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Vela libre 12_4_2012:Layout 1 12/04/12 14.22 Pag<strong>in</strong>a 1<br />

Vela<br />

Fabio Fiori<br />

libre<br />

Idee e storie per veleggiare <strong>in</strong> libertà


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Fabio Fiori, narratore delle acque e delle rive. Ha pubblicato Un mare.<br />

Orizzonte adriatico (Diabasis, 2005) e Abbecedario Adriatico.<br />

Natura e cultura delle due sponde (Diabasis, 2008). Scrive di paesaggio,<br />

ecologia e cultura del mare su quotidiani, riviste e sul blog<br />

http://maregratis.blogspot.com/<br />

maregratis@gmail.com<br />

http://maregratis.blogspot.com/<br />

Questo libro è rilasciato con la licenza Creative Commons “Attribution-NonCommercial-NoDerivs<br />

2.5”, consultabile all’<strong>in</strong>dirizzo<br />

http://creativecommons.org. Pertanto questo libro è libero, e può<br />

essere riprodotto e distribuito, con ogni mezzo fisico, meccanico o elettronico, a condizione<br />

che la riproduzione del testo avvenga <strong>in</strong>tegralmente e senza modifiche, a f<strong>in</strong>i non<br />

commerciali e con attribuzione della paternità dell’opera.<br />

Ecoalfabeto – i libri di Gaia<br />

Per leggere la natura, diffondere nuove idee, spunti <strong>in</strong>editi e<br />

orig<strong>in</strong>ali. Spiegare <strong>in</strong> modo accattivante, conv<strong>in</strong>cente. Offrire<br />

stimoli per la crescita personale. Trattare i temi della consapevolezza,<br />

dell’educazione, della tutela della salute, del nuovo rapporto<br />

con gli animali e l’ambiente.<br />

I LIBRI DI<br />

GAIA ANIMALI & AMBIENTE<br />

Le emissioni di CO2 conseguenti<br />

alla produzione di questo libro<br />

sono state compensate dal processo<br />

di riforestazione certificato<br />

Impatto Zero®


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Vela libre<br />

Quattro decimi di vela,<br />

sei decimi di libertà.<br />

Acqua e vento, QB.<br />

Miscelare lentamente.


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Barche amarrate<br />

.............<br />

Le vele le vele le vele<br />

Che schioccano e frustano al vento<br />

Che gonfia di vane sequele<br />

Le vele le vele le vele!<br />

Che tesson e tesson: lamento<br />

Volubil che l’onda che ammorza<br />

Ne l’ombra volubile smorza...<br />

Ne l’ultimo schianto crudele...<br />

Le vele le vele le vele<br />

D<strong>in</strong>o Campana, 1912


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Prima di mollare<br />

le cime<br />

Alcuni anni fa... avendo pochi<br />

o punti denari <strong>in</strong> tasca e nulla di particolare<br />

che m’<strong>in</strong>teressava a terra,<br />

pensai di darmi alla navigazione<br />

e vedere la parte acquea del mondo.<br />

Herman Melville, Moby Dick, 1851<br />

Come bamb<strong>in</strong>i che scoprono il mondo, con tutta la loro carica<br />

di vitalità, com<strong>in</strong>ciamo ad affermarci con tre <strong>in</strong>dispensabili<br />

no. Le domande ci vengono da un vecchio pedante e oggi<br />

anche consumista, chiamato Luogo Comune. Per l’occasione<br />

il vegliardo ha un secondo cognome: Nautico.<br />

Per andare a vela è necessario essere dei superuom<strong>in</strong>i?<br />

No, assolutamente, tanto che la vela permette il confronto,<br />

anche sportivo, tra uom<strong>in</strong>i e donne, vecchi e bamb<strong>in</strong>i. In<br />

mare, l’abilità vale più della prestanza fisica, la conoscenza<br />

è più utile della forza. Addirittura c’è chi fa della vela una<br />

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pratica terapeutica, chi ancora prende il mare per affrontare<br />

una malattia o la vecchiaia. Molteplici sono i progetti<br />

di recupero da problemi psichici e fisici legati alla vela.<br />

Un’attività sportiva e culturale che meglio di altre si presta<br />

per stimolare <strong>in</strong>teressi e curiosità, per creare relazioni e<br />

superare difficoltà di diverso tipo. In mare, i problemi sono<br />

affrontabili attraverso una solidale partecipazione dell’equipaggio.<br />

A bordo tutti, dal comandante al mozzo, devono<br />

fare la loro parte, perché la buona riuscita della navigazione<br />

dipende da chi traccia la rotta, da chi sta al timone,<br />

da chi regola le vele, da chi prepara un caffè caldo. Anche<br />

su una piccolissima barca, impegnata <strong>in</strong> una breve veleggiata<br />

lungocosta, ognuno deve avere il suo ruolo ed essere<br />

consapevole delle sue responsabilità. A bordo, non sono<br />

necessari superuom<strong>in</strong>i <strong>in</strong>dividualisti, anzi sono pericolosi<br />

quando le condizioni diventano impegnative; sono <strong>in</strong>vece<br />

utili i mar<strong>in</strong>ai che hanno ben chiara un’antica regola:<br />

“Una mano per sé e una per la barca”. Non a caso la parola<br />

equipaggio, che deriva dal francese équiper ossia fornire<br />

del necessario, rimanda a equo, equità, equilibrio, cioè<br />

all’orig<strong>in</strong>e lat<strong>in</strong>a, Çequus, uguale. Si è parte di un equipaggio<br />

quando si riconosce l’uguaglianza di tutti, nella diversità<br />

dei ruoli.<br />

Anni fa, sull’Isola di Luss<strong>in</strong>o <strong>in</strong> Croazia ho avuto la fortuna<br />

di conoscere un tedesco paraplegico che trascorreva tutte<br />

le estati da solo, navigando con la sua barca a vela di otto<br />

metri tra le isole istriane, dalmate e greche. Negli anni, il<br />

mar<strong>in</strong>aio e la barca erano diventati un perfetto e coord<strong>in</strong>ato<br />

organismo mar<strong>in</strong>o. L’acqua aveva ridato a quell’uomo la<br />

leggerezza, il vento gli aveva restituito la forza. Sul mare<br />

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era riuscito a superare tante difficoltà motorie e a realizzare,<br />

<strong>in</strong> modo ecologico, la sua passione per il viaggio, <strong>in</strong><br />

completa autonomia e libertà di movimento.<br />

Epica rimane l’esperienza di Francis Chichester che nel<br />

1966, a sessantac<strong>in</strong>que anni, decise di mettersi <strong>in</strong> mare con<br />

il Gipsy Moth IV, una barca a vela di sedici metri, per circumnavigare<br />

il Globo <strong>in</strong> solitario senza alcun scalo. Raggiungerà<br />

i mari australiani <strong>in</strong> centosette giorni, per ritornare<br />

al porto <strong>in</strong>glese di partenza <strong>in</strong> altri centodiciannove giorni,<br />

ricevendo una meritata, entusiastica accoglienza. Molto<br />

clamore fece allora l’età avanzata del protagonista, perché<br />

l’avventura venne vista anche come una sfida alla vecchiaia.<br />

Ma fu lo stesso Chichester a liquidare questa stortura,<br />

scrivendo che era assolutamente consapevole di avere a disposizione<br />

un tempo misurato. Non voleva contrastare l’<strong>in</strong>vecchiamento,<br />

ma pretendeva da se stesso il miglior rendimento,<br />

per poter vivere appieno, con soddisfazione.<br />

Visto che la maggior parte di noi non ha certo questo tipo<br />

di velleità oceaniche e che la vela è <strong>in</strong>nanzitutto un esercizio<br />

fisico e mentale nei mari di casa, f<strong>in</strong>o a diventare una<br />

pratica zen, si può subito concludere dicendo che tutti, dai<br />

sei ai cento anni possono veleggiare anche da soli. Bisogna<br />

scegliere la barca giusta e la rotta adeguata alle proprie possibilità,<br />

mai dimenticando che, per quanto atletici, esperti e<br />

preparati, il mare rimane per tutti <strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente più potente.<br />

È Joseph Conrad, grande mar<strong>in</strong>aio prima che altrettanto<br />

grande scrittore, a ricordare che il mare non è mai stato<br />

amico dell’uomo. Qualche volta è complice delle nostre irrequietezze<br />

o ambizioni. Il mare è stato, e sarà sempre, un<br />

dio severo, capace di dispensare <strong>in</strong>usitate gioie e terribili<br />

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pene. Forse parte della fasc<strong>in</strong>osa attrazione del mare sta<br />

proprio <strong>in</strong> questa ambivalente complicità, perché ci sono<br />

giorni <strong>in</strong> cui navigare è esperienza dolcissima, altri <strong>in</strong> cui è<br />

prova severa. Per noi, che sul mare non lavoriamo, le prime<br />

dovrebbero essere le occasioni più frequenti, quelle offerte<br />

da un Mediterraneo che è da millenni culla del mestiere del<br />

navigare, riprendendo le parole di Conrad.<br />

Qu<strong>in</strong>di, per navigare a vela <strong>in</strong> sicurezza e con piacere, alla<br />

forza è da preferirsi l’abilità, all’audacia la prudenza, all’esuberanza<br />

la pazienza. Con gli anni e le miglia, a queste<br />

tre qualità s’<strong>in</strong>treccerà l’esperienza, dandoci la più robusta<br />

delle cime di sicurezza, preziosa quanto l’<strong>in</strong>dispensabile life-l<strong>in</strong>e<br />

di bordo. Una vela manovrata con abilità, prudenza<br />

e pazienza, porterà lontano, oltre qualsiasi nostro immag<strong>in</strong>ato<br />

orizzonte, geografico ed emozionale.<br />

Per andare a vela è necessario fare un corso?<br />

No, anzi, dispiace dirlo, ma ho conosciuto bamb<strong>in</strong>i che dopo<br />

un corso di vela non hanno più messo piede <strong>in</strong> barca.<br />

Perché non v<strong>in</strong>cevano, non avendo la miglior barca con la<br />

miglior attrezzatura. O ancora perché la vela era diventata<br />

una pratica militare e la discipl<strong>in</strong>a aveva soffocato la fantasia.<br />

Attenzione: ciò non significa che non ci voglia impegno<br />

e dedizione per imparare a manovrare vela e timone, ma<br />

istruzione non significa per forza corso. Anche perché la<br />

stessa parola è probabilmente <strong>in</strong>adatta ad un’<strong>in</strong>iziazione alla<br />

vela. Corso si ricollega al lat<strong>in</strong>o cŭrrere, correre, e per il<br />

nostro modo di andare per mare questo verbo non è necessario.<br />

Per altro, <strong>in</strong> passato “correre il mare” significava<br />

esercitare la pirateria, mentre al contrario ciò che ci <strong>in</strong>te-<br />

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ressa è un vagabondare, libero, ecologico e pacifico. La miglior<br />

<strong>in</strong>iziazione alla vela passa attraverso un’uscita <strong>in</strong> barca<br />

con un amico o, per chi non ha questa fortuna, <strong>in</strong> una<br />

prima cima raccolta <strong>in</strong> banch<strong>in</strong>a, da sempre il preludio a<br />

una concreta occasione per lasciare la riva.<br />

Giorno dopo giorno, miglia dopo miglia, impareremo a orzare<br />

e poggiare, a cazzare e lascare, ma soprattutto scopriremo<br />

gli <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti piaceri offerti gratuitamente dall’acqua e<br />

dal vento. È sempre l’<strong>in</strong>superabile scrittore anglo-polacco<br />

a ricordaci che sono necessarie molte lezioni, dell’uomo e<br />

del mare, per forgiare un vero mar<strong>in</strong>aio, che non deve però<br />

perdere l’ancestrale richiamo di libertà regalato dalle<br />

onde e dal vento.<br />

Se poi le curiosità e le ambizioni si fanno impellenti, vale la<br />

pena di iscriversi a un corso, con le idee però un po’ più<br />

chiare. Consapevoli che nessun istruttore potrà imporci il<br />

correre come f<strong>in</strong>e, che le boe rimarranno prima di tutto<br />

galleggianti per l’ormeggio, che si può, anzi si deve, andare<br />

a vela senza alcun spirito competitivo. Certi che la regata<br />

sia al massimo parte di una più grande avventura, di un<br />

più duraturo amore.<br />

Sempre <strong>in</strong>seguendo l’arcana rotta delle parole, per descrivere<br />

il primo approccio alla vela, il term<strong>in</strong>e più adeguato<br />

potrebbe essere <strong>in</strong>iziazione, visto che <strong>in</strong>iziare, <strong>in</strong>itiare, significa<br />

<strong>in</strong>trodurre ai misteri religiosi, e il mare ha <strong>in</strong>negabilmente<br />

una dimensione spirituale.<br />

Seguendo la lezione orientale, se la vita senza scopo è argomento<br />

fondante di tutte le arti zen, allora praticando la<br />

vela senza scopo, consciamente o <strong>in</strong>consciamente, ognuno<br />

di noi si avvic<strong>in</strong>a al vuoto meraviglioso. Ogni volta che al-<br />

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ziamo una vela e lasciamo la riva portati dal vento, senza<br />

alcun f<strong>in</strong>e se non quello di assecondare gli elementi, entriamo<br />

a far parte dell’armonia della Natura. Una Natura a<br />

cui l’uomo appartiene, senza alcuna velleità di dom<strong>in</strong>io.<br />

Una veleggiata nella luce augurale dell’alba o <strong>in</strong> quella nostalgica<br />

del tramonto, nel buio punteggiato dalle stelle o <strong>in</strong><br />

quello lum<strong>in</strong>oso della luna, è un haiku, una poesia senza<br />

parola.<br />

Ritornando <strong>in</strong> Occidente, quale parola migliore del lat<strong>in</strong>o<br />

ōtĭum possiamo associare alla vela? Ozio nella sua accezione<br />

positiva, <strong>in</strong>teso qu<strong>in</strong>di non come <strong>in</strong>erzia, né pigrizia, ma<br />

come tempo libero ragionevole e dignitoso. Non dimentichiamo,<br />

poi, che ōtĭum nel mondo lat<strong>in</strong>o aveva sostituito il<br />

greco schole, scuola. Perciò l’ozio velico, praticato sulla più<br />

piccola e semplice delle barche, è tempo libero nell’accezione<br />

sportiva e culturale, è scuola di manualità ed ecologia.<br />

Perché, per andare a gonfie vele bisogna saper assecondare<br />

le nostre esigenze a quelle del mare e del vento;<br />

perché ogni volta che issiamo una vela ci rimettiamo all’ord<strong>in</strong>e<br />

naturale. Partendo dalle illum<strong>in</strong>anti considerazioni filosofiche,<br />

religiose e letterarie sull’ozio sviluppate da Seneca<br />

e Petrarca o, <strong>in</strong> tempi più recenti, da Bertrand Russell e<br />

Hermann Hesse, potremmo approdare alle nostre più leggere<br />

riflessioni sull’ozio velico. Un tempo saggiamente sottratto<br />

agli obblighi, anche a quelli vacanzieri, troppo spesso<br />

altrettanto str<strong>in</strong>genti. Un viaggiare lento, <strong>in</strong> cui il tempo<br />

non deve per forza essere succube dello spazio. Anzi, andando<br />

a vela dedichiamo ore, giorni e stagioni ai luoghi, vic<strong>in</strong>i<br />

e lontani, raggiunti nella grazia dei venti.<br />

Vela libera, orizzonti aperti, un vento largo.<br />

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Per andare a vela è necessario essere ricchi?<br />

No, perché se il mare è libero e il vento gratuito, non può<br />

certo essere costoso viaggiare a vela.<br />

La considerazione è talmente retorica che non occorrerebbe<br />

dilungarsi, se non fosse che il diporto si è sviluppato negli<br />

ambienti aristocratici <strong>in</strong>glesi dell’Ottocento, per essere<br />

poi spesso decl<strong>in</strong>ato nel Novecento nella sua dimensione<br />

consumistica. Scriviamo consumistica e non commerciale,<br />

perché chi non riesce a fare a meno di possedere una barca<br />

dovrà <strong>in</strong> qualche modo acquistarne una, preferibilmente<br />

usata, o comprare i materiali per costruirsela. Qu<strong>in</strong>di, la<br />

dimensione commerciale è, nella concretezza dell’oggi, una<br />

parte impresc<strong>in</strong>dibile per chi vuole prendere il largo con la<br />

propria vela. Inutile, anzi deleteria, è <strong>in</strong>vece la frenesia<br />

consumistica del “metro <strong>in</strong> più” che <strong>in</strong>fetta tanti appassionati,<br />

ossia la malattia di una barca sempre più grande, comoda,<br />

tecnologica, luccicante. Eppure, la grandezza non è<br />

detto sia s<strong>in</strong>onimo di sicurezza, la comodità come <strong>in</strong>segnano<br />

gli stoici è un vizio, la tecnologia è spesso <strong>in</strong>affidabile, la<br />

lucentezza è madre di tante <strong>in</strong>utili fatiche, un tempo cruccio<br />

di mar<strong>in</strong>ai, proprio costretti a “lucidare gli ottoni”.<br />

Per andare a vela serve certamente qualche soldo, l’equivalente<br />

del prezzo di una buona bicicletta o di uno scooter<br />

usato, ma non è assolutamente necessario essere ricchi. Al<br />

contrario la barca grossa e nuova <strong>in</strong>duce spesso a schiavitù<br />

lavorativa o pirateria f<strong>in</strong>anziaria. Schiavitù e pirateria<br />

che con gli antichi eroismi di alcune storie mar<strong>in</strong>aresche<br />

non hanno niente <strong>in</strong> comune.<br />

Veleggiando su una piccola barca, si scopre l’immutato fasc<strong>in</strong>o<br />

di sostantivi oggi desueti, quali sobrietà e frugalità,<br />

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assieme ad altri spesso ridondanti perché vuoti, quali sostenibilità<br />

e serenità. Tutto questo non significa immag<strong>in</strong>are<br />

e dedicarsi a una pratica di sacrificio ascetico, ma sv<strong>in</strong>colarsi<br />

dalle catene del quotidiano, almeno per un giorno.<br />

Magari per un mese o un anno, per riscoprire l’eterna saggezza<br />

epicurea che <strong>in</strong>vita alla r<strong>in</strong>uncia del superfluo, perché<br />

ciò che serve lo si può trovare facilmente, l’<strong>in</strong>utile più<br />

difficilmente.<br />

In questo caso basta una piccola vela, un mare e un vento<br />

propizio. Con una certa facilità, ancora oggi ci si può imbarcare<br />

come semplici mar<strong>in</strong>ai. Oppure se si vuole essere<br />

completamente liberi e magari solitari, è sufficiente una<br />

vecchia, m<strong>in</strong>uscola deriva. Quattro metri di barca, sette<br />

metri quadrati di tela, un remo che non guasta mai, è tutto<br />

quello che serve per solitarie veleggiate verso <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti<br />

orizzonti o deserte spiagge fortunatamente ancora non<br />

raggiungibili via terra. Ricco non è chi ha un super-yacht,<br />

con dieci uom<strong>in</strong>i d’equipaggio, con cui lascia l’ormeggio<br />

abituale solo d’agosto per raggiungere affollatissime banch<strong>in</strong>e<br />

di grido. Ricco è chi, al contrario, può armare sulla<br />

spiaggia di fronte casa la sua barchetta tutti i pomeriggi,<br />

per andare da solo o <strong>in</strong> compagnia di un figlio, di un amore<br />

o di un amico, a godersi il tramonto nel silenzio del mare.<br />

Certi che i colori, gli odori e i rumori dei crepuscoli<br />

d’autunno, d’<strong>in</strong>verno e di primavera sono altrettanto affasc<strong>in</strong>anti<br />

di quelli d’estate e che una bella giornata v<strong>in</strong>ce la<br />

storia, come <strong>in</strong>segna Raffaele La Capria. Una bella giornata<br />

mediterranea, <strong>in</strong> cui il mare è tutt’uno con il cielo, uniti<br />

da quel vento che muove le onde e le nuvole, o che gratuitamente<br />

può sp<strong>in</strong>gere i nostri sogni. Vivendo lungo le rive,<br />

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quale migliore occasione di quella offerta da una dolce<br />

brezza per cogliere la bella giornata? La felicità è farsi portare<br />

al largo da un venticello che riesce appena a screziare<br />

la superficie del mare, sufficiente a muovere la nostra piccola,<br />

sobria vela verso un grande, magnifico, orizzonte di libertà.<br />

Attraverso i no il giovane velista che è <strong>in</strong> noi si è liberato<br />

della soggezione nei confronti del vecchio Luogo Comune<br />

Nautico.<br />

Ora non resta che rispondere a un’ultima domanda, sganciata<br />

dallo spirito dei tempi.<br />

Per andare a vela è necessario avere tempo?<br />

Sì. Se il tempo è diventato la vera ricchezza dell’uomo occidentale,<br />

allora mi devo subito contraddire per affermare<br />

che per andare a vela è necessario essere molto ricchi. Ma<br />

questa è ovviamente una contraddizione solo apparente,<br />

perché, sv<strong>in</strong>colati dalla retorica di questi anni, stiamo parlando<br />

di un bene immateriale. Ancora una volta viene <strong>in</strong><br />

aiuto la saggezza greca, attraverso un aforisma di Epicuro:<br />

“La ricchezza della natura è delimitata e facile da avere,<br />

quella delle vane op<strong>in</strong>ioni si perde nell’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito”. Del tempo,<br />

una fortuna regalataci con la vita dalla natura, dobbiamo<br />

riappropriarci, consapevoli che avere tempo è una di quelle<br />

virtù strettamente connaturate con la felicità, perciò<br />

<strong>in</strong>alienabili.<br />

A vela, oggi come sempre, si naviga più o meno a quattro<br />

nodi che, per chi non ha ancora troppa confidenza con l’acqua,<br />

equivalgono a circa sette chilometri all’ora. Certo, sia<br />

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con una piccola deriva che con un moderno cab<strong>in</strong>ato, <strong>in</strong><br />

condizioni di mare e vento favorevoli, si possono raggiungere<br />

velocità più elevate. Ma l’esperienza <strong>in</strong>segna che<br />

quando la rotta si allunga, e come <strong>in</strong> Mediterraneo le condizioni<br />

si fanno spesso variabili, alla f<strong>in</strong>e i quattro nodi rimangono<br />

una buona media. A ciò si aggiunga che, anche<br />

d’estate, capitano giornate di maltempo o venti contrari.<br />

Queste condizioni impongono soste forzate al navigante,<br />

spesso occasioni per <strong>in</strong>aspettati <strong>in</strong>contri e nuove scoperte.<br />

La vela richiede tempo, molto tempo, o forse, come qualsiasi<br />

altra forma di viaggio, semplicemente un giusto equilibrio<br />

tra spazio e tempo. Diversamente la si confonde con<br />

il charter, quell’essere aviotrasportati <strong>in</strong> luoghi più o meno<br />

remoti per salire su un’anonima barca a noleggio che, come<br />

un povero cane alla catena, ha un limitatissimo orizzonte,<br />

del tutto privo di fasc<strong>in</strong>o.<br />

La vela ha bisogno di tempo anche nella meticolosa preparazione<br />

della barca, nella <strong>in</strong>dispensabile attenzione al meteo,<br />

nella scrupolosa pianificazione della rotta. La barca, le<br />

vele, le attrezzature, devono essere cont<strong>in</strong>uamente controllate<br />

prima e durante il viaggio; dalla loro accurata manutenzione<br />

dipende la sicurezza e il piacere della navigazione.<br />

La sua durata non è solo legata alle nostre capacità<br />

e alle qualità della nave. Perché il vento e il mare dettano i<br />

loro tempi, favorevoli o sfavorevoli, capaci di diventare fausti<br />

o <strong>in</strong>fausti. Tempo va poi dedicato allo studio geografico<br />

del viaggio, breve o lungo che sia, ai caratteri delle coste da<br />

raggiungere, delle baie dove gettare l’ancora, dei porti<br />

d’approdo.<br />

Se tutto ciò non pesa, se ogni ora e ogni giorno dedicato al-<br />

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la barca come alla cultura mar<strong>in</strong>aresca è vissuto piacevolmente,<br />

allora siamo pronti ad alzare una vela facendo rotta<br />

su sconf<strong>in</strong>ati orizzonti. La nostra isola, le nostre terre al<br />

di là del mare, magari vic<strong>in</strong>issime geograficamente, rimarranno<br />

sempre luoghi di reconditi misteri, abitate da popoli<br />

sconosciuti, capaci di rivelare <strong>in</strong>aspettati segreti. Solo il<br />

tempo chiesto dalla vela, quello lungo, comune al remo, al<br />

camm<strong>in</strong>o e alla bici, può rivelare ancora oggi paesaggi <strong>in</strong>esplorati.<br />

Utopia non è lontana, non si trova nel nuovo mondo,<br />

come lo chiamavano i contemporanei di Tommaso Moro.<br />

Noi, a differenza loro, non ci vergogniamo a confessare<br />

di non conoscere dove si trovi quell’isola. Siamo <strong>in</strong>vece<br />

certi che ognuno, andando a vela, riuscirà ad approdarvi,<br />

tempo permettendo.<br />

Nel silenzio della riva, una voce odissiaca c’<strong>in</strong>vita ad attendere<br />

il vento propizio che gonfierà benevolmente la nostra<br />

vela. La riuscita del viaggio sarà poi soltanto una questione<br />

di tempo, quello necessario non solo a riprendere confidenza<br />

con l’eterna mobilità delle acque, ma anche quello<br />

utile a fantasticare geografie e genti utopiche. E ancora,<br />

prima di ogni altra cosa, il tempo ci servirà a ritrovare una<br />

sensibilità ambientale pericolosamente perduta. Perché il<br />

mare obbliga le mani a str<strong>in</strong>gere cime e barre, gli occhi a<br />

vedere cirri e stelle, le orecchie ad ascoltare fruscii e gorgoglii,<br />

il naso a fiutare odori di terra e largo, la bocca a sentire<br />

acque dolci e salate. Quella ecologica è una crescita<br />

culturale che richiede una quotidiana immersione sensoriale,<br />

ossia un’impresc<strong>in</strong>dibile materialità del vivere, <strong>in</strong> armonia<br />

con la natura.<br />

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Inf<strong>in</strong>e, prima di mollare le cime, devo dire qualcosa dei più<br />

temibili mostri mar<strong>in</strong>i, veri e propri <strong>in</strong>cubi di ogni tempo. Simili<br />

a leviatani, <strong>in</strong>scrutabili e famelici, a basilischi, <strong>in</strong>visibili e<br />

malefici, possono <strong>in</strong>aspettatamente attaccare il mar<strong>in</strong>aio di<br />

giorno o di notte, al polo o all’equatore, sotto costa o al largo,<br />

<strong>in</strong> bonaccia o <strong>in</strong> tempesta, alla prima o all’ultima navigazione.<br />

Mal di mare e caduta <strong>in</strong> mare<br />

Il primo demone, quello più frequente, molto fastidioso,<br />

ma meno pericoloso, si chiama naupatia o più comunemente<br />

mal di mare, un guaio che da sempre affligge chi naviga.<br />

Se vi può consolare sappiate che non sarete i primi e nemmeno<br />

gli ultimi, e soprattutto che se non sempre si riesce<br />

a guarire, di certo con le uscite si acquista il “piede mar<strong>in</strong>o”.<br />

Significa che imparerete a conoscervi, abituandovi a<br />

rollio e beccheggio, i movimenti trasversali e longitud<strong>in</strong>ali<br />

della barca. Concause determ<strong>in</strong>anti sono tensione, stanchezza,<br />

<strong>in</strong>sonnia, freddo, umidità, paura e tutte quelle situazioni<br />

anomale imposte da un ambiente difficile. “Loda il<br />

mare e tieni la terra”, si diceva un tempo nei porti. Dopo la<br />

prima uscita senza problemi, non pensiate di esserne immuni,<br />

anzi ricordate che i mar<strong>in</strong>ai dicono: “c’è un mare per<br />

tutti”. Consigli? mangiare e bere con moderazione, evitare<br />

di stare sottocoperta, preferire il centro barca, non leggere<br />

o fare lavori a testa bassa, provare a timonare, guardare<br />

l’orizzonte. Distendersi e chiudere gli occhi può essere un<br />

buon rimedio. Se ogni precauzione è <strong>in</strong>utile, allora è meglio<br />

provare appositi cerotti o braccialetti, caramelle o cicche,<br />

anche questi comunque non sempre sufficienti a sconfiggere<br />

il maligno acquatico, subdolo, nauseante, vomitevole.<br />

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Tre giorni di penitenza nel ventre della nave, sballottata<br />

dalle onde, scontò Goethe per poter alla f<strong>in</strong>e raggiungere<br />

l’agognata Sicilia. Per il poeta, un sacrificio necessario, un<br />

omaggio dovuto al mare, paesaggio immutabile e grandioso<br />

che permette di farsi un’idea del mondo e del rapporto<br />

con esso.<br />

Ben più rara, ma anche molto più pericolosa, è la caduta <strong>in</strong><br />

mare. Dalla prima all’ultima uscita della nostra vita, <strong>in</strong> ogni<br />

stagione, a tutte le ore, con qualsiasi tempo, non dimentichiamo<br />

che è il più grave dei pericoli. Ripeto che a bordo<br />

si dice: “una mano per sé e una per la barca”, <strong>in</strong>tendendo<br />

che bisogna sempre tenersi stretti. Ma ancor meglio è legarsi,<br />

attrezzando una c<strong>in</strong>tura di sicurezza, soprattutto con<br />

equipaggio ridotto, e magari <strong>in</strong>esperto, impresc<strong>in</strong>dibilmente<br />

di notte o con cattivo tempo. Con la deriva sempre e con<br />

i cab<strong>in</strong>ati quando le condizioni si fanno impegnative, anzi<br />

con qualche m<strong>in</strong>uto di anticipo, è necessario <strong>in</strong>dossare il<br />

giubbotto di salvataggio, perché anche il miglior nuotatore<br />

difficilmente resiste per ore. Soprattutto considerando che<br />

<strong>in</strong> acqua il freddo è un nemico sempre <strong>in</strong> agguato, anche<br />

d’estate. In coperta è opportuno avere un salvagente o comunque<br />

un galleggiante pronto ad essere buttato <strong>in</strong> mare,<br />

dotato di boetta lum<strong>in</strong>osa per la navigazione notturna. A riguardo,<br />

oggi sono relativamente economiche le radioboe<br />

satellitari e i localizzatori personali d’emergenza, che permettono<br />

un più rapido ed efficiente <strong>in</strong>tervento di recupero<br />

del naufrago da parte delle forze di vigilanza marittima. È<br />

<strong>in</strong>dispensabile comunque saper affrontare la situazione autonomamente,<br />

mettendo <strong>in</strong> pratica le regole di prevenzione,<br />

esercitandosi sulle manovre di recupero e conoscendo<br />

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le eventuali cure per il naufrago, non sottovalutando nessuna<br />

di queste tre fondamentali norme di sicurezza.<br />

Esemplare la drammatica vicenda di Pal<strong>in</strong>uro, primo fra<br />

tutti i timonieri della flotta di Enea. In una placida notte <strong>in</strong><br />

cui favorevoli brezze gonfiavano le vele, un colpo di sonno<br />

e la conseguente caduta <strong>in</strong> mare gli risultarono fatali. “O<br />

troppo fiducioso nel cielo e nel mare tranquillo”, disse<br />

Enea piangendo la sventura occorsa all’amico.<br />

Malgrado prudenza e preparazione non siano mai troppe,<br />

non temete e confortatevi sapendo che Joshua Slocum, il<br />

padre della nautica da diporto oceanica, ha fatto il giro del<br />

mondo a vela nell’Ottocento <strong>in</strong> solitario senza saper nuotare;<br />

Bernard Moitessier, una leggenda della vela, durante la<br />

sua più impegnativa navigazione non aveva neanche la radio<br />

e <strong>in</strong>viava messaggi cartacei alle navi che <strong>in</strong>crociava utilizzando<br />

una fionda; anche Francis Chichester soffriva il<br />

mal di mare.<br />

Consapevoli qu<strong>in</strong>di dei pericoli, ma fermamente conv<strong>in</strong>ti di<br />

poterli affrontare con tranquillità, apprestiamoci a salpare.<br />

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1. Vela, ecologia<br />

e liberta’<br />

Sempre amerai, uomo libero, il mare!<br />

È il tuo specchio: contempli dalla sponda<br />

<strong>in</strong> quel volgere <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito dell’onda<br />

la tua anima, abisso anch’esso amaro.<br />

Charles Baudelaire, 1857<br />

Come <strong>in</strong> ogni geometria, anche di tipo filosofico-culturale,<br />

prima di avventurarci nella dimostrazione che vela e libertà<br />

non possono essere disgiunti, fissiamo tre assiomi: il<br />

vento è gratuito, il mare è libero, la vela è ecologica.<br />

Mentre il primo potremmo ancora def<strong>in</strong>irlo un concetto<br />

primitivo, <strong>in</strong> questa temperie consumista credo sia necessario<br />

qualche chiarimento sugli altri due.<br />

La libertà dei mari è stata a lungo messa <strong>in</strong> discussione, per<br />

motivi militari e commerciali, spesso co<strong>in</strong>cidenti. È una<br />

storia antica che ha visto protagoniste le grandi potenze<br />

marittime del passato, dalla Venezia medievale all’Inghilterra<br />

moderna.<br />

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Merita qu<strong>in</strong>di un breve accenno la plurisecolare diatriba<br />

tra chi argomentava il pr<strong>in</strong>cipio di mare liberum e chi<br />

quello di mare clausum. Concetti che titolano due libri<br />

giuridici seicenteschi, scritti il primo dall’olandese Hugo<br />

Grotius e il secondo dall’<strong>in</strong>glese John Selden. A riguardo,<br />

non dimentichiamo che <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e l’estensione delle acque<br />

territoriali, di pert<strong>in</strong>enza nazionale, era legata alla gettata<br />

dei cannoni, qu<strong>in</strong>di alla loro difendibilità militare da terra.<br />

Se testi e argomentazioni sono lontane per tempi e tematiche<br />

da questa nostra riflessione, la contrapposizione tra<br />

prospettive libertarie e privatistiche del mare rimane comunque<br />

attualissima e riguarda tutti. O almeno quelli che<br />

pretendono che il mare sia considerato, tutelato e vissuto<br />

come un bene comune. Per altro il primo, perché il più<br />

esteso, paesaggio-bene comune di una Penisola. Perciò,<br />

dovremmo essere <strong>in</strong> tanti a rivendicare e lottare per la gratuità<br />

e libertà del mare.<br />

Gratuità e libertà di affaccio, camm<strong>in</strong>o e nuoto. Gratuità e<br />

libertà di navigazione e ormeggio. Perché, va ricordato,<br />

che le acque e le coste sono demaniali, qu<strong>in</strong>di dest<strong>in</strong>ate all’uso<br />

di tutti i cittad<strong>in</strong>i. Al contrario, da diversi decenni assistiamo<br />

ad una <strong>in</strong>discrim<strong>in</strong>ata privatizzazione delle rive, <strong>in</strong><br />

virtù di <strong>in</strong>debite alienazioni o altrettanto discrim<strong>in</strong>atorie<br />

concessioni o di recentissimi diritti di superficie. Tre diverse<br />

modalità di cessione, un unico problema, riguardante le<br />

spiagge e le banch<strong>in</strong>e portuali, sempre più spesso rec<strong>in</strong>tate,<br />

precluse a molti, a vantaggio di pochi. Cont<strong>in</strong>uamente<br />

si costruiscono barriere per garantire la sicurezza o la privacy,<br />

due differenti modi di giustificare una delimitazione<br />

privatistica. In Italia, il Codice Civile sancisce <strong>in</strong> maniera<br />

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chiara che il lido pubblico, la spiaggia, le rade e i porti, appartengono<br />

allo Stato e fanno parte del demanio pubblico,<br />

<strong>in</strong>alienabile.<br />

Ma già dall’antichità, la libertà del mare e delle sue rive è<br />

stata oggetto giuridico. Nel diritto romano le res communes<br />

omnium, le cose comuni a tutti, cioè i beni comuni,<br />

annoveravano il mare e i lidi. Cicerone, <strong>in</strong> una delle sue difese,<br />

si chiede: “Cosa vi è di così comune come il mare per<br />

coloro che navigano e le coste per quelli che vi vengono<br />

gettati dai flutti?”. E anche Virgilio cont<strong>in</strong>ua a ricordarci<br />

che l’aria, il mare e le coste sono, o dovrebbero essere,<br />

aperte a tutti.<br />

In riva ai laghi, ai fiumi e al mare, devono essere ricordate<br />

le parole della dea Latona, riferiteci da Ovidio nelle Metamorfosi.<br />

La scena si apre con la figlia del Titano, amata da<br />

Giove, <strong>in</strong> fuga da Giunone. Latona scappa con <strong>in</strong> braccio i<br />

suoi due gemelli ed è sola, sf<strong>in</strong>ita, riarsa. Assetata, chiede<br />

a rozzi e avidi contad<strong>in</strong>i dell’acqua, ma questi gliela negano.<br />

Lei chiede ragione di questo divieto, spiegando che la<br />

natura ha fatto per tutti il sole, l’aria e l’acqua. Implorando,<br />

parla proprio di beni pubblici, reclamando un sorso d’acqua<br />

che è la vita, per lei e per i suoi figli. Ma coloro che dell’acqua<br />

pretendono l’esclusiva proprietà sono sordi alle<br />

suppliche, anche a quella della madre di Apollo e Diana.<br />

Addirittura, anziché prestare aiuto, si divertono a <strong>in</strong>torbidire<br />

le acque, a rov<strong>in</strong>are un prezioso bene comune. Alla f<strong>in</strong>e,<br />

esplode l’ira della dea che trasforma i contad<strong>in</strong>i <strong>in</strong> rane<br />

capaci solo di litigare, imprecare e <strong>in</strong>giuriare. Rane nuove,<br />

le chiama Ovidio, che cont<strong>in</strong>uano a pretendere un’esclusività<br />

su beni comuni, per Natura.<br />

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È nostro compito aggiornare e decl<strong>in</strong>are i concetti fondamentali<br />

del mare liberum. Quello che Grotius chiama<br />

l’Elemento del Mare, comune a tutti. Immenso, troppo<br />

grande per essere di esclusiva proprietà di qualcuno. Al<br />

contrario, naturalmente predisposto per essere utilizzato<br />

da tutti. All’epoca, per la navigazione e la pesca, oggi anche<br />

per altri svariati utilizzi. Questo diritto del mare, argomentato<br />

dal giurista seicentesco, si deve applicare anche alle<br />

terre limitrofe, a spiagge, falesie e porti.<br />

Della libertà del mare, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i letterari e sociologici, ci<br />

hanno parlato <strong>in</strong> anni più recenti Albert Camus e Franco<br />

Cassano, accomunati da un pensiero meridiano che come<br />

la brezza ha bisogno del mare per alzarsi. Nel tempo, il Mediterraneo<br />

riesce a v<strong>in</strong>cere ogni dottr<strong>in</strong>a. Nel quotidiano, il<br />

Mediterraneo <strong>in</strong>segna a vivere nella misura.<br />

La libertà del mare è un dono che va difeso e, al tempo<br />

stesso, goduto tutti i giorni. Le due cose hanno strettissima<br />

att<strong>in</strong>enza con le pratiche del camm<strong>in</strong>are, del nuotare,<br />

del navigare. Azioni che hanno oggi anche una valenza politica.<br />

Perché camm<strong>in</strong>iamo <strong>in</strong> riva per manifestare il diritto<br />

all’accesso, nuotiamo nelle acque costiere per pretendere<br />

qualità ambientale, navighiamo lungocosta o al largo per<br />

controllare il buon uso di una risorsa comune. Attività che<br />

consentono di vivere appieno il nostro mare quotidiano.<br />

Che la vela sia ecologica lo <strong>in</strong>segnano fatti storici e riscontri<br />

scientifici.<br />

Per millenni uom<strong>in</strong>i e merci, a bordo di navi mosse dal vento,<br />

sono andati da una riva all’altra del Mediterraneo e poi<br />

degli oceani, senza consumare carbone, petrolio o uranio.<br />

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Sul f<strong>in</strong>ire dell’Ottocento, agli albori dell’età del motore, si<br />

diceva che dopo il remo viene la vela, come più antico propulsore<br />

economico. Allora si pensava che la vela era stata,<br />

e sarà sempre, <strong>in</strong>dispensabile ausilio di qualunque naviglio<br />

d’alto mare. Motore economico ed ecologico, aggiungo<br />

doverosamente. Forza naturale, da riscoprire appieno dopo<br />

il delirante Novecento fossile.<br />

Vele fenice e greche, onerarie cartag<strong>in</strong>esi e romane, cocche<br />

bizant<strong>in</strong>e, arabe, genovesi e veneziane, caravelle spagnole<br />

e portoghesi, galeoni <strong>in</strong>glesi, olandesi e francesi, f<strong>in</strong>o<br />

ai velocissimi clipper, sono accomunati da una forza ecologica:<br />

il vento. Quello variabile, per direzione e <strong>in</strong>tensità, del<br />

Mediterraneo o quello costante dell’oceano, ha riempito<br />

vele quadre, lat<strong>in</strong>e, al terzo e auriche, fatte di l<strong>in</strong>o, canapa<br />

e cotone. Vele di prua e di poppa, di maestra, tr<strong>in</strong>chetto,<br />

mezzana, gabbia, straglio e coltellaccio. Migliaia di tipi diversi<br />

ne hanno issate i mar<strong>in</strong>ai per oltre tre millenni, su navi<br />

di ogni forma e dimensione. Unica è <strong>in</strong>vece la forza che<br />

le ha sp<strong>in</strong>te a impatto zero, diciamo noi oggi. È utile ricordare<br />

che le più grandi onerarie romane, lunghe oltre 50<br />

metri per 14 di larghezza, potevano trasportare f<strong>in</strong>o a<br />

10.000 anfore, cariche di olio, v<strong>in</strong>o o grano. Nel Medioevo,<br />

una media navis veneziana o genovese trasportava circa<br />

200 tonnellate. Quantità m<strong>in</strong>ime se confrontate con quelle<br />

dei mercantili odierni, ma che diventano significative se<br />

paragonate a quelle di un camion di media portata che, a<br />

pieno carico, non può superare le 7,5 tonnellate. In tempi<br />

recenti, f<strong>in</strong>o alla metà del Novecento, un trabaccolo adriatico<br />

o un leudo ligure, barche lunghe 20 metri e larghe 5,<br />

avevano una portata di 140 tonnellate. Nello stesso perio-<br />

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do gli oceani erano attraversati dai favolosi clipper, nome<br />

derivato dall’<strong>in</strong>glese to clip, tagliare. I più poderosi e veloci<br />

scafi mercantili a vela mai costruiti. Nati negli anni Venti<br />

dell’Ottocento negli Stati Uniti, si diversificarono a seconda<br />

del trasporto di merci o di passeggeri e vennero costruiti<br />

prima <strong>in</strong> legno e poi <strong>in</strong> ferro. Navi lunghe f<strong>in</strong>o a 100 metri,<br />

larghe 12, con 3 o 4 alberi alti anche 70 metri. Il mitico Cutty<br />

Sark, mosso da oltre 20 vele governate da 32 abilissimi<br />

mar<strong>in</strong>ai, carico di 1.400 tonnellate di tè, percorse le 8.000<br />

miglia, che separano Sciangai da Londra, <strong>in</strong> centodieci giorni,<br />

superando <strong>in</strong> alcuni tratti i 15 nodi di velocità.<br />

Tutti andavano da una riva all’altra senza alcun dispendio<br />

di energie fossili. Nessuno di quei carichi ha ipotecato il futuro<br />

energetico delle successive generazioni.<br />

Lungi da me l’idea di voler idealizzare spietati commerci<br />

marittimi, ma altrettanto doverosa è la denuncia delle nuove<br />

schiavitù, direttamente perpetrate sulle genti di bordo.<br />

In aggiunta, poi, da oltre cent’anni, le navi scaricano costi<br />

ambientali altissimi su tutti gli uom<strong>in</strong>i di domani. Perché se<br />

è vero che il trasporto su acqua è ecologicamente da preferirsi<br />

a quello aereo o terrestre, è altrettanto vero che le<br />

sole emissioni <strong>in</strong> atmosfera delle navi sono elevatissime,<br />

anche <strong>in</strong> relazione a tecnologie vetuste e regolamentazioni<br />

<strong>in</strong>sufficienti.<br />

Riprendendo il mare sulle nostre piccole barche che portano<br />

a spasso sogni e piaceri, <strong>in</strong> un tempo <strong>in</strong> cui risulta evidente<br />

l’improrogabile necessità di uscire dalla follia energetica<br />

dell’ultimo secolo, il vento ritorna ad essere un’importante<br />

energia <strong>disponibile</strong> per i lunghi viaggi.<br />

Ma il vento, con sempre maggior risalto, sembra ritornare<br />

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<strong>in</strong>teressante anche per la navigazione commerciale. Non<br />

solo studi e modelli di navi mercantili mosse da tecnologie<br />

ibride eoliche sono da qualche anno ritornate alla ribalta,<br />

ma addirittura una portaconta<strong>in</strong>er di 130 metri di lunghezza<br />

ha attraversato l’Atlantico utilizzando come propulsore<br />

accessorio una vela-aquilone, un grande kite di 160 metri<br />

quadrati, capace di abbattere del 20-30% i consumi di carburante.<br />

Una superficie velica m<strong>in</strong>ima se paragonata agli<br />

8.000 metri quadrati dei velocissimi clipper. Se al momento,<br />

l’operazione skysails mar<strong>in</strong>e può sembrare una trovata<br />

eco-pubblicitaria, non è detto però che la crisi energetica<br />

non costr<strong>in</strong>ga a rivalutare il vento come propulsore diretto<br />

delle navi, magari all’<strong>in</strong>izio <strong>in</strong> maniera accessoria, comunque<br />

economicamente vantaggiosa.<br />

Il vento è gratuito, il mare è libero, la vela è ecologica.<br />

Fissati <strong>in</strong> maniera chiara questi tre assiomi, ognuno può<br />

formulare e sperimentare una propria aritmetica del viaggio<br />

e del piacere velico. Rotte personali, diventando collettive,<br />

fanno scoprire le gioie della condivisione. Rotte attuali,<br />

<strong>in</strong>tersecandosi con quelle storiche, restituiscono una necessaria<br />

appartenenza culturale. Rotte reali, faticate nel<br />

vento e nel sale, ridanno un senso ai luoghi. Rotte fantastiche,<br />

alimentandosi con racconti e visioni, permettono di<br />

mantenere vivo un rapporto con il mare.<br />

Vela e libertà o libertà e vela; come nella più elementare<br />

delle operazioni, il risultato non cambia <strong>in</strong>vertendo l’ord<strong>in</strong>e<br />

dei term<strong>in</strong>i.<br />

Diverso è <strong>in</strong>vece l’ord<strong>in</strong>e dato dagli uom<strong>in</strong>i nei secoli a que-<br />

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sti due sostantivi. Infatti oggi la vela è una pratica dilettantistica,<br />

sportiva, filosofica o di viaggio, diventando per alcuni<br />

il mezzo per scoprire e godere della libertà. Per secoli,<br />

al contrario, la libertà era il f<strong>in</strong>e raggiungibile spesso solo<br />

attraverso la vela.<br />

Orizzonti libertari erano quelli agognati dagli eroi omerici,<br />

dai coloni greci, da tanti pirati oceanici o mediterranei, secondo<br />

alcune argomentate riletture storiche. Tra gli altri,<br />

Markus Rediker ha studiato le numerose esperienze di utopie<br />

libertarie <strong>in</strong>seguite e tragicamente combattute da una<br />

gente di mare multietnica, <strong>in</strong>dispensabile paradossalmente<br />

per la nascita del capitalismo, anche nella sua spietata ultima<br />

metamorfosi f<strong>in</strong>anziaria. Una gente di mare storicamente<br />

<strong>in</strong>visibile, perché f<strong>in</strong> dall’orig<strong>in</strong>e repressa con violenza,<br />

schiavizzata, <strong>in</strong>catenata, anche nel buio della stiva.<br />

Nell’immag<strong>in</strong>ario comune, frutto spesso di una storia scritta<br />

dai v<strong>in</strong>citori, la pirateria ha un’accezione esclusivamente<br />

negativa. Non va dimenticato <strong>in</strong>vece che tanti r<strong>in</strong>negati,<br />

schiavi e ammut<strong>in</strong>ati, cercarono di ribellarsi alle catene di<br />

un feroce capitalismo, costruendo sui ponti di velieri avventure<br />

di emancipazione e comunione.<br />

La storia reale e quella fantastica, non meno importante, è<br />

costellata di isole raggiungibili solo a vela: le pelasgiche<br />

Elettridi, l’odissiaca Itaca, la platonica Atlantide, la r<strong>in</strong>ascimentale<br />

Utopia, la profetica Taprobana, l’egualitaria Eleuthera,<br />

la leggendaria Libertalia. Un vero e proprio arcipelago<br />

mitologico, le cui sognate coste si disvelano solo a chi<br />

con coraggio e audacia si mette <strong>in</strong> mare, alzando una vela<br />

e confidando nell’aiuto dei venti.<br />

Ciò non significa idealizzare la vela, dimenticandone i san-<br />

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gu<strong>in</strong>ari usi militari e commerciali. Perché la vela è stata per<br />

secoli asservita alle più spietate vicende umane. Utilizzando<br />

il titolo di un famoso libro di Carlo Cipolla, vele e cannoni<br />

hanno viaggiato sulle rotte di ogni oceano. Nel C<strong>in</strong>quecento,<br />

<strong>in</strong>glesi e olandesi presero il def<strong>in</strong>itivo sopravento<br />

marittimo perché seppero impiegare <strong>in</strong> maniera massiccia<br />

ed efficiente micidiali macch<strong>in</strong>e del vento e del fuoco.<br />

Quella che Cipolla chiama era marittima dell’energia umana,<br />

dei rematori delle galee, si è chiusa con il perfezionamento<br />

della vela, altrettanto pericolosa ma sicuramente<br />

più efficiente sulle lunghe distanze. In quegli anni le fortune<br />

militari e commerciali si costruirono sostituendo i remi<br />

con le vele, le balestre con i cannoni, oltre a impiegare non<br />

più rozze e numerose risme di rematori, ma ridotti equipaggi<br />

di mar<strong>in</strong>ai, abili alle manovre di vascelli sempre più<br />

grandi e veloci. L’Europa atlantica ideò, realizzò e sperimentò<br />

con tragico successo velieri armati di fuoco, nel corso<br />

del XIV e XV secolo. Un’<strong>in</strong>venzione che rese possibile<br />

l’espansione europea e le conseguenti terribili nefandezze.<br />

L’<strong>in</strong>credibile ascesa delle nazioni atlantiche è legata anche<br />

alle abilità di costruzione e impiego di caravelle, caracche,<br />

galeoni, fregate, corvette, brigant<strong>in</strong>i, armati di dec<strong>in</strong>e di<br />

cannoni bocche di fuoco.<br />

Rimangono comunque <strong>in</strong>discutibilmente associate a idee<br />

libertarie tante storie di vela, a com<strong>in</strong>ciare appunto dalla<br />

più antica narrazione mediterranea di viaggio: l’Odissea.<br />

Sarà una vela, gratuitamente offerta dal re Alc<strong>in</strong>oo, a riportare<br />

Odisseo nell’amata Itaca, a ricondurlo sull’isola dopo<br />

aver patito tanti dolori sul mare. Ai giovani Feaci è dato il<br />

compito di scortare l’eroe sulla rotta del ritorno. Mar<strong>in</strong>ai<br />

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ferrati al timone, al remo e alla vela. Bianche vele spiegate<br />

a un vento f<strong>in</strong>almente benevolo, che sp<strong>in</strong>ge la flotta verso<br />

le acque di casa.<br />

Ogni volta che riprendiamo il mare sulla nostra piccola barca,<br />

possiamo <strong>in</strong>crociare le vele della storia e del mito. Vele<br />

leggendarie, corsare o letterarie, tutte accomunate dal voler<br />

portare oltre l’orizzonte un sogno di libertà. Su quella<br />

scia mettiamo il nostro quotidiano bisogno di muoverci liberamente,<br />

attenti solo alle onde e ai venti. Rimaniamo ancora<br />

oggi <strong>in</strong> cerca di un’isola dove gettare gratuitamente<br />

l’ancora, nella speranza di <strong>in</strong>contrare nuovi utopiani e apprendere<br />

come le loro istituzioni cont<strong>in</strong>u<strong>in</strong>o ad essere prudentissime<br />

e giustissime, come delle loro qualità, noi abitanti<br />

di questa bulimica Distopia, cont<strong>in</strong>uiamo ad avere un<br />

disperato bisogno.<br />

Per concludere con la necessaria ironia questa divagazione<br />

velica, tra filosofia, ecologia e cultura, un <strong>in</strong>vito: “Velisti libertari<br />

di tutti i Paesi, unitevi”.<br />

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Avevo un bisogno assoluto<br />

di ritrovare il soffio dell’alto mare ...<br />

Non si chiede a un gabbiano addomesticato<br />

perché ogni tanto provi il bisogno di sparire<br />

verso il mare aperto. Ci va, e basta. È una cosa semplice<br />

come un raggio di sole, normale come l’azzurro del cielo.<br />

Bernard Moitessier, 1968<br />

I velisti<br />

2. Un uomo,<br />

una barca<br />

Ma chi è la o il velista? a quale particolare varietà di essere<br />

umano scopriamo di appartenere, giorno dopo giorno,<br />

miglia dopo miglia o anche pag<strong>in</strong>a dopo pag<strong>in</strong>a?<br />

Prima di rispondere, semplifico la questione di genere, scegliendo<br />

d’ora <strong>in</strong> poi la decl<strong>in</strong>azione maschile, certo che non<br />

sarà un articolo a <strong>in</strong>dispettire le tante donne che hanno<br />

fatto la storia della vela e che vivono questa passione con<br />

la determ<strong>in</strong>azione e la sensibilità che le contraddist<strong>in</strong>gue.<br />

Non dimenticando che la vela è il femm<strong>in</strong>ile che riesce ma-<br />

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gicamente a tenere <strong>in</strong>sieme dalla notte dei tempi due bizzosi<br />

maschili: il mare e il vento.<br />

Tornando alle domande, i dizionari ci liquidano <strong>in</strong> meno di<br />

una riga. Il velista è colui che pratica lo sport della vela.<br />

Un’<strong>in</strong>grata semplificazione che tace su tanti altri modi di<br />

vivere l’andar per mare grazie al vento. Negli anni Settanta<br />

del Novecento Franco Bech<strong>in</strong>i, pioniere e narratore del<br />

campeggio nautico italiano, utilizza il term<strong>in</strong>e psiconautica<br />

per parlare dell’analisi psicologica applicata alla nautica<br />

da diporto. Ma, forse <strong>in</strong> modo casuale e di certo curioso, lo<br />

stesso term<strong>in</strong>e descrive anche i volontari viaggi verso stati<br />

alterati della coscienza. Viaggi orfici, sciamanici, yogici,<br />

derviscici, alluc<strong>in</strong>ogeni, che probabilmente hanno qualcosa<br />

<strong>in</strong> comune con quelli velici.<br />

Comunque sia, senza velleità filosofiche, psicologiche o sociologiche,<br />

voglio provare a descrivere almeno tre diversi<br />

morfotipi che ho <strong>in</strong>contrato <strong>in</strong> trent’anni di vita <strong>in</strong> banch<strong>in</strong>a,<br />

tacendo su un quarto, per la verità il più comune, riconoscibile<br />

a prima vista per l’impeccabile abbigliamento<br />

griffato. Mi permetto solo di esprimere qualche considerazione<br />

sulla sua pericolosità. Perché ostenta un superfluo<br />

vestiario tecnico, occupa troppi metri di banch<strong>in</strong>a d’ormeggio,<br />

alza fastidiose onde anche <strong>in</strong> placidi giorni d’estate<br />

e soprattutto cont<strong>in</strong>ua ad alimentare una deleteria leggenda.<br />

Quella che narra la storia di una piccola pr<strong>in</strong>cipessa<br />

chiamata Vela, talmente ricca da poter essere avvic<strong>in</strong>ata<br />

solo da pochissimi eletti, <strong>in</strong>capaci però di portarla dai<br />

suoi amati fratelli, grandi e liberi, chiamati Mare e Vento.<br />

Sono tanti <strong>in</strong>vece i velisti che, <strong>in</strong> modi diversi, si preoccupano<br />

di tenere vic<strong>in</strong>o Vela, Mare e Vento.<br />

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Sognatore<br />

Chi vive la vela come esperienza <strong>in</strong>nanzitutto onirica, a<br />

presc<strong>in</strong>dere dall’ora, dal giorno, dalle stagioni, dell’anno e<br />

della vita.<br />

La barca ha per lui significati arcadici, è luogo di vita idilliaca,<br />

separato dalla realtà, di certo lavorativa, a volte famigliare.<br />

Perciò, piccola o grande, <strong>in</strong> acqua o a secco, pronta<br />

alla navigazione o solo progetto ideale, diventa comunque<br />

un rifugio ameno e romito. Mentre non nega a nessuno di<br />

guardarla, centell<strong>in</strong>a attentamente l’<strong>in</strong>vito a bordo. Quando<br />

la barca è <strong>in</strong> banch<strong>in</strong>a, preferisce l’ormeggio di prua. Tenendo<br />

il pozzetto più lontano dalla riva cerca un distacco<br />

dal mondo e un’<strong>in</strong>timità con i fedeli. In questa visione religiosa,<br />

il ponte diventa il nartece, il pozzetto la navata, il<br />

boccaporto l’iconostasi che separa dal presbiterio. Scesi gli<br />

scal<strong>in</strong>i, si raggiunge un mondo oscuro, immerso <strong>in</strong> un rumoroso<br />

silenzio acqueo. Lì, preferibilmente disteso su una<br />

ascetica panca di legno, il sognatore vive esperienze mar<strong>in</strong>e<br />

mistiche, di navigazione oceanica, orizzonti <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti, isole<br />

lontane.<br />

Della vela non importano i ferzi e le bugne, il taglio e i materiali,<br />

ma prima di ogni altra cosa l’usura. La vela come<br />

s<strong>in</strong>done eolica, immag<strong>in</strong>e di venti favorevoli e contrari, di<br />

burrasche e bonacce, di <strong>in</strong>caute attraversate o sapienti approdi.<br />

Il viaggio concreto sfuma <strong>in</strong> quello ascoltato dai mar<strong>in</strong>ai, le<br />

miglia percorse <strong>in</strong> quelle narrate dai libri, le onde tagliate<br />

<strong>in</strong> quelle dip<strong>in</strong>te su tela. La navigazione è dissolvenza, <strong>in</strong><br />

un <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito mare forse mai solcato, di certo fantasticato.<br />

Il velista sognatore nella più elevata <strong>in</strong>carnazione può arri-<br />

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vare a praticare la r<strong>in</strong>uncia, alla barca o addirittura alla navigazione.<br />

L’ascesi velica, al pari di quella religiosa, è un<br />

esercizio spirituale e fisico. Attraverso digiuno, isolamento,<br />

meditazione, ast<strong>in</strong>enza all’acqua e al vento, sublima la passione<br />

per la vela. Ho conosciuto sognatori che non sapevano<br />

nuotare e non erano mai saliti a bordo, ma conoscevano<br />

tutto di barche, vele e ancore, di onde, venti e porti.<br />

Vagabondo<br />

Chi vive la vela come concreta, ecologica ed economica<br />

possibilità di viaggiare o restare che, come <strong>in</strong>segnano i più<br />

illum<strong>in</strong>ati antropologi, sono esperienze profondamente <strong>in</strong>trecciate.<br />

Ciò che accomuna le due opzioni è l’idea del vagare,<br />

la consapevolezza del valore <strong>in</strong>sito nell’andare senza<br />

meta o scopo preciso.<br />

La barca, di proprietà o d’imbarco, è valutata per le sue<br />

qualità mar<strong>in</strong>aresche; una sempre perfezionabile s<strong>in</strong>tesi di<br />

semplicità ed efficienza. Questo secondo aspetto è sv<strong>in</strong>colato<br />

dal primato della velocità o della capacità di str<strong>in</strong>gere<br />

il vento, dalla possibilità di andare <strong>in</strong> qualsiasi direzione a<br />

presc<strong>in</strong>dere dalle condizioni meteorologiche. Al contrario,<br />

la barca del vagabondo tendenzialmente asseconda i capricci<br />

delle onde e dei venti, <strong>in</strong>superabili dispensatori di<br />

<strong>in</strong>aspettate meraviglie. Consapevole del fasc<strong>in</strong>o delle scoperte<br />

legate alla casualità; pronto a vivere il cielo e il mare<br />

come luoghi imprevedibili per def<strong>in</strong>izione.<br />

Vagabondo, nell’accezione velica, è <strong>in</strong>sieme giramondo e<br />

nomade. Ossia, colui che ama viaggiare per il mondo, lontano<br />

e vic<strong>in</strong>o, senza direzione prevista, perché vuole assaporare<br />

appieno significati ed emozioni dell’<strong>in</strong>contro con<br />

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genti e approdi, barche e coste, culture e tradizioni, arcaiche<br />

o contemporanee. Il vagabondo condivide, magari <strong>in</strong>consciamente,<br />

con il nomade il piacere di non avere fissa<br />

dimora, di cui la barca anche se eternamente ormeggiata<br />

nello stesso porto <strong>in</strong>carna l’archetipo. Perché quando è nel<br />

suo elemento, anche quando non si sposta di un miglio, gode<br />

dell’eterna mobilità dei flutti.<br />

Il vagabondo apprezza della vela le doti utili a portarlo lontano,<br />

con poca spesa e molta resa, <strong>in</strong> miglia e avventure.<br />

Una barca deve essere molto robusta, facilmente manovrabile,<br />

adatta alle tante condizioni che il mare impone. È più<br />

importante poter vegliare sonnecchiando, che dover vigilare<br />

sempre con la massima attenzione, magari solo per guadagnare<br />

qualche nodo di velocità, per raggiungere un’ora<br />

prima un approdo, per scegliere uno scalo di qualche miglia<br />

sopravento.<br />

Viaggiare e restare sono due verbi solo apparentemente<br />

antitetici. Lo spiega bene l’antropologo Vito Teti che sostiene,<br />

senza enfasi retorica ma con profonda e vissuta<br />

consapevolezza, che restare è la forma estrema del viaggiare.<br />

Soprattutto <strong>in</strong> un tempo come il nostro, <strong>in</strong> cui il mondo<br />

sembra a portata di click e l’esotico è più una faccenda da<br />

turisti che da viaggiatori. Solo la vagabonda pratica quotidiana<br />

del restare permette il rivelarsi dei luoghi, terrestri e<br />

acquei. Solo il velista vagabondo può ri-scoprire isole lontane<br />

o vic<strong>in</strong>e, acque placide o tempestose, venti favorevoli<br />

o contrari, r<strong>in</strong>novando il fasc<strong>in</strong>o di odissiache narrazioni.<br />

Capaci di rivelare i misteri del viaggio, che non è mai esclusivamente<br />

una questione di miglia percorse.<br />

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Regatante<br />

Chi vive la vela esclusivamente come pratica sportiva, decl<strong>in</strong>ando<br />

sul mare vizi e virtù dello spirito agonistico. Voglio<br />

sottol<strong>in</strong>eare che regata è una parola mar<strong>in</strong>aresca antica<br />

e nasconde i suoi natali <strong>in</strong> famose acque lagunari, quelle<br />

veneziane. Deriva <strong>in</strong>fatti da regatar, cioè contendere.<br />

Il regatante, quando guarda una barca, cerca di capire se<br />

appartiene a una classe e se è competitiva. Per classe si <strong>in</strong>tende<br />

un gruppo di scafi identici, o comunque rispondenti<br />

a certi requisiti, armati allo stesso modo. Devono qu<strong>in</strong>di essere<br />

lunghi, larghi e pesanti, nonché avere una superficie<br />

velica, entro certi limiti. Antiche, come la storia della vela<br />

sportiva, sono le ripartizioni e le regate per classi.<br />

Lasciando perdere yacht miliardari, basterà ricordare<br />

splendidi d<strong>in</strong>ghy, beccacc<strong>in</strong>i e jole, che numerosissimi animavano<br />

le acque costiere nella prima metà del Novecento.<br />

Guardando le vecchie foto o i filmati <strong>in</strong> bianco e nero delle<br />

spiagge degli anni Trenta, si scopre che paradossalmente<br />

c’erano molte più barche a vela di oggi. La scoperta del mare<br />

d’<strong>in</strong>izio Novecento non è stata solo balneare; la vela e il<br />

remo sono stati per decenni esercizio ed esperienza acquatica<br />

diffusa e importante, forse più di quanto non lo sia <strong>in</strong><br />

questi anni.<br />

Per il regatante, l’analisi e la conoscenza del mezzo è f<strong>in</strong>alizzata<br />

alla prestazione, che significa velocità, manovrabilità,<br />

capacità di str<strong>in</strong>gere il vento, ossia di ridurre l’odiato<br />

angolo morto, quello spazio da sempre precluso alla navigazione<br />

a vela diretta, ma che richiede un faticoso bordeggio.<br />

Per il regatante, poter str<strong>in</strong>gere il vento non significa<br />

raggiungere uno scalo agognato, ma avvic<strong>in</strong>arsi il più rapi-<br />

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damente possibile alla boa. Questa perde il suo orig<strong>in</strong>ale<br />

status mar<strong>in</strong>aresco di gavitello, per elevarsi a simbolo stesso<br />

della gara, a segnalamento per eccellenza del percorso.<br />

Che sia un bastone o un triangolo, la boa ne def<strong>in</strong>isce forma<br />

e lunghezza, trasformando l’<strong>in</strong>dist<strong>in</strong>to spazio acqueo <strong>in</strong><br />

campo di regata. Altri velisti <strong>in</strong>orridiscono alla sola idea di<br />

trasformare il mare <strong>in</strong> un campo, il regatante <strong>in</strong>vece ne<br />

percepisce solo i significati sportivi.<br />

La vela non solo deve essere performante, per taglio e materiali,<br />

ma deve avere senza meno anche i filetti segnavento,<br />

quei leggeri fili accoppiati sui due bordi che permettono<br />

di regolarla al meglio. Il regatante, più che delle vele<br />

preferisce occuparsi del rigg<strong>in</strong>g, cioè dell’<strong>in</strong>sieme di vele,<br />

drizze, scotte, sartie, albero e boma. Anche il l<strong>in</strong>guaggio<br />

differenzia il regatante dagli altri velisti perché, nella necessità<br />

o nell’ambizione di frequentare campi di regata <strong>in</strong>ternazionali,<br />

fa ampio uso di term<strong>in</strong>i anglosassoni. Così il<br />

caricabassi diventano vang o cunn<strong>in</strong>gham, la randa,<br />

ma<strong>in</strong>sail, il regolatore delle vele, tailer, il segnavento,<br />

w<strong>in</strong>dex, la prolunga della barra del timone, stick.<br />

Per il regatante, il viaggio, lungo o corto che sia, non ha alcun<br />

significato se non è associato alla regata d’altura, quella<br />

particolare corsa d’alto mare, <strong>in</strong> cui isole o addirittura<br />

cont<strong>in</strong>enti si trasformano <strong>in</strong> boe di regata da doppiare.<br />

Avvertenza<br />

Sognatori, vagabondi e velisti di qualsiasi risma, hanno<br />

moltissimo da imparare dal regatante, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i tecnici.<br />

Le raff<strong>in</strong>ate conoscenze maturate sui campi di regata sono<br />

utilissime nella quotidiana navigazione. Conoscenze me-<br />

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teorologiche, strategiche e tecniche, hanno semplificato e<br />

migliorato <strong>in</strong>credibilmente anche i piaceri di chi veleggia<br />

senza velleità competitive. Meno condivisibile <strong>in</strong>vece è<br />

l’eccesso agonistico, certe storture dello spirito competitivo,<br />

la frenesia consumistica <strong>in</strong> chiave nautica. Perché <strong>in</strong>concepibile<br />

al mar<strong>in</strong>aio è l’idea di trasformare e trasfigurare<br />

la pratica velica, la sua primigenia condizione di viaggio<br />

o le altrettanto radicate immag<strong>in</strong>i di lentezza, armonia, serenità.<br />

Tutto questo non significa vivere <strong>in</strong> maniera nostalgica<br />

l’andar per mare, al contrario, proprio perché rimane<br />

entusiasmante veleggiare, vogliamo farlo ogni giorno,<br />

sfruttando al meglio la modernità con l’<strong>in</strong>tramontabile dono<br />

della misura, oggi più che mai ecologicamente <strong>in</strong>dispensabile.<br />

Le barche<br />

A questo punto, non solo per il neofita, è altrettanto importante<br />

chiedersi: cos’è una barca a vela? cosa cerchiamo o<br />

sogniamo tutte le volte che sfogliamo una rivista nautica,<br />

visualizziamo una pag<strong>in</strong>a web, camm<strong>in</strong>iamo lungo una banch<strong>in</strong>a<br />

portuale?<br />

In relazione alla rotta scelta, non scriverò dei modelli per<br />

le regate, né tanto meno dei più comuni, <strong>in</strong> questi tempi di<br />

consumo sp<strong>in</strong>to. Barche lucide e nuovissime, che ho sentito<br />

bonariamente liquidare come plasticoni.<br />

Consapevole dell’impossibilità di descrivere <strong>in</strong> maniera<br />

esaustiva l’oggetto del desiderio di tanti velisti, ognuno con<br />

un personale orizzonte, mi limiterò ad accennare a tre idealtipi,<br />

raggruppandoli per materiali di costruzione. Tenete<br />

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presente che le barche si sono costruite e si costruiscono<br />

nei più svariati materiali: pelli, canne, camere d’aria, bottiglie<br />

di plastica, ferrocemento e perf<strong>in</strong>o mattoni. Materiali<br />

antichi e moderni, leggeri o pesanti, flessibili o rigidi, tutti<br />

capaci di galleggiare grazie alle qualità dell’acqua, alla magica<br />

sp<strong>in</strong>ta di Archimede. Tronchi, zattere e barche di diverso<br />

tipo galleggiavano e navigavano già da millenni,<br />

quando lo scienziato siracusano spiegò che un corpo riceve<br />

una sp<strong>in</strong>ta dal basso verso l’alto pari al peso dell’acqua<br />

spostata. Ma da quel giorno lontano, grazie a quel mare<br />

splendido <strong>in</strong> cui Archimede bagnava corpo e idee, l’uomo<br />

capì appieno l’<strong>in</strong>credibile dono di leggerezza regalato dall’acqua,<br />

le <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite potenzialità della navigazione.<br />

Oggi la stragrande maggioranza delle barche è di legno, vetrores<strong>in</strong>a<br />

o metallo. Qu<strong>in</strong>di, pur nelle tante variazioni di dimensioni,<br />

armamenti e l<strong>in</strong>ee d’acqua, l’accorpamento <strong>in</strong> legni,<br />

res<strong>in</strong>e e metalli, permette un primo orientamento non<br />

solo strutturale ma, probabilmente, anche ideale.<br />

Legni<br />

“È un viol<strong>in</strong>o!”, si dice di una macch<strong>in</strong>a, nell’accezione più<br />

ampia, se è riuscita, elegante e armonica. Questa locuzione<br />

è particolarmente <strong>in</strong>dicata <strong>in</strong> riferimento alla macch<strong>in</strong>a<br />

del vento, al veliero di legno. Come strumenti musicali,<br />

queste barche suonano nel vento e nell’onda, hanno corde<br />

e cassa armonica, da tesare <strong>in</strong> maniera perfetta e lucidare<br />

con altrettanta cura. Uno scafo è un viol<strong>in</strong>o se di legno,<br />

massello o multistrato, comunque vivo, rispondente alle attenzioni<br />

dell’uomo e alle sollecitazioni della natura. Un viol<strong>in</strong>o<br />

nasce dalle mani esperte di un maestro d’ascia o da<br />

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quelle amorevoli di un autocostruttore, che supplisce a<br />

<strong>in</strong>evitabili deficit di abilità con la passione e il tempo. Ha albero<br />

alto e leggero, con sartie altrettanto sottili e tese; arma<br />

vele ampie, capaci di far librare la barca con brezze leggere.<br />

Normalmente dà il meglio di sé nelle ore che seguono<br />

l’alba, con mare piatto, screziato appena da una bava.<br />

Un viol<strong>in</strong>o risponde subito alle seppur impercettibili variazioni<br />

di correnti aeree e acquatiche. Solo nelle mani di un<br />

abile timoniere, un maestro, e di un altrettanto capace e affiatato<br />

equipaggio, un’orchestra, può mostrare tutta la sua<br />

musicale eleganza. Non è detto che un viol<strong>in</strong>o sia un grande<br />

e costoso vascello.<br />

Ho ammirato piccolissimi gioielli <strong>in</strong> forma di deriva e su alcuni<br />

ho avuto la fortuna di navigare: la mitica classe U, il<br />

popolare beccacc<strong>in</strong>o, lo storico d<strong>in</strong>ghy, l’acrobatico FD. Mi<br />

sono imbarcato anche su viol<strong>in</strong>i d’eccezione, veri e propri<br />

capolavori costruiti nei migliori cantieri. Conosco viol<strong>in</strong>i<br />

pesanti, ma dal suono soave, che hanno più di cent’anni e<br />

altrettante storie alle spalle. Barche da lavoro con fasciame<br />

di quercia, coperta di larice, alberi e pennoni di abete, timoni<br />

di olmo. Trabaccoli e leudi, battane e gozzi, armati<br />

con vele al terzo o lat<strong>in</strong>e di coton<strong>in</strong>a, issate e mosse da cime<br />

e scotte di canapa. Barche da trasportato che dopo<br />

aver caricato per decenni legnami, sale e m<strong>in</strong>erali, sono oggi<br />

vive testimoni di un’arte mar<strong>in</strong>aresca antica, da custodire<br />

nella pratica giornaliera. Barche da pesca che dopo aver<br />

calato tartane, ostregheri e nasse, vanno oggi da una sponda<br />

all’altra del Mediterraneo, r<strong>in</strong>novando tradizioni e ricordando<br />

antichi racconti di sofferenza e fratellanza.<br />

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Res<strong>in</strong>e<br />

Dalla seconda metà del Novecento, qualità ed economicità<br />

hanno imposto nella nautica questi materiali. La maggior<br />

parte dei velisti nati negli anni successivi, sono cresciuti su<br />

scafi di vetrores<strong>in</strong>a, alzando vele di Dacron. Le res<strong>in</strong>e diventano<br />

vetrores<strong>in</strong>e quando <strong>in</strong>contrano le fibre di vetro,<br />

più o meno f<strong>in</strong>emente tessute. Quelle fibre sono una miracolosa<br />

trasformazione del vetro, rigido e fragile, ridotto <strong>in</strong><br />

lana sottile, flessibile e modellabile.<br />

In generale, la plastica è parte importante della nostra vita,<br />

anche di quella trascorsa navigando. Perciò tutti dovrebbero<br />

avere i rudimenti di quest’arte novecentesca che,<br />

pur <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>ua evoluzione, mantiene la sua centralità nella<br />

costruzione nautica. Per avere piena autonomia su una<br />

barca <strong>in</strong> vetrores<strong>in</strong>a è necessario conoscere le qualità di<br />

una res<strong>in</strong>a poliestere, epossidica e v<strong>in</strong>ilica, i tempi e i rapporti<br />

dei catalizzatori, le differenze tra mat e stuoia. La vetrores<strong>in</strong>a<br />

è economica e autarchica, consente di costruire<br />

e aggiustare <strong>in</strong> piena libertà, dalle altrui richieste di tempo<br />

e denaro. Quella <strong>in</strong> vetrores<strong>in</strong>a può essere una barca mar<strong>in</strong>a,<br />

aggettivo che non è strettamente correlato alla dimensione.<br />

Mar<strong>in</strong>a perché capace di tenere bene il mare, consentendo<br />

navigazioni sicure con equipaggio famigliare o ridotto,<br />

magari <strong>in</strong> solitario. Può trattarsi di una deriva, utile<br />

a brevi uscite giornaliere, o di un cab<strong>in</strong>ato, magari piccolo,<br />

ma costruito per poter affrontare venti e mari impegnativi.<br />

Le barche, più delle case, assomigliano al padrone, al paròn<br />

direbbero i veneziani, a colui che ci naviga, curandole<br />

e personalizzandole. Le barche che navigano si riconoscono<br />

da lontano, dai particolari capaci di renderle uniche. Al-<br />

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l’ormeggio, si notano mille piccoli lavori mar<strong>in</strong>areschi che<br />

denotano attenzione ai dettagli, utili per migliorare la sicurezza<br />

e il comfort. Sui cab<strong>in</strong>ati le draglie sono solide, non<br />

mancano cappott<strong>in</strong>e, cagnari e paraspruzzi. In pozzetto si<br />

vedono tasche di stoffa e di rete. Gli arridatoi sono protetti<br />

da gua<strong>in</strong>e che limitano la loro <strong>in</strong>volontaria azione usurante<br />

su cime e vele. L’elenco potrebbe essere lungo e noioso,<br />

di certo però appassionante per chi vuole una barca efficiente,<br />

sicura e poco dispendiosa, <strong>in</strong> una parola: mar<strong>in</strong>a.<br />

Metalli<br />

Acciaio e allum<strong>in</strong>io. Il primo ottocentesco, impiegato per<br />

costruire gli ultimi velocissimi clipper e le sempre più grandi<br />

navi. Acciaio o nel l<strong>in</strong>guaggio comune ferro, <strong>in</strong> lamiere,<br />

prima <strong>in</strong>chiodate come assi, poi saldate con il fuoco, prometeico<br />

dono capace di costruire mercantili e traghetti di<br />

smisurate dimensioni. Navi di cent<strong>in</strong>aia di metri di lunghezza<br />

e, nel Novecento, piccoli scafi da diporto, altrettanto<br />

robusti. Non a caso Bernard Moitessier scopre le meraviglie<br />

del ferro a bordo di una petroliera di 16.000 tonnellate,<br />

su cui si era imbarcato dopo un naufragio ai Caraibi.<br />

Racconta che oltre a imparare i segreti della navigazione<br />

astronomica, scopre che l’opera morta, cioè la parte emersa<br />

di una nave <strong>in</strong> acciaio, può essere curata dal suo peggior<br />

male, la rugg<strong>in</strong>e, con una costante manutenzione. Lavori<br />

semplici, alla portata di tutti, addirittura di uno scimpanzé<br />

se ben ammaestrato. Mentre per la manutenzione di una<br />

barca <strong>in</strong> legno sono necessarie tre lauree, strumenti e materiali<br />

opportuni, per una <strong>in</strong> ferro bastano tre umili oggetti:<br />

raschietta, pittura e pennello. A Moitessier non sfuggiva<br />

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ovviamente che la costruzione di uno scafo <strong>in</strong> ferro richiede<br />

grandi abilità e adeguate tecnologie. Potremmo qu<strong>in</strong>di<br />

s<strong>in</strong>tetizzare dicendo che la barca <strong>in</strong> metallo è difficile da<br />

costruire e facile da mantenere, sempre ammesso che non<br />

si badi troppo all’estetica e che qualche colatura di rugg<strong>in</strong>e<br />

non guasti l’umore dell’armatore.<br />

Molti di quelli che sognano, e magari realizzano, navigazioni<br />

di lungo raggio, ambiscono spesso ad avere una barca <strong>in</strong><br />

ferro o nel più recente e tecnologico allum<strong>in</strong>io. Non è qui il<br />

caso di elencare i pro e i contro legati alla realizzazione degli<br />

scafi <strong>in</strong> metallo, bisogna però sottol<strong>in</strong>eare come la loro<br />

solidità va <strong>in</strong> parte a discapito della velocità o per meglio<br />

dire della possibilità di andare a vela anche con venti deboli,<br />

condizione frequente <strong>in</strong> Mediterraneo e non solo.<br />

Le barche <strong>in</strong> metallo sono tradizionalmente a spigolo, ossia<br />

non hanno la carena tonda. Lo spigolo, che oggi sembra essere<br />

rivalutato, è stato per decenni s<strong>in</strong>onimo di barca povera,<br />

realizzata da autocostruttori o da cantieri a bassa tecnologia.<br />

Al contrario, garantisce due qualità non trascurabili:<br />

robustezza e resistenza allo scarroccio. Se la prima è<br />

facilmente comprensibile, la seconda è la caratteristica che<br />

permette alle barche a vela di limitare lo spostamento laterale,<br />

di mantenere la rotta anche <strong>in</strong> andature strette, di<br />

non essere semplicemente sp<strong>in</strong>te, a presc<strong>in</strong>dere dalle qualità<br />

della deriva.<br />

Bastano queste poche righe per spiegare come, più di ogni<br />

altra, la barca <strong>in</strong> metallo o la si ama, o la si odia, senza possibilità<br />

alcuna di discussione o compromessi. Certo è che chi<br />

la sceglie, a differenza delle altre, non lo fa mai per caso.<br />

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Le storie<br />

Per meglio restituire le qualità del velista, di colui che, senza<br />

obbligo esteriore ma con grandissima sp<strong>in</strong>ta <strong>in</strong>teriore,<br />

decide di prendere il largo, ci saranno d’aiuto tre storie<br />

emblematiche. Quelle di uom<strong>in</strong>i e barche che nel Novecento,<br />

attraversando gli oceani, sono diventate un tutt’uno,<br />

compiendo una vera e propria metamorfosi, diventando<br />

forme mutate <strong>in</strong> corpi acquatici nuovi, parafrasando Ovidio.<br />

Nel mito, le navi care a Cibele diventano Naiadi mar<strong>in</strong>e,<br />

con prue che si trasformano <strong>in</strong> volti, remi <strong>in</strong> gambe e<br />

braccia, pale <strong>in</strong> mani e piedi, chiglie <strong>in</strong> colonne vertebrali,<br />

cordami <strong>in</strong> chiome. Nella storia, i mar<strong>in</strong>ai devoti a Nettuno<br />

diventano tritoni particolari, per metà uom<strong>in</strong>i e per metà<br />

barche.<br />

Joshua Slocum e Liberdade<br />

“Questa mia barca letteraria, di modello e attrezzatura <strong>in</strong>digeni,<br />

parte carica di fatti strani che sono capitati <strong>in</strong> una<br />

casa galleggiante”. Con questo <strong>in</strong>cipit, Joshua Slocum, avvia<br />

il primo dei suoi reportage mar<strong>in</strong>areschi, Il viaggio della<br />

Liberdade, pubblicato nel 1890. Un viaggio, velico e letterario,<br />

che aprirà a Slocum ancor più ampi orizzonti, quelli<br />

del primo navigatore solitario capace di portare a term<strong>in</strong>e<br />

un giro del mondo, nel 1898. La barca con cui compì<br />

l’impresa era lo Spay, lungo appena undici metri.<br />

Qualche anno prima di realizzare questo piccolo, mitico,<br />

veliero, ne aveva costruito un altro, ancor più modesto,<br />

una canoa come amava chiamarla. Una barca affusolata,<br />

lunga dieci metri per due di larghezza, con pescaggio di so-<br />

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li settanta centimetri. La forma era ispirata dai dory e dai<br />

sampan. Le prime sono barchett<strong>in</strong>e di 5-6 metri di lunghezza<br />

a fondo piatto e sezione a spigolo, diffuse <strong>in</strong> diversi<br />

Paesi, anche se le più conosciute sono quelle della costa<br />

est degli Stati Uniti. Le seconde sono <strong>in</strong>vece c<strong>in</strong>esi, altrettanto<br />

piccole e semplici, come testimonia il nome che deriva<br />

dalle parole “tre tavole”. La barca di Slocum aveva tre<br />

vele trapezoidali con boma, picco e stecche, di bambù. Il<br />

varo avvenne il 13 maggio 1887, il giorno della liberazione<br />

degli schiavi <strong>in</strong> Brasile, dove la canoa venne costruita e<br />

perciò battezzata Liberdade.<br />

Libertario era anche lo spirito di Slocum, che nel racconto<br />

del suo viaggio più famoso dice di non aver scoperto cont<strong>in</strong>enti<br />

o isole e di non aver navigato per affrontare terribili<br />

tempeste. Quando qualcuno gli chiedeva ragione del suo<br />

progetto, rispondeva che l’avrebbe fatto rendere. Come?<br />

vivendo, scrivendo e raccontando avventure. Forse, però,<br />

prima di ogni altro tesoro, Slocum negli oceani cercava la<br />

felicità che regala il mare, scoperta da bamb<strong>in</strong>o nelle acque<br />

della Nuova Scozia.<br />

Nacque nel 1844, discendente di una famiglia <strong>in</strong>glese emigrata<br />

<strong>in</strong> Canada nel XVII secolo, <strong>in</strong> cui tutti erano mar<strong>in</strong>ai,<br />

sia da parte materna che paterna. All’epoca, quelle terre<br />

erano posti per balenieri, gli stessi con cui Slocum aveva<br />

condiviso le fatiche f<strong>in</strong> da ragazzo, gli stessi da cui cont<strong>in</strong>uava<br />

a raccogliere preziose <strong>in</strong>formazioni anche a Fairhaven,<br />

a nord di New York, nei lunghi mesi della costruzione<br />

dello Spary. Slocum abbandonò giovanissimo gli studi per<br />

imbarcarsi, prima con poca fortuna come cuoco, poi come<br />

mar<strong>in</strong>aio. Sui ponti di navi che girarono tutto il mondo, ma-<br />

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turò esperienze e abilità che gli permisero di raggiungere il<br />

comando. Traguardo ambito, guadagnato con orgoglio facendo<br />

la gavetta, e non attraverso qualche oblò di poppa,<br />

riprendendo le sue parole.<br />

Ritornando alla Liberdade, la sua prima barca da diporto,<br />

la chiameremmo noi oggi, la costruì nella baia di Paranaguà,<br />

nel sud del Brasile. Lì era naufragato, al comando di<br />

un brigant<strong>in</strong>o a palo. Era un veliero di una trent<strong>in</strong>a di metri<br />

di lunghezza, che trasportava merci da un porto all’altro<br />

delle Americhe. A bordo, oltre a dieci persone di equipaggio<br />

compreso il figlio maggiore, c’era la moglie e il figlio m<strong>in</strong>ore<br />

di sei anni. Dopo la sciagura, Slocum rimase solo con<br />

i tre famigliari e, malgrado la situazione precaria, non era<br />

disposto ad elemos<strong>in</strong>are un passaggio per tornare <strong>in</strong> Nord<br />

America. Perciò decise di costruirsi una piccola barca, solida<br />

e mar<strong>in</strong>a, capace di navigare <strong>in</strong> sicurezza, nelle difficili<br />

condizioni imposte subito dal Pampeiro. Questo vento<br />

gli diede il benvenuto dopo il varo, strappando le vele cucite<br />

con cura dalla moglie. Malgrado la disavventura, la canoa<br />

tra<strong>in</strong>ata da un postale arrivò a Rio. Già <strong>in</strong> questo scalo,<br />

i giornali salutarono l’audace mar<strong>in</strong>aio americano con<br />

ammirazione, per la perizia e il sangue freddo. Mille furono<br />

le successive avventure, venti favorevoli e contrari, onde<br />

placide e tempestose, f<strong>in</strong>anche un colpo di coda di balena,<br />

un mostro che fortunatamente se ne andò, dopo aver verificato<br />

che a bordo non c’era nessun Giona, scrisse Slocum.<br />

I leviatani furono un <strong>in</strong>cubo ricorrente del capitano, nelle<br />

lunghe notti passate al timone. Sogni tormentati, popolati<br />

anche dai temibili rostri dei pesci spada; armi leggendarie<br />

e micidiali, usate per assalire e bucare malcapitate barche.<br />

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Non di sole difficoltà si riempirono i giorni della Liberdade.<br />

Gustosi pesci volanti f<strong>in</strong>irono a bordo e poi <strong>in</strong> padella,<br />

mentre un favorevole aliseo da sudest sp<strong>in</strong>se velocemente<br />

la canoa verso nord, avvic<strong>in</strong>ando la meta e aumentando la<br />

fiducia dell’equipaggio. In alcuni scali <strong>in</strong>contrarono uom<strong>in</strong>i<br />

<strong>in</strong>fidi, che tentarono di assalirli, <strong>in</strong> altri <strong>in</strong>digeni ospitali o<br />

altrettanto disponibili genti di mare. Di porto <strong>in</strong> porto, da<br />

isola a isola, <strong>in</strong> tappe di diversa lunghezza e difficoltà, la Liberdade<br />

raggiunse i Caraibi e poi la costa della Carol<strong>in</strong>a<br />

Meridionale, per raggiungere <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e Wash<strong>in</strong>gton, il 27 dicembre<br />

1888. Lì, fu il figlio m<strong>in</strong>ore a dar volta alla cima di<br />

ormeggio, assicurando <strong>in</strong> banch<strong>in</strong>a una piccola barca che<br />

dimostrò al mondo la possibilità di percorrere migliaia di<br />

miglia con un equipaggio famigliare e neanche cento dollari<br />

di spesa. Con questo viaggio, il capitano Joshua Slocum<br />

sanciva idealmente la r<strong>in</strong>ascita della vela <strong>in</strong> forma nuova,<br />

non più mercantile ma diportistica, anche a lungo raggio.<br />

Lo aveva fatto con una piccola canoa di legno autocostruita.<br />

Un’ascia da carpentiere, una trivella con qualche punta,<br />

due aghi da vele trasformati <strong>in</strong> punteruoli, una caviglia da<br />

cordaio modificata a scalpello, una preziosissima lima trovata<br />

<strong>in</strong> riva al mare. Con pochi strumenti e tanta volontà,<br />

con legni recuperati dal relitto e qualche albero della vic<strong>in</strong>a<br />

foresta, Slocum aiutato dai famigliari, da qualche <strong>in</strong>digeno<br />

e dalla necessità, la madre dell’<strong>in</strong>venzione, come la<br />

chiama lui stesso, costruì una barca che rivoluzionò la storia<br />

della navigazione. Per andare da una costa all’altra degli<br />

oceani o, più modestamente, del Mediterraneo non era<br />

più necessario imbarcarsi sui grandi velieri ottocenteschi,<br />

affidandosi a temerari capitani coraggiosi. Da quel momen-<br />

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to basterà una modesta barchetta a vela, anche di c<strong>in</strong>que o<br />

sei metri, purché robusta e mar<strong>in</strong>a, ben equipaggiata e portata<br />

con attenzione e prudenza. Senza mai dimenticare<br />

l’<strong>in</strong>citamento di Masaniello, forse anch’egli libertario, di<br />

certo pescatore, pescivendolo, contrabbandiere e rivoluzionario<br />

napoletano. Lo stesso scelto da Slocum per avviare<br />

il racconto della costruzione della Liberdade: “Via, via<br />

non cala nube su noi/ora che liberi tagliamo l’onda;/alza, alza<br />

tutte le vele: davanti a noi/splende il faro della speranza<br />

per dare animo coraggioso”.<br />

Bernard Moitessier e Joshua<br />

“Una volta che la prua è verso il largo ci si sbroglia sempre”.<br />

Con queste poche parole Bernard Moitessier s<strong>in</strong>tetizza<br />

perfettamente migliaia di miglia percorse, cent<strong>in</strong>aia di<br />

pag<strong>in</strong>e scritte, dec<strong>in</strong>e di anni trascorsi a bordo, <strong>in</strong>vitando<br />

tutti quelli che sentono l’attrazione del mare a non tergiversare,<br />

a mollare gli ormeggi al più presto. Moitessier lo<br />

fece la prima volta a ventisei anni, a bordo dello Snark,<br />

tra<strong>in</strong>ato da un dragam<strong>in</strong>e verso la foce del fiume Saigon.<br />

Nel Golfo del Siam, lui e un amico alzarono le vele su una<br />

barca divorata dalle tered<strong>in</strong>i che, secondo il suo racconto,<br />

imbarcava cento litri di acqua al giorno. Malgrado le difficoltà<br />

e l’<strong>in</strong>esperienza, di chi era stato capitano solo a bordo<br />

della sua piroga, era partito verso l’Australia. Voleva lasciarsi<br />

alle spalle le terribili violenze dell’Asia e rimanere<br />

lontano dalle chiacchiere della vecchia Europa.<br />

Moitessier nacque <strong>in</strong> Indoc<strong>in</strong>a nel 1925, primo di c<strong>in</strong>que figli<br />

di genitori francesi affasc<strong>in</strong>ati dalle terre lontane. Insofferente<br />

a scuola, irresistibilmente attratto dalle meraviglio-<br />

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se foreste e dalle misteriose acque di un Paese che, malgrado<br />

terribili sofferenze, rimarrà sempre nel suo cuore.<br />

Delle barche e delle loro storie si <strong>in</strong>namorò nel porto di<br />

Saigon, oggi Hô Chí M<strong>in</strong>h, dove andava ad ammirare le<br />

giunche venute da lontano, mar<strong>in</strong>ando la scuola. Lì, sp<strong>in</strong>te<br />

dal monsone di nordest, arrivavano cariche di nuoc mam,<br />

un salsa di pesce, per ripartire poi con quello di sudovest,<br />

strapiene di riso. Il giovanissimo Bernard preferiva di gran<br />

lunga ascoltare i racconti avventurosi dei mar<strong>in</strong>ai, che non<br />

quelli degli <strong>in</strong>segnati. Avrebbe dato qualsiasi cosa per imbarcarsi<br />

su giunche capaci di affrontare il mare aperto e risalire<br />

per chilometri i fiumi. Molto meno salgarianamente,<br />

scoprì le onde e il vento sul Golfo del Siam, nel villaggio dove<br />

assieme alla famiglia trascorreva le vacanze estive.<br />

La vita di Moitessier fu strettamente legata alle sue barche,<br />

ognuna delle quali fu per lui non solo un f<strong>in</strong>e, ma il mezzo<br />

ideale per raggiungere un eldorado, terra, anzi acqua promessa<br />

dello spirito. Se con lo Snark l’eldorado si chiamava<br />

Australia, con le successive Marie-Thérèse, scafi sempre<br />

<strong>in</strong> legno, prendeva il nome di oceano, Indiano e Atlantico.<br />

Vennero poi il Joshua e l’ultima, Tamata, entrambe<br />

<strong>in</strong> ferro, per le quali gli eldoradi si moltiplicheranno: i grandi<br />

capi del sud, il Pacifico e le sue <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite isole. Di queste<br />

barche, di queste amanti e sodali, Joshua se non la preferita<br />

è di certo la più duratura, quella che accompagnerà<br />

Moitessier per vent’anni, <strong>in</strong> una lunga rotta, citando il titolo<br />

del suo libro più famoso.<br />

L’idea del Joshua gli venne a bordo della petroliera che,<br />

dopo il naufragio alle Antille con il Marie-Thérèse II, lo riportava<br />

<strong>in</strong> Europa. Come ho già scritto, su quella nave, nel<br />

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quotidiano lavoro di manutenzione, scoprì le virtù del ferro,<br />

robustissimo e facile da mantenere. Unico <strong>in</strong>conveniente,<br />

per un povero mar<strong>in</strong>aio, erano i costi proibitivi di costruzione.<br />

Ma, grazie al successo del suo primo libro, Un<br />

vagabondo dei Mari del Sud, Moitessier troverà un progettista<br />

e un cantiere disponibili a dare forma di lamiera al<br />

sogno. Uno scafo di dodici metri, a chiglia lunga e carena<br />

tonda, con quattro vele armate su due alberi ricavati da pali<br />

telegrafici. Niente verricelli tecnologici, ma un efficacissimo<br />

paranco; niente radio, ma un’altrettanto funzionale<br />

fionda, con cui lanciare messaggi e pellicole, <strong>in</strong>filate <strong>in</strong> ermetici<br />

tubetti di allum<strong>in</strong>io, sui ponti delle navi <strong>in</strong>crociate<br />

lungo la rotta. Joshua venne costruito nel 1961 e varato a<br />

Marsiglia, dove per due stagioni Moitessier fece scuola vela.<br />

Piano, piano, mese dopo mese, miglia dopo miglia, la<br />

barca venne perfezionata, f<strong>in</strong>o a diventare bella e <strong>in</strong>distruttibile.<br />

Nei lunghi mesi di costruzione, di fatiche e <strong>in</strong>certezze,<br />

la sognerà fendere il mare, funzionando con una miscela<br />

di vento e di acqua salata. Elementi gratuiti, che si trovano<br />

<strong>in</strong> tutti i mari del mondo; ieri come oggi. Joshua chiedeva<br />

<strong>in</strong> cambio solo una semplice manutenzione, una grattata<br />

e una verniciata ogni tanto.<br />

In quegli anni, le avventure di Moitessier, documentate attraverso<br />

libri e film, sono già note agli appassionati, ma solo<br />

tra il 1968 e il 1969 la sua popolarità si estense. Fu <strong>in</strong> occasione<br />

della partecipazione alla prima regata <strong>in</strong> solitario<br />

<strong>in</strong>torno al mondo senza scalo, partita dal sud dell’Inghilterra<br />

nell’agosto del 1968, quando, dopo sei mesi di navigazione,<br />

risalendo l’Oceano Atlantico <strong>in</strong> testa al gruppo, decise<br />

di abbandonare e di rimettere la prua verso il Pacifico.<br />

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Una scelta difficile, presa dopo giorni di tormenti, fisici e<br />

spirituali. Il navigatore racconta una settimana di esasperanti<br />

dubbi e preoccupazioni, di stanchezza fisica e mentale.<br />

Mentre piano piano si fa strada l’idea che l’unica guarigione<br />

possa venire dal sole e dall’aliseo. Così sceglie di r<strong>in</strong>unciare<br />

al trionfo e al cospicuo premio messo <strong>in</strong> palio dal<br />

“Sunday Times”, per fare vela verso Tahiti. Dopo aver portato<br />

la prua verso sud, già nella prima notte, ritrova la forza<br />

e la tranquillità necessaria per affrontare l’oceano. Sono<br />

le onde a confidargli di essere scampato a un naufragio,<br />

ben più pericoloso di quello del mare.<br />

Nel giugno del 1969, Joshua, dopo quasi un anno di navigazione<br />

<strong>in</strong><strong>in</strong>terrotta, gettò l’ancora a Tahiti. Moitessier ritrovò<br />

però l’amato ormeggio tras<strong>formato</strong>, trasfigurato da<br />

uno sviluppo devastante. Provò un grande dispiacere nel<br />

vedere gli alberi abbattuti, testimoni muti, <strong>in</strong>ermi, di una<br />

feroce, dissennata, crescita. Solo un grillo riuscì a quietare<br />

le sue nuove ansie, a spiegargli quello che stava accadendo,<br />

a rivelargli le sue future rotte.<br />

Forse solo la lunga navigazione, quasi una laica ascesi, permise<br />

a Moitessier di trasformarsi, da uno dei tanti vagabondi<br />

oceanici, nel primo <strong>in</strong>terprete di un rapporto nuovo con<br />

il mare. Non più mercantile o avventuriero, e neanche turistico<br />

o sportivo, ma figlio di una r<strong>in</strong>novata Alleanza, come<br />

amava chiamarla. Era stata la madre a <strong>in</strong>segnargli che<br />

non si può realizzare niente di importante senza un’alleanza<br />

tra pensiero, sudore e fede. Tre elementi <strong>in</strong>dispensabili<br />

all’unione di terra e cielo nell’animo dell’uomo. Idee che<br />

Moitessier imbarcò sul Joshua, portandole attraverso gli<br />

oceani, da un’isola all’altra, da un cont<strong>in</strong>ente all’altro. La<br />

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stessa che diffuse tra genti lontane dal mare, da quell’ecumene<br />

pelagico da cui siamo attratti f<strong>in</strong> dalla notte dei tempi.<br />

Vento, mare e vela, per lui si fondevano <strong>in</strong> un unico diffuso<br />

e avvolgente, <strong>in</strong> un tutto senza pr<strong>in</strong>cipio né f<strong>in</strong>e, nel<br />

suo universo.<br />

Alex Carozzo e Zentime<br />

“Avevo solo un desiderio: costruire per navigare e navigare<br />

con il m<strong>in</strong>imo di mezzi”, raccontava Alex Carozzo negli<br />

anni Novanta, a riguardo della sua ultima traversata <strong>in</strong> solitario<br />

dell’Atlantico. Un’avventura unica, perché fatta a<br />

bordo di una scialuppa di salvataggio di sei metri, trasformata<br />

<strong>in</strong> barca a vela con materiali di fortuna, battezzata<br />

Zentime. Un nome che è già un manifesto d’<strong>in</strong>tenti, s<strong>in</strong>tesi<br />

appropriata delle storie mar<strong>in</strong>aresche di questo novecentesco<br />

Ismaele, mezzo genovese e mezzo veneziano.<br />

Carozzo non era nuovo a queste imprese o, per meglio restituire<br />

il suo spirito, a questi esercizi di semplicità e navigazione.<br />

Nell’<strong>in</strong>verno tra il 1965 e il 1966, aveva attraversato<br />

il Pacifico, dal Giappone a San Francisco, su una barca<br />

autocostruita, il Golden Lion. Non solo era stato il primo<br />

solitario a compiere questo viaggio, ma soprattutto lo aveva<br />

fatto a bordo di uno scafo costruito dentro un mercantile,<br />

con materiali di recupero. Mosso forse da una <strong>in</strong>conscia<br />

sensibilità ambientale, di certo da una cosciente abilità<br />

di riciclaggio. Carozzo a suo modo è stato un pioniere<br />

del riutilizzo, un avventuroso, ecologico, sperimentatore.<br />

Per realizzare il Golden Lion trascorse quattordici mesi<br />

nella stiva posta sopra le caldaie della sua nave, un ambiente<br />

<strong>in</strong>fernale, una caverna buia e rovente. La barca era il mi-<br />

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glior compromesso possibile tra gli spazi, i tempi e le capacità<br />

del costruttore. Carozzo era consapevole delle sue limitate<br />

abilità di carpentiere e del poco tempo a disposizione,<br />

quello che gli lasciava libero il mestiere di primo ufficiale,<br />

nelle lunghe navigazioni a bordo di un vecchio mercantile,<br />

diretto dalla Germania al Giappone. Perciò costruì<br />

una barca di dieci metri a spigolo, con struttura <strong>in</strong> massello<br />

e fasciame di compensato. Non gli sembrava né bella, né<br />

molto yacht, ma di certo era solida. Capace di rimanere <strong>in</strong><br />

mare con qualsiasi tempo, di resistere alle tempeste oceaniche,<br />

garantendo la sicurezza necessaria. Condizioni che<br />

il Pacifico non gli risparmiò, facendogli <strong>in</strong>contrare onde di<br />

<strong>in</strong>immag<strong>in</strong>abile potenza e venti <strong>in</strong><strong>in</strong>terrottamente urlanti<br />

per giorni. Prevedendo tutto ciò, aveva realizzato un piano<br />

velico estremamente semplice, un corto albero di dieci metri<br />

su cui alzava due vele, grandi al massimo trentasei metri<br />

quadrati. Una semplicità che, seppur messa a dura prova<br />

da diverse peripezie, lo premiò, consentendogli di raggiungere<br />

le coste californiane <strong>in</strong> 135 giorni.<br />

F<strong>in</strong> da allora, Carozzo aveva ben chiaro che la vela non è<br />

solo sport, hobby o passatempo. Per tanti è un modo di vivere,<br />

realizzando sogni o almeno stemperando <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>i.<br />

Scevro qu<strong>in</strong>di da velleità agonistiche o mediatiche, mosso<br />

dall’Ulysses factor che alimenta la curiosità, il desiderio<br />

di scoprire o riscoprire l’isola oltre l’orizzonte. Perché il<br />

viaggio rimane un’esperienza centrale della formazione<br />

dell’uomo, soprattutto quello che richiede impegno, pazienza<br />

e determ<strong>in</strong>azione. Qualità <strong>in</strong>dispensabili per ogni<br />

odissiaca navigazione a vela.<br />

Alla f<strong>in</strong>e degli anni Ottanta il navigatore, nato a Genova nel<br />

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1933 e veneziano d’adozione, si appassiona alla storia di<br />

Cristoforo Colombo. Studia con attenzione le difficoltà <strong>in</strong>contrate<br />

<strong>in</strong> quella rivoluzionaria traversata, fatta a bordo di<br />

navi <strong>in</strong> cui tutto dipendeva da conoscenze e abilità mar<strong>in</strong>aresche.<br />

Per meglio comprenderle e sperimentarle, decide<br />

di riprovare a “buscar el Levante por el Poniente”, facendolo<br />

da solo e con mezzi ancora una volta di fortuna. Alle<br />

Canarie trova e recupera un vecchio scafo <strong>in</strong> vetrores<strong>in</strong>a,<br />

rendendolo <strong>in</strong>affondabile. Ricava l’alloggio da una scatola<br />

d’imballaggio e su un piccolo albero issa una randa aurica<br />

e un fiocco, entrambi ricavati con tela povera, da fodere.<br />

Le sue regole rimangono le stesse: non fare cose facili e dare<br />

fiducia alle mani. Mani da esercitare quotidianamente,<br />

che devono conoscere le qualità dei materiali ed essere capaci<br />

di utilizzare una pialla e un sestante. Mani abili a res<strong>in</strong>are,<br />

cucire, pescare e sbrigare le altre mille <strong>in</strong>combenze<br />

del navigante. Solo con mani di questo tipo Carozzo poté<br />

percorrere 3.800 miglia <strong>in</strong> 40 giorni, senza motore e radio,<br />

con bussola e orologio, facendosi sp<strong>in</strong>gere da venti favorevoli<br />

e onde benigne.<br />

Tutte le volte che la nostra barca ci sembra troppo scomoda<br />

o lenta, riprendiamo <strong>in</strong> mano i libri di Carozzo che, f<strong>in</strong><br />

dall’<strong>in</strong>cipit, si dichiarano <strong>in</strong>utili per chi cerca solo il mare<br />

e il vento o per chi cerca solo se stesso, ma si rivelano utilissimi<br />

per spronarci a superare le difficoltà, per capire le<br />

straord<strong>in</strong>arie potenzialità anche della più piccola delle vele,<br />

se alzata con determ<strong>in</strong>azione. Scomodità e lentezza si<br />

riveleranno allora come qualità, esercizi <strong>in</strong>dispensabili per<br />

esplorare orizzonti naturali e <strong>in</strong>teriori. Lo spirito di Zentime<br />

è radicalmente m<strong>in</strong>imalista e anticonsumista; la sua<br />

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rotta testimonia concretamente come la realizzazione dei<br />

propri sogni dipenda <strong>in</strong>nanzitutto dalla volontà. Sogni <strong>in</strong><br />

forma di barche, di legno, ferro, vetrores<strong>in</strong>a o allum<strong>in</strong>io,<br />

accomunate da un collante <strong>in</strong>dispensabile, chiamato entusiasmo.<br />

Lo stesso che Carozzo a ottant’anni mette <strong>in</strong> una nuova<br />

barca. Questa volta <strong>in</strong> compensato mar<strong>in</strong>o, sempre rispondente<br />

ai suoi tre pr<strong>in</strong>cipi: semplicità, robustezza, economicità.<br />

La rotta è ancora una volta <strong>in</strong>sieme impegnativa e suggestiva:<br />

dall’arcipelago di Venezia a quello delle Galapagos<br />

e più precisamente dalla spiaggia adriatica, delimitata dalle<br />

bocche di Lido e Malamocco, a quella pacifica, stretta<br />

dagli omonimi capi dell’isola di San Cristobal. Chi se non<br />

un navigatore veneziano del passato può aver omaggiato la<br />

Serenissima dall’altra parte del globo? Chi se non un esploratore<br />

veneziano del XXI secolo può provare a rispondere<br />

a questo irrisolto quesito? Sempre fedele al motto “qualsiasi<br />

oceano va bene”, riprendendo il titolo del suo primo libro,<br />

Alex Carozzo r<strong>in</strong>nova la genesi di barche antiche e<br />

moderne, fatte di uom<strong>in</strong>i e di idee, di legno e di chiodi, di<br />

sudore e speranze, utilizzando le sue stesse parole.<br />

Zentime diventa così l’archetipo della barca che permette<br />

di navigare con il m<strong>in</strong>imo <strong>in</strong>dispensabile, l’essenziale. Una<br />

vela capace di illum<strong>in</strong>are, di aiutare il nostro satori, il nostro<br />

risveglio mar<strong>in</strong>o. Non dimenticando che, se il maestro<br />

spiega che lo zen non ha mete certe, il mare <strong>in</strong>segna che la<br />

vela non ha tempi certi. Certezze da barattarsi con scoperte,<br />

non quelle immag<strong>in</strong>abili dell’arrivo, ma quelle <strong>in</strong>immag<strong>in</strong>abili<br />

della pratica.<br />

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3. Barca m<strong>in</strong>ima,<br />

rotta massima<br />

Le navi sono come le fanno gli uom<strong>in</strong>i:<br />

così sentenzia la saggezza mar<strong>in</strong>ara,<br />

e, <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea generale, è un’<strong>in</strong>dubbia verità.<br />

Joseph Conrad, 1905<br />

Cercando di soddisfare la curiosità del lettore che, sognando<br />

una barca tutta per sé, è saltato direttamente a<br />

questo capitolo, provo a quantificare economicamente la<br />

spesa necessaria per concretizzare i due sogni: una deriva<br />

e un piccolo cab<strong>in</strong>ato, cioè una barca non pontata di<br />

circa quattro metri e una con cab<strong>in</strong>a di circa sei metri.<br />

Con la prima, oltre ad uscite giornaliere, si può fare campeggio<br />

nautico, <strong>in</strong>dicativamente per una settimana, mentre<br />

con la seconda si possono fare delle crociere costiere,<br />

che ipotizzerò di un mese.<br />

Bastano 6-700 euro per acquistare una deriva usata, con<br />

cui veleggiare <strong>in</strong>stancabilmente per ore o per giorni, nelle<br />

acque di casa o verso spiagge meno battute, godendosi la<br />

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magia di un’alba, un tramonto o una notte stellata sul mare.<br />

Con 2-3.000 euro, <strong>in</strong>vece, si può avere un piccolo cab<strong>in</strong>ato,<br />

una barca di una vent<strong>in</strong>a di anni. Con questo piccolo<br />

cab<strong>in</strong>ato si potrà navigare lungocosta <strong>in</strong> piena autonomia e<br />

magari, tempo permettendo, avventurarsi anche <strong>in</strong> brevi<br />

traversate di qualche dec<strong>in</strong>a di miglia. Ciò significa che tutto<br />

il Mediterraneo, isole comprese, diventa a portata di vela,<br />

<strong>in</strong> completa autonomia di rotte e tempi.<br />

Con cifre simili si possono anche acquistare i materiali necessari<br />

per autocostruirle.<br />

Vi assicuro poi che migliaia di piccole barche abbandonate<br />

attendono coraggiosi appassionati, capaci di riportarle al<br />

loro elemento vitale. Basta solo cercare con pazienza e determ<strong>in</strong>azione,<br />

sapersi accontentare e lavorare, alla propria<br />

barca, realizzando il proprio sogno. Certi che la fortuna<br />

aiuta gli audaci, anche <strong>in</strong> queste circostanze. Così è stato<br />

per un’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ità di navigatori, a com<strong>in</strong>ciare dai giganti degli<br />

oceani come testimoniano le storie di Slocum, Moitessier e<br />

Carozzo o come ci <strong>in</strong>segnano i sognatori che cont<strong>in</strong>uano a<br />

popolare banch<strong>in</strong>e e anfratti portuali, dove <strong>in</strong> ogni stagione<br />

smerigli e pennelli r<strong>in</strong>novano vecchi scafi.<br />

Tenete presente che, se il campeggio nautico e la crociera<br />

sono attività relativamente recenti, diffusesi soprattutto<br />

nella seconda metà del Novecento, la navigazione diurna<br />

su brevi rotte costiere è <strong>in</strong>vece antichissima <strong>in</strong> Mediterraneo.<br />

Andando a vela di spiaggia <strong>in</strong> spiaggia, o di baia <strong>in</strong> baia,<br />

doppiando capi, circumnavigando promontori, raggiungendo<br />

isole, ripercorriamo millenarie rotte fenice e greche,<br />

spostandoci come hanno fatto per secoli pescatori e mar<strong>in</strong>ai<br />

impegnati nel piccolo cabotaggio. Manterremo viva<br />

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quella micro circolazione di genti e culture che è tratto<br />

fondante della storia mediterranea.<br />

La vela, praticata con derive e piccoli cab<strong>in</strong>ati, è anche un<br />

modo piacevole, economico ed ecologico per visitare lagune<br />

e laghi. Ambienti circoscritti ma di grande fasc<strong>in</strong>o storico<br />

e naturalistico, e <strong>in</strong> qualche caso meno battuti dal turismo<br />

nautico. Queste navigazioni <strong>in</strong> acque protette sono il<br />

miglior modo per fare esperienza <strong>in</strong> sicurezza, per saggiare<br />

difficoltà e piaceri della vela, entrambi numerosi. A proposito,<br />

utilizzo spesso la parola passione per parlare di<br />

questa attività, perché nel nostro caso credo sia da preferirsi<br />

a sport od hobby. Ma anche perché sono perfettamente<br />

consapevole dei suoi molteplici, contraddittori significati.<br />

La vela è una passione, un <strong>in</strong>sieme di <strong>in</strong>teresse, predilezione,<br />

sentimento, amore, trasporto, ossessione, preoccupazione,<br />

dolore e tormento. Provare per credere, issare<br />

per appassionarsi.<br />

Lasciamo adesso la vela filosofica, per imparare a tagliare i<br />

ferzi di quella concreta. Abbandoniamo la barca cartacea,<br />

per <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciare a sagomare ord<strong>in</strong>ate e madieri di quella<br />

reale.<br />

Vele sobrie, per barche piccole. Autonomia economica e<br />

materiale sono qualità da associare all’<strong>in</strong>dipendenza di<br />

pensiero, tutte caratteristiche fondamentali per dare concretezza<br />

ad avventure ecologiche di libera navigazione. Già<br />

Epicuro suggeriva che il “massimo frutto dell’autosufficienza<br />

è la libertà”.<br />

Barca m<strong>in</strong>ima significa lasciare a terra <strong>in</strong>utili necessità, deleterie<br />

comodità, superflui agi. “Lontani dall’acqua, lontani<br />

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dal mare”, dice un proverbio mar<strong>in</strong>aresco. Perché più la<br />

barca è grande, e di conseguenza più si è lontani dall’acqua,<br />

maggiore sarà la difficoltà di sentire e apprezzare il<br />

mare. Il mar<strong>in</strong>aio esperto sente il vento e le onde, può farlo<br />

a occhi chiusi, r<strong>in</strong>unciando al più contemporaneo dei<br />

sensi. Ma per imparare a sentire il mare bisogna navigare<br />

su piccole barche, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciando ad aff<strong>in</strong>are una sensibilità<br />

percettiva che rivela cosa sta accadendo tra scafo e acqua,<br />

tra vela e vento. Solo <strong>in</strong> questo modo si entrerà <strong>in</strong> <strong>in</strong>timità<br />

con l’elemento acqueo e aereo, apprezzandone i più<br />

segreti piaceri.<br />

Rotta massima significa saper ampliare i propri orizzonti.<br />

Consapevoli del fatto che, soprattutto oggi, la lunghezza<br />

del viaggio non la si misura solo quantitativamente, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i<br />

di chilometri o miglia percorse. Al contrario è spesso<br />

molto più emozionante un viaggio a piedi, misurato sulla<br />

base della fatica fatta per raggiungere la meta, o una navigazione<br />

a vela, valutata considerando le abilità mar<strong>in</strong>aresche<br />

per approdare a dest<strong>in</strong>azione. Il viaggio è anche difficoltà,<br />

<strong>in</strong>certezza, <strong>in</strong>aspettato, scoperta, meraviglia, sofferenza,<br />

<strong>in</strong>canto e mille altre variabili che amplificano le<br />

emozioni. Una difficile bol<strong>in</strong>a, un <strong>in</strong>certo approdo, un’<strong>in</strong>aspettata<br />

brezza o la scoperta di una caletta, la meraviglia di<br />

un delf<strong>in</strong>o, la sofferenza di un vento contrario, l’<strong>in</strong>canto di<br />

un’alba, daranno al nostro seppur breve viaggio un fasc<strong>in</strong>o<br />

antico. È nella quotidiana immersione nella natura e <strong>in</strong> noi<br />

stessi che la rotta si allunga, che l’esperienza diventa significativa.<br />

Un’amata, vissuta e curata barca m<strong>in</strong>ima permette di navigare<br />

<strong>in</strong> estrema sicurezza e senza particolari ansie una rot-<br />

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ta massima, verso lidi sconosciuti. Soprattutto d’estate è<br />

sufficiente veramente poco per poter veleggiare anche su<br />

medie e lunghe distanze.<br />

È il grande navigatore solitario Bernard Moitessier a ricordarci<br />

che a bordo tutto ciò che non c’è non si rompe. Una<br />

massima doppiamente valida <strong>in</strong> mare, dove si è soli, anche<br />

di fronte alla più affollata delle spiagge, anche a poche miglia<br />

dal più attrezzato dei porti. Moitessier veleggiò sempre<br />

su barche m<strong>in</strong>ime, capaci però di attraversare tutti gli<br />

oceani del mondo. Allo stesso modo, noi scegliamo barche<br />

m<strong>in</strong>ime per navigare le acque del nostro mare quotidiano.<br />

Barche m<strong>in</strong>ime per rotte massime, vele che mettono <strong>in</strong><br />

pratica l’antico adagio epicureo: “Niente basta a chi non<br />

basta ciò che è sufficiente”.<br />

Due orizzonti: l’usato e l’autocostruzione<br />

Per fedeltà al pr<strong>in</strong>cipio di sobrietà dovrei tralasciare subito<br />

l’ipotesi di acquistare una barca nuova. Ma preferendo la<br />

ragione alla fede, accenno alcuni buoni motivi per scartare<br />

questa ipotesi. Le barche nuove, anche piccole, sono troppo<br />

costose e non sempre qualitativamente all’altezza della<br />

cifra richiesta. Una deriva di poco più di quattro metri, costa<br />

circa 5.000 euro. Per un cab<strong>in</strong>ato di sei metri, sono necessari<br />

circa 25.000 euro. Barche usate delle stesse dimensioni,<br />

di una vent<strong>in</strong>a d’anni ma comunque ben tenute, costano<br />

molto meno di un terzo. Anche nella nautica spesso<br />

ciò che paghiamo non è solo la qualità dei materiali o la cura<br />

della costruzione, ma fronzoli estetici o costi pubblicitari.<br />

A derive e cab<strong>in</strong>ati, una discreta manutenzione garanti-<br />

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sce una lunga vita, anche perché l’unico motore è la vela,<br />

facilmente revisionabile o r<strong>in</strong>novabile. Scafi di vetrores<strong>in</strong>a,<br />

legno, metallo se ben costruiti, anche dopo trent’anni possono<br />

ancora navigare a lungo. Poi, quale miglior scelta ecologica<br />

del riutilizzo? quale miglior strategia sostenibile della<br />

conservazione?<br />

Ecologia ed economia mi portano qu<strong>in</strong>di a scartare subito<br />

il nuovo, lasciando disponibili due opzioni: usato o autocostruzione,<br />

di cui cercherò <strong>in</strong> breve di mettere a confronto<br />

benefici e malefici. Con l’unica certezza di non poter rendere<br />

il giusto merito a nessuna delle due categorie di cultori.<br />

Manutentori e autocostruttori, accomunati dall’amore<br />

per la propria barca, dalla vocazione alla libertà, materiale<br />

e culturale.<br />

L’acquisto dell’usato è di certo la rotta più semplice, anche<br />

perché uno scafo, per quanto malmesso, difficilmente affonda.<br />

Malgrado probabili mille disavventure, una piccola barca<br />

usata garantisce un’immediata navigazione, che è già un ottimo<br />

rimedio alle tante preoccupazioni di un neo-armatore a<br />

corto di denari. Appassionante è la ricerca della vela, rispondente<br />

alle nostre esigenze e possibilità. Una ricerca da farsi<br />

su libri, riviste e web <strong>in</strong> prima battuta, parlando poi con amici<br />

e conoscenti, per completarsi <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e nei mille porti e rimessaggi<br />

della Penisola. Mantenendo un occhio e un orecchio<br />

aperto oltre conf<strong>in</strong>e, soprattutto oggi con la moneta<br />

unica e le pratiche commerciali semplificate. Attenzione a<br />

non dimenticare che la barca a vela medio-piccola, non immatricolabile<br />

f<strong>in</strong>o a dieci metri di lunghezza, è un bene mobile,<br />

qu<strong>in</strong>di non richiede particolari documenti di proprietà.<br />

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Comunque, circa le pratiche, è meglio prestare molta attenzione<br />

e, se necessario, ricorrere a un consulente o ai sempre<br />

più efficienti forum. Soprattutto per chi è al primo acquisto,<br />

è <strong>in</strong>dispensabile confrontarsi con persone esperte, discutendo<br />

e visionando <strong>in</strong>sieme le varie possibilità, riguardanti costi,<br />

stato, attrezzature e dimensioni. Il tempo dedicato alla<br />

ricerca e alla valutazione m<strong>in</strong>uziosa della barca e dell’attrezzatura,<br />

non rappresenta solo un guadagno <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i economici,<br />

ma è uno dei momenti più entusiasmanti della nuova<br />

avventura. Se i cataloghi pat<strong>in</strong>ati delle novità nautiche sono<br />

abbastanza omologati e concentrati su barche grandi per dimensioni<br />

e portafogli, l’offerta dell’usato è <strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente più<br />

ampia, sia <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i quantitativi che qualitativi. Sul mercato<br />

dell’usato ne troverete di molto diverse, per concezione di<br />

progettazione, scelte di armamento, qualità mar<strong>in</strong>e ed estetiche.<br />

Sarà così più facile soddisfare le svariate necessità o<br />

stravaganze nautiche, che dir si voglia. Non dimenticando<br />

mai che “una barca si sceglie <strong>in</strong> mare”.<br />

L’autocostruzione, al contrario, è una vera e propria avventura,<br />

come <strong>in</strong>segnano cent<strong>in</strong>aia di testimonianze e dec<strong>in</strong>e<br />

di libri. Un’avventura forse più grande della navigazione<br />

che, solo nella migliore delle ipotesi, seguirà il varo. Anche<br />

il più entusiasta autocostruttore, un tipo umano che meriterebbe<br />

da solo un libro psico-antropologico, non potrà negarvi<br />

che la sua rotta è più lunga e difficile di qualsiasi altra.<br />

Per quanto complicata possa essere la scelta d’acquisto<br />

di uno scafo usato, nell’autocostruzione si aggiungono<br />

altre difficoltà, rendendo il tutto abbastanza impegnativo.<br />

Altrettanto superiori saranno però alla f<strong>in</strong>e le gratificazio-<br />

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ni e l’amore per la barca, a tutti gli effetti la propria creatura.<br />

Non è qui il caso di addentrarsi <strong>in</strong> lunghe disquisizioni<br />

tecniche e psicologiche. Sì, psicologiche, perché l’autocostruzione<br />

può rivelarsi una terapia o al contrario un supplizio.<br />

Mi limiterò a ricordare che se all’autocostruttore<br />

pr<strong>in</strong>cipiante non sono richieste grandi abilità, ciò di cui dovrà<br />

essere certo di disporre è ancora una volta il tempo, a<br />

cui associare due impresc<strong>in</strong>dibili qualità: costanza e pazienza.<br />

Se fieramente armato di questi caratteri, e immune<br />

da assilli famigliari e lavorativi, l’autocostruttore saprà alzare<br />

la sua chiesa, un cantiere autarchico, dotarsi dei suoi<br />

paramenti, utensili elettrici e manuali, stabilire il suo credo,<br />

il miglior materiale, per officiare il suo rito che lo condurrà<br />

a battezzare la sua opera.<br />

Per chi è <strong>in</strong>certo sulle proprie qualità o più pragmaticamente<br />

è conscio di non avere perfette condizioni logistiche<br />

e temporali, ma rimane conv<strong>in</strong>to di voler conoscere ogni<br />

segreto della propria barca e di mettere le mani dappertutto,<br />

rimane l’opzione dell’autocostruzione parziale. Ci si può<br />

<strong>in</strong>fatti far costruire da un cantiere scafo e coperta ex novo<br />

o <strong>in</strong> kit, cioè partendo dal progetto o assemblando parti<br />

preconfezionate. Rimarrà poi al proprietario l’onere e<br />

l’onore di completare personalmente il lavoro, che rimane<br />

lungo e impegnativo.<br />

Alla f<strong>in</strong>e, per tutti, comunque si tratterà di un pezzo unico<br />

di cui andare fieri. Qualunque sia il materiale, massello o<br />

compensato, v<strong>in</strong>ilico o epossidico, allum<strong>in</strong>io o ferro; la carena,<br />

tonda o spigolo; la deriva fissa o mobile; l’armo, a sloop<br />

o a cutter e le mille altre scelte fatte.<br />

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Terzo orizzonte: l’imbarco<br />

Oltre questi due orizzonti c’è ne un terzo, ancor più economico<br />

e vagabondo. Quello di chi decide di navigare per tutta<br />

la vita come semplice mar<strong>in</strong>aio. Il suo capostipite ideale<br />

è Ismaele di Melville. Nelle prime pag<strong>in</strong>e del leviatanico libro,<br />

il protagonista rivela ansie e speranze che, seppur <strong>in</strong><br />

contesti completamente differenti, accomunano ogni<br />

squattr<strong>in</strong>ato navigante. Colui che non può permettersi di<br />

attraversare il mare come passeggero e non vuole farlo come<br />

capitano, perché sceglie di respirare l’aria di prua.<br />

Quella fresca, libera da responsabilità che sottraggono piaceri.<br />

Perciò, Ismaele si mette <strong>in</strong> mare da semplice mar<strong>in</strong>aio,<br />

godendo appieno del sano esercizio chiesto dalla vela,<br />

della libertà offerta dal vento.<br />

Ancora oggi, benché mar<strong>in</strong>ai da diporto, sono tanti quelli<br />

<strong>in</strong>namorati del lavoro sul mare, alla ricerca dei piaceri offerti<br />

dal mollare o serrare gli ormeggi, dall’issare o amma<strong>in</strong>are<br />

le vele, dall’orzare o poggiare. Il tutto senza le responsabilità<br />

dell’armatore o del comandante. Gente che per tutta<br />

la vita mette braccia, tenacia, abilità, esperienza, al servizio<br />

di altri, per godere <strong>in</strong> ogni istante solo della <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita libertà<br />

del mare. Quando si è a prua a cambiare una vela, ci<br />

si preoccupa solo di garrocci, bugne e scotte, quando si<br />

raggiunge un porto, ci si rallegra solo della buona riuscita<br />

della navigazione, quando si dà fondo all’ancora <strong>in</strong> una baia,<br />

si pregusta solo il tuffo nelle sue limpide e calme acque.<br />

È più facile per il mar<strong>in</strong>aio semplice liberare i suoi pensieri<br />

ai flutti di sottovento o farli portare da delf<strong>in</strong>i <strong>in</strong>ebriati<br />

dalle onde di prua, da gabbiani plananti sui refoli della ran-<br />

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da. Libertà concesse a chi è esonerato dagli obblighi del comandante,<br />

dalle grane dell’armatore.<br />

Se questo è il vostro orizzonte, fatto di semplici gioie mar<strong>in</strong>aresche,<br />

allora r<strong>in</strong>unciate f<strong>in</strong> da subito ad acquistare o costruire<br />

una barca, piccola o grande che sia, eviterete brevissime<br />

soddisfazioni e lunghissime sofferenze.<br />

Considerazioni perfettamente riassunte dal proverbio mar<strong>in</strong>aresco:<br />

“La barca regala due momenti di felicità, all’acquisto<br />

e alla vendita”. Perciò, è meglio andare <strong>in</strong> mare facendo<br />

a meno di entrambe, anelando libere navigazioni <strong>in</strong><br />

libero mare, felicità istantanee da venti e onde, stupore<br />

r<strong>in</strong>novato da porti e isole. Senza dimenticare che sono<br />

sempre molto più numerose le barche ormeggiate, di quelle<br />

che navigano, molto più frequenti le occasioni per imbarcarsi<br />

come mar<strong>in</strong>ai, di quelle di prendere il largo da comandanti,<br />

con equipaggi al completo.<br />

Se l’imbarco da mar<strong>in</strong>aio semplice è stato per secoli ed è,<br />

spesso, una costrizione lavorativa dettata da necessità economiche<br />

e materiali, negli ultimi decenni è diventata una<br />

pratica del diporto, significativa anche per aspetti ecologici<br />

ed esperienziali. “Imbarco cercasi”, si legge sulle bacheche<br />

di circoli, riviste di carta ed elettroniche. Qualcuno,<br />

mutuando il term<strong>in</strong>e dagli ambienti stradali, ha coniato il<br />

term<strong>in</strong>e di barcastop o, <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese, boat hitchhik<strong>in</strong>g, modalità<br />

che permette a nullatenenti nautici brevi veleggiate<br />

giornaliere o lunghissime navigazioni oceaniche, di cui esiste<br />

oggi una sufficiente letteratura. C’è chi parte senza alcun<br />

rudimento anche per viaggi impegnativi, confidando<br />

nella contestuale preparazione e disponibilità all’<strong>in</strong>segnamento<br />

del comandante. Ma credo che, soprattutto <strong>in</strong> mare,<br />

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sia più opportuno procedere un passo alla volta o, per meglio<br />

dire, un miglio alla volta. Chi cerca un equipaggio, non<br />

pretende di trovare un mar<strong>in</strong>aio esperto, ma apprezzerà di<br />

sicuro un mezzomar<strong>in</strong>aio che sa qual è la prua e la poppa,<br />

la randa e il fiocco, la cima e la scotta, o che fa la gassa e il<br />

parlato o che sa cazzare e lascare. Chi cerca imbarco deve<br />

<strong>in</strong>vece sapere che negli ultimi decenni abbiamo assistito a<br />

una crescita esponenziale della dimensione delle barche,<br />

non adeguatamente corrisposta con la preparazione di comandanti<br />

ed equipaggi. Ma soprattutto, prima di trovarsi<br />

lontanissimo dalla costa, sarebbe meglio aver sprimentato<br />

la propria vulnerabilità e resistenza al sempiterno mal di<br />

mare, alle ristrettezze delle barche e degli equipaggi. Qu<strong>in</strong>di<br />

è meglio scoprire le difficoltà del mare, e magari le debolezze<br />

del mar<strong>in</strong>aio, nelle conosciute e vic<strong>in</strong>e acque di casa.<br />

Anche saper decidere come e quando sbarcare è parte<br />

dell’arte mar<strong>in</strong>aresca.<br />

Un tempo, un sogno<br />

Quando la barca c’è, non rimane che pianificare tempi e sogni.<br />

L’ord<strong>in</strong>e non è casuale, perché andando a vela i tempi,<br />

cronologici e meteorologici, condizionano fortemente i<br />

viaggi. Nelle prime pag<strong>in</strong>e, ho parlato genericamente di come<br />

il tempo sia uno dei fattori determ<strong>in</strong>anti della navigazione.<br />

A questo punto, non resta che raccontare con più<br />

precisione tempi, mezzi e modi della navigazione. Non mi<br />

riferirò a particolari modelli di barche e non mi dilungherò<br />

<strong>in</strong> m<strong>in</strong>uziosi elenchi di materiali. Cercherò di riassumere<br />

pr<strong>in</strong>cipi generali, accennando esperienze di ieri e di oggi.<br />

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Un m<strong>in</strong>i breviario per <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciare ad organizzare una veleggiata<br />

<strong>in</strong> autonomia, lunga un giorno, una settimana o un<br />

mese.<br />

Autonomia è parola chiave, che tiene <strong>in</strong>sieme difficoltà e<br />

gioie. In mare, più che a terra, è necessario essere autonomi,<br />

sapersi dare delle regole, soprattutto quando si naviga<br />

<strong>in</strong> solitario o con equipaggio ridottissimo. Esserlo è faticoso<br />

e richiede impegno, ma al contempo dà forza e regala<br />

soddisfazioni. Sforzi e gratificazioni che restituiscono significato<br />

all’atavico desiderio del viaggio.<br />

Per tutte e tre le ipotesi di navigazione sono sufficienti piccole<br />

barche, che genericamente possiamo riunire <strong>in</strong> due<br />

categorie: deriva e piccolo cab<strong>in</strong>ato. Tecnicamente entrambe<br />

vengono classificate come natanti, perché di lunghezza<br />

<strong>in</strong>feriore ai dieci metri.<br />

La prima è uno scafo non pontato, lungo tra 3 e 6 metri,<br />

con deriva e timone mobili, che riducono il pescaggio a 10-<br />

30 centimetri. Ha un albero con una o due vele bianche,<br />

quella di poppa si chiama randa, quella di prua fiocco. Oggi<br />

l’armo più diffuso è quello detto Marconi, <strong>in</strong> relazione all’albero<br />

che assomiglia a un palo del telegrafo, con vele<br />

triangolari. Non mancano però, soprattutto nel mondo dell’autocostruzione,<br />

soluzioni diverse, simili a quelle del passato<br />

o <strong>in</strong>novative. La randa può così essere a chela di granchio,<br />

aurica, al terzo, lat<strong>in</strong>a o c<strong>in</strong>ese. Oltre a randa e fiocco,<br />

nelle andature portanti alcune derive armano anche altre<br />

vele più ampie, chiamate sp<strong>in</strong>naker e gennaker.<br />

Per piccolo cab<strong>in</strong>ato <strong>in</strong>vece si <strong>in</strong>tende uno scafo pontato,<br />

con una parte a prua più alta che consente di avere uno<br />

spazio coperto. Normalmente si tratta di due o quattro<br />

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panche su cui poter dormire e di uno spazio più alto centrale,<br />

comunque <strong>in</strong>feriore ai 1,5 metri. Lunghi da 5 a 7 metri,<br />

hanno una larghezza <strong>in</strong>feriore a 2,5 metri. Alcuni hanno<br />

la deriva mobile, mentre altri l’hanno fissa, con un pescaggio<br />

comunque relativamente limitato, <strong>in</strong>feriore a 1,5<br />

metri. Anche la maggior parte di questi hanno un armo<br />

Marconi, con due vele bianche più una vela idonea alle andature<br />

portanti. In assenza di vento, le derive utilizzano i<br />

remi, mentre sui piccoli cab<strong>in</strong>ati si montano motori fuoribordo,<br />

utili anche per le manovre di <strong>in</strong>gresso e uscita dal<br />

porto.<br />

Prima di qualsiasi considerazione o pianificazione, bisogna<br />

ricordare che una deriva o un piccolo cab<strong>in</strong>ato, <strong>in</strong> condizioni<br />

ottimali, navigano a una media di quattro nodi, fanno<br />

cioè circa sette chilometri <strong>in</strong> un’ora. Poco pensano gli umani<br />

che vanno a scoppio, il giusto pensano quelli che vanno<br />

a piedi. La stessa velocità accomuna le grandi navi di ieri ai<br />

nostri piccoli gusci e questo è un altro motivo di suggestione.<br />

Perché il mare e il vento cont<strong>in</strong>uano ad imporre regole<br />

temporali e spaziali, difficoltà se parametrate secondo canoni<br />

contemporanei, opportunità se misurate con i sensi.<br />

Comunque la pensiate, se andrete a vela con piccole barche<br />

rassegnatevi o esaltatevi a navigare a quattro nodi. Velocità<br />

che se commisurata con le ore di luce di una giornata<br />

estiva, vi danno subito un’idea delle distanze percorribili.<br />

Simili per una deriva e per un piccolo cab<strong>in</strong>ato, anche<br />

perché se la prima guadagna qualcosa <strong>in</strong> velocità, il secondo<br />

recupera per comodità, concedendo tempi più lunghi di<br />

navigazione. In l<strong>in</strong>ea di massima è possibile ipotizzare pia-<br />

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cevoli veleggiate di una vent<strong>in</strong>a di miglia che se allungate,<br />

nella grazia di Eolo, diventano però impegnative.<br />

Le pag<strong>in</strong>e che seguono offrono tre possibili rotte <strong>in</strong>iziatiche.<br />

Queste, come le <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite altre che ognuno di noi può<br />

pianificare e realizzare, sono qui accomunate da un’unica<br />

condizione: barca m<strong>in</strong>ima, rotta massima. Non sono certo<br />

sufficienti poche pag<strong>in</strong>e a descrivere barche, attrezzature,<br />

rotte e strategie, ma credo possano essere utili per valutare<br />

la fattibilità del sogno. Un primo vademecum, un <strong>in</strong>vito<br />

a partire, a vela ovviamente.<br />

Un giorno, un sogno<br />

Per assaporare i piaceri della vela è sufficiente un’uscita di<br />

poche ore, o magari una navigazione dall’alba al tramonto,<br />

e il modo migliore è farla con una deriva. Lasciando ai regatanti<br />

quelle sportive, vediamo molto brevemente come<br />

scegliere una barchetta con cui veleggiare <strong>in</strong> tranquillità<br />

lungo costa. Per prima cosa bisogna capire se si navigherà<br />

da soli, <strong>in</strong> due o con un piccolo equipaggio. Dalla dimensione<br />

della barca dipende il costo d’acquisto e quello di mantenimento,<br />

ed entrambi aumentano esponenzialmente con<br />

la lunghezza. Inoltre, più la barca è grande, maggiore è la<br />

fatica per alarla e vararla, considerando che le derive stanno<br />

normalmente <strong>in</strong> secco.<br />

Pescaggio limitato, peso contenuto e <strong>in</strong>affondabilità, sono<br />

tre caratteristiche fondamentali. Se i pregi delle prime due<br />

sono facilmente <strong>in</strong>tuibili, sulla terza è bene spendere qualche<br />

parola. Va precisato che le derive si ribaltano, anzi è<br />

bene f<strong>in</strong> dalla prima uscita prendere dimestichezza con le<br />

manovre necessarie per raddrizzare la barca quando scuf-<br />

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fia. Anche se si riempie d’acqua, la deriva non deve affondare<br />

e per questo deve avere idonee riserve di galleggiamento.<br />

Camere stagne o più comunemente dei gonfiabili<br />

robusti, fissati negli spazi vuoti tra scafo e coperta. Sempre<br />

nell’ottica di evitare pericolosi capovolgimenti completi,<br />

anche albero e boma devono essere stagni. Oltre alle dotazioni<br />

obbligatorie, a bordo deve esserci un tendal<strong>in</strong>o, soprattutto<br />

se si è <strong>in</strong>tenzionati a godere qualche ora all’ancora,<br />

e una scaletta, se le murate non consentono di risalire<br />

facilmente a bordo dopo un bagno.<br />

Anche per le uscite giornaliere bisogna essere documentati<br />

sulle caratteristiche geografiche e meteorologiche della<br />

zona, <strong>in</strong>formandosi sulle previsioni e stando sempre attenti<br />

all’evoluzione del tempo. Attenzione va posta anche all’acqua<br />

e all’alimentazione, considerando che la deriva richiede<br />

comunque un certo impegno fisico.<br />

Dovrei forse raccontare di sartie, cime, scotte, caricabassi<br />

o di regolazioni delle manovre fisse e correnti o di andature<br />

e governo. Ma è tempo di uscire <strong>in</strong> mare per sentire il<br />

vento.<br />

Vela ventis dare!<br />

Una settimana, un sogno<br />

Anche per sostanziare questo sogno settimanale è sufficiente<br />

una deriva. Se tutte sono state progettate e costruite<br />

per brevi uscite, non tutte sono propriamente adatte al<br />

campeggio nautico.<br />

Ma prima di descrivere barche e rotte possibili, va chiarito il<br />

significato di campeggio nautico, perché è di questo che parleremo.<br />

Per campeggio nautico si <strong>in</strong>tende lo spostarsi a re-<br />

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mi, vela o motore, da una spiaggia a un’altra, prevedendo di<br />

passare la notte <strong>in</strong> tenda. Questa, nella scelta più radicale e<br />

coerente, è montata sulla barca o, spesso più comodamente,<br />

sulla spiaggia dove, quando possibile, sarebbe sempre bene<br />

alare anche lo scafo. Se già nell’Ottocento <strong>in</strong> Inghilterra e <strong>in</strong><br />

altri Paesi si praticava il campeggio nautico e si pubblicavano<br />

anche specifiche guide, <strong>in</strong> Italia si è diffuso negli anni Settanta<br />

del Novecento, <strong>in</strong> concomitanza con l’ampliarsi dell’offerta<br />

delle piccole barche <strong>in</strong> vetrores<strong>in</strong>a. In Inghilterra l’associazione<br />

del d<strong>in</strong>ghy cruis<strong>in</strong>g è stata fondata nei primi anni<br />

C<strong>in</strong>quanta ed è ancora attivissima. Purtroppo, <strong>in</strong>vece, <strong>in</strong><br />

Italia gli entusiasmi <strong>in</strong>iziali, di cui ancora è possibile ascoltare<br />

l’eco dalla viva voce dei protagonisti o leggendo articoli e<br />

libri dedicati, si sono andati quasi completamente affievolendo.<br />

Racconti e guide non sono solo ricchissimi di suggerimenti<br />

ancora validi ma, soprattutto, restituiscono uno spirito<br />

libertario, un amore per la vita all’aria aperta, una voglia<br />

d’avventura, che è una salutare <strong>in</strong>iezione di vitalità.<br />

Anche nella nautica, gli anni Ottanta e Novanta sono stati<br />

terribilmente luccicanti e mortalmente consumistici. L’unica<br />

rilevante eccezione culturale è rappresentata dal mensile<br />

Bol<strong>in</strong>a, che al contempo valorizza e diffonde anche le<br />

buone pratiche del piccolo diporto, senza dimenticare<br />

l’ecologia, r<strong>in</strong>novando la sobria passione per la vela delle<br />

orig<strong>in</strong>i. Chissà che la crisi, associata a una riscoperta del<br />

viaggiare lento, nel rispetto dell’ambiente, non rilanci anche<br />

questo tipo di esperienza.<br />

Oggi, comunque, i pr<strong>in</strong>cipali problemi del campeggiatore<br />

nautico vengono dai mille divieti e preclusioni delle spiagge.<br />

Negli ultimi trent’anni, le spiagge libere sono diventate<br />

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una chimera, un paesaggio <strong>in</strong> via d’est<strong>in</strong>zione. La privatizzazione<br />

delle coste, da nord a sud, a f<strong>in</strong>i edilizi o balneari,<br />

è una delle più scottanti emergenze ambientali. Una situazione<br />

che teoricamente sembra precludere anche ogni<br />

esperienza di campeggio nautico o, più <strong>in</strong> generale, di libera<br />

navigazione.<br />

Ma, ma... con un po’ di discrezione e un’ancora più attenta<br />

pianificazione, possiamo trascorrere qualche notte all’aria<br />

aperta e approdare liberamente, senza complicate e costose<br />

prenotazioni <strong>in</strong> mar<strong>in</strong>a ad uso esclusivo della supernautica.<br />

Anzi, dovremmo ost<strong>in</strong>atamente fare campeggio nautico<br />

anche per contrastare concretamente la deleteria politica<br />

di privatizzazione delle coste. Dobbiamo riappropriarci<br />

dei beni comuni camm<strong>in</strong>ando lungo le nostre rive, nuotando<br />

e navigando nelle nostre acque. Una battaglia di civiltà,<br />

combattuta passeggiando, pedalando, nuotando, remando<br />

e veleggiando; pratiche libertarie ed ecologiche, <strong>in</strong>dispensabili<br />

per riprenderci il nostro mare quotidiano.<br />

Ritornando alle necessità del campeggio nautico, sono lontani<br />

i tempi <strong>in</strong> cui il Tour<strong>in</strong>g Club Italiano lanciava un concorso<br />

per progettare una barca capace di soddisfare le esigenze<br />

del diporto costiero entro le tre miglia dalla costa.<br />

Anni <strong>in</strong> cui diverse riviste nautiche si occupavano di questa<br />

modalità di viaggio, <strong>in</strong> cui venivano pubblicati manuali<br />

e le guide turistiche dedicavano pag<strong>in</strong>e al remo e alla vela.<br />

“Una barca, due remi immersi nell’azzurro possono essere<br />

pr<strong>in</strong>cipio d’ogni meraviglia...”, si legge <strong>in</strong> Mar<strong>in</strong>e d’Italia<br />

del TCI degli anni C<strong>in</strong>quanta.<br />

I manuali dell’epoca com<strong>in</strong>ciano l’analisi delle imbarcazioni<br />

partendo addirittura dal materass<strong>in</strong>o pneumatico, utile<br />

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a trasportare il necessario del più spartano dei campeggiatori<br />

nautici: il nuotatore. Una pratica sopravvissuta miracolosamente,<br />

r<strong>in</strong>novatasi e ibridatasi con il camm<strong>in</strong>o, chiamata<br />

acquatrekk<strong>in</strong>g. Una possibilità nuova di viaggiare lungo<br />

le coste, percorrendole via terra quando possibile o altrimenti<br />

via mare. È necessario uno za<strong>in</strong>o impermeabile, muta,<br />

maschera e p<strong>in</strong>ne.<br />

Per lo yacht<strong>in</strong>g camp<strong>in</strong>g, come veniva chiamato anche <strong>in</strong><br />

Italia negli anni Settanta, la barca deve avere basso pescaggio<br />

e peso contenuto, per permettere all’equipaggio di alare<br />

e varare con facilità. Basteranno dei rulli gonfiabili durante<br />

la crociera. Per peso contenuto <strong>in</strong>tendo <strong>in</strong>feriore ai<br />

150-200 chilogrammi, considerando albero, boma, vele e<br />

armamento di base. Se poi solo lo scafo pesa meno di 70-<br />

80 chilogrammi, si può anche valutare la possibilità di caricarlo<br />

sul tetto dell’automobile, ampliando notevolmente gli<br />

orizzonti delle esplorazioni nautiche.<br />

Indispensabile è almeno un gavone stagno di prua, dove<br />

poter tenere all’asciutto vestiario, tenda e tutto il resto. In<br />

<strong>alternativa</strong>, si può pensare di ovviare con una cassa stagna,<br />

da fissare <strong>in</strong> pozzetto o a prua dell’albero. Visto che i venti<br />

sono div<strong>in</strong>ità bizzarre e mutevoli, per <strong>in</strong>tensità e direzione,<br />

i remi sono sempre un <strong>in</strong>dispensabile talismano. Lo erano<br />

per le mitiche navi di Odisseo, Giasone ed Enea, per quelle<br />

antiche di Fenici, Greci e Romani, per quelle medievali<br />

delle repubbliche e lo sono ancora oggi per le nostre piccole<br />

vele che solcano le stesse acque mediterranee. Per trasformare,<br />

poi, il talismano <strong>in</strong> uno strumento efficace, lo<br />

scafo deve essere predisposto per mettere degli scalmi,<br />

che facilitano e potenziano la voga. Non dimenticate mai<br />

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che la fatica del remo non è solo necessaria alla prima scoperta<br />

del mare, ma rivela appieno i piaceri del vento, delle<br />

lunghe navigazioni che chiedono solo il controllo della vela.<br />

Considerando che la prudenza suggerisce di navigare<br />

con il tempo buono, non sarà raro trovarsi <strong>in</strong> bonaccia e<br />

dover qu<strong>in</strong>di far ricorso ai remi. Comunque, una deriva di<br />

quattro metri se ben attrezzata con calma di vento e corrente<br />

può essere mossa a remi a 2-3 nodi, velocità che permette<br />

di ritornare a terra <strong>in</strong> tempi ragionevoli, per buttare<br />

l’ancora <strong>in</strong> attesa di brezze favorevoli.<br />

Per il campeggio nautico, lo scafo, seppur piccolo, deve<br />

avere un sufficiente bordo libero, ossia fiancate abbastanza<br />

alte da evitare che anche con venti deboli le onde riempiano<br />

il pozzetto. Quest’ultimo deve essere autovuotante,<br />

ossia costruito <strong>in</strong> modo che l’acqua che entra, esca poi da<br />

sola. Deriva e timone basculanti, qu<strong>in</strong>di non a baionetta,<br />

evitano spiacevoli e pericolosi urti sul fondo, consentendo<br />

più semplici manovre vic<strong>in</strong>o alla riva. Sempre pensando a<br />

una barca trasportabile sul tetto dell’automobile, l’albero<br />

deve essere smontabile, cioè suddivisibile <strong>in</strong> due parti di<br />

lunghezza <strong>in</strong>feriore a 4,5 metri. Non sono tante le derive di<br />

quattro metri, con alberi smontabili, ma anche <strong>in</strong> questo<br />

caso non è difficile trovare una soluzione personalizzata.<br />

Per evitare di trasformare i possibili ribaltamenti <strong>in</strong> pericolosi<br />

capovolgimenti completi, si attrezza la parte più alta<br />

della randa con una tasca riempita di materiale espanso. La<br />

randa dovrebbe avere i terzaroli, cioè la possibilità di essere<br />

ridotta, mentre sarebbe bene avere almeno due fiocchi<br />

di diversa superficie, da armare a prua a seconda dell’<strong>in</strong>tensità<br />

del vento.<br />

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Per completare questa brevissima panoramica sulle caratteristiche<br />

essenziali di una deriva con cui fare navigazioni<br />

di diversi giorni, vanno ricordate alcune dotazioni accessorie<br />

oltre quelle obbligatorie.<br />

Le carte sono un <strong>in</strong>dispensabile ausilio di viaggio, ancor<br />

più <strong>in</strong> mare. Senza troppi giri di parole, navigando di giorno,<br />

vic<strong>in</strong>o alla costa e con una barca a pescaggio ridotto,<br />

possiamo anche fare a meno di costose carte nautiche e<br />

dotarci di più economiche carte stradali, magari preferibili<br />

anche perché si trovano facilmente a scala ridotta. Infatti<br />

se la scala ord<strong>in</strong>aria delle carte nautiche è 1:100.000, dove<br />

un miglio corrisponde ad appena 1,8 centimetri, per le nostre<br />

necessità è meglio avere carte 1:50.000 o ancora più<br />

dettagliate. In questo caso deve essere tripla l’attenzione<br />

durante la navigazione a scogli affioranti, semi-affioranti e<br />

bassifondi, visto che le carte stradali non danno alcuna <strong>in</strong>formazione<br />

sulla batimetria, che è la terza dimensione del<br />

mondo acqueo. Oggi, utilissima anche per la cartografia è<br />

la rete, ma attenzione: la barca, e quella piccola <strong>in</strong> particolare,<br />

è per def<strong>in</strong>izione bagnata e qu<strong>in</strong>di la carta, tutto sommato,<br />

resiste meglio dell’elettronica. Ciò non toglie che le<br />

novità <strong>in</strong>formatiche offrano spesso utilissime soluzioni low<br />

cost o semplifich<strong>in</strong>o anche la vita vagabonda, a terra come<br />

<strong>in</strong> mare.<br />

Va sottol<strong>in</strong>eato che le tecnologie attuali non garantiscono<br />

la copertura, telefonica e di rete, a distanze maggiori di un<br />

paio di miglia dalla riva. Qu<strong>in</strong>di, anche per il campeggio<br />

nautico, soprattutto per la sicurezza non guasta avere a<br />

bordo un’antica radio VHF, a portata ottica, con cui poter<br />

eventualmente comunicare con altre barche o con qualcu-<br />

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no a terra, con cui ascoltare i bollett<strong>in</strong>i meteorologici o gli<br />

avvisi ai naviganti. Il tutto gratuitamente.<br />

Sempre per quanto riguarda la vita <strong>in</strong> mare, particolare attenzione<br />

va posta alla scelta dell’abbigliamento. Con le derive<br />

la soluzione migliore e più economica è una muta, a<br />

gambe e maniche corte o lunghe, sottile o spessa, a seconda<br />

della stagione e della latitud<strong>in</strong>e. Tenete comunque presente<br />

che <strong>in</strong> mare è sempre freddo, soprattutto di bol<strong>in</strong>a, e<br />

gli spruzzi dopo qualche ora di navigazione diventano gelati<br />

anche <strong>in</strong> piena estate.<br />

Non mi dilungo sulla vita di campeggio a terra, se non rimarcando<br />

che oltre alla leggerezza del bagaglio, caratteristica<br />

obbligatoria che accomuna il viaggiare a piedi, <strong>in</strong> bici,<br />

<strong>in</strong> canoa e <strong>in</strong> deriva, queste ultime due modalità richiedono<br />

una particolare attenzione per l’impermeabilità. Infatti,<br />

se è brigoso asciugare <strong>in</strong>dumenti bagnati di acqua dolce,<br />

ancor di più lo è per quella salata. Anche per quanto riguarda<br />

la cuc<strong>in</strong>a e l’alimentazione, una volta sbarcati le<br />

condizioni sono simili a quelle di ogni altra forma di campeggio.<br />

Per le ore passate <strong>in</strong> mare, <strong>in</strong>vece, bisogna organizzarsi<br />

con cura, perché, oltre a un’adeguata riserva di acqua<br />

di circa tre litri a persona al giorno, vanno cadenzati e def<strong>in</strong>iti<br />

i pasti. Attenzione al mal di mare, creatura <strong>in</strong>visibile<br />

e malefica, che <strong>in</strong>festa le acque di oggi come quelle di ieri.<br />

La vela, anche <strong>in</strong> questo simile ad altre pratiche di viaggio<br />

lento, <strong>in</strong>segna a conoscersi, fisicamente e psicologicamente.<br />

Ancor più del camm<strong>in</strong>o e della bicicletta, però, la barca<br />

impone un’attenzione preventiva per una corretta alimentazione,<br />

perché la stanchezza può diventare molto pericolosa.<br />

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Veniamo alle rotte. Non dimenticate che l’acqua e l’aria sono<br />

per loro natura mutevoli e di conseguenza lo saranno<br />

anche i tempi. Considerando una velocità media di 3-4 nodi,<br />

<strong>in</strong> condizioni meteorologiche tranquille, <strong>in</strong> una veleggiata<br />

di sette giorni, prevedendo di navigare sei ore al giorno,<br />

si può ipotizzare di percorrere al massimo 170 miglia, cioè<br />

circa 300 chilometri. Se poi considerate che anche d’estate<br />

è facile rimanere bloccati per qualche giorno da condizioni<br />

meteorologiche avverse, che per una deriva possiamo<br />

quantificare <strong>in</strong> un vento contrario superiore ai 10-12 nodi,<br />

allora il percorso teorico si riduce alla metà. In s<strong>in</strong>tesi, soprattutto<br />

alle prime esperienze, è meglio pianificare rotte<br />

settimanali non superiori a 100-150 chilometri, per evitare<br />

spiacevoli ritardi e ben più pericolose complicazioni, se ci<br />

si ost<strong>in</strong>a ad affrontare condizioni avverse.<br />

Fatta questa prima valutazione non resta che tracciare rotte<br />

sulla carta, valutando distanze e angoli, approdi e pericoli,<br />

<strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciando a seguire con attenzione e regolarità le<br />

previsioni del tempo, osservando il cielo e, se possibile, il<br />

mare.<br />

Il viaggio a vela, come tutti quelli che richiedono un impegno<br />

fisico e psicologico, s’avvia molto prima di mollare gli<br />

ormeggi, dilatandosi ben oltre i giorni di navigazione. Vanno<br />

qu<strong>in</strong>di studiate le carte, documentandosi sui regimi di<br />

venti, maree e correnti, avendo ben presente la lunghezza<br />

del giorno e l’eventuale presenza della luna, per <strong>in</strong>volontari<br />

ritardi serali. Una buona regola generale è quella di partire<br />

al matt<strong>in</strong>o presto, per sfruttare appieno le brezze costiere,<br />

e rientrare altrettanto presto, per evitare spiacevoli<br />

contrattempi.<br />

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Inf<strong>in</strong>e, se l’ord<strong>in</strong>e a bordo è una regola di sicurezza anche<br />

per uscite di poche ore, lo è a maggior ragione quando la<br />

permanenza si allunga e all’equipaggio si aggiunge un piccolo<br />

carico.<br />

Tanto altro è possibile dire, poco altro è utile per partire.<br />

Alla via così!<br />

Un mese, un sogno<br />

Se per sopraggiunti limiti di età, o maggiori ambizioni di<br />

navigazione, una deriva non è più sufficiente, allora ci vuole<br />

un cab<strong>in</strong>ato a vela. Attenzione, sempre piccolo, sobrio e<br />

mar<strong>in</strong>o.<br />

Con un cab<strong>in</strong>ato di 6 metri si ampliano gli orizzonti e dim<strong>in</strong>uisce<br />

la dipendenza da terra. Sarà più facile rimanere all’asciutto,<br />

per quanto lo si possa essere <strong>in</strong> mare, stivare il<br />

necessario, che non dovrebbe aumentare troppo, riposare<br />

comodamente, sempre considerando che stiamo comunque<br />

parlando di barche spartane. Di contro, un piccolo cab<strong>in</strong>ato<br />

è più lento di una deriva e non può essere alato sulla<br />

spiaggia con la sola forza delle braccia. Diventa qu<strong>in</strong>di<br />

necessario studiare la rotta con attenzione a porti, porticcioli<br />

e ancoraggi sicuri <strong>in</strong> caso di maltempo. Va detto che<br />

anche questo tipo di navigazione è ormai molto marg<strong>in</strong>ale,<br />

<strong>in</strong> una realtà nautica malata di gigantismo. Non sono molte<br />

le barche a vela <strong>in</strong>feriori agli 8 metri ormeggiate <strong>in</strong> porto,<br />

poche quelle che veleggiano nelle acque di casa, rarissime<br />

quelle che si avventurano <strong>in</strong> crociere costiere. I francesi,<br />

che con il mare e la vela hanno un rapporto più <strong>in</strong>tenso,<br />

dicono “petits bateaux, petits soucis”, piccole barche,<br />

piccole preoccupazioni, e grandi soddisfazioni aggiungo io.<br />

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Barche piccole, mar<strong>in</strong>e e ben equipaggiate sono anche<br />

molto più sicure di improbabili barconi <strong>in</strong> cui la maggior attenzione<br />

va alla spaziosità sotto coperta e al design, che<br />

non alle l<strong>in</strong>ee d’acqua e all’armamento.<br />

Molte delle considerazioni fatte per il campeggio nautico<br />

valgono anche per la crociera costiera e qu<strong>in</strong>di mi soffermerò<br />

solo sulle diverse possibilità e criticità di questo tipo<br />

di navigazione. Con la stessa attenzione va attrezzata la<br />

barca, va scelto l’abbigliamento, vanno acquistati e stivati i<br />

generi alimentari e l’acqua. Circa quest’ultima, oltre a quella<br />

da bere, si possono prevedere un paio di taniche da dieci<br />

litri, utili per lavarsi. Tenendo presente che, <strong>in</strong> mare<br />

d’estate, si è già abbastanza puliti facendo il bagno e qu<strong>in</strong>di<br />

la sera bastano due o tre litri di acqua dolce per darsi<br />

una sciacquata, togliendosi il sale di dosso senza <strong>in</strong>utili e<br />

<strong>in</strong>qu<strong>in</strong>anti saponi. Su un piccolo cab<strong>in</strong>ato c’è il posto per<br />

caricare l’attrezzatura necessaria alla pesca, soprattutto<br />

per pescare alla tra<strong>in</strong>a, visto che tempi lunghi e velocità sono<br />

adeguati. Il modo più semplice è pescare con due lenze<br />

calate a poppa, con semplici immergenti che tengono a due<br />

o tre metri di profondità le esche f<strong>in</strong>te. Seguendo i consigli<br />

di qualche amico più esperto, documentandovi e provandoci<br />

con costanza, scoprirete che spesso si può mangiare<br />

pesce. Buonissimo e freschissimo, un altro splendido regalo<br />

del mare e della vela.<br />

Ritornando alla barca, vediamo le differenze più significative<br />

con quanto detto per la deriva. Innanzitutto il motore<br />

ausiliario. Croce e delizia del cab<strong>in</strong>ato, quasi sempre un<br />

fuoribordo che per quanto piccolo, e magari vecchio, dovrebbe<br />

però essere sufficiente a far navigare almeno a 2-3<br />

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nodi, anche con vento, corrente e onde contrarie, sempre<br />

nei limiti imposti dalle dimensioni della barca. Il motore costa,<br />

sporca, puzza, <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>a ed è rumoroso, ma può essere<br />

molto utile per alleviare le fatiche del remo o per districarsi<br />

<strong>in</strong> condizioni pericolose. Per limitarne l’uso, è bene mettere<br />

<strong>in</strong> atto alcune strategie basilari. Primo, assecondare il<br />

più possibile il mare e il vento, modificando di conseguenza<br />

la rotta. Secondo, valutare le proprie possibilità e quelle<br />

della barca, che di solito sono sempre superiori. Terzo, e<br />

conseguente ai primi due, non avere fretta. La fretta non fa<br />

godere la tranquillità delle bonacce o, al contrario, porta a<br />

dover affrontare burrasche, magari anche previste. Situazioni<br />

che diventano più frequenti se non si fa un uso oculato<br />

del motore. I piccoli cab<strong>in</strong>ati vengono equipaggiati di<br />

motori da 2 a 8 hp a benz<strong>in</strong>a o miscela, a seconda che siano<br />

più moderni e silenziosi 4 tempi o più vecchi e rumorosi<br />

2 tempi. In entrambi i casi, è necessario saper pulire o<br />

cambiare una candela e, magari, smontare anche un carburatore<br />

o altri pezzi. Perché se essere autonomi è un valore<br />

a terra, <strong>in</strong> mare lo è doppiamente. Sembrerà una banalità,<br />

ma va ricordato che deve essere chiaro il consumo orario<br />

di carburante, per poterne avere sempre a sufficienza, considerando<br />

anche che, sulle isole, i distributori sono più rari,<br />

rispetto al cont<strong>in</strong>ente.<br />

Connessa al motore è l’autonomia elettrica. Evitando frigoriferi<br />

o altri elettrodomestici <strong>in</strong>utili a bordo, le necessità si<br />

riducono drasticamente alle luci di navigazione, a quelle di<br />

sottocoperta e di pozzetto, alla eventuale radio. Anche<br />

senza sfoggiare <strong>in</strong>novative soluzioni tecnologiche, i consumi<br />

sono molto ridotti e possono essere coperti, per diverse<br />

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settimane, da una batteria di automobile da 12 v e 50 Ah.<br />

Per la ricarica, se il motore non è predisposto, sarà sufficiente<br />

un caricabatterie per fare il pieno <strong>in</strong> banch<strong>in</strong>a.<br />

Motore e batteria, oltre a tutto il resto dell’armamento fisso<br />

o mobile, richiedono una piccola ma attrezzata cassetta<br />

di utensili, <strong>in</strong> grado di permettere manutenzioni e riparazioni.<br />

Non solo cacciaviti, chiavi e p<strong>in</strong>ze, a bordo servono<br />

aghi, fili e scotch, perché le vele rimangono issate a lungo<br />

e il logorio è cont<strong>in</strong>uo.<br />

Su un piccolo cab<strong>in</strong>ato è <strong>in</strong>dispensabile un’ottima l<strong>in</strong>ea di<br />

ancoraggio e diversi materiali d’ormeggio. Queste sono<br />

fondamentali dotazioni di sicurezza, perché <strong>in</strong> caso di cattivo<br />

tempo, paradossalmente, la barca rischia di più quando<br />

è alla fonda o <strong>in</strong> porto che quando è <strong>in</strong> navigazione. Ancora<br />

è voce arcaica, strumento primordiale, pensiero fisso<br />

del mar<strong>in</strong>aio. L’ancora è <strong>in</strong>izio e f<strong>in</strong>e di ogni viaggio, secondo<br />

l’<strong>in</strong>segnamento di Joseph Conrad. Una buona ancora<br />

non è sufficiente se non è preceduta da un adeguato calumo,<br />

cioè cima e catena. Se il diametro di queste dipendono<br />

dalla dimensione della barca, la loro lunghezza deve essere<br />

proporzionale alla profondità d’ancoraggio. In l<strong>in</strong>ea<br />

generale, il calumo dovrebbe essere almeno tre volte l’altezza<br />

del fondo.<br />

Servono, poi, cime, molle e parabordi adeguati alla barca,<br />

non les<strong>in</strong>ando <strong>in</strong> numero e dimensioni. Va ricordato il detto:<br />

“se l’ancoraggio sembra troppo pesante all’equipaggio, allora<br />

significa che l’equipaggio è troppo leggero per la barca”.<br />

Una certa disponibilità di vele, di diverso taglio e dimensione,<br />

garantiscono sicurezza e velocità. La randa deve avere<br />

la possibilità di dare tre mani di terzaroli, di essere qu<strong>in</strong>di<br />

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molto ridotta. A prua, con o senza l’avvolgifiocco, bisogna<br />

essere attrezzati ad armare una torment<strong>in</strong>a, una piccolissima<br />

vela di fortuna. Fortuna nell’accezione mar<strong>in</strong>aresca di<br />

tempesta, di vento e onde impegnative. Per le brezze, <strong>in</strong><br />

andature portanti è utilissima una grande vela leggera di<br />

prua, o uno sp<strong>in</strong>naker o un gennaker.<br />

Alle dotazioni obbligatorie di bordo, aggiungete senza meno<br />

un riflettore radar, poco costoso e molto utile <strong>in</strong> tempi<br />

di grande traffico marittimo e di controllo elettronico.<br />

Per quanto riguarda il posizionamento e la rotta, ormai<br />

molto economici e funzionali sono i GPS portatili, che si<br />

trovano facilmente anche usati. Strumenti potentissimi da<br />

studiare e utilizzare <strong>in</strong> tutte le loro possibili funzioni, <strong>in</strong>terfacciandoli<br />

magari anche con un computer portatile. Ma<br />

non dimenticate mai i vecchi strumenti: un orologio, una<br />

bussola da rilevamento e un b<strong>in</strong>ocolo, che funzionano anche<br />

se bagnati e non esauriscono mai le pile. Aggiungete<br />

matite, compasso e squadre, oltre a <strong>in</strong>dispensabili, a maggior<br />

ragione per questo tipo di navigazione, carte nautiche<br />

e almeno un portolano aggiornato. Con poche dec<strong>in</strong>e di euro,<br />

non solo eviterete spiacevoli <strong>in</strong>convenienti, ma potrete<br />

risparmiare molto di più, passando splendide e tranquille<br />

notti alla fonda, ormeggiando gratuitamente <strong>in</strong> porti pescherecci<br />

o commerciali, che sono anche <strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente più<br />

<strong>in</strong>teressanti di algidi e costosi mar<strong>in</strong>a. Per quanto riguarda<br />

la valutazione della velocità, con attenzione ed esperienza<br />

diventano <strong>in</strong>utili strumenti meccanici o elettronici di misurazione.<br />

Si imparerà presto a stimarla con precisione, <strong>in</strong> relazione<br />

alle molteplici condizioni che la <strong>in</strong>fluenzano. Considerate<br />

che errori del 10-20% su velocità, <strong>in</strong> relazione ai<br />

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tempi ridotti di navigazione, non risultano determ<strong>in</strong>anti sui<br />

periodi di percorrenza ipotizzati. Si tratterà di esercitare<br />

ulteriormente la pazienza o, vedendola diversamente, di<br />

godersi qualche ora <strong>in</strong> più di mare. Ugualmente, la stima<br />

della posizione geografica, seppur richieda attenzione e<br />

precisione, nella realtà ha sempre dei marg<strong>in</strong>i di errore accettabile.<br />

Il carteggio è un’arte al contempo complessa e<br />

gratificante, un esercizio <strong>in</strong>dispensabile per potersi dire<br />

mar<strong>in</strong>ai nel senso pieno del term<strong>in</strong>e e per non ridurre tutto<br />

a una semplice, e talvolta pericolosa, rotta tra il waypo<strong>in</strong>t<br />

1 e il waypo<strong>in</strong>t 2, utilizzando un l<strong>in</strong>guaggio satellitare.<br />

Se i bollett<strong>in</strong>i meteorologici oggi sono numerosi e affidabili,<br />

reperibili <strong>in</strong> giornali, tv, radio FM o VHF, telefono e web,<br />

a bordo dovrebbe comunque trovare posto una piccola ed<br />

economica stazione meteorologica. Termometro, barometro<br />

e igrometro, sono ancora strumenti importanti <strong>in</strong> navigazione.<br />

Aiutano a <strong>in</strong>terpretare meglio i bollett<strong>in</strong>i, <strong>in</strong>formano<br />

puntualmente sull’evolvere delle condizioni locali, rendono<br />

consapevoli e partecipi delle previsioni. Migliorano i<br />

marg<strong>in</strong>i di sicurezza e le abilità mar<strong>in</strong>aresche, di cui quelle<br />

meteorologiche sono da sempre un tratto essenziale.<br />

Circa le rotte, aggiornando i calcoli stimati proposti per il<br />

campeggio nautico, potete immag<strong>in</strong>are di percorrere <strong>in</strong> un<br />

mese d’estate comodamente 4-500 miglia. Una navigazione<br />

di tutto rispetto, un’avventura mediterranea <strong>in</strong>dimenticabile.<br />

Diventeranno così famigliari promontori, punte e cale,<br />

difficilmente raggiungibili da terra, luoghi semideserti,<br />

soprattutto evitando di navigare d’agosto.<br />

Queste poche pag<strong>in</strong>e non sono certo sufficienti per prepa-<br />

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rarvi alla navigazione, ma potete considerarle come una<br />

prima rotta. Mettetevi <strong>in</strong> scia, leggendo e parlando, armando<br />

e navigando; l’orizzonte è vasto, lum<strong>in</strong>oso, affasc<strong>in</strong>ante.<br />

Buon vento!<br />

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4. Altre vele<br />

E subito si avventurò col suo <strong>in</strong>gegno <strong>in</strong> un campo<br />

della scienza sconosciuto, rivoluzionando la natura.<br />

...Quando ebbe dato all’opera l’ultima mano,<br />

l’artefice provò di persona a librarsi su un paio<br />

di queste ali, e battendole rimase sospeso per aria.<br />

Publio Ovidio Nasone, I sec. d.C.<br />

“Le vele, le vele, le vele”, scriveva D<strong>in</strong>o Campana, pensando<br />

agli uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> bonaccia o <strong>in</strong> tempesta, sp<strong>in</strong>ti o resp<strong>in</strong>ti<br />

dal vento della vita. Di vele che muovono navi ho scritto <strong>in</strong><br />

queste pag<strong>in</strong>e; vele di ieri, grandi, maestose, durissime, e<br />

vele di oggi, piccole, sobrie, piacevoli, quelle che portano le<br />

nostre barchette da una spiaggia all’altra, da un porto all’altro,<br />

su acque dolci, salmastre o salate.<br />

Sempre piccole vele vengono issate su velocissimi poliscafi,<br />

<strong>in</strong>ferite su flessibili alberi di altrettanto sfreccianti<br />

w<strong>in</strong>dsurf o su quelli più rudimentali di lenti e meditativi<br />

w<strong>in</strong>dkayak. Da qualche anno, vele governate tramite<br />

lunghi cavi, filati verso il cielo, tra<strong>in</strong>ano a grandi velocità<br />

uom<strong>in</strong>i su piccoli acrobatici kitesurf.<br />

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La vela è un potente ed ecologico motore acquatico e, sempre<br />

più spesso, viene sperimentato anche a terra, su spiagge,<br />

strade, deserti di sabbia o di ghiaccio. Altre vele sollevano<br />

e portano <strong>in</strong> volo moderni e audaci discendenti di Dedalo.<br />

Alcune di queste vele le ho provate, di altre ho letto, parlato,<br />

fantasticato. Entusiasmi capaci di trasformarsi <strong>in</strong> progetti<br />

che, a loro volta, diventano avventure e magari passioni.<br />

Oppure semplici racconti di mezzi e storie della più<br />

antica e avveniristica delle macch<strong>in</strong>e, o della “cosa che <strong>in</strong><br />

mare desidera il vento”, scrive Pl<strong>in</strong>io. Vele per l’acqua, la<br />

terra e il cielo, nelle sue tante forme, nelle sue <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite evoluzioni.<br />

Altre vele significa guardare avanti, essere attenti ai cambiamenti,<br />

alimentare la curiosità, sperimentare le ibridazioni.<br />

Conv<strong>in</strong>ti che l’evoluzione culturale, come quella naturale,<br />

dipenda anche da contam<strong>in</strong>azioni, cooperazioni, s<strong>in</strong>ergie,<br />

su cui poi, volenti o nolenti, agisce implacabile la<br />

selezione.<br />

Acquee<br />

I poliscafi, <strong>in</strong>nanzitutto. Barche a vela, con l’unica sostanziale<br />

differenza che anziché un unico scafo ne hanno due o<br />

tre, uguali o diversi. Si chiama proa se ha due scafi asimmetrici,<br />

catamarano con due uguali, trimarano con uno<br />

centrale grande e due laterali piccoli. Oggi, i più noti sono<br />

quelli milionari, costruiti per le regate della Coppa America<br />

o per i record oceanici. Ultimo per onor di cronaca, e<br />

primo per risultati, è Banque Populaire V, che ha fatto il<br />

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giro del mondo senza scalo <strong>in</strong> meno di 46 giorni. Molto,<br />

molto meno, degli 80 giorni narrati con audace fantasia da<br />

Jules Verne. Il trimarano di 40 metri ha percorso 36.000<br />

miglia alla folle velocità media di 26 nodi. Sempre un trimarano,<br />

l’Hydroptère, impegnato da diversi anni a migliorare<br />

il record di velocità a vela sull’acqua, ha superato il muro<br />

dei 50 nodi. L’Hydroptère, per la precisione, è un sail<strong>in</strong>g<br />

hydrofoil, ossia un aliscafo a vela, dotato al di sotto degli<br />

scafi di vere e proprie ali idrauliche che gli permettono di<br />

volare sull’acqua.<br />

Ma non è di queste avveniristiche astronavi che voglio scrivere,<br />

né di mediatiche ed elitarie performance. Voglio raccontare<br />

di poliscafi alla portata di tutti, piccoli, usati o autocostruiti,<br />

economici e di quelli che da millenni solcano le<br />

acque oceaniche e da secoli quelle mediterranee. I poliscafi<br />

più semplici, a due barchette, oggi li chiamiamo catamarani,<br />

neologismo di orig<strong>in</strong>e tamil, che significava “tronchi<br />

legati”. È lungo le rive degli oceani, Indiano e Pacifico, che<br />

queste barche sono nate e si sono evolute, prima di diffondersi<br />

<strong>in</strong> tutto il mondo. Diari e immag<strong>in</strong>i di viaggi nei Mari<br />

del Sud testimoniano abilità e audacia di uom<strong>in</strong>i e donne<br />

cresciuti <strong>in</strong> grembo al più vasto degli oceani. Insuperabili le<br />

settecentesche descrizioni di James Cook, accompagnate<br />

da altrettanto affasc<strong>in</strong>anti immag<strong>in</strong>i di William Hodges, pittore<br />

di bordo.<br />

Un secolo dopo, grazie alla prosa avventurosa di Emilio<br />

Salgari, il praho diventa, nell’immag<strong>in</strong>ario collettivo, la barca<br />

per eccellenza dei pirati della Malesia. La perla di Labuan<br />

era il meraviglioso praho di Sandokan, di carena<br />

strettissima e di vele amplissime, che con vento largo fila-<br />

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va come una rond<strong>in</strong>e mar<strong>in</strong>ara, superando i più veloci<br />

velieri di Asia e Australia.<br />

Più modestamente, alla f<strong>in</strong>e dell’Ottocento, due scafi uniti<br />

da traverse si chiamavano mosconi o patt<strong>in</strong>i, a seconda che<br />

si trovassero sul versante orientale od occidentale della<br />

Penisola. A remi quelli più diffusi, a vela quelli più veloci.<br />

Navigavano lungo le coste italiane, francesi e spagnole, ma,<br />

mentre da noi sono ormai rarissimi, migliaia di pat<strong>in</strong> a vela<br />

<strong>in</strong>crociano le acque catalane, valenciane e andaluse.<br />

Scrivendo di campeggio nautico e vela sobria, come non ricordare<br />

il Solitudo, un catamarano di 5,3 metri <strong>in</strong> compensato<br />

mar<strong>in</strong>o con cui Franco Bech<strong>in</strong>i ha navigato per vent’anni<br />

lungo tutte le coste del Mediterraneo. Leggendario<br />

navigatore, progettista e sperimentatore è James Wharram.<br />

Dalla metà degli anni C<strong>in</strong>quanta del secolo scorso, i<br />

suoi catamarani a doppia prua solcano tutti gli oceani, catamarani<br />

che r<strong>in</strong>novano i concetti primordiali di semplicità,<br />

autocostruzione, elasticità e sicurezza. Il suo <strong>in</strong>teresse<br />

era nato seguendo l’esempio di Eric de Bisschop che, nel<br />

1938, aveva raggiunto la Francia dalle Hawaii a bordo di<br />

Kaimiloa, una doppia canoa, come amava chiamarla.<br />

Proe, catamarani, trimarani, sono tutti accomunati da stabilità<br />

di forma, leggerezza, m<strong>in</strong>ima immersione. Caratteristiche<br />

che li rendono molto veloci ma, <strong>in</strong>evitabilmente, anche<br />

un po’ più bagnati.<br />

Simile a una barca a vela, più piccolo di una deriva e soprattutto<br />

con un albero non sostenuto da sartie è il w<strong>in</strong>dsurf,<br />

chiamato anche sailboat, o tavola a vela. La sua storia<br />

com<strong>in</strong>cia nella prima metà del Novecento <strong>in</strong> California,<br />

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non a caso uno dei luoghi d’elezione del surf. Solo nel dopoguerra<br />

però l’idea viene ripresa, con uno spirito a metà<br />

tra il pionieristico e il tecnologico. L’evoluzione è rapida e<br />

porta i primi prototipi ad entrare nel circuito produttivo <strong>in</strong>dustriale<br />

già negli anni Settanta. In Europa, il Lago di Garda<br />

diventa <strong>in</strong> pochi anni uno dei luoghi più frequentati,<br />

grazie alle favorevoli condizioni meteorologiche che garantiscono<br />

con regolarità venti termici di provenienza e <strong>in</strong>tensità<br />

costante. Negli anni Ottanta, la tavola a vela è stata per<br />

tanti il modo più semplice ed economico per avvic<strong>in</strong>arsi alla<br />

vela, per sperimentare i piaceri del vento. Tavole lunghe<br />

e pesanti, con p<strong>in</strong>netta corta e deriva basculante, armate<br />

di altrettanto pesanti alberi, boma e vele triangolari. Attrezzature<br />

primordiali se paragonate con quelle di oggi,<br />

leggere e performanti. Immutato rimane l’entusiasmo che<br />

precede l’uscita, le gioie della planata e delle manovre, le<br />

ansie per i buchi di vento o le bonacce improvvise che, a<br />

volte, costr<strong>in</strong>gono a mesti rientri a nuoto. Lasciando a terra<br />

<strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>i consumistiche e assilli modaioli, godendo di<br />

una vecchia tavola e di una usurata vela, il w<strong>in</strong>dsurf cont<strong>in</strong>ua<br />

a regalare le semplici ma durature gioie del vento e<br />

delle onde, <strong>in</strong>canti capaci di r<strong>in</strong>novarsi ad ogni uscita. Con<br />

questo spirito tutte le spiagge, <strong>in</strong> tutte le condizioni meteorologiche,<br />

offrono occasioni per armare e partire.<br />

Piccole vele vengono issate anche sulle canoe. Canoe sail<strong>in</strong>g<br />

o kayak sail<strong>in</strong>g lo chiamano gli <strong>in</strong>glesi, un modo diverso,<br />

ancor più semplice per farsi portare dal vento. Un<br />

modo antico di fare diporto, visto che ci sono libri dell’Ottocento<br />

che raccontano di lunghi raid per laghi e fiumi<br />

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d’Europa. Molto più antico è poi l’utilizzo di canoe a vela<br />

presso le popolazioni del Pacifico, che le usavano per spostarsi<br />

all’<strong>in</strong>terno o addirittura tra gli atolli. Herman Melville<br />

<strong>in</strong>treccia l’uso di queste ancestrali vele con il mito, r<strong>in</strong>novandolo.<br />

Durante la sua permanenza a Taipi, isola delle<br />

Marchesi, fu protagonista di un’<strong>in</strong>usuale breve veleggiata,<br />

a bordo di una canoa. Un giorno era con lui una magnifica<br />

ragazza che improvvisamente come rapita da un dio, si tolse<br />

la tunica, trasformandola <strong>in</strong> una vela che fece scivolare<br />

velocemente la canoa.<br />

Nella realtà, un kayak a vela non permette le prestazioni di<br />

una deriva, sia <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di capacità di risalire il vento, che<br />

di velocità, ma è molto più leggero e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente più rapido<br />

e meno faticoso da portare a remi. Qu<strong>in</strong>di, a suo modo,<br />

è una vela che permette grandi navigazioni, <strong>in</strong> ambienti<br />

marg<strong>in</strong>ali dove non si trovano super yacht rumorosi, <strong>in</strong><br />

acque dolci e salate remote, anche se spesso vic<strong>in</strong>issime.<br />

Un altro esempio di libertà <strong>in</strong>versamente proporzionale alla<br />

lunghezza della barca. Un mezzo addirittura anfibio, perché<br />

facilmente trasportabile a terra e che può comodamente<br />

essere imbarcato su un traghetto, oltre al semplice<br />

trasporto sul tetto dell’auto.<br />

Anni fa, ho conosciuto una coppia di tedeschi con una figlia<br />

di 14 mesi e un cane pastore tedesco, che con due kayak<br />

biposto di legno e tela cerata, armati anche di vela, andavano<br />

dal Lago Maggiore all’Isola di Creta. Mille miglia di<br />

laghi, fiumi e mari, la maggior parte navigate, con le sole<br />

eccezioni delle traversate tra la Puglia e la Grecia, la punta<br />

meridionale del Peloponneso e l’isola di Creta, fatte caricando<br />

i loro micro vascelli sui traghetti. Indimenticabili le<br />

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due vele controsole che se ne andavano nel lum<strong>in</strong>oso riverbero<br />

di un’alba d’estate. Una micro randa aurica e una c<strong>in</strong>ese,<br />

riempite da una brezza di Maestrale, portavano i loro<br />

progetti e i sogni di tutti quelli che <strong>in</strong>contravano.<br />

L’ultima novità velica è il kitesurf<strong>in</strong>g, diffusosi solo nell’ultimo<br />

decennio. Kite <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese significa aquilone e antichissime<br />

sono le sperimentazioni di utilizzo per il tra<strong>in</strong>o. Le orig<strong>in</strong>i<br />

mitiche non possono che farci volare <strong>in</strong> Oriente, da<br />

sempre terra di aquiloni. L’<strong>in</strong>teresse per questo tipo di vela<br />

si accese, poi, <strong>in</strong> Inghilterra nell’Ottocento, dove George<br />

Pocock progettò, sperimentò e raccontò le sue avventure a<br />

bordo del charvolant. Carrozze tra<strong>in</strong>ate da aquiloni, pur<br />

tra mille difficoltà, diventarono sperimentali macch<strong>in</strong>e eoliche.<br />

Oggi con kite di forma alare, manovrati da due o quattro<br />

lunghi e sottili cavi, chiamati l<strong>in</strong>ee, collegate a una barra di<br />

controllo, a sua volta unita mediante un trapezio al kiter, si<br />

raggiungono grandi velocità, paragonabili solo a quelle del<br />

w<strong>in</strong>dsurf e dei poliscafi. Le ali, completamente <strong>in</strong> tessuto,<br />

a seconda dell’<strong>in</strong>tensità del vento vanno da 8 a 16 metri<br />

quadrati di superficie, le tavole lunghe circa 1,5 metri, pesano<br />

solo qualche chilogrammo e le l<strong>in</strong>ee sono lunghe una<br />

trent<strong>in</strong>a di metri. Possono navigare <strong>in</strong> un ampio <strong>in</strong>tervallo<br />

di <strong>in</strong>tensità del vento, da 8 a 30 nodi. Qu<strong>in</strong>di si possono<br />

usare con una brezza sostenuta, f<strong>in</strong>o a condizioni impegnative<br />

anche per barche più grandi. Ormai non c’è spiaggia<br />

dove non sia possibile assistere allo spettacolo di queste<br />

vele colorate che ondeggiano dolcemente <strong>in</strong> aria. Tra<strong>in</strong>ano<br />

<strong>in</strong>visibilmente nuovi equilibristi che corrono veloci sulle<br />

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onde, divertendosi e facendo divertire, sperimentando<br />

consciamente o <strong>in</strong>consciamente nuove soluzioni ecologiche<br />

di trasporto.<br />

Terrestri<br />

Dall’acqua alla terra, sempre cercando di <strong>in</strong>graziarsi i bizzosi<br />

figli di Eolo. Ancor più spericolata è la sfida, perché<br />

aumenta a dismisura le velocità, mentre lo spazio scarseggia<br />

e le scuffie diventano dolorose.<br />

Malgrado ciò, lunghissima è la storia del carro a vela o utilizzando<br />

la dizione <strong>in</strong>glese del land yacht<strong>in</strong>g. Anche <strong>in</strong><br />

questo caso, la terra d’orig<strong>in</strong>e sembra sia la C<strong>in</strong>a, mentre<br />

<strong>in</strong> Europa la passione, testimoniata da scritti e dip<strong>in</strong>ti, risale<br />

al XVII secolo. Se oggi è abbastanza raro vedere questi<br />

carri a vela lungo le rive del Mediterraneo, molto diffusi<br />

sono <strong>in</strong>vece nel nord Europa e <strong>in</strong> tutti quei posti dove<br />

ampie escursioni di marea garantiscono grandi, splendide,<br />

piste <strong>in</strong> riva al mare, sempre battute dal vento.<br />

Quelli moderni sono a tre ruote, due posteriori e una anteriore<br />

sterzante, con telai <strong>in</strong> lega leggera, affusolati e<br />

leggeri, con vele da 2 a 5 metri quadrati. Possono raggiungere<br />

velocità due o tre volte superiori a quelle del<br />

vento reale, tanto che è stata superata la barriera dei 200<br />

chilometri all’ora. Diversi e fantasiosi sono i prototipi degli<br />

sperimentatori, sia per quanto riguarda il carro che la<br />

vela. Se la più comune è quella triangolare, issata su un<br />

albero messo a prua della seduta del pilota, non mancano<br />

altre forme e soluzioni, tra cui anche il kite. A riguardo, a<br />

terra esiste anche il kite landboard<strong>in</strong>g, l’equivalente del<br />

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kitesurf<strong>in</strong>g, che ha poi un terzo ambiente: la neve, evolvendo<br />

nello snowkit<strong>in</strong>g.<br />

Quest’ultima pratica ha una storia brevissima, mentre al<br />

contrario è lunga quella dello ice yacht<strong>in</strong>g, carri a vela<br />

muniti di patt<strong>in</strong>i, anziché di ruote. Sport praticato già nel<br />

Settecento sui laghi ghiacciati di nord Europa e America,<br />

dove nell’Ottocento si organizzavano vere e proprie regate.<br />

Nel 1886 il “New York Times” pubblicò un articolo che raccontava<br />

la storia dell’ice yacht<strong>in</strong>g, e nel 1911 questo sport<br />

trovò spazio nell’Enciclopedia Britannica.<br />

Concludo questa breve veleggiata terrestre, con un sogno<br />

ricorrente di quando ero bamb<strong>in</strong>o. Quello di una piccola<br />

vela armata su una bicicletta, per potermi muovere senza<br />

fatica nelle grazie del vento anche a terra. Per me, quelle<br />

immag<strong>in</strong>i sono rimaste impresse nella fantasia e <strong>in</strong> scarabocchi<br />

andati perduti, mentre altri ci hanno provato e cont<strong>in</strong>uano<br />

a farlo. Di certo, se la bici può considerarsi l’alter<br />

ego terrestre della barca a remi, c’è da sperare che anche<br />

sulle strade possano com<strong>in</strong>ciare a correre bici sp<strong>in</strong>te dal<br />

vento, sollevando per un po’ il pedalatore dalle sue fatiche.<br />

Idealmente il connubio è dei più ecologici, anche se per il<br />

momento ancora pionieristico. Ma chi avrebbe immag<strong>in</strong>ato<br />

solo vent’anni fa che tanta energia si potesse ottenere dal<br />

vento? Così, mentre <strong>in</strong> Olanda già producono e commercializzano<br />

la whike, fiducioso cont<strong>in</strong>uo a pedalare <strong>in</strong> strada<br />

e veleggiare <strong>in</strong> acqua, aspettando che altri spiriti <strong>in</strong>sieme<br />

libertari e leonardeschi realizz<strong>in</strong>o e rendano popolare<br />

un altro eco-connubio.<br />

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Aeree<br />

Ed eccoci alle più dedaliche veleggiate, quelle aeree, immag<strong>in</strong>ate<br />

f<strong>in</strong> dall’antichità, ideate da Leonardo, sperimentate<br />

nell’Ottocento e da qualche decennio abbastanza<br />

diffuse. Leonardo studiò a lungo le caratteristiche fisiche<br />

dell’aria e le ali degli uccelli. Osservazioni che permisero<br />

al genio r<strong>in</strong>ascimentale di progettare paracadute, vite<br />

aerea, ali battenti e rigide, tutte riconosciute come le<br />

antesignane delle successive macch<strong>in</strong>e volanti. Oggi, parapendii<br />

e deltaplani sono ormai alla portata dei discendenti<br />

del mitico padre del volo libero e del suo primo visionario<br />

<strong>in</strong>ventore.<br />

Il parapendio si è sviluppato a partire dalla metà degli anni<br />

Sessanta del Novecento, mettendo a frutto le conoscenze<br />

maturate con il paracadute e con il volo. Diffusosi<br />

negli anni Ottanta, è oggi il mezzo più semplice per veleggiare<br />

<strong>in</strong> aria. Pesi ridotti dell’attrezzatura, <strong>in</strong>feriori a 10<br />

chilogrammi, e relativa semplicità, sicurezza ed economicità<br />

sono alcune delle sue qualità v<strong>in</strong>centi. Un’unica vela,<br />

formata da due parti sovrapposte, tenute <strong>in</strong>sieme da setti<br />

verticali, chiamati cent<strong>in</strong>e, che delimitano i cassoni.<br />

Semplificando, una grande ala a forma di paracadute rettangolare,<br />

collegata con cavi all’imbrago del pilota che,<br />

stando seduto, la manovra con altri cavi chiamati freni o<br />

comandi. Si può rimanere <strong>in</strong> aria per diverse ore, sfruttando<br />

le correnti ascensionali, termiche o d<strong>in</strong>amiche, e<br />

più <strong>in</strong> generale i venti. Le termiche sono il risultato di movimenti<br />

verticali dovuti a differenze di temperatura, mentre<br />

le d<strong>in</strong>amiche sono sempre correnti verticali che si<br />

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creano per effetto di sbarramento delle catene montuose<br />

sui venti orizzontali.<br />

L’altro mezzo per il volo libero è il deltaplano, più antico<br />

ma oggi meno praticato del parapendio. Quelli moderni<br />

hanno un’ala Rogallo, dal nome dell’<strong>in</strong>ventore americano<br />

che negli anni C<strong>in</strong>quanta del Novecento mise a punto il<br />

primo modello di ala flessibile che, modificata e migliorata,<br />

è tuttora <strong>in</strong> uso. Prima di lui, nell’Ottocento l’<strong>in</strong>gegnere<br />

tedesco Otto Lilienthal progettò, realizzò e sperimentò<br />

diverse ali con cui, tra i primi, riuscì a staccarsi da terra.<br />

Le foto che lo immortalano a mezz’aria con enormi, fantasiose,<br />

eleganti ali testimoniano perfettamente determ<strong>in</strong>azione,<br />

genio e follia di questo pioniere del volo che pagò<br />

con la vita la sua <strong>in</strong>domita passione, accettando lucidamente<br />

il caro prezzo.<br />

Il deltaplano ha un’ala flessibile, con struttura di tubi <strong>in</strong><br />

lega leggera e cavi, su cui è posta la tela. All’ala è fissata<br />

l’imbracatura che consente al pilota di volare <strong>in</strong> posizione<br />

orizzontale. Il comando avviene esclusivamente con il<br />

movimento del corpo del pilota. Una specie di armoniosa<br />

danza aerea che ha consentito voli <strong>in</strong>credibili per lunghezza<br />

e altitud<strong>in</strong>e, arrivando a percorrere cent<strong>in</strong>aia di<br />

chilometri e a superare le più alte catene montuose. Picchiate,<br />

cabrate e virate, sono il frutto di opportuni movimenti<br />

dell’uomo dedalico che sposta il suo peso tenendosi<br />

stretto alla barra di controllo.<br />

In un perfetto parallelismo con l’evoluzione della vita sulla<br />

Terra, sembra che i velisti stiano uscendo dall’acqua<br />

per colonizzare la terra e l’aria. Come <strong>in</strong> ogni processo na-<br />

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turale, i tempi saranno lunghissimi e l’evoluzione lentissima.<br />

Confido speranzoso che il processo si possa compiere,<br />

<strong>in</strong> maniera ecologica e libertaria. Già oggi, molti sono<br />

accomunati dalla passione per i silenzi e i rumori della natura,<br />

dall’attenzione per le mutevoli condizioni del cielo,<br />

dal fasc<strong>in</strong>o antico del vento. Il più <strong>in</strong>visibile e concreto<br />

degli elementi naturali, energia libera ed eternamente<br />

r<strong>in</strong>novabile.<br />

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Prontuario velico<br />

Composizione: pr<strong>in</strong>cipi attivi, 30 vocaboli mar<strong>in</strong>areschi<br />

e alcuni loro contrari, di uso comune su velieri piccoli e<br />

grandi, di ieri e di oggi; eccipienti: brevi divagazioni etimologiche,<br />

folkloristiche e letterarie.<br />

Indicazioni: trattamento preventivo utile al mozzo per<br />

entrare a far parte dell’equipaggio, al mar<strong>in</strong>aio per scoprire<br />

qualche isola sconosciuta.<br />

Contro<strong>in</strong>dicazioni: al momento, non ne sono state segnalate.<br />

Posologia: una parola al giorno per un mese.<br />

Effetti <strong>in</strong>desiderati: a bordo dei più recenti glamouryacht,<br />

la maggior parte di queste parole risultano assolutamente<br />

<strong>in</strong>utili, a volte disdicevoli.<br />

Avvertenza uno: alcune parole sono proprie del l<strong>in</strong>guaggio<br />

tecnico, altre molto comuni; tutte celano significati o<br />

storie <strong>in</strong>usuali, anche per i mar<strong>in</strong>ai più esperti.<br />

Avvertenza due: chi naviga con piacere tra le parole come<br />

tra le onde, troverà <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite gioie nell’<strong>in</strong>superabile Vocabolario<br />

mar<strong>in</strong>o e militare di Alberto Guglielmotti,<br />

pubblicato nel 1889 e ancora ristampato.<br />

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Avvertenza tre: l’antica ricchezza verbale della l<strong>in</strong>gua<br />

mar<strong>in</strong>aresca italiana si lega <strong>in</strong>dissolubilmente alle differenti<br />

l<strong>in</strong>gue mediterranee che <strong>in</strong> passato contribuirono a comporre<br />

una l<strong>in</strong>gua franca, parlata dal Medioevo all’Ottocento<br />

a bordo dei velieri, a presc<strong>in</strong>dere dalla loro bandiera, e<br />

nei porti, da tutte le genti di diversa fede o etnia.<br />

✵ ✵ ✵<br />

Addugliare<br />

Raccogliere correttamente una cima <strong>in</strong> spire concentriche, <strong>in</strong><br />

matasse chiamate duglie. Antico verbo d’ascendenza genovese,<br />

quasi scomparso sulle barche, piccole e grandi. Eppure, di<br />

cime ne rimangono tantissime a bordo, e raccoglierle <strong>in</strong> modo<br />

corretto è <strong>in</strong>dispensabile per non trasformarle <strong>in</strong> pericolosi<br />

e <strong>in</strong>estricabili grovigli, per non <strong>in</strong>cattivirle, usando un altro<br />

term<strong>in</strong>e mar<strong>in</strong>aresco. Si adduglia la cima sempre a partire<br />

dall’eventuale dormiente, la parte fissa, togliendo a mano a<br />

mano le volte al corrente, la parte libera. Canapi e catene che<br />

non si tengono <strong>in</strong> mano si abbisciano, cioè si dispongono a<br />

spirale <strong>in</strong> modo da poterle poi svolgere senza difficoltà.<br />

Alare<br />

Tirare con forza una cima, il più delle volte riferito a una<br />

barca portata fuori dall’acqua. Così, <strong>in</strong> un funambolico gioco<br />

di parole, la barca si ala, mette le ali, quando lascia l’acqua<br />

per l’aria. Il suo contrario, altrettanto magico, è il varare.<br />

Il varo è un momento topico nella storia della barca che<br />

chiede come ogni battesimo un officiante e una liturgia, sacra,<br />

pagana o profana, comunque altamente simbolica.<br />

Tanto che se alare è rimasto verbo d’uso solo mar<strong>in</strong>aresco,<br />

varare ha assunto ben più ampi e articolati significati.<br />

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Ancora<br />

Vocabolo antichissimo e mediterraneo per eccellenza. Davano<br />

fondo all’āncora i Lat<strong>in</strong>i e, prima di loro, all’ánkyra i<br />

Greci. Emblema di speranza nell’esemplare descrizione di<br />

Joseph Conrad e, forse per questo motivo, l’ancora è il simbolo<br />

più tatuato sui corpi dei mar<strong>in</strong>ai. Attenzione: l’ancora<br />

non si getta mai! La si leva o gli si dà fondo. Lungo sarebbe<br />

l’elenco delle sue forme, diverse le parti. Quelle comuni<br />

a tutte sono la cicala, l’anello di collegamento alla catena,<br />

il fuso, l’asse pr<strong>in</strong>cipale, e le marre, una o più parti che vanno<br />

a <strong>in</strong>filarsi nel fondo. Impresc<strong>in</strong>dibile avere sempre a disposizione<br />

un’ancora di salvezza. Per la gente di mare era<br />

semplicemente il ferro.<br />

Armare<br />

A bordo significa attrezzare, di materiali e di uom<strong>in</strong>i, entrambi<br />

utili alla navigazione. Così si arma tutte le volte che si decide<br />

di prendere il largo e la barca è <strong>in</strong> armamento quando,<br />

completa di attrezzature ed equipaggio, può mollare le cime.<br />

Tutte le operazioni di armamento si fanno all’ormeggio, poi <strong>in</strong><br />

mare le manovre prendono nomi propri. Ad esempio, si borda<br />

una vela, quando si regola, o si dà mano ai remi, quando il<br />

vento molla. “Compagni, preparate e armate la nera nave e<br />

imbarchiamoci per compiere il viaggio”, è l’esortazione di un<br />

antico comandante, per stirpe di Itaca, figlio di Odisseo.<br />

Beccheggio<br />

È uno dei due movimenti della barca, quello che va per chiglia<br />

si dice a bordo, ossia il movimento dell’asse longitud<strong>in</strong>ale.<br />

L’altro è il rollio, quello che va per madiere, cioè dell’asse<br />

trasversale. Ben più noto di entrambi è il loro effet-<br />

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to, quel mal di mare che cont<strong>in</strong>ua a tenere lontani i terragni<br />

dalle navi, che rende il viaggio acqueo comunque più<br />

temibile di quello terrestre. Se le onde impongono a tutte<br />

le barche questi due ritmi, solo alcune li sanno ballare con<br />

eleganza, anche grazie alla sapiente guida del comandante.<br />

Bol<strong>in</strong>a<br />

In orig<strong>in</strong>e, era il nome di una cimetta che regolava la parte<br />

anteriore della vela. Con il tempo è diventata il nome di<br />

una andatura, la più faticosa, quella che il velista vagabondo<br />

cerca sempre di evitare. Andar di bol<strong>in</strong>a significa navigare<br />

a vela con l’angolo di rotta più stretto possibile rispetto<br />

alla direzione del vento. Sui velieri alabol<strong>in</strong>a era il nomignolo<br />

dispregiativo del mar<strong>in</strong>aio <strong>in</strong>esperto. Di bol<strong>in</strong>a, ancora<br />

oggi, si dice che è sempre <strong>in</strong>verno. Bol<strong>in</strong>a, traverso,<br />

lasco e poppa, sono le quattro andature pr<strong>in</strong>cipali della<br />

barca a vela, dalla più stretta alla più larga, a seconda della<br />

provenienza del vento.<br />

Boma<br />

Se tutti sanno cos’è l’albero di una barca, pochissimi saprebbero<br />

<strong>in</strong>dicare il boma, l’antenna <strong>in</strong>feriore orizzontale<br />

che permette l’apertura di certe vele. Un tempo, a bordo<br />

c’era anche il picco, l’antenna superiore delle vele quadrangolari.<br />

Oggi, quasi tutte le rande hanno le stecche<br />

che migliorano le prestazioni. Un altro tipo di boma volante<br />

è il tangone, molto <strong>in</strong> voga f<strong>in</strong>o a qualche anno fa,<br />

un’asta orizzontale che tiene aperto sopravento lo sp<strong>in</strong>naker<br />

o un fiocco. Il boma della randa, secondo alcuni, è un<br />

attrezzo poco utile e pericolosissimo nelle strambate,<br />

qu<strong>in</strong>di da elim<strong>in</strong>are.<br />

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Bordeggiare<br />

Risalire controvento facendo bordi opposti di bol<strong>in</strong>a. Verbo<br />

arc<strong>in</strong>oto e impegnativo per il mar<strong>in</strong>aio che va a vela. Infatti,<br />

se la bol<strong>in</strong>a è la più faticosa delle andature, il bordeggio<br />

è una fatica doppia, come la distanza che si deve percorrere,<br />

per raggiungere un punto esattamente controvento.<br />

Bordeggiando, si zigzaga di bol<strong>in</strong>a nell’angolo morto, ossia<br />

<strong>in</strong> quel malefico spazio che si apre tra le due più strette semirette<br />

percorribili dalla barca. Per millenni è stato ampio<br />

140°, oggi anche con le nostre semplici barchette si è stretto<br />

a 100°. Ciò significa che su entrambi i bordi l’angolo più<br />

stretto disegnato dalla nostra prua rispetto alla direzione<br />

del vento è di 50°.<br />

Bozzelli<br />

Sono quegli ordigni <strong>in</strong> legno o di ferro entro i quali scorrono<br />

i cavi, si legge su un vocabolario per giovani mar<strong>in</strong>ai della<br />

prima metà del secolo scorso. Oggi possiamo solo aggiungere<br />

che il legno e il ferro sono stati sostituiti da plastiche<br />

e acciai che, proprio negli ultimissimi anni, possono<br />

venir abb<strong>in</strong>ati al tessile, riscoprendo antiche virtù. I bozzelli<br />

sono semplici, doppi, tripli, quadrupli. Quando accoppiati<br />

prendono il nome di paranchi, alleviando le fatiche del<br />

mar<strong>in</strong>aio f<strong>in</strong> dalla notte dei tempi.<br />

Bussola<br />

Ne ha fatte fare di miglia quella būxida, una scatola <strong>in</strong> bosso,<br />

assemblata nel XIII secolo, forse da un amalfitano che<br />

unì l’ago calamitato c<strong>in</strong>ese alla rosa dei venti mediterranea.<br />

Non solo la bussola permise di allargare gli orizzonti acquei<br />

oltre le Colonne d’Ercole, ma rimane ancora, <strong>in</strong> questi tem-<br />

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pi satellitari, il più prezioso strumento di navigazione. Sui<br />

velieri era talmente venerata che veniva messa <strong>in</strong> una chiesuola,<br />

dentro la quale rimaneva un lum<strong>in</strong>o sempre acceso.<br />

Se delle alchimie dell’ago non è qui il caso di parlare, vanno<br />

però ricordati almeno gli otto petali pr<strong>in</strong>cipali della rosa<br />

dei venti, che sono anche le otto direzioni mar<strong>in</strong>aresche:<br />

Tramontana, Greco, Levante, Scirocco, Ostro, Libeccio,<br />

Ponente, Maestro.<br />

Cazzare<br />

Tirare una cima; parola derivata dallo spagnolo “cazar las<br />

velas”, cacciare le vele, tesarle. Per cazzare a ferro, tesare<br />

al massimo, spesso non bastano muscoli d’acciaio ma è necessaria<br />

rapidità e astuzia. Vanno sfruttati o creati i brevi<br />

<strong>in</strong>tervalli <strong>in</strong> cui la vela fileggia, cioè quando il vento molla<br />

la presa perché la vela si trova parallela alla sua direzione.<br />

I paranchi un tempo, i verricelli o più comunemente w<strong>in</strong>ch<br />

oggi, risolvono molti problemi, alleviando molte fatiche.<br />

Lascare è il suo contrario, cioè allentare una cima; da non<br />

confondersi con mollare (pena “un giro di chiglia”) che significa<br />

liberare. Il lasco è una delle andature più veloci e<br />

piacevoli, <strong>in</strong> cui non solo le vele sono allentate, ma anche<br />

le preoccupazioni dell’equipaggio. “Di lasco e di poppa è<br />

sempre estate”, si dice sulle barche, <strong>in</strong>tendendo che le<br />

condizioni sono favorevoli.<br />

Cima<br />

Questa parola, probabilmente meglio di qualsiasi altra, segna<br />

la differenza tra il mondo terrestre e quello acqueo. In<br />

quest’ultimo la cima è la corda, parola bandita a bordo, sostituita<br />

da diversi nomi specifici, quali drizze, per le cime<br />

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che lavorano <strong>in</strong> verticale, scotte, per quelle orizzontali. Nei<br />

vocabolari mar<strong>in</strong>areschi ottocenteschi sono ben 14 i nomi<br />

specifici, per altrettante sezioni e qualità, dal più f<strong>in</strong>e spago,<br />

alla più grossa gomena, di almeno 20 centimetri di diametro.<br />

Tutte le cime che muovono le vele, rientrano genericamente<br />

nelle manovre correnti.<br />

Deriva<br />

È la lama centrale, fissa o mobile, che consente alla barca<br />

di str<strong>in</strong>gere il vento, di non derivare, cioè di non slittare di<br />

lato, o meglio di limitare lo spostamento laterale dovuto alla<br />

corrente o al vento (<strong>in</strong> questo caso si dovrebbe dire scarrocciare).<br />

Non a caso si va alla deriva, quando impossibilitati<br />

a governare, quando sono i venti, le onde e le correnti<br />

a decidere la rotta. Situazione negativa a volte funesta, immag<strong>in</strong>e<br />

evocativa che ha reso più diffuso il significato figurato<br />

di quello mar<strong>in</strong>aresco. Deriva è anche una piccola barca<br />

a vela, non pontata, veloce e baller<strong>in</strong>a, la migliore per<br />

imparare e mantenere viva, frizzante, la passione.<br />

Fiocco<br />

Vela triangolare di prua, nell’armo Marconi, oggi il più diffuso.<br />

I velieri ne armavano almeno tre: tr<strong>in</strong>chetta, fiocco e<br />

controficco. F<strong>in</strong>o a qualche anno fa se ne armava uno con<br />

i garrocci allo strallo, avendone però almeno altri due di rispetto<br />

sottocoperta, buoni per altre <strong>in</strong>tensità di vento. Il<br />

genoa, orig<strong>in</strong>ariamente “vela di Genova”, è il fiocco più<br />

grande; la torment<strong>in</strong>a è quello più piccolo e il nome <strong>in</strong>dica<br />

anche la spiacevole occasione d’armamento. Oggi, specie<br />

sulle barche grandi, a prua c’è un unico ampio fiocco montato<br />

su un avvolgifiocco, che permette di ridurre a neces-<br />

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sità la superficie. Molto comodo e diffuso, poco mar<strong>in</strong>aresco<br />

e sicuro secondo i puristi.<br />

Issare<br />

Far salire o comunque muovere qualcosa, una vela, un’ancora<br />

o un pennone, tramite una cima. Vocabolo di derivazione<br />

oscura, ci <strong>in</strong>formano i l<strong>in</strong>guisti, forse onomatopeica o<br />

semplicemente ottenuto trasformando “<strong>in</strong> su”. “Oh issa!” è<br />

un motto di <strong>in</strong>citamento e coord<strong>in</strong>amento, utile a tirare <strong>in</strong>sieme,<br />

a tonneggiare, se riferito a qualcosa che sta <strong>in</strong> acqua.<br />

Amma<strong>in</strong>are è il suo contrario. “Issate le bianche vele,/sulle<br />

navi sedemmo: le guidavano il vento e i piloti”, racconta<br />

Odisseo ai Feaci e a noi tutti da millenni.<br />

Mezzomar<strong>in</strong>aio<br />

È la gaffa, un’asta che ha ad un’estremità un gancio. Il nome<br />

deriverebbe da quello che di solito lo maneggia, un<br />

mezzomar<strong>in</strong>aio, qualcosa di più del mozzo. Il mezzomar<strong>in</strong>aio<br />

è <strong>in</strong>dispensabile all’ormeggio, soprattutto quando si è da<br />

soli o con equipaggio ridotto. Ci si sp<strong>in</strong>ge o aggancia, si<br />

prende una cima o una catena, allungando le nostre braccia,<br />

che a bordo sono sempre troppo corte. Se il mezzomar<strong>in</strong>aio<br />

allunga le braccia, la sassola allarga le mani. È questo<br />

il secondo strumento tradizionalmente <strong>in</strong> uso al mozzo,<br />

che può passare ore a sgottare acqua dalla sent<strong>in</strong>a, cioè a<br />

toglierla dalla parte più bassa dello scafo dove si accumula,<br />

costantemente e pericolosamente.<br />

Miglio<br />

Quello mar<strong>in</strong>o è lungo 1.852 metri, pari a un arco di meridiano<br />

di un primo di latitud<strong>in</strong>e. Forse perché caratteristico<br />

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di un ambiente ancora poco frequentato dall’uomo, mantiene<br />

un suo fasc<strong>in</strong>o, evocando distanze materiali e spirituali.<br />

Il miglio diventa nodo, quando esprime una velocità,<br />

cioè un nodo corrisponde a un miglio all’ora. Il suo nome<br />

deriva dai nodi che segnavano la sagola del solcometro a<br />

barchetta, <strong>in</strong> uso sui velieri. Per chi va a vela 4 nodi sono<br />

già una buona velocità, sufficiente nell’<strong>in</strong>cedere delle ore a<br />

raggiungere approdi lontani.<br />

Mura<br />

È l’angolo basso di prua di una vela. Da questa parola deriva<br />

il term<strong>in</strong>e murata, che <strong>in</strong>dica i fianchi della barca sopra<br />

la l<strong>in</strong>ea di galleggiamento. C’è così la murata destra e s<strong>in</strong>istra,<br />

dette anche dritta e manca, che nel l<strong>in</strong>guaggio mar<strong>in</strong>aresco<br />

antico erano tribordo e babordo. Oltre alla mura,<br />

le vele hanno un angolo alto chiamato penna e un terzo,<br />

basso di poppa, chiamato scotta.<br />

Nodo<br />

Legatura di corda, che diventa cima a bordo, dove il discorso<br />

acquista grande autorità, perché d’uso antichissimo e<br />

ancora <strong>in</strong>dispensabile. Sulle barche di ogni forma e dimensione,<br />

per svariate necessità, i nodi si cont<strong>in</strong>uano a fare e<br />

studiare, più che <strong>in</strong> ogni altro ambiente. Da sempre, i mar<strong>in</strong>ai<br />

ne conoscono vizi e virtù. Quella dei nodi è una vera<br />

e propria arte, che ha il suo l<strong>in</strong>guaggio, le sue consuetud<strong>in</strong>i,<br />

i suoi standard, direbbero i jazzisti. Solo i veri artisti conoscono<br />

cent<strong>in</strong>aia di nodi, suddividendoli <strong>in</strong> tre categorie<br />

a seconda se fatti su una stessa cima, con altre cime o su<br />

un altro oggetto. Tutti, f<strong>in</strong> dal primo imbarco, dovrebbero<br />

saper fare almeno la gassa, il savoia e il parlato. Altrettan-<br />

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to utile è saper dar volta correttamente a una castagnola o<br />

ad una bitta.<br />

Opera<br />

Nel l<strong>in</strong>guaggio mar<strong>in</strong>aresco è sempre accoppiata a un aggettivo,<br />

facendosi <strong>in</strong>sieme sostantivo: opera viva e opera<br />

morta. L’opera viva è la parte dello scafo che sta sotto la l<strong>in</strong>ea<br />

di galleggiamento, quella che consente alla barca di<br />

galleggiare e navigare, perciò di vivere. L’opera morta è la<br />

parte posta sopra la l<strong>in</strong>ea di galleggiamento. L’occhio del<br />

vero mar<strong>in</strong>aio prende perciò <strong>in</strong> esame lo scafo sempre a<br />

partire dall’opera viva, quella che per prima regola le sorti<br />

della barca. È <strong>in</strong>vece l’occhio di Plimsoll, dal nome dell’<strong>in</strong>glese<br />

che lo fece <strong>in</strong>trodurre nella seconda metà dell’Ottocento,<br />

a <strong>in</strong>dicare sullo scafo di una nave la l<strong>in</strong>ea di galleggiamento<br />

di massimo carico.<br />

Orzare<br />

Verbo fondamentale della vela, che significa portare la<br />

prua verso la direzione da cui proviene il vento. Una barca<br />

ben equilibrata tende leggermente ad orzare, abitud<strong>in</strong>e <strong>in</strong>valsa<br />

tra i timonieri. “Orza che a poggiar c’è tempo”, si dice<br />

ai pr<strong>in</strong>cipianti, ricordando loro che è sempre più facile<br />

raggiungere un punto sottovento che uno sopravento. Poggiare<br />

è il suo contrario, significa <strong>in</strong>fatti allontanare la prua<br />

dalla direzione da cui spira il vento. Entrambi i verbi derivano<br />

dai sostantivi corrispondenti: orza, il lato sopravento<br />

della nave, poggia, il lato di sottovento. “Nave <strong>in</strong><br />

fortuna,/v<strong>in</strong>ta da l’onda, or da poggia, or da orza”, si legge<br />

nel Purgatorio dantesco.<br />

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Poppa<br />

È la parte posteriore della barca. La parola deriva dal lat<strong>in</strong>o,<br />

probabilmente per tramite veneziano. La poppa è anche<br />

il nome di un’andatura, comoda e veloce, ma molto pericolosa<br />

a causa delle strambate, perciò da evitare con vento<br />

forte e mare grosso. Al contrario, quando le condizioni<br />

lo permettono, si possono mettere le vele a farfalla, cioè<br />

sulle opposte mura, un piccolo capolavoro estetico e mar<strong>in</strong>aresco.<br />

“Avere il vento <strong>in</strong> poppa” è condizione talmente<br />

ideale per il navigante da aver assunto un più generale significato<br />

metaforico. È però un mar<strong>in</strong>aio illustre ed esperto,<br />

l’Ismaele di Melville, a ricordarci che purtroppo <strong>in</strong> questo<br />

mondo i venti contrari sono molto più frequenti rispetto<br />

ai venti portanti. Non solo negli spazi acquei.<br />

Portolano<br />

Il libro di bordo per eccellenza, quello che descrive m<strong>in</strong>uziosamente,<br />

magari con l’ausilio di disegni particolareggiati,<br />

porti, rade, ancoraggi, pericoli, divieti, prescrizioni e tutto<br />

ciò che caratterizza una costa, agli usi della navigazione,<br />

per usare un l<strong>in</strong>guaggio appropriato. Il portolano è complemento<br />

delle carte nautiche e perciò deve essere <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tonia<br />

con esse e utile a <strong>in</strong>tegrarne le <strong>in</strong>formazioni. Ma i portolani<br />

diventano anche formidabili strumenti di navigazione<br />

onirica. Quelli antichi come quelli moderni, sono fantastici<br />

libri di favole per chi ama sognare mari e isole lontane.<br />

Prua<br />

Detta anche prora, è la parte anteriore della barca; parola<br />

genovese, derivata dal lat<strong>in</strong>o. È tradizionalmente a forma<br />

di cuneo, più o meno acuto, per fendere l’onda. Mille sono<br />

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comunque le variazioni a seconda delle necessità, come altrettante<br />

le rotte. F<strong>in</strong> dall’antichità, le prue portano occhi,<br />

stelle, polene e allegorie apotropaiche, capaci di scongiurare<br />

pericoli, di aprire spiritualmente la navigazione. Nel passato,<br />

armate di rostri erano quelle militari, di bompressi<br />

quelle mercantili. Anche oggi, se il disegno di prua è riuscito,<br />

la barca non fende solo meglio l’onda, ma è benaugurante<br />

per le miglia a venire.<br />

Randa<br />

È la vela triangolare di poppa, nell’armo Marconi. Il lato<br />

verticale si <strong>in</strong>ferisce sull’albero, è perciò l’<strong>in</strong>feritura, quello<br />

orizzontale sul boma e si chiama base, quello libero è la balum<strong>in</strong>a<br />

ed è dotato di stecche che ne migliorano il profilo.<br />

La randa è autovirante e autoabbattente, cioè va da sola da<br />

un lato all’altro della barca durante i cambi di bordo. Qu<strong>in</strong>di,<br />

attenzione alla testa!<br />

Sartia<br />

Cavo fisso che sostiene l’albero. Se quelle laterali possono<br />

essere alte e basse, a seconda del punto di aggancio superiore,<br />

quelle di prua prendono il nome di stralli, quelle di<br />

poppa paterazzi. Nelle barche da regata ci sono poi le volanti,<br />

da mettere <strong>in</strong> tensione o mollare a seconda dei bordi.<br />

Sugli antichi velieri, oltre che <strong>in</strong> testa d’albero, anche<br />

lungo le sartie, nelle notti tempestose, si manifestavano i<br />

temibili fuochi di Sant’Elmo. Delle fiammelle elettriche che<br />

apparivano quando il tempo era m<strong>in</strong>accioso e, secondo la<br />

leggenda, erano una manifestazione dei Dioscuri, per alcuni<br />

benevola, per altri malevola.<br />

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Sopravento<br />

È term<strong>in</strong>e mar<strong>in</strong>aresco che <strong>in</strong>dica, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i relativi, la<br />

maggior vic<strong>in</strong>anza dal punto <strong>in</strong> cui spira il vento. In barca,<br />

c’è un bordo di sopravento e uno di sottovento, <strong>in</strong> mare c’è<br />

un approdo di sopravento e uno di sottovento. Quando si<br />

naviga a vela è buona norma tenersi sopravento, perché c’è<br />

sempre tempo per poggiare. Il sottovento è la parte opposta,<br />

<strong>in</strong>dicante, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i relativi, la maggior distanza dal<br />

punto <strong>in</strong> cui spira il vento. Sottovento si gode, a terra e <strong>in</strong><br />

mare, di una maggior tranquillità, anche se non sempre si<br />

riesce a controllare la situazione. Andando a vela, sopravento<br />

e sottovento sono importanti come destra e s<strong>in</strong>istra,<br />

sia per le manovre che per le precedenze. Infatti, se genericamente<br />

ha la precedenza chi naviga con le mura a destra,<br />

ossia con il vento che viene da destra, quando due<br />

barche hanno le stesse mura ha la precedenza chi è sottovento.<br />

Terzarolo<br />

È la piegatura che si fa alla vela quando il vento supera una<br />

certa velocità; di fatto, prendere i terzaroli significa ridurre<br />

la velatura. Il terzarolo era <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e una vela m<strong>in</strong>ore,<br />

quella che saliva al terz’ord<strong>in</strong>e sullo stesso strallo o albero.<br />

Nell’età d’oro della vela, su grandi velieri a tre alberi e dec<strong>in</strong>e<br />

di vele, la presa dei terzaroli, la riduzione delle vele,<br />

era uno dei momenti più impegnativi, anche per le condizioni<br />

del mare e del vento che imponevano precisione<br />

estrema e rapidità massima. Oggi, con avvolgifiocco e avvolgiranda,<br />

i terzaroli e le manovre conseguenti non hanno<br />

più niente a che fare con l’arte mar<strong>in</strong>aresca.<br />

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Timone<br />

Organo di governo della nave, perciò il più prezioso. Se diverse<br />

sono le forme e i materiali, le alchimie meccaniche e<br />

idrauliche, evolutesi nei secoli, immutate rimangono le attenzioni,<br />

le cure, le abilità che chiede questa parte vitale per<br />

la barca e di conseguenza per il carico e l’equipaggio. Una<br />

nave senza timone, prima non governa, poi va alla deriva, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e,<br />

spesso naufraga. Solo nel tardo Medioevo il timone navaresco,<br />

unico e centrale, ha sostituito quello laterale, costituito<br />

da due leve simili a remi, con cui per millenni si sono<br />

governate le navi mosse dalla forza delle braccia o del vento.<br />

Pal<strong>in</strong>uro e Tifi erano i più famosi nocchieri dell’antichità,<br />

che stavano al timone delle navi di Enea e Giasone, abili nel<br />

tenere la barra e nel leggere le onde, i venti, le stelle.<br />

Virare<br />

Passare da un’andatura con vento che viene da s<strong>in</strong>istra a<br />

un’altra, <strong>in</strong> cui viene da destra e viceversa, attraversando<br />

l’angolo morto, quello precluso alla vela. Virando, si modifica<br />

la direzione di navigazione per prendere il vento dalla<br />

parte opposta, passando la prua nella direzione da cui spira.<br />

La virata è una delle due manovre, quella generalmente<br />

più sicura, che permette alla barca di cambiare di bordo.<br />

L’altra, l’opposta, è l’abbattuta, il cambiare di bordo <strong>in</strong> poppa,<br />

chiamata erroneamente anche strambata. Perché quest’ultima<br />

è la manovra <strong>in</strong>volontaria, qu<strong>in</strong>di ancor più pericolosa.<br />

Virare e abbattere con eleganza significa disegnare<br />

s<strong>in</strong>uose scie, effimere sull’acqua come tutte, ma durature<br />

nella memoria.<br />

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Una vela nel vento, una prua nell’onda.<br />

Una rotta sul mare.<br />

Vela e libertà, vela è libertà.


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Scie librarie<br />

Come sanno tutti i mar<strong>in</strong>ai e come premesso <strong>in</strong> questo breviario,<br />

andando a vela il tempo non manca, anzi si guadagna<br />

tempo, utilissimo anche alla lettura. Ancora oggi <strong>in</strong><br />

barca, e forse per sempre vista l’<strong>in</strong>compatibilità tra dimensione<br />

acquea ed elettrica, il libro di carta è da preferirsi a<br />

bordo. Non f<strong>in</strong>isce mai le batterie, se si bagna rimane leggibile<br />

e, <strong>in</strong> caso di maltempo, per alleggerire la barca può<br />

essere gettato a mare senza rimorsi ecologici. In ultimo,<br />

due amici oceanici dicono che negli scali tropicali va molto<br />

di moda il book-cross<strong>in</strong>g portuale, r<strong>in</strong>novata forma di<br />

scambio culturale.<br />

Come vedrete, qui il genere perde importanza; del resto,<br />

non mi stanco mai di ripetere che nella liquidità del mare i<br />

generi, come i sali, si sciolgono e si mescolano, perdono i<br />

loro caratteri particolari per darne di nuovi, magari <strong>in</strong>aspettati.<br />

Qualunque sia il vostro carattere velico, dopo aver<br />

concretamente scoperto i piaceri del vento, potreste <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciare<br />

ad armarvi leggendo le “dotazioni di sicurezza”,<br />

brevemente illustrate, per poi fare un giro d’orizzonte com-<br />

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pleto. Non ho certo dimenticato le tre stelle di prima grandezza<br />

nella volta dei libri di mare, Odissea, Eneide e Argonautiche;<br />

ma sono talmente alte nel cielo che, per reverenza,<br />

mi limito solo a ricordarle.<br />

Un ultimo avviso ai naviganti: queste scie librarie, come<br />

tutte quelle reali, possono <strong>in</strong>crociarsi per condurre a felici<br />

isole <strong>in</strong>esplorate.<br />

Dotazioni di sicurezza<br />

Otto titoli, quelli fondamentali che compongono la pr<strong>in</strong>cipale<br />

rosa dei venti letterari. Libri che dovrebbero trovar<br />

posto anche nella più piccola delle barche.<br />

AA. VV., Glénans. Corso di navigazione, Mursia, Milano<br />

2011 (1ª ed. 1972).<br />

Una vera e propria bibbia per la navigazione da diporto.<br />

Utilissimo sia per il pr<strong>in</strong>cipiante che per il mar<strong>in</strong>aio esperto,<br />

che troverà risposta ai dubbi e nuovi stimoli per alimentare<br />

la curiosità. La descrizione della barca e delle manovre,<br />

la navigazione costiera e d’altura, sono i temi portanti<br />

del libro, sviluppati con chiarezza di l<strong>in</strong>guaggio e di immag<strong>in</strong>i.<br />

Nella parte dedicata alla crociera, vengono trattati <strong>in</strong><br />

maniera chiara ed esaustiva gli argomenti brevemente<br />

esposti nel capitolo “Barca m<strong>in</strong>ima, rotta massima”. Ampio<br />

spazio è dedicato alla meteorologia, di cui deve avere i rudimenti<br />

anche chi esce per la prima volta e di cui dovrà conoscere<br />

i segreti chi ha velleità di navigazioni più lunghe.<br />

Un libro nato e aggiornato sull’esperienza di oltre mezzo<br />

secolo della più importante scuola di vela europea.<br />

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Braudel Fernand, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età<br />

di Filippo II, E<strong>in</strong>audi, Tor<strong>in</strong>o 2002 (1 a ed. 1949).<br />

Un classico della storiografia e più <strong>in</strong> generale della cultura<br />

mediterranea. Migliaia di pag<strong>in</strong>e dedicate al Mare Interno,<br />

che partendo da un preciso periodo storico, 1550-1600,<br />

diventano rivelatrici di un orizzonte storico e umano più<br />

ampio, di un mare geografico e materiale più grande. Non<br />

è necessario leggerlo tutto dall’<strong>in</strong>izio alla f<strong>in</strong>e, anzi conviene<br />

partire dal paragrafo che <strong>in</strong>teressa o semplicemente dal<br />

titolo che affasc<strong>in</strong>a, scegliendo <strong>in</strong> base alla propria sensibilità<br />

o curiosità del momento. Sarà il modo migliore per com<strong>in</strong>ciare<br />

una lunga avventura mar<strong>in</strong>aresca, per <strong>in</strong>traprendere<br />

un millenario viaggio mediterraneo, di guerra e pace,<br />

di risorse contese e condivise, di ricchezze e miserie. Si capirà<br />

come il Mare Nostrum, benché mutevole, riflette storie<br />

antichissime, come la nostra rotta, benché effimera, <strong>in</strong>terseca<br />

navigazioni mitiche. Senza dimenticare che per conoscerlo<br />

è <strong>in</strong>dispensabile navigarlo.<br />

Conrad Joseph, Lo specchio del mare, Il Nuovo Melangolo,<br />

Genova 1998 (1 a ed. 1906).<br />

Uno dei più grandi scrittori vissuti tra Ottocento e Novecento,<br />

<strong>in</strong> queste pag<strong>in</strong>e, mette a nudo con estrema chiarezza<br />

e precisione i term<strong>in</strong>i della sua relazione lavorativa, letteraria<br />

e amorosa con il mare. Un libro d’arte mar<strong>in</strong>aresca,<br />

<strong>in</strong> cui si scopre come le competenze e anche il l<strong>in</strong>guaggio<br />

tecnico siano fondamentali per restituire il fasc<strong>in</strong>o della<br />

vela. Il capitano Conrad, con autorevolezza, <strong>in</strong>segna a navigare<br />

portandoci a bordo del Tremol<strong>in</strong>o, una tartana costruita<br />

<strong>in</strong> Liguria, che spiega due enormi vele, simili alle ali<br />

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Vela libre 12_4_2012:Layout 1 12/04/12 14.23 Pag<strong>in</strong>a 113<br />

degli uccelli mar<strong>in</strong>i. Quei grandi volatori che, come l’autore,<br />

trascorrono la maggior parte della loro vita al largo. Sul<br />

Tremol<strong>in</strong>o navigheremo <strong>in</strong> Mediterraneo, nutrice venerabile<br />

e irascibile dei navigatori. Poi, imbarcati su altri vascelli,<br />

faremo vela verso immensi oceani, d’acqua e arte.<br />

Matvejeviç Predrag, Mediterraneo. Un nuovo breviario,<br />

Garzanti, Milano 2006 (1 a ed. 1987).<br />

Un breviario enciclopedico dei saperi mediterranei, ord<strong>in</strong>ati<br />

e aggiornati da uno scrittore che prende il largo dalle rive<br />

dell’Adriatico, chiamandolo mare dell’<strong>in</strong>timità. L’orizzonte<br />

poi si amplia, rivelando l’<strong>in</strong>tero Mediterraneo, storicamente<br />

e culturalmente mare della vic<strong>in</strong>anza. Matvejeviç<br />

permette di riscoprire le <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite meraviglie delle rive e delle<br />

acque, delle genti e delle culture, ricordandoci che il mare<br />

non è mai una scoperta <strong>in</strong>dividuale. Un’onda, una brezza,<br />

una vela, sapranno rivelarsi solo se saremo capaci di<br />

guardarle anche con gli occhi degli altri, quelli di chi ci ha<br />

preceduto e quelli di chi vive sulle opposte sponde. Il Mediterraneo<br />

lo si può <strong>in</strong>sieme conoscere e riconoscere. Il<br />

mare lo si deve al contempo abitare e coabitare. Non ci si<br />

può dire mediterranei senza fare ogni giorno esercizio di<br />

ascolto, della natura, delle culture.<br />

Melville Herman, Moby Dick o la Balena. Adelphi, Milano<br />

1994 (1 a ed. 1851).<br />

Opera omnia, oceanica, di un mondo acqueo, <strong>in</strong> cui le forze<br />

<strong>in</strong>teriori dell’uomo si materializzano <strong>in</strong> quelle esteriori<br />

della natura. Almeno una volta nella vita, sogniamo con<br />

Ismaele di darci alla navigazione, per scoprire la parte flui-<br />

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Vela libre 12_4_2012:Layout 1 12/04/12 14.23 Pag<strong>in</strong>a 114<br />

da del globo. Seguiamo la sua rotta, condividendo ansie e<br />

gioie, slanci e <strong>in</strong>certezze. Vivremo un’avventura gigantesca<br />

come la Balena Bianca che arriva a galla a tutta velocità dai<br />

più lontani abissi, sollevando montagne di onde schiumeggianti.<br />

Assaporeremo la spaventosa magnificenza degli<br />

oceani, sia nei giorni di quiete che <strong>in</strong> quelli di tempesta.<br />

Una cronaca religiosa di miraggi e cetacei, di mar<strong>in</strong>ai e baleniere,<br />

di preghiere e maledizioni. Un <strong>in</strong>ventario mitologico<br />

di arpioni e lenze, di code e p<strong>in</strong>ne, di cacce e attese. Un<br />

<strong>in</strong>vito a trovare un imbarco sulla propria Pequod, a conoscere<br />

il proprio Achab, alla ricerca del proprio leviatano.<br />

Michelet Jules, Il mare, Il Nuovo Melangolo, Genova 2005<br />

(1 a ed. 1861).<br />

Un libro che nell’Ottocento, per la prima volta, racconta<br />

del mare <strong>in</strong>canti e conoscenze. Una narrazione <strong>in</strong>sieme romantica<br />

e illum<strong>in</strong>ata, che s’avvia dal primo dei sentimenti<br />

umani al cospetto del mare: la paura. Sì, dalla paura che<br />

prova anche il più coraggioso dei mar<strong>in</strong>ai, consapevole che<br />

per noi, animali terrestri, l’acqua è elemento ostile. Il mare<br />

è stato per millenni, e <strong>in</strong> parte lo è tuttora, un profondo<br />

enigma, un terribile orizzonte. Malgrado ciò, ha una <strong>in</strong>sopprimibile<br />

forza attrattiva, un eterno fasc<strong>in</strong>o. Michelet, uomo<br />

positivista, com<strong>in</strong>cia il suo racconto con uno sguardo<br />

sui mari, a partire dalle coste della Normandia e della Bretagna,<br />

per poi affrontare <strong>in</strong> successione la genesi, ossia le<br />

diverse forme di vita, la conquista, cioè le vicende mar<strong>in</strong>aresche,<br />

la r<strong>in</strong>ascita, attraverso le orig<strong>in</strong>i dei bagni. Una riscoperta<br />

necessaria alla salute del s<strong>in</strong>golo e delle nazioni,<br />

alla possibile vocazione per il mare.<br />

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Moitessier Bernard, La lunga rotta. Solo tra mari e cieli,<br />

Mursia, Milano 1991 (1 a ed. 1971).<br />

Un viaggio <strong>in</strong>iziatico necessario per chi sogna una rotta,<br />

per chi arma una vela. Salite a bordo del Joshua, barca<br />

oceanica e arca fantastica, diretta verso sconf<strong>in</strong>ati orizzonti<br />

di libertà. Vivete <strong>in</strong>sieme a Bernard, mar<strong>in</strong>aio e sognatore,<br />

per dieci mesi <strong>in</strong> alto mare, doppiando i grandi capi australi,<br />

f<strong>in</strong>o ad approdare nelle favolose isole del Pacifico. Il<br />

diario di bordo di un epico navigatore, <strong>in</strong> cui la narrazione<br />

di onde, venti e astri si <strong>in</strong>treccia con i suoi tormenti. Quelli<br />

che gli faranno preferire la pace alla vittoria, la libertà al<br />

premio. Infatti, nel 1969, quando si trova a poche migliaia<br />

di miglia dal traguardo della prima regata <strong>in</strong> solitario <strong>in</strong>torno<br />

al mondo, decide di abbandonare e di rimettere la prua<br />

verso Oriente. Pag<strong>in</strong>a dopo pag<strong>in</strong>a, onda dopo onda, sostanzierà<br />

un’idea assoluta di vagabondaggio mar<strong>in</strong>aresco.<br />

Slocum Joshua, Solo, <strong>in</strong>torno al mondo e viaggio della<br />

Libertade, Mursia, Milano 1999 (1 a ed. 1900).<br />

Due libri <strong>in</strong> uno, cioè il primo resoconto di un viaggio a vela<br />

<strong>in</strong> solitario <strong>in</strong>torno al mondo e l’avventura di una famiglia,<br />

quasi normale, <strong>in</strong> navigazione prima su un veliero<br />

commerciale e poi su una canoa a vela, nella seconda metà<br />

dell’Ottocento. Slocum è un esempio per tantissimi altri<br />

navigatori, a com<strong>in</strong>ciare da Bernard Moitessier che dedicò<br />

proprio a Joshua la sua barca più famosa. Nella prima parte<br />

del libro, Slocum racconta <strong>in</strong> modo sobrio e puntuale la<br />

sua circumnavigazione del globo su un piccolo veliero di<br />

undici metri, che <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e era uno sloop utilizzato per la<br />

pesca. Un’avventura, secondo il comandante, alla portata<br />

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Vela libre 12_4_2012:Layout 1 12/04/12 14.23 Pag<strong>in</strong>a 116<br />

di tutti, se armati di esperienza e pazienza. Molta pazienza,<br />

quella necessaria ad affrontare trenta ore al timone durante<br />

una tempesta, a sudare sul remo per uscire contro corrente<br />

da un porto, ad avanzare di poche miglia al giorno a<br />

causa delle maree.<br />

Con altri ventiquattro titoli, completo questa ideale rosa dei<br />

venti letterari. Libri che consentono una prima navigazione<br />

culturale, proseguendo una rotta odissiaca, sul vasto mare.<br />

Bertone Giorgio (a cura di), Racconti di vento e di mare,<br />

E<strong>in</strong>audi, Tor<strong>in</strong>o 2010.<br />

Biamonti Francesco, Vento largo, E<strong>in</strong>audi, Tor<strong>in</strong>o 1991.<br />

Camus Albert, L’estate e altri saggi solari, Bompiani, Milano<br />

2003.<br />

Carozzo Alex, Zentime, Nutrimenti, Roma 2008.<br />

Cassano Franco, Il pensiero meridiano, Laterza, Bari<br />

2007.<br />

Coleridge Samuel Taylor, La ballata del vecchio mar<strong>in</strong>aio,<br />

Mondadori, Milano 2010.<br />

Coles K. Adlard, Navigazione a vela con cattivo tempo,<br />

Mursia, Milano1991.<br />

Conrad Joseph, Tifone, Mondadori, Milano 1998.<br />

Conti Ugo, Una storia di amore con il mare. Viaggio solitario<br />

su un gommone a vela attraverso i quaranta<br />

ruggenti, Mursia, Milano 2007.<br />

Corb<strong>in</strong> Ala<strong>in</strong>, L’<strong>in</strong>venzione del mare, Marsilio, Venezia<br />

1990.<br />

D’Arrigo Stefano, Horcynus Orca, Rizzoli, Milano 2003.<br />

Heyerdahl Thor, Kon-Tiki. 4000 miglia su una zattera<br />

attraverso il Pacifico, Rob<strong>in</strong>, Roma 2002.<br />

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Hugo Victor, I lavoratori del mare, Mondadori, Milano<br />

1995.<br />

Izzo Jean Claude, Mar<strong>in</strong>ai perduti, E/O, Roma 2004.<br />

Janichon Gerard, Damien: 55.000 miglia dallo Spitsberg<br />

ai mari australi, Mursia, Milano 1980.<br />

Mollat Du Jourd<strong>in</strong> Michel, L’Europa e il mare dall’antichità<br />

ad oggi, Laterza, Bari 2004.<br />

Mutis Alvaro, Trittico di mare e di terra, E<strong>in</strong>audi, Tor<strong>in</strong>o<br />

1997.<br />

Pessoa Fernando, Il mar<strong>in</strong>aio, E<strong>in</strong>audi, Tor<strong>in</strong>o 2005.<br />

Riedl Rupert, Fauna e Flora del Mediterraneo, Franco<br />

Muzzio, Padova 2010.<br />

Savi-Lopez Maria, Leggende del mare, Sellerio, Palermo<br />

2008.<br />

Schmitt Carl, Terra e mare, Adelphi, Milano 2002.<br />

Stevenson Robert Louis, L’isola del tesoro, E<strong>in</strong>audi, Tor<strong>in</strong>o<br />

2006.<br />

Valery Paul, Cimitero mar<strong>in</strong>o, Mondadori, Milano 2000.<br />

Verga Giovanni, I Malavoglia, Mondadori, Milano 2004.<br />

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Web Ocean<br />

Il web è oggi il più frequentato degli oceani, capace di far<br />

sognare o di restituire utili, concrete esperienze. Siti come<br />

e-Utopie o e-Americhe, isole fantastiche o cont<strong>in</strong>enti concreti,<br />

per veleggiate libere anche <strong>in</strong> rete. Se L’Utopia di<br />

Tommaso Moro è una narrazione fantastica della migliore<br />

forma di repubblica, le e-Utopie sono narrazioni virtuali<br />

delle migliori forme di navigazione. Inoltre, come Rodrigo<br />

di Triana, il mar<strong>in</strong>aio della caravella P<strong>in</strong>ta che per primo<br />

avvistò la terra dopo la prima lunghissima rotta atlantica,<br />

anche noi ogni giorno possiamo scoprire nuove e-Americhe,<br />

terre elettroniche altrettanto favolose. Luoghi carichi<br />

di suggestione e profumi, che quotidianamente fanno rivivere<br />

le emozioni di Cristoforo Colombo. Basta un click fortunato<br />

per raggiungere nuovi approdi e farci ripetere:<br />

“quando arrivai qui a questo capo, giunse un odore così<br />

buono e soave di fiori o alberi di questa terra, che era la cosa<br />

più piacevole del mondo”.<br />

Quello che segue è un elenco m<strong>in</strong>imo, non esaustivo, non<br />

ragionato, ma frequentato; porti di partenza per smisurati<br />

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e-orizzonti. Anche <strong>in</strong> questo caso 32 rombi per altrettante<br />

direzioni di prima navigazione sul web. La mescolanza di<br />

generi è il secondo tratto che accomuna questa rassegna di<br />

siti, con quella precedente di libri. Qui si <strong>in</strong>crociano autocostruttori,<br />

navigatori, riviste, associazioni, forum, blog e<br />

tante altre rotte.<br />

La rete è anche un’ottima via d’accesso a <strong>in</strong>novative forme<br />

di vagabondaggio, non solo virtuali. Inutile dilungarsi<br />

sulle potenzialità del web anche per scambiare pareri,<br />

leggere op<strong>in</strong>ioni, <strong>in</strong>contrare appassionati. Altrettanto<br />

<strong>in</strong>utile è l’elenco delle criticità, ma non dobbiamo dimenticare<br />

che la vela è prima di tutto una pratica concreta,<br />

che le arti mar<strong>in</strong>aresche sono ascrivibili alle culture materiali.<br />

La rete è dunque impresc<strong>in</strong>dibile oggi per qualsiasi<br />

tipo di approfondimento, per riempire le vele di ogni<br />

passione, consapevoli però che la navigazione acquea richiede<br />

ancora calli e sudore, dimestichezza con le cime,<br />

confidenza con i verricelli. Almeno la libera vela raccontata<br />

<strong>in</strong> queste pag<strong>in</strong>e.<br />

http://www.amicidellavela.it/<br />

Forum di velisti con diversi orizzonti.<br />

http://www.artenavale.it/<br />

Rivista sulle barche tradizionali e sulla cultura del<br />

mare.<br />

http://www.barcapulita.org/<br />

Sito di due velisti giramondo di grande esperienza.<br />

http://www.bcademco.it/<br />

Piani di costruzione, barche <strong>in</strong> kit e progettazione.<br />

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Vela libre 12_4_2012:Layout 1 12/04/12 14.23 Pag<strong>in</strong>a 120<br />

http://www.bol<strong>in</strong>a.it/<br />

Mensile sull’andar per mare a vela, con passione e<br />

semplicità.<br />

http://www.cantier<strong>in</strong>o.it/<br />

Sito degli autocostruttori e degli appassionati di piccole<br />

barche.<br />

http://www.chasse-maree.com/<br />

Rivista francese sulle barche tradizionali e sulla cultura<br />

del mare.<br />

http://www.charts.noaa.gov/NGAViewer/Region_5_NGA_V<br />

iewerTable.shtml<br />

Carte nautiche di base consultabili onl<strong>in</strong>e gratuitamente.<br />

http://www.circuitopiccolanautica.com/<br />

Associazione che promuove la piccola nautica.<br />

http://www.cruisersforum.com/<br />

Forum <strong>in</strong>ternazionale dei velisti giramondo.<br />

http://www.diecipiedi.it/<br />

Associazione di appassionati di micro barche autocostruite<br />

e <strong>in</strong>novative.<br />

http://d<strong>in</strong>ghycruis<strong>in</strong>g.org.uk/<br />

Associazione <strong>in</strong>glese degli appassionati di d<strong>in</strong>ghy e<br />

delle molteplici opportunità di viaggio.<br />

http://www.federvela.it/<br />

Sito della Federazione Italiana Vela, dove si trovano<br />

anche ottimi manuali scaricabili gratuitamente.<br />

http://www.f<strong>in</strong>dacrew.net/<br />

Sito per la ricerca di imbarco o equipaggio <strong>in</strong> tutto il<br />

mondo.<br />

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Vela libre 12_4_2012:Layout 1 12/04/12 14.23 Pag<strong>in</strong>a 121<br />

http://home.clara.net/gmatk<strong>in</strong>/design.htm<br />

Piani di costruzione gratuiti per piccole barche.<br />

http://www.hisse-et-oh.com/<br />

Sito francese dedicato agli autocostruttori.<br />

http://www.leganavale.it/<br />

Sito della Lega Navale Italiana, storico ente pubblico<br />

che promuove la pratica e la cultura del mare.<br />

http://maregratis.blogspot.com/<br />

Blog sulla gratuità e cultura del mare.<br />

http://mar<strong>in</strong>aiditerraferma.blogspot.com/<br />

Blog sui piccoli cab<strong>in</strong>ati e sulla crociera costiera.<br />

http://www.nautica.it/<br />

Mensile sulla nautica da diporto.<br />

http://www.ocsg.org.uk/<br />

Sito <strong>in</strong>glese sulla canoa a vela.<br />

http://www.pbo.co.uk/<br />

Mensile <strong>in</strong>glese sulla nautica da diporto.<br />

http://ruotenelvento.wordpress.com<br />

Blog di un appassionato dei carri a vela.<br />

http://www.stw.fr/<br />

Sito francese dei grandi viaggi a vela.<br />

http://www.sullacrestadellonda.it/<br />

Associazione per la valorizzazione della cultura del<br />

mare.<br />

http://www.trail-sail.org.uk/<br />

Associazione <strong>in</strong>glese dei carri a vela.<br />

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http://www.unionevelasolidale.org<br />

Associazione delle realtà che operano nel sociale attraverso<br />

la vela.<br />

http://www.velanet.it/users/veliero/<br />

Sito sulle piccole barche carrellabili.<br />

http://www.ventic<strong>in</strong>quemilamiglia.it/<br />

Sito di un giramondo <strong>in</strong> barcastop.<br />

http://www.voilesetvoiliers.com/<br />

Mensile francese sulla vela.<br />

http://www.walkabout.it/<br />

Sito di due velisti giramondo con la passione per l’<strong>in</strong>novazione.<br />

http://www.woodenboat.com/<br />

Mensile americano sulle barche <strong>in</strong> legno.<br />

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Gran pavese<br />

Alla f<strong>in</strong>e di questa navigazione isso il gran pavese, <strong>in</strong> omaggio<br />

ai preziosi consigli ricevuti da Luigi Divari, Davide Gnola<br />

e Paolo Lodigiani, abili mar<strong>in</strong>ai e attenti cultori dell’arte<br />

mar<strong>in</strong>aresca. Un sentito grazie anche ai fratelli della costa,<br />

con cui ho condiviso veleggiate reali e fantastiche, tutte<br />

accomunate dall’orizzonte ecologico e libertario raccontato<br />

<strong>in</strong> queste pag<strong>in</strong>e.<br />

Un r<strong>in</strong>graziamento particolare a Chiara, amorevole, paziente<br />

e severa Penelope.<br />

Torre Pedrera, prima Luna nuova 2012.<br />

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Gaia Onlus, il pianeta che vive e che legge<br />

L’Associazione Gaia Animali & Ambiente nasce nel 1995 per <strong>in</strong>iziativa di un<br />

gruppo di giornalisti, di ambientalisti, di animalisti e di imprenditori nel campo<br />

della comunicazione, tra i quali Edgar Meyer (attuale presidente), ricercatore,<br />

storico dell’ambiente e giornalista, Stefano Apuzzo, ex-parlamentare, giornalista<br />

ambientalista e scrittore, Stefano Carnazzi, scrittore e direttore editoriale di<br />

Lifegate Magaz<strong>in</strong>e e Lifegate Radio.<br />

L’Associazione promuove, da subito, campagne di forte impatto mediatico. Le<br />

<strong>in</strong>iziative sono prevalentemente per la difesa degli ecosistemi e delle foreste<br />

pluviali, contro l’abbandono degli animali, per lo sviluppo sostenibile, per la diffusione<br />

dei prodotti “bio”, per la salute umana. L’Associazione viene riconosciuta<br />

come Onlus – Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale e collabora<br />

con m<strong>in</strong>isteri e istituzioni nazionali e locali.<br />

Dal settembre 2004, viene creato Gaia Lex, il centro di azione giuridica dell’associazione<br />

che si occupa di dare <strong>in</strong>formazioni e risposte alla richiesta di assistenza<br />

legale dei cittad<strong>in</strong>i sui temi dei diritti animali e della salvaguardia ambientale.<br />

La collaborazione con aziende amiche dell’ambiente, e la denuncia di attività<br />

produttive devastanti per l’ecosistema, rendono Gaia un’associazione attenta<br />

al mondo delle imprese e alla comunicazione.<br />

Dal 2006, Gaia è titolare della collana editoriale <strong>in</strong>titolata “I Libri di Gaia – Ecoalfabeto”<br />

con la casa editrice <strong>Stampa</strong> Alternativa, con la quale sono stati pubblicati<br />

diversi libri sulle tematiche dell’ambiente e della sostenibilità, dei diritti<br />

animali, della salute umana e della sicurezza alimentare. Tra i titoli pubblicati ricordiamo:<br />

Fido non si fida, Qua la zampa, Bimbo Bio, Homo scemens, Dalla<br />

luna alla terra, Quattrosberle <strong>in</strong> padella, Foglie di fico, Farmakiller, EcoLogo,<br />

Cosmesi naturale e pratica, Le ecoconserve di Geltrude, Ecoalfabeto, United<br />

bus<strong>in</strong>ess of Benetton, Senza trucco, La città del Sole, Bici ribelle, Quattrozampe<br />

<strong>in</strong> tribunale, Urbi et Orti, Ambientiamoci, Nuovo bestiario postmoderno e altri<br />

scritti, La dieta comica, Ortobimbo, L’orecchio verde di Gianni Rodari.<br />

Gaia Animali & Ambiente Onlus è <strong>in</strong> Corso Garibaldi 11 a Milano (tel/fax<br />

02.86463111 – mail: segreteria.gaia@fastwebnet.it), con sedi decentrate <strong>in</strong><br />

diverse città italiane, <strong>in</strong> Congo (R.D.) e <strong>in</strong> Gabon.<br />

www.gaiaitalia.it


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Indice<br />

Prima di mollare le cime 5<br />

1. Vela, ecologia e libertà 19<br />

2. Un uomo, una barca 29<br />

I velisti 29<br />

Le barche 36<br />

Le storie 42<br />

3. Barca m<strong>in</strong>ima, rotta massima 54<br />

Due orizzonti: l’usato e l’autocostruzione 58<br />

Terzo orizzonte: l’imbarco 62<br />

Un tempo, un sogno 64<br />

4. Altre vele 83<br />

Acquee 84<br />

Terrestri 90<br />

Aeree 92<br />

Prontuario velico 95<br />

Scie librarie 110<br />

Web Ocean 118<br />

Gran pavese 123


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Ecoalfabeto<br />

Collana diretta da Marcello Baragh<strong>in</strong>i e Stefano Carnazzi<br />

Coord<strong>in</strong>atore della collana: Edgar Meyer<br />

© 2012 Fabio Fiori<br />

© 2012 <strong>Stampa</strong> Alternativa/Nuovi Equilibri<br />

ISBN 978-88-6222-290-7<br />

www.stamp<strong>alternativa</strong>.it<br />

email: redazione@stamp<strong>alternativa</strong>.it<br />

F<strong>in</strong>ito di stampare nel mese di aprile 2012<br />

presso la tipografia Iacobelli srl – Pavona (Roma)<br />

foto di copert<strong>in</strong>a: © raven - Fotolia.com

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