri, si sta lasciando andare alla più ovvia retorica, sostenuto da una stampa scendiletto, plaudente, senza memoria. Si distinguono, in questa gara ad osannare il vuoto, il Corriere della Sera, <strong>La</strong> Stampa e Repubblica, ovvero il gotha dell’informazione nazionale. Vediamo. Mercoledì 5 settembre, i titoli dei giornali sono: “Tornano tabelline e grammatica”. Nel testo, il ministro viene posto su un piedistallo perché ha abolito le tre “i” della Moratti (inglese, informatica, impresa) e perché ha fatto elaborare nuovi obiettivi (“indicazioni nazionali”) che saranno il pilastro dell’istruzione futura. Qualcuno di questi obiettivi? “Alle elementari uno degli obiettivi è favorire la formazione di una mentalità scientifica, a partire dallo studio delle tabelline: abrogate dalle calcolatrici. Per la geografia si suggerisce di non trascurare gli aspetti morfologici: monti, fiumi, laghi, mari. Così scontati da essere quasi dimenticati”. Per quel che riguarda gli aspetti educativi si recuperano quelli presenti nel cuore di ogni disciplina. L’educazione alla salute, ad esempio, non può essere confinata in un’unica ora, ma deve essere valorizzata nelle scienze e nella pratica motoria. Lo stesso dicasi per l’educazione alla cittadinanza, per cui, ad esempio, le attività didattiche della lingua italiana o straniera sono pensate in situazione di dialogo e di interazione per educare al rispetto di punti di vista diversi dai propri”. <strong>La</strong> politica del ministro Fioroni sui problemi della scuola Meglio smettere con le citazioni, perché se la scuola italiana è caduta così in basso, lo si deve a ministri come Fioroni. Il quale vorrebbe far passare queste frasette trite e ritrite per “nuove indicazioni nazionali”. A meravigliare non sono tanto le banalità di questi “nuovi” obiettivi, quanto che la grande stampa, immemore degli interventi di Angelo Panbianco, di Ernesto Galli della Loggia e di altri commentatori seri sui mali e sui rimedi della scuola, faccia l’elogio del nulla facendolo passare per svolta epocale, positiva, naturalmente. Forse né il ministro, né la stampa scendiletto sa che le tabelline si sono sempre studiate alle scuole elementari, la grammatica e la sintassi pure, come anche la storia e la geografia. Non è cambiando una parola o parafrasando obiettivi già esistenti da almeno un trentennio che si ridisegna la nuova scuola. Lo pensa Fioroni, il quale, da medico, crede di aver imparato qualcosa di altri campi, ma in realtà ha scoperto l’acqua calda. Il male della scuola sta nel fatto che l’insegnante di ruolo è inamovibile. Grazie all’enorme e capillare potere sindacale e dei partiti di una certa estrazione, la scuola è diventata da decenni un grande mercato dove ognuno (insegnanti, dirigenti, alunni, personale non docente) fa (o non fa) quello che vuole. Esempi? Se un alunno disturba e l’insegnante avverte i genitori, questi spesso danno ragione al figlio; se l’insegnante informa il dirigente, questi spesso in sostanza dice “arrangiati”; il dirigente, se si assume le sue responsabilità, spesso è smentito, avversato e isolato dai sindacati e ancor più spesso le questioni spinose vengono messe in mano al Tar che o non decide, o decide senza logiche che rispettano l’autorevolezza delle istituzioni. Se nella scuola ci sono tante assenze da parte dei docenti, i diri- genti se ne lavano le mani, spesso anche per coprire le loro. Forse il ministro non sa che molti dirigenti, ma anche molti docenti, quando ci sono le elezioni, sono candidati, per cui oltre a un servizio scolastico e didattico superficiale, scattano una serie di coperture e complicità non scritte ma ferreamente seguite. <strong>La</strong> scuola non è un’istituzione autonoma, ma diventa un’appendice elettorale e politico-sindacale. Tanti sono i docenti seri e preparati, ma anche tanti quelli impreparati e svogliati: non essendoci chi controlla, chi licenzia, avviene di tutto e questo lo sanno soprattutto gli alunni, che ne approfittano. Altro aspetto importantissimo: il retaggio sessantottesco della scuola egualitaristica, per cui sono tutti (o quasi) promossi. Di fatto è così. Lo studio non è un impegno, è diventato un mestiere, un parcheggio. Vogliamo un riscontro? Tra gli enti di formazione professionale si promuovono tutti e guai se non lo si fa, perché si parte dal presupposto che solo andare a sedersi a scuola costituisce un titolo di merito e deve perciò essere un riconoscimento. Valgono più le minacce degli alunni che il senso del dovere e della dignità. I docenti più seri e preparati, tutte queste cose le sanno e le vivono con senso d'impotenza sulla loro pelle. D’altra parte, sono nati in Italia e non altrove il “sei politico” alle superiori e “il ventisette garantito” all’Università. Angelo Panebianco per anni ha denunciato sul Corriere che gli studenti – anche, paradossalmente, alcuni di quelli che affrontano l’esame di maturità classica - non sanno scrivere senza errori. Le cause risiedono in quello che abbiamo appena detto e nel lassismo dei programmi, che vengono male applicati, anche perché la scuola risente direttamente dell’andamento generale dei comportamenti sociali e istituzionali. Con quale credibilità un insegnante fa a scuola educazione stradale quando fuori nessuna regola – nemmeno dai vigili e dalle forze dell’ordine - è rispettata? Sembra che sia invalsa la moda secondo cui tanto maggiore diventa la credibilità e il progressismo di un ministro della Pubblica Istruzione quanto più pezzi stacca dalla riforma della scuola della Moratti. <strong>La</strong> quale, dopo cinque anni, era riuscita a far approvare una grande riforma della scuola, che non si basava solo su inglese, informatica e impresa, ma anche sul prolungamento dell’istruzione e della formazione fino a 18 anni; sull’istruzione e sulla formazione, ma anche sull’educazione e sulla disciplina, sul rispetto delle regole e delle istituzioni; sulla formazione non soltanto umanistica, ma anche scientifica, professionale e tecnica (gli otto Licei), sul binomio scuola, formazione professionale e mondo del lavoro. Si basava, insomma, sui pilastri che all’estero già esistono, in particolare in Svizzera, dove la formazione arriva fino ai 18-19 anni (fine dell’apprendistato) e dove, per chi voglia lavorare, scuola e azienda sono il binomio esistente da 50 anni. <strong>La</strong> riforma Moratti rispondeva ad un progetto, esattamente come rispondeva a un progetto quella che è rimasta in vigore per 80 anni in Italia (la riforma Gentile degli anni ’30). E come la riforma Gentile è stata smontata pezzo per pezzo dopo l’ubriacatura del 1968, quella della Moratti è stata, nel giro di due anni, completamente svuotata. Non certo per assere sostituita con un’altra di ampio respiro, ma per essere sgretolata alla radice ed essere rattoppata con provvedimenti tampone, ad uso e consumo mediatici. In questa direzione vanno le “misure urgenti per garantire l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2007-2008”, un decreto varato la settimana scorsa dal Consiglio dei ministri, dove l’unica novità consiste nel fissare a 120 giorni (quattro mesi!) il tempo massimo per comminare sanzioni disciplinari ai docenti inadempienti. Su <strong>La</strong> Stampa di giovedì 6 settembre, ecco alcuni commenti di Fabrizio Rondolino: “L’assenteismo fa notizia. <strong>La</strong> faceva già negli anni Sessanta...<strong>La</strong> decisione del governo di non fare pressoché nulla, annunciando simultaneamente una vasta campagna di correzione di costumi, è una buona decisione. Tanto per cominciare, è una decisione molto italiana, perché perpetua l’antica tradizione delle grida... Nel decidere di non decidere troppo, il governo dunque fa intendere che alcuni vizi sono incorreggibili”. Insomma, come sempre è solo fumo negli occhi e nient'altro. Alberto KnAg
Giovedì 20 settembre ore 19.30 Consolato d’Italia di San Gallo Saranno presenti l’autore Ruben Rossello ( nella foto ) e il protagonista, On. Antonio Razzi Televisione svizzera presenta « <strong>La</strong> classe operaia va in parlamento » ORGANIZZANO: - Il Consolato Generale d’Italia di San Gallo - Il Comites di San Gallo - L’Università degli Studi di San Gallo - <strong>La</strong> Dante Alighieri Salone degli italiani ( Frongartenstrasse 9 ) ENTRATA LIBERA SEGUIRÀ VINO D’ONORE Antonio Razzi, emigrato in Svizzera dall'Abruzzo nel 1965, per 41 anni ha fatto l'operaio tessile in un'industria di Emmenbrücke e oggi si trova ad essere praticamente l'unico operaio tra i 630 eletti della Camera dei deputati di Roma... <strong>La</strong> sua presenza arricchisce il Parlamento della grande tradizione operaia, quella che generazioni di lavoratori italiani hanno onorato e mostrato in Svizzera: l'onestà e la serietà, l'abitudine al lavoro anche quello più disagiato, l'impegno costante ad apprendere, la volonta di riscatto attraverso il proprio lavoro. Una tradizione, ha detto Fausto Bertinotti, presidente della Camera dei Deputati, che ci è ogni giorno più necessaria.