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News - Indicod-Ecr

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Priorità per competere: parlano i managerOltre 650 persone hanno partecipato all’incontro annuale promosso da Indicod-Ecr alTeatro Grassi di Milano. Sul palco, esponenti di spicco della business community hannodibattuto su alcuni temi centrali per la competitività delle imprese del largo consumoConsumiBeni durevoli, tempolibero e cultura nel2005 registreranno incrementiimportanti. Stime poco incoraggianti,al contrario, caratterizzanoil settore alimentare: soloi prodotti innovativi, i certificati,i tipici e i surgelati darannoprova di buona dinamicità.G. Cobolli Gigli,presidente Faid-FederdistribuzioneSTANDARD ■NewsTracciabilitàIn evidenza gli effettidel federalismo sullecompetenze in materia. Maanche la confusione tra certificazionidi filiera e rintracciabilità,ancor oggi presente tramolti addetti ai lavori cheoperano nella filiera alimentareitaliana.G. Auricchio, presidente GiuntaAgroalimentare Indicod-EcrDal primo gennaio 2005 il codice adottato sul mercato nordamericano non dovràpiù essere apposto sulle confezioni dei prodotti europei. Saranno sufficientii consueti Ean 13 ed Ean 8. È una grande semplificazione per le imprese☛In seguito agli accordi intercorsitra Ean International e Ucc (chea breve daranno vita al nuovo organismo internazionaleGlobal Standard 1) dal 1 gennaio2005 tutte le aziende europee che esportanonegli Stati Uniti e in Canada potrannoutilizzare i codici a barre Ean 13 ed Ean 8 perconsentire l’identificazione delle loro referenze.Cessa pertanto l’obbligo di adottarela codifica a barre Upc a dodici cifre.L’innovazione, comporta una semplificazioneper l’attività delle imprese italiane checommercializzano i loro prodotti sui mercatinordamericani. Fino al 31 dicembre 2004, infatti,hanno dovuto applicare la codifica Upca tutte le referenze destinate all’export <strong>oltre</strong>oceano (dopo aver richiesto tramite Indicod-Ecrl’attribuzione di un prefisso aziendaleUcc), sostenendo i relativi oneri operativie costi aggiuntivi.«Si tratta di un traguardo importante», sottolineaMassimo Bolchini, direttore Sviluppostandard e strumenti abilitanti di Indicod-L’help desk è a vostra disposizioneL’help desk Indicod-Ecr, insieme a tutto lostaff tecnico, è a disposizione delle aziendeassociate per fornire informazioni dettagliatesull’utilizzo della codifica Ean. Glioperatori rispondono al numero 02777.21.21, ma possono essere contattati anchetramite email, inviando un messaggioa info@ìndicod-ecr.itRadiofrequenzaIl colosso Usa Wal-Mart prosegue ilsuo piano di sperimentazione.Intanto, in Europa, regna la prudenza:la validità della tecnologiaè fuori discussione, ma ilprezzo delle etichette (tag) a giudiziodelle imprese è ancoratroppo elevato.Servizio a pag. 4 Servizio a pag.6 Servizio a pag. 8INTESA EAN INTERNATIONAL/UCCL’Upc non è più un obbligoper chi esporta negli UsaF. Passerini, numero unodelle IT di Procter&GambleEcr, «che va nella direzione della progressivaintegrazione del sistema di codifica internazionale».La trasformazione ha richiestoun forte impegno all’Uniform Code Council(che gestisce la standard di codifica Upcnegli Stati Uniti e in Canada). Otto anni fa,l’ente ha varato una capillare campagna diinformazione presso tutte le aziende associate,con l’obiettivo di catalizzare i lavori dipreparazione al cambiamento. «Ne è scaturitaun’intensa attività», spiega Bolchini, «indispensabileper adeguare i lettori ottici, i registratoridi cassa, i software e i database».Una volta preparato il terreno per la conversione,si è potuto procedere all’adozionedella codifica Ean.CONTROCORRENTESulla telefoniailgarantenonsbagliadi Jim Read*Con l’avvento diInternet e l’affermarsidella societàdella comunicazione,caratterizzatadalla massificazione dei cellullari,dalla nascita dellabanda larga e dallo sviluppodelle interconnessioni di sistema,la telefonia è diventatala nuova rendita. E i proprietaridella rete i grandi rentierdella società post fordista.Una rendita che ha sostituitoin parte quella della terrae più di recente quella del commercio.Le grandi privatizzazioni,almeno per il momento,non hanno scalfito questanuova forma di rendita di posizione,hanno soltanto trasferitoquesta rendita dalpubblico al privato.Le liberalizzazioni dei mercatidovrebbero rompere questamoderna incrostazione,creando quanto meno unaconcorrenza che limiti il livellodella “rendita”, ma per il momentoi governi e le politicheeconomiche tendono a proteggeresettori come la telefonia,le ban->> segue a pag 3IN AGENDAPer informazioniwww.indicod-ecr.itPer creareun’impresa inCanada ci voglionodue giorni. NegliUsa quattro. InItalia sessantadue...Il declino relativodella nostra economiaAlberto Alesina, economista e professore di economia alla Harvard UniversityLe previsioni di crescita per i prossimi due anni parlano di aumentodel pil pari all’1,9% per l’area euro, di circa il 4 per gliStati Uniti, e vedono l’Italia al di sotto della media dell’area euro.Se guardiamo a quanto accaduto dal 1990 ad oggi, l’Italia èsempre cresciuta più lentamente della media dell’area euro, chea sua volta si è sviluppata meno degli Stati Uniti. Sono pertanto15 anni che l’Italia si sviluppa ai valori più bassi europei. Èun dato preoccupante. E ci sono diverse ragioni. La prima è legataall’andamento di produttività e ore lavorate. Queste ultimesono scese in modo straordinario in Europa rispetto agli StatiUniti. Nei primi anni Settanta da noi si lavo-Nel periodo 1991-2004, un arco di quattordici anni,sufficientemente lungo, quindi, per fare considerazionisolide, in Italia il reddito disponibile si è sviluppatoa un tasso reale annuo dello 0,2% (al netto della variazionedel deflatore dei consumi interni). La crescitadei consumi interni è stata dell’1,4%. Su questa basesi può escludere il concetto di crisi dei consumi: casomai si dirà, più correttamente, crisi dei redditi. Nell’arcodi tempo considerato è stata soprattutto la ricchezzaa sostenere i consumi, essendosi sviluppata a un tassoreale dell’1,9% per anno, se per ricchezza consideriamoquella costituita da immobili, beni du-N° 50 • gennaio-febbraio 2005 • Poste Italiane Spa • Spedizione in Abbonamento Postale • D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n.46) art.1, comma 2, DCB Milano4 521 063di Mariano BellaLEGGERE I NUMERICrisi dei consumi o dei redditi?>> segue a pag 15 >> segue a pag 3


T2NewsINTERVISTA ■ GIANFRANCO VIRGINIO, PRESIDENTE INDICOD-ECRAbbiamo un RUOLOda RAFFORZAREL’Istituto vara corsi di formazione, nuove iniziativea sostegno dell’efficienza delle imprese e avviala valorizzazione dei progetti Ecr.Senza perdere di vistala sua attività di raccordotra industria e tradeIl Comitato di Presidenza Indicod-EcrGiovanni Cobolli Gigli Amministratore delegato La RinascenteRiccardo FrancioniProcuratore generale SelexAndrea Francesco MartinelliConsigliere MetroVincenzo TassinariPresidente Coop ItaliaGianfranco VirginioVice presidente FiniperFilippo MeroniAmministratore delegato Johnson WaxVincenzo MiceliAmministratore delegato Nestlé ItalianaAldo SutterAmministratore delegato Gruppo SutterVito VarvaroAmministratore delegato Procter & GambleMassimo von Wunster Amministratore delegato Heineken ItaliaInvitati permanentiLuigi BordoniDirettore IbcVittorio ZeccaDirettore Adm☛«Da un anno i beni di consumo hanno unruolo deflativo, eppure le vendite flettono.Per forza, le famiglie stanno ridefinendo le loro modalitàdi spesa per far quadrare bilanci colpiti pesantementedalla crescita dei costi obbligati: dall’energia al contocorrente bancario, dalle assicurazioni alla sanità. Nel 2005dovranno fare i conti con 2 miliardi di euro in nuove imposteaddizionali. Dal primo gennaio i pedaggi autostradalisono cresciuti del 2,5%. Ogni giorno, sfogliando il giornale,ci si rende conto del fatto che la pressione sui redditis’è fatta pesante».Al primo anno di presidenza Gianfranco Virginio s’ètrovato a ridisegnare le strategie di Indicod-Ecr nel pienodella più pesante discontinuità che dal dopoguerraad oggi ha colpito il settore del largo consumo. «Una crisiche molti osservatori cominciano a considerare strutturale»,puntualizza Virginio, «e che per essere affrontatarichiede uno sforzo importante nel campo dell’efficienzae dell’efficacia da parte di tutte le imprese industrialie distributive».Manager dal taglio fortemente operativo, con un passatoin Barilla, Rinascente e Standa, Virginio, 66 anni,oggi vicepresidente del gruppo Finiper, s’è subito datoda fare. Ha reclutato un manager di lungo corso, AlvaroFusetti, per vent’anni numero uno della Nielsen in Europae gli ha affidato la direzione generale dell’associazione.In quattro mesi, lavorando fianco a fianco, hanno definitoil piano strategico 2005-2007 dell’Istituto e ridisegnatol’organizzazione interna. «Volevamo rafforzareil ruolo dell’Istituto e focalizzare i nostri sforzi propriosu attività capaci di migliorare l’efficienza e l’efficaciaoperativa delle imprese», sottolinea Virginio. Quindivia libera a programmi per favorire l’adozione dei prodottiEan-Ucc da parte delle imprese (dall’Edi alla tracciabilità),al coinvolgimento in appositi forum dei fornitoridi tecnologie, ai corsi di formazione, ad attivitàdi studio che consentano di cogliere in anticipo i cambiamentiin atto nel mercato e quindi di mettere a puntole migliori soluzioni per aiutare le imprese ad affrontarli.Virginio ha poi dato vita a un comitato di presidenza,che periodicamente si riunisce per verificare l’agendadell’Istituto.Presidente, nell’arco di un anno ha ridisegnato Indicod-Ecr.Che bilancio fa del lavoro svolto?«Non è stato un anno facile. Indicod-Ecr, l’entità scaturitadalla fusione tra Indicod ed Ecr Italia, era una realtàtutta da costruire. Dovevamo integrare le due associazioni,mettere a regime la struttura, ridefinire gli incarichiaffidando ruoli al management che fossero coerenticon il piano strategico, lavorare per aumentare l’efficienzariducendo i costi. Credo che Alvaro Fusetti abbiafatto un ottimo lavoro: oggi la struttura dispone diuna serie di funzioni che sono indispensabili per garantireil raggiungimento degli obiettivi che ci siamo posti. Abbiamocreato due funzioni di staff (ufficio stampa/relazioniesterne e area studi e ricerche/rapporti con le Istituzioni)alle quali si aggiungono tre aree di linea (gestioneassociati-sviluppo nuovi settori, raccordo tecnicoe formazione-nuovi progetti). Sono particolarmentefiero dello staff: i manager ai quali è stata affidatala direzione di ogni funzione sono in gamba e credo chegià da quest’anno cominceremo a vedere i primi risultatidella loro attività».Uno dei progetti di punta è la negoziazione efficiente.Cosa serve per farlo decollare?«Soprattutto la volontà delle imprese di lavorare sulmedio termine. Non possiamo più permetterci di sopravviverepensando al breve periodo».Il focus sulle attività basiche per migliorare l’efficienzae l’efficacia operative ridurrà il peso politicodell’associazione?


NewsT3Brumo Tabacci,presidente della Xcommisione Attivitàproduttive della camera«Il sistema associativodel largo consumo èpopolato da associazioniche svolgono egregiamenteil loro ruolo. Enoi non abbiamo nessunaintenzione di occupareterreni che non sono i nostri.Tuttavia credo che Indicod-Ecrsi sia guadagnatosul campo, per quanto fatto in passato soprattuttoin sede Indicod, un posizionamento specifico eoriginale: è un tavolo di raccordo al quale l’industria ela moderna distribuzione possono sedere per metterea fuoco problematiche, ricercare soluzioni condivise, coinvolgerele Istituzioni».Quest’anno ha incontrato Antonio Marzano, ministroper le Attività produttive; Mario Valducci, sottosegretarioal Commercio; Bruno Tabacci, presidentedella X commissione Attività produttive della Camera;Pierluigi Bersani, responsabile economico deiDs. Che opinione si è fatto dei nostri politici?«Solo recentemente il mondo politico e le istituzionihanno preso coscienza del ruolo fondamentale chele aziende industriali e la distribuzione moderna giocanonel sistema economico e nella società italiana. Sonocerto del fatto che ci sia la volontà di intervenireper favorire lo sviluppo del settore e ridare fiato ai consumi,ma ho l’impressione che, sul piano realizzativo,ci sia una forte carenza di strumenti e mezzi».Ma l’anno prossimo, secondo il Centro Studi diConfindustria, i consumi dovrebbero riprendere…L’inflazione CHE VERRÁIl 2004 si è chiuso con un andamento dei prezzi dei prodottidi largo consumo fortemente in discesa, nonostante trendben diversi si siano riscontrati per quelle voci di costo che tantoincidono sui conti di produttori e distributori, come la benzina,il gasolio, l’energia elettrica.Ma nel 2005? Basterà l’euro forte a neutralizzare il caro petrolio?E i prezzi crescenti dei settori protetti e non liberalizzatidreneranno ancora risorse a scapito dei consumi? Le rispostesono in dirittura d’arrivo. Nel frattempo registriamo chei guru della finanza, per il 2005, sconsigliano investimenti nelsettore del largo consumo.Beni energetici vs beni di largo consumo(Variazione prezzi-Istat)76543210-1-2gennaio 03Beni energeticigennaio 04novembre 04Beni di largo consumo«Tra un anno vedremo sehanno ragione. Io lo spero,per tutto il nostro sistemad’imprese. Ma hoqualche perplessità. Le cosepotrebbero cambiarerealmente se fosse varatoun piano nazionale per il rilanciodei consumi. So cheil ministro Marzano ci stapensando. Se ci saranno sviluppi, Indicod-Ecr è prontoa fare la sua parte».Secondo alcuni opinionisti la distribuzione e l’industrianegli anni scorsi hanno dormito sugli allori.A parte poche eccezioni, quasi tutte le insegne hannoposizionamenti simili, è mancata la gestione dellamulticanalità, si è fatta molta teoria di marketinge poca pratica. E anche l’industria non è esente dacolpe. Condivide questa analisi?«Senza dubbio in passato la distribuzione non ha fattoquanto doveva per arrivare prima a una ridefinizionedelle norme sul commercio. E oggi paga lo scotto aprendo,in un periodo di crisi dei consumi senza precedenti,punti di vendita che sono stati progettati e varati diecianni fa, quando le priorità erano soprattutto lo sviluppo,il presidio del territorio. L’industria, dal canto suo,si è impegnata per circa 10 anni in attività di re-engineeringimportanti, che però hanno sottratto attenzioneall’innovazione di prodotto. Non a caso, oggi il mercatosente la mancanza di prodotti market maker e nonc’è da stupirsi se la private label guadagna posizioni conpiù rapidità rispetto al passato».In questa fase di crisi, però, la volontà di collaborazionetra industria e distribuzioneè notevolmentecresciuta. Anchei manager più coriacei diconoche bisogna spingerein questa direzione.«Per forza: oggi non cisono alternative. Dobbiamocostruire congiuntamentevalore per ilconsumatore se vogliamodare allo shopping contenutitali da convincereAntonio Marzano,ministro alle AttivitàproduttivePier Luigi Bersaniresponsabile economicoDemocratici di Sinistrail consumatore a spendere i suoi soldi in prodotti di largoconsumo. Il fatto che le aspettative dei top managerindustriali e distributivi sul progetto per la contrattazioneefficiente siano altissime è un chiaro segnale delcambiamento di cui è protagonista la filiera. Un altro èla volontà da parte delle imprese aderenti ad Ecr di consentirela diffusione a tutte le 30 mila imprese associate,di alcune delle best practices relative alla supply chainmesse a punto negli anni scorsi da Ecr Italia.Nel corso del 2005 lavoreremo in questa direzione,con una capillare attività di formazione in tutta Italia.L’80% delle imprese associate chiede di conoscere megliole soluzioni Ean-Ucc, vuole informazioni sulla radiofrequenza,sull’Edi, sulla tracciabilità, sull’evoluzionein atto nella filiera. La crisi dei consumi ha determinatouna maturazione di cui negli anni scorsi, quandole cose filavano lisce, nessuno sentiva il bisogno».>> segue da pag 1CONTROCORRENTESulla telefonia il Garante non sbagliache, le assicurazioni, a scapito di altri settori industrialiassolutamente scoperti e indifesi. In questo senso lagrande marca è la più esposta ai venti aggressivi dellaconcorrenza internazionale, mentre, come mostrano,ad esempio, le politiche di Bankitalia, gli istituti dicredito italiani sono assolutamente protetti dalla concorrenzainternazionale.I primi a intuire questo fenomeno che caratterizza lasocietà della comunicazione furono i pionieri di Internet.Quando l’accesso alla rete appariva gratuito e il pianetaInternet sembrava appartenere a un universo libero,i teorici della nuova frontiera web sostenevanoche la gratuità non c’è mai stata in Internet perché chiunquevolesse entrarci, poteva magari accedere gratuitamenteai contenuti forniti dalla rete ma doveva pagarela bolletta telefonica, sinonimo moderno renditadi posizione che viene dal controllo di un'altra rete, quellatelefonica.Non è un caso che la battaglia per “l’ultimo miglio”sia ancora in corso. Chi controlla le grandi reti accettamal volentieri la liberalizzazione: in Italia, ad esempio,con la presenza di Telecom Italia, fa fatica ad affermarsila concorrenza nella telefonia fissa. E anchela telefonia mobile si limita a due grandi operatori chedetengono una sorta di oligopolio. Da questo puntodi vista le recenti osservazioni dell’antitrust, presiedutoda Giuseppe Tesauro, sono istruttive a propositodel ruolo frenante di Telecom Italia in materia diliberalizzazione dei mercati.Come ha mostrato un recente studio di Prometeia, questastruttura bipolare dell’industria italiana, divisa traalcuni settori protetti e altri esposti totalmente alla concorrenza,si ripercuote anche sulla struttura dei prezzi,creando squilibri che hanno poi un effetto a catenasullo sviluppo o meno di alcuni settori.* Jim Read è lo pseudonimo di un noto giornalista economico italiano1 0 >> segue da pag 1 Crisi dei consumi ...4 5263revoli e attività finanziarie. Allora possiamo meglioqualificare l’idea di vitalità, di capacità di reazionedei consumatori: una capacità equilibrata, che determinal’evoluzione del consumo mediando tra lascarsa dinamica del reddito e la vivacità del processodi accumulazione. Se qualche segnale di rallentamentoc’è stato nell’ultimo triennio, esso è dovutosia alla ridotta dinamica della ricchezza pensionisticasia al minore rendimento reale dello stock diattività (rendimenti obbligazionari negativi, stagnazionedei mercati azionari ecc). In questo contesto, la riduzionedella pressione fiscale per il 2005 potrebbeavere qualche effetto positivo proprio sui consumi.Se pensiamo a un’elasticità della spesa al redditocorrente di 0,35, un beneficio complessivo di5,5 miliardi di euro potrebbe tradursi in un incrementoaggiuntivo dei consumi reali di circauno/due decimi di punto percentuale, per arrivarea tre decimi nel 2006. Sempre che non si amplifichinole crepe che si stanno aprendo nelle aspettativeda parte delle famiglie consumatrici.


T4NewsPRIORITÀ PER COMPETERE I ■ I TREND DI CONSUMO NEL 2005I carrelli sono pieni...di PERPLESSITÀBeni durevoli, tempo libero e cultura registreranno incrementi importanti. Stime pocoincoraggianti, al contrario, caratterizzano il settore alimentare: solo i prodottiinnovativi, certificati, tipici e surgelati daranno prova di buona dinamicità☛Indecisione, insicurezza e insoddisfazione:tre parole chiave caratterizzano, in sintesi,l’approccio del consumatore italiano verso gli acquisti.Angelo Tantazzi, presidente di Prometeia, e GiuseppeMinoia, presidente di Eurisko, hanno disegnato(il primo a livello macro e settoriale, il secondo inun contesto stilistico e comportamentale) un ritrattodel consumatore italiano diviso tra rincorsa al benesseree recessione, tra risparmio e specializzazionecrescente degli acquisti, tra desiderio di autorealizzazionee impedimenti istituzionali ed esterni.Partiamo dai dati. Aumenta il tasso d’indebitamento,attualmente tra il 35% e il 37%. Gli italiani chiedonosempre più mutui immobiliari e prestiti per acquistodi prodotti e servizi. Il primo fenomeno riflette la crescenteesigenza di investimenti sicuri come reazionealla generale instabilità economica e finanziaria:il mattone ispira più fiducia di titoli e azioni. L’indebitamentoa breve è invece sintomo di un calo realenella disponibilità di spesa, dovuto alle più svariateragioni: disoccupazione, precarietà, perdita di potered’acquisto, erosione del risparmio.Ma come andranno i consumi nel 2005? Prometeiaprevede un lieve incremento, ma l’indice (1,6%)rimarrà al di sotto del prodotto interno lordo (1,7%).Se guardiamo invece, alle stime elaborate per il Natale2004 scopriamo che il 77,1%delle famiglie italiane ha fatto unregalo. Questa media si abbassanotevolmente al Sud(71,4%). Per quanto riguardagli orientamenti di spesa, sinota la rivalutazione dell’abbigliamento:il 43%Giuseppe Minoia,presidente Euriskodel campione, nella ricerca prenatalizia,dichiarava di voler acquistare indumentio accessori per sé o per gli altri;il 19% bricolage.Il successo dei libri, terza voce conil 15%, confermava un fenomeno ormaiassodato: quando i consumi ristagnano,la cultura resta uno dei settoripiù vivaci. Tenevano bene anche i giocattoli( il 12% delle scelte di acquisto).L’elettronica era indietro con l’8%.Altro dato che conferma un sensibilecalo nella disponibilità di spesa èquello relativo ai viaggi. Quasi il 12%degli italiani diceva di rinunciare nel2004 alle vacanze natalizie. In altre parole,tra coloro che hanno fatto un viaggionel Natale 2003 e quelli che nonsono rimasti a casa nel 2004, spiccauna differenza negativa del 5,3%.Torniamo al 2005. Beni durevoli, tempolibero e cultura: questi i due settoridai quali, secondo Prometeia, si attendonoi maggiori incrementi dei consumi.Cd e Dvd, elettrodomestici bruni,fotografia e telefonia, sono i prodottiche cresceranno di più in terminidi consumi reali, con incrementi adue cifre che vanno dal 50,1% dei supporti fonograficiall’11,3% e 11,2% di fotografia e telecomunicazioni.Gli alimentari tradizionali fanno parte delle categoriecon segno negativo, a differenza dei prodottidi alta qualità e di elevato valore aggiunto (alimenticome olio d’oliva e prodotti tipici, certificati, quartagamma e surgelati, saranno fra quelli più dinamicinel 2005). I servizi d’intrattenimento, socialie per la persona registreranno un’impennatapositiva (3,1%), uscendo dall’areadel meno nella quale sono rimastinel periodo 2002-2004.Ma quando si parla di consumi, il portafoglioha un valore relativo. Attese,paure, frustrazioni e situazioni esistenzialimodificano il barometro degli acquisti.Stili di vita, stati d’animo e orientamenticulturali possono infatticambiare le scelte degli acquirentiin modo non meno profondodi fattori più estrinseci come redditodisponibile, sicurezza economica,risparmio. Ha ragione GiuseppeMinoia: «Stanno mutando le prioritàdei desideri e dei bisogni, ed esistonoinsoddisfazioni che non dipendonosolo dai prezzi dei beni diprima necessità».L’indice dell’umore punta stabilmenteverso il basso da molti mesi.Le valutazioni più critiche investonola situazione politica e socialee il futuro del Paese. Sfiducia versol’esterno e necessario ripiegamentonel privato rappresentano, secondoMinoia, le ragioni fondamentalisu cui poggia qualunque valutazioneprospettica sui consumi.Una delle caratteristiche psicologichee culturali più importanti siriassume nell’efficace antitesi tra felicitàprivata e infelicità pubblica.La rivalutazione del privato nonesclude il desiderio di uscire, ma il“fuori” rischia di diventare un nonluogo, e questa percezione si riflettenegativamente sugli acquisti. «Se si escludono ragazzie giovani, l’esterno è associato a spostamenti stressanti»,ha ricordato Minoia, «e ciò contribuisce a fardiminuire il piacere nella visione, nella scoperta edeventualmente negli acquisti». La città accoglie poco:scarseggiano luoghi d’incontro e di cultura, asilinido, spazi per gli anziani. «Manca un’articolazionedei punti di vendita come aree di apprendimentoe divertimento. Non deve perciò stupire la perdita dipiacere negli acquisti di beni primari e voluttuari. Iprodotti emozionano poco, la pubblicità è un genereseparato, e solo telecomunicazioni e prodotti di intrattenimentosuscitano davvero la voglia di far partedi qualcosa».In questo processo di graduale svuotamento dell’esperienzadi acquisto, il prezzo è il primo imputato,ma non solo e non tanto per il carovita. «Il prezzo»ha precisato Minoia, «non parla o parla troppo po-«Stanno mutandole prioritàdei desiderie dei bisogni.Ed esistonoinsoddisfazioniche nondipendono solodal prezzodei beni di primanecessità»


I CONSUMI DELLE FAMIGLIE1998-2003 2004 2005CONSUMI TOTALI 1,4 1,4 1,6Alimentari 0,7 0,1 0,6Altri non durevoli 0,9 0,7 1,6Durevoli 2,0 4,9 4,0Servizi 2,0 0,8 1,6Servizi tipici 2,6 0,9 2,1Arte della tavola 1,4 0,1 1,0Ambiente domestico 1,3 2,2 1,9Cura del sè 0,6 0,7 1,9Mobilità familiare 0,4 0,9 2,0Tempo libero,cultura e relazioni3,5 1,9 3,1(var. in %)Fonte: P rometeiaNewsT52005: LE PRIME E LE ULTIMECATEGORIE DI SPESACd/DvdElettrodomestici bruniFotografiaTelefoni e equip. telefoniciYogurtServizi telef. telegrafi e telefaxPesce surgelatoMotoCONSUMI TOTALI50,117,711,311,25,24,93,93,61,6Carne frescaTessile casa0,40,0BurroPane frescoVinoBirra-0,1-0,2-0,3-1,0Confetture -2,1Audio videocassette -7,0 (var. in % deiconsumi reali)Le previsioni sul Natale 2004 illustrate dal professorTantazzi durante il convegno "Priorità per competere",svoltosi a Milano il 22 novembre, non sono statesmentite dai fatti. Il periodo è stato in sintonia conil trend non esaltante che ha caratterizzato lo scorsoanno. Sarebbe però un errore fare di tutta l'erbaun fascio: ci sono settori dove innovazione di prodotto,contenuto di servizio, attività di marketing ben congeniatee partenership tra distributori e fornitori fannosentire il loro peso, orientando favorevolmente levendite. La tabella che proponiamo mostra chiaramentela situazione. Le prime otto categorie sulle quali gliitaliani orienteranno i consumi nel 2005 sono l'elettronicadi consumo, gli elettrodomestici, ma anche ilsurgelato e un prodotto salutistico (lo yogurt) in fortesintonia con le tendenze che contraddistinguonoil consumatore italiano. Nelle ultime otto categoriedi spesa, al contrario, troviamo prodotti rispetto ai qualile aspettative del consumatore non sembrano esserestate soddisfatte in modo compiuto (anche se neisettori elencati non mancano casi di aziende in controtendenza,che agendo con forza sulle leve del marketingmix stanno sostenendo sell in e sell out)Fonte: P rometeiaNUMERI UNO Da sinistra: Giovanni Cobolli Gigli (amministratore delegato Gruppo Rinascente), FedeleConfalonieri (presidente Mediaset) e Vincenzo Miceli (amministratore delegato Nestlè Italia).Sono stati i protagonisti della tavola rotonda sui consumi seguita alle relazioni di base di AngeloTantazzi (presidente Prometeia) e Giuseppe Minoia (presidente Eurisko)var. % dei consumi reali 2005co. Comunica solo nelle promozioni, colrischio di creare confusione sui valori dimarca e non spiega come si è formatoe come si articola, deludendo, così, l’attesadi prezzi trasparenti».Gli acquirenti pretendono comodità,tempi abbreviati, accoglienza da parte dellecittà e dei quartieri. «Punti di venditae supermercati di vicinato rischianodi perdersi nella “non città”. Occorre creareun sistema tra impresa e distribuzionee gestione pubblica della città e deiservizi».Marca e innovazione come difesa dei consumi. Agiudicare dagli interventi nella tavola rotonda, successivialle presentazioni di Minoia e Tantazzi, le aziendenon temono solo il calo dei consumi, il focus infatti,è andare sugli oneri fiscali che incidono su costie margini. «Più che la riforma delle aliquote Irpefdal governo ci saremmo aspettati un intervento sull’Irap»ha detto Giovanni Cobolli Gigli, presidente Faide amministratore delegato di Gruppo Rinascente. Stimolatoda Alan Friedman, coordinatore del dibattito,Cobolli Gigli è riuscito a dare un’indicazione unpo’ più pertinente al tema dei consumi: «la crescitaSTORIA E PROSPETTIVE DI ALCUNI MERCATI4.5•Consumer electronics4.0(durevoli e supporti)3.5•Servizi (d’intrattenimento, sociali ecc)•Tlc (durevoli e servizi)3.0•Food (time saving e salutistici, surgelati,2.5•Viaggi e mobilità piatti pronti, olio d’oliva, yogurt)2.0•Mobili•Durevoli tradizionali per la casa1.5•AbbigliamentoCONSUMITOTALI1.0•Ortofrutta•Altro food (tonno, gelati)0.5 •Quotidiani e riviste0.0•Food tradizionale-0.5v.m.a. % dei consumi reali (2002-2004)-1.0-2.0 -1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 4.5 5.0Angelo Tantazzi,presidente PrometeiaFonte: P rometeiadel Gruppo Rinascente si può definiresoddisfacente, soprattutto nelle formulespecializzate come i grandi magazziniLa Rinascente che crescono aun ritmo del 7% a parità di rete». Relativoottimismo anche sul volto di VincenzoMiceli, presidente di Nestlé Italia:«Noi cresciamo, a seconda dei prodotti,dal 4% al 10%. Il settore alimentareè più esposto alla concorrenza,ma mai come oggi innovazione e qualitàvalorizzano le marche leader». FedeleConfalonieri, presidente Mediaset,ha definito il 2004 anno “straordinario”: un incrementodel fatturato pari al 9% autorizza il ricorsoagli aggettivi iperbolici. Gruppo Rinascente, Nestlée Mediaset, però, non rappresentano la media delleaziende italiane, che devono vedersela con ben altrifatturati e ben diversi problemi. Per esempio, l’euroforte. «Noi siamo fortunati» ha commentato CobolliGigli, «il dollaro debole rispetto alla divisa europeaci avvantaggia, soprattutto nel settore non alimentarecaratterizzato da forti acquisti dai Paesi dell’Est».Segnali positivi, ma in uno scenario complessivamentenon esaltante.


T6NewsPRIORITÀ PER COMPETERE II ■ RECEPIRE IL REGOLAMENTO 178/2002Saranno 20 Italieanche per la tracciabilità?Era inevitabile che al convegno Indicod-Ecr del 22 novembre 2004 il tema fosse affrontato.All’ordine del giorno gli effetti del federalismo sulle competenze in materia sanitaria, ma anchela confusione tra certificazioni di filiera e rintracciabilità presente tra gli addetti ai lavori☛Il quadro è più complesso di quel che potrebbesembrare. Da una parte il regolamento178/2002, che dal gennaio 2005 impone la tracciabilitàalimentare in tutti i Paesi dell’Unione. Dall’altra l’esigenzaper le imprese di adottare i criteri migliori, i piùsemplici, efficaci ed economici, per adempiere in modoadeguato alle prescrizioni (in merito si veda lo specialepubblicato sul numero 48 di Tendenze e le informazionidisponibili sul sito www.indicod-ecr.it).Tra le due, il trasferimento delle competenze in materiasanitaria (comprese quelle inerenti la tracciabilità)alle regioni: una fonte di complessità non indifferente.Alcune scuole di pensiero, infatti, non escludono ilprofilarsi di ben venti “Italie” della tracciabilità. E a sostegnodella loro tesi fanno riferimento ai diversi riscontriche hanno avuto i primi controlli delle Asl sul rispettodel 178 da parte delle aziende. Fonti ufficiose, infatti,rilevano che le posizioni assunte rispetto a una stessafattispecie, spesso sono state tra loro eterogenee.«In Italia il regolamento Ue è stato oggetto di molteplicie contrastanti interpretazioni», ha spiegato PaoloDe Castro, ordinario di economia e politiche agricoleall’università di Bologna, nella sua relazione al convegnoIndicod-Ecr del 22 novembre 2004. «C’è chi ritienesufficiente conservare i registri fornitori e clienti;e chi ribadisce la necessità di soluzioni più articolate.Questo perché l’impianto della normativa alimentareeuropea si regge sul concetto di responsabilità primariadell’operatore. In pratica, il rispetto dei vincoli regolamentariè misurato non in funzione delle procedureadottate, ma del risultato finale raggiunto».È quasi una rivoluzione copernicana per un sistemacome quello italiano, dove finora i«La tracciabilitànon costituisceuna garanziaassoluta di qualità.È invece uncontributoindispensabileper la maggiorefficienza dellafiliera e perla sicurezzadel consumatore»controlli preventivi svolti dalle autoritàsono stati la norma! Si aprecosì un ampio margine di discrezionalitàper il controllore, che inmancanza di criteri quadro di riferimentopuò assumere posizioni moltodiversificate, da regione a regione,rispetto a una stessa problematica.Le linee guida per la tracciabilitàalimentare elaborate da Indicod-Ecracquistano dunque ulteriore valore.Sono state elaborate congiuntamentedall’industria e dalla distribuzione,ponendo la massima attenzionesui temi dell’efficienza e delcontenimento dei costi. «Il problemadella tracciabilità è una questionedi filiera», ha sottolineato GiandomenicoAuricchio, presidente della Giunta AgroalimentareIndicod-Ecr, durante il suo intervento, auspicando cheIndicod-Ecr, nei primi mesi del 2005, in concomitanzacon l’applicazione del regolamento 178, effettui un monitoraggiodell’evoluzione dell’applicazione della normativa,per registrare difformità di comportamento daparte dei controllori che possano «determinare eterogeneitàcapaci di alterare la capacità competitiva delleimprese». Nel corso dell’evento, i protagonisti del dibattitohanno focalizzato l’attenzioneanche sull’esigenza di sgombrare ilcampo a proposito delle differenzepresenti tra tracciabilità e garanziequalitative degli alimenti.Mario Lenzi, esponente dellaGiunta di Confagricoltura, ha ribaditoche spesso, anche tra gli addettiai lavori, la confusione è elevata. «Latracciabilità non costituisce una garanziaassoluta di qualità», ha spiegatoLenzi, «è invece un contributoindispensabile per la maggior efficienzadella filiera e per la sicurezzadel consumatore».L’adozione del regolamento europeo,per Giandomenico Auricchio,«farà sicuramente compiere al sistemaun passo in avanti sul piano delle garanziedi sicurezza degli alimenti, ma bisogna ricordareche i sistemi di tracciabilità coinvolgono prevalentementeil versante gestionale e logistico della catena,mentre il mantenimento della qualità richiede investimentidiversi, mirati alla materia prima ed ai control-


NewsT7NUMERI CHIAVE Giandomenico Auricchio, presidentedella Giunta Agroalimentare Indicod-Ecr.Al convegno del 22 novembre 2004 ha ricordatoche il 22% dei 700 mila addetti totali impegnatinell’industria alimentare lavora in attività di sicurezzae controllo degli alimentiAMPIE POSSIBILITÀ Paolo De Castro, già ministro allePolitiche agricole, ordinario di economia e politicheagricole all’università di Bologna. A suo parere «ilregolamento Ue 178/2002 lascia ampia discrezionalitàdi interpretazione: dalla mera tenuta dei libri contabiliall’adozione di soluzioni complesse»RIGORE Vincenzo Tassinari (a sinistra) vicepresidente Indicod Ecr e numero uno di Coop Italia eMario Lenzi (a destra) esponente della Giunta di Confagricoltura, sono stati concordi nell’affermareche «il regolamento 178/2002 non è una certificazione di qualità, ma un contributo indispensabileper la maggior efficienza della filiera e per la sicurezza del consumatore». Positive le valutazionisul ruolo giocato in questi anni dalla Giunta agroalimentare Indicod-EcrCOSA FRENAL’IMPLEMENTAZIONE?SCARSO RACCORDO DEGLI OPERATORIÈ soprattutto la distribuzione a segnalare questa criticità,che registra il peso maggiore tra tutte quelle registrate da NomismaCOMPLESSITÁ DEL PROCESSO PRODUTTIVOLa difficoltà è sentita soprattutto dall’industria, ma anche tra i distributoriil problema è particolarmente presenteSISTEMI DI CONTROLLOLa carenza di sistemi di controllo è segnalata in modo abbastanza omogeneoda parte delle aziende del largo consumo associate a Indicod-EcrIDENTIFICAZIONE DELLE UNITÁ IN ENTRATA/USCITAÈ soprattutto l’industria a focalizzarsi sul problema, che sembraessere meno rilevante per la moderna distribuzioneTRATTAMENTO AUTOMATICO DELLE INFORMAZIONIAnche in questo caso è soprattutto l’industria a considerareil tema critico. Il 27% dei distributori rappresenta il datostatistico più contenuto registrato da Nomisma durante l’indagineli». Pochi sanno, per esempio, che il 22% dei 700 milaaddetti totali impegnati nell’industria alimentare lavorain attività di sicurezza e controllo degli alimenti,alle quali l’industria destina l’1,7% del fatturato totale».È frequente, e non solo fra i non addetti ai lavori,anche la confusione tra certificazione di filiera e sistemadi rintracciabilità. I due processi possono sovrapporsie integrarsi, ma l’uno non è il gemello dell’altro. La rintracciabilitàdi filiera rappresenta una garanzia ben superiorerispetto a quanto prescrive genericamente il178/2002. È perciò improprio parlare di “rintracciabilitàdi filiera” nel caso un’azienda abbia adempiuto esclusivamenteai dettami del regolamento comunitario.È importante precisare questi concetti, perché la presenzadi validi sistemi di tracciabilità rappresenta senzadubbio una leva di marketing. È giusto comunicareai consumatori i vantaggi impliciti in un processoche garantisce la sicurezza dei prodotti, ma è scorrettofar passare quel processo come garanzia assoluta diqualità. La necessità di tracciare anche le commoditiese nello specifico tutte le materie prime, i semilavoratie i freschi non trasformati è un problema complessoche, in alcuni casi, potrebbe risolversi facilmente,se determinati comparti, come quello ortofrutticolo, nonfossero polverizzati e disorganizzati.«Le catene distributive più importanti garantisconogià sull’etichetta la provenienza estera della frutta,ma chi certifica che quella frutta sia buona? Noncerto il 178/2002. Il problema delle materie prime edelle commodities rimane ancora irrisolto», ha dettoVincenzo Tassinari, vice presidente Indicod-Ecr e presidenteCoop Italia. «Ma si può star certi che ai nostri5 milioni e passa di soci consumatori non venderemopomodori di Pechino, ma pomodori di Pachino».Le difficoltà operative incontrate dalle impresenell’adozione di sistemi di rintracciabilità (in %)INDUSTRIADISTRIBUZIONE62,4 83,352,3 45,043,6 45,049,9 33,346,0 27,8Fonte: Nomisma 2003


T8NewsPRIORITÀ PER COMPETERE III ■ LA LUNGA MARCIA DELL’RFIDI tag sono troppo costosiLe imprese prendono tempoMentre Wal-Mart macina una dopo l’altra le tappe del suo piano di sperimentazionedella radiofrequenza, in Europa regna la prudenza. La validità della tecnologiaè fuori discussione, ma il prezzo delle etichette è ritenuto ancora troppo elevato☛L’11 giugno 2003 Wal-Mart ha annunciatoun ambiziosissimo piano di sperimentazionedella radiofrequenza. Dopo aver studiato dodicianni questa tecnologia, ha chiesto ai suoi 100 principalifornitori di prepararsi a utilizzare le nuove etichettesu prodotti e contenitori spediti ai propri centri di distribuzione:tutto questo a partire dal gennaio 2005.Altri 32 fornitori si sono aggiunti volontariamentealla lista. A fine aprile 2004 otto aziende avevano avviatotest in alcuni Supercenter e in un centro di distribuzioneregionale a Dallas/Fort Worth. Otto aziendetutti giganti del largo consumo. Fra essi figura ancheun colosso dell’informatica. 21 i prodotti identificatinella fase iniziale fra gli <strong>oltre</strong> 100.000 trattati inun Supercenter.Attraverso lettori Rfid posizionati presso le porte d’ingressonel centro distributivo texano di Sanger, Wal-Mart e i fornitori tracciano tempi e modalità di consegnadelle unità etichettate. Con la nuova tecnologiail processo di tracciatura di prodotti o insiemi codificaticome lotti o pallet guadagnerà in efficienza e precisione.Wal-Mart vuole ottenere il 100% di risultatoutile nell’identificazione di tutto ciò che entra o si muoveall’interno delle aree di ricevimento e smistamento.I risparmi previsti a regime sono spaventosi: 8,4 miliardidi dollari l’anno così divisi: 6,7 miliardi dal tagliodi personale alle casse; 600 milioni dalla riduzione dellerotture di stock; 575 milioni dalla diminuzione deifurti da parte dei dipendenti (grazie alla migliore localizzazionee individuazione dei prodotti); 300 milionigrazie a un più efficiente tracking dei prodotti lungola catena di distribuzione; 180 milioni da una migliorevisibilità dei prodotti all’interno di magazzinie punti di vendita.Wal-Mart prevede di coprire 6 centri distributivie 250 unità al dettaglio entro giugno 2005. In ottobreil bilancio salirà rispettivamente a 13 e 600, sela tabella di marcia verrà rispettata. Nel 2009 l’Rfidsarà attivo in tutta la catena distributiva di Wal-Mart.Questa case study è stata proposta da Ernesto Hofmann,docente di Economia e gestione delle impreseinternazionali all’università Cattolica di Milano, nellarelazione di base dedicata all’ Rfid presentata il 22novembre 2004 al convegno Indicod-Ecr “Priorità percompetere”.ADEGUAMENTO•Requisiti minimi•Sostituire codice a barre per applicazioniesistenti•Migliorare la precisione e ridurre errori perapplicazioni esistentiOTTIMIZZAZIONE•Incrementare il throughput•Ridurre sovraccarichi•Abilitare warehouse management•Manufacturing/logistica•Abilitare decisioni in tempo reale•Fornire tracking merci-persone•Automatizzare velocità processi(per esempio: cross docking)OPPORTUNITÀ E BENEFICII livelli d’intervento per le impreseVerso l’internetdelle coseErnesto Hofmann, docente di Economia e gestione delleimprese internazionali - Università Cattolica di MilanoAlcuni anni fa la maggior parte degli osservatori concordava sulfatto che dopo la grande diffusione del personal computer gli attoridell’evoluzione tecnologica sarebbero stati i telefoni cellularie i personal digital assistant. In realtà siamo oggi sulla soglia di un’eranella quale animali, piante e persino oggetti inanimati potrannointeragire via Internet. Tale “Internet delle cose” sembra confermarela ben nota legge di Metcalfe (uno dei progettisti di Ether-TRASFORMAZIONE•Trasformare modelli di business•Favorire nuove fonti di fatturato•Abilitare la collaborazione con clienti/fornitori•Mantenere memoria storica prodotti•Tracking dei beni attraverso la catena del valoresia interna sia esternaCOMPLESSITÁnet), secondo la quale l’utilità di una rete cresce come il quadratodei nodi interconnessi. E, in un futuro abbastanza prossimo,qualunque entità abbia valore sarà interconnessa conqualche altra entitàUna prima evidenza di questa straordinaria trasformazionesi avrà in tempi abbastanza brevi nell’ambito dell’industriae della distribuzione. Tutti hanno visto come funziona un codicea barre, almeno per aver comprato qualcosa in un supermercato.La cassiera fa passare i prodotti sopra una superficietrasparente, disposta accanto alla cassa, mentre un dispositivosottostante emette un raggio luminoso che viene più omeno riflesso dalle porzioni bianche e nere delle etichette postesui prodotti. Le etichette riportano un codice a barre identificativodello specifico prodotto.La cassa, a sua volta, è collegata a un computer che, rico-


Quale approccio?STRATEGICO• Come può l’Rfid migliorare la strategia?• Meglio essere leader o fast follower?• Quali partner possono essere “pilot”,quando e come?• Come operare in un mondo duale?E per quanto?FINANZIARIO• Qual è il Roi dell’ Rfid?• Quali specifiche applicazioni Rfid possonoessere utili?• Qual è un realistico modello di adozionedell’Rfid in uno specifico business?ORGANIZZATIVO• Quali sono le conseguenze del changemanagement?• Quali sono i rischi nell’installazionedell’Rfid?TECNOLOGICO• Quali sono i requisiti tecniciper l’installazione dell’Rfid?• Qual è l’architettura che meglio si adattaal proprio piano stratetgico?• Come può impattare sulle applicazioniesistenti l’installazione dell’Rfid?In Europa, e soprattutto in Italia, intanto si respiraun’atmosfera di prudenza e scetticismo. Nessuno mettein dubbio la validità della nuova tecnologia. Ciò chespaventa il mondo industriale e distributivo (più il primoche il secondo) è il costo delle singole etichette,direttamente proporzionale al volume di prodotti movimentato.Per un negozio di abbigliamento o un grandemagazzino ne può valere la pena. Ma per una multinazionaleche fattura 50 miliardi di dollari, se l’investimentorappresentasse il 2% (stima molto larga),saremmo sul miliardo di dollari, che non è poco.E poi chi paga l’investimento? La distribuzione? L’industria?O il cliente finale con gli aumenti di prezzo?Oggi il costo delle etichette oscilla tra 0,40 e 0,50euro. Perché la radiofrequenza diventi un investimentoappetibile questo valore dovrebbe ridursi a 0,02 europer etichetta. Gli esperti sostengono che i prezzi delletag sono destinati a scendere: una delle stime fissaa 0,06 euro la soglia minima raggiungibile nel mediotermine, se verranno superati i 5 miliardi di etichetteNewsT9STRATEGIA&TECNOLOGIA In alto, da sinistra: Mario Maiocchi,amministratore delegato di Metro Italia, e Massimo Bianchi,presidente di Deloitte Consulting. «Metro», ha spiegato Maiocchi,«ha in corso una sperimentazione della radiofrequenza nelpunto di vendita di Rheimberg in Germania». Bianchi si è soffermatosull’esigenza di utilizzare le nuove tecnologie in modocoerente con gli orientamenti strategici dell’azienda.Qui accanto: Filippo Passerini, numero uno mondiale delle ITProcter&Gamble. Per il manager, «è importante distinguere traetichettatura dei pallet e dei prodotti». La prima potrebbe concretizzarsianche entro un anno e mezzo, mentre la secondarichiederà almeno tre annivendute. Il tempo medio necessario per la diffusioneanche nei punti di vendita di questa tecnologia è statofissato in circa 5-6 anni.Sono stime ottimistiche. Ci vorrà più tempo. È quasicerto che lo sviluppo della radiofrequenza seguiràun passo da bersagliere solo in alcuni punti della catenalogistica, quelli compresi tra lo stabilimento industrialee i centri distributivi. «Bisogna innanzituttodistinguere tra l’etichettatura per pallet e quella per isingoli prodotti», ha ricordato Filippo Passerini, chiefinformation Officer & Global Business service Procter& Gamble. «Per il primo caso vedo maggiori possibilitàdi realizzare il progetto a pieno regime entro unanno e mezzo. Per la lettura dei singoli prodotti ci vorrannoinvece almeno altri tre anni». Le spese richiestesono comunque enormi, soprattutto per una multinazionalecome P&G. Passerini ha stimato l’investimentoin 1 milione di dollari solo per 6 prodotti.«Noi stiamo sperimentando la radiofrequenza nel magazzinodi Rheinberg con 20 fornitori a livello di pallet»,ha ricordato Mario Maiocchi, presidente di MetroItalia. «Nel 2005 prevediamo di estenderla alle unitàdi trasporto, ma per approfondire il dettaglio dell’applicazionedovremo valutare il costo complessivo dellatecnologia». Due importanti aspetti critici dovrannopoi essere presi in considerazione dalle imprese:salute e privacy. L’impatto ambientale legato alle emissionidelle etichette è limitato, ma è importante chesu questo tema sia fatta una capillare attività di informazione.«Dal punto di vista della salute si può osservareche le etichette generano campi elettromagneticialmeno tre ordini di grandezza inferiori rispettoa quelli utilizzati dai telefoni cellulari» si legge nellarelazione di Ernesto Hofmann.C’è poi il tema della riservatezza. L’Rfid è già usatain diversi settori dell’identificazione. In linea di massimale etichette non creano maggiori problemi delle cartedi credito. E la tecnologia non è nel complesso piùinvasiva delle videocamere. Ma le associazioni dei consumatorisono comunque sul piede di guerra.Le etichettea barre hannouna sostanzialelimitazione:devono esserelette conun processomanuale,,noscendo tutte le informazioni riportate dal codice a barre,può progressivamente fatturare sullo scontrino del cliente iprodotti da lui acquistati. Al tempo stesso, il computer, puòanche tenere traccia dei vari prodotti acquistati e ciò consentela gestione delle diverse giacenze di prodotto.Le etichette a barre, che pure sono in uso da molti anni,hanno però delle sostanziali limitazioni. Esse individuano unprodotto, ma non una specifica unità di quel prodotto, e devonodi volta in volta essere lette con un processo manuale,ossia non automatico, a ogni stazione della catena di distribuzione.Da molti anni esiste però un’altra tecnologia, basatasu micro-chip dotati di microantenne, denominati transponder,ovvero tag Rfid (Radio Frequency Identification) .I tag possono, in modo analogo ai codici a barre, essere postio inseriti in oggetti per essere successivamente letti o aggiornatida un sistema informativo senza intervento direttodi una persona. Oggi il costo di un singolo tag è ancora troppoelevato per consentirne un uso di massa, essendo nell’ordinedi alcune decine di centesimi di euro. Ma tale costo è destinatoa scendere progressivamente, e quindi a rendere questatecnologia del tutto competitiva con quella dei codici abarre anche sul puro piano economico.Il meccanismo Rfid è abbastanza semplice. Un’antenna posizionatarispetto al tag a un’opportuna distanza, dipendentedal tipo di applicazione, è in grado di leggerne il contenutopoichè lo stesso tag è dotato a sua volta di una propria antennae i due sistemi sono quindi in grado di comunicare elettromagneticamente.Secondo il tipo di necessità i tag possonoessere attivi o passivi. In quest’ultimo caso il chip trae l’energianecessaria per operare direttamen- >> segue a pag 14


T10 ✉La posta di TendenzeA partire da questo numero, Tendenze apre le sue pagine ai lettori. Pubblicheremo quesiti e opinioni d’interessegenerale, affidando le risposte ai nostri esperti. E se il caso approfondiremo i temi proposti attraverso servizi ad hoc.In questa prima uscita abbiamo raccolto alcune delle domande più frequenti relative alla codifica Ean/UccCome si ottengono i codiciEan/Ucc?Il rilascio dei codici è subordinatoall'associazione dell'impresaad Indicod-Ecr. Tutte leinformazioni utili sono a disposizioneall'interno dell'area“Associarsi” del sito Indicod-Ecr.Chi codifica il prodotto: Indicod-Ecro l'azienda che siassocia?Una volta ottenuto il prefissoEan aziendale, è l'azienda cheprovvede direttamente allacodifica dei singoli prodotti.Ogni codice produttore consentela codifica di 1.000 articoli.La descrizione ed il prezzo dell'articolosono inclusi nel codicea barre?In genere, non è cosi. Il codicea barre identifica semplicementel'articolo in manieraunivoca. Tutte le informazionirelative al prodotto vengonoreperite nei database aziendali.Solo nel caso di prodottia peso variabile il codice contieneil prezzo di vendita dellasingola unità consumatoree viene calcolato dalla pesaprezzatrice,al momento dell'etichettatura-confezionamento,sulla base del prezzo impostato.È possibile inserire il mio sistemadi codifica interno nellaparte del codice Ean riservataal prodotto?Non è questo lo scopo del sistemaEan/Ucc. Il criterio perl'identificazione dei prodotti èla loro numerazione unicamenteprogressiva. Non è perciò consentitogestire una classificazionedei prodotti assegnandoun significato preciso alle varieposizioni delle cifre componentiil codice, in quanto ciòriduce la capacità di numerazionedel codice. Il codice è,quindi, identificativo e non classificatorio.Abbiamo acquistato una societàche utilizzava i codiciEan/Ucc. Possiamo utilizzarelo stesso codice?Si, ma la società cedente e lasocietà acquirente, con due comunicazioniseparate, devonocomunicare a Indicod-Ecr l'avvenutavariazione.La società incorporata, in particolare,deve autorizzare Indicod-Ecralla cessione dei codiciEan/Ucc alla società incorporante.Quest'ultima, infine,deve manifestare la volontà diaccettarli.Qual è la differenza traEan/Ucc 8 e Ean/Ucc 13?Il codice Ean/Ucc 8 viene attribuitodirettamente da Indicod-Ecrquando esiste un problemadi spazio limitato su unprodotto. La richiesta di assegnazioneva inviata a Indicod-Ecr , unitamente a informazionisul prodotto e sulle dimensionidella confezione.Quali sono le dimensioni minimedi un codice Ean/Ucc 13?3 cm di lunghezza per 2 cm dialtezza. Per informazioni piùdettagliate rimandiamo al manualedi specifiche tecniche, disponibilesul sito Indicod-Ecr.Quali sono le dimensioni minimedi un codice Ean/Ucc 8?2 cm di lunghezza per 1,8 cmdi altezza. Per informazioni piùdettagliate rimandiamo al manualedi specifiche tecniche.Come si fa a stampare i codiciEan/Ucc sulle etichetteo sulle confezioni dei prodotti?Nel caso decida di stampare autonomamentei codici, per lascelta della stampante deve tenerin considerazione la possibilitàdi stampare direttamentesulla confezione del prodottooppure su etichette da applicaresuccessivamente al prodotto;in<strong>oltre</strong> tenga contodelle dimensioni delle etichette,del numero di etichetteda stampare al giorno e ovviamentedelle condizioni di utilizzodell'apparecchiatura(condizioni ambientali come, adesempio, la temperatura e il gradodi umidità del locale in cuiavviene la stampa).Qualora decida, invece, di interpellareuno stampatore,potrà discutere con lui le soluzionimigliori per riprodurreil codice Ean/Ucc sulle confezionio sulle etichette del suoprodotto, relativamente alle dimensioni,al colore, alla qualitàdi stampa del codice.Avrei bisogno di codificare deiprodotti che si vendono a pesovariabile: come si fa?Il codice per i prodotti in venditaa peso variabile va richiesto,Stringer/Reuters/Contrasto


tramite fax o email, a Indicod-Ecr, sottoponendo un elenco deiprodotti interessati. Per maggioriinformazioni consultare leregole per la codifica dei prodottia peso variabile (www.indicod-ecr.it).Nel caso in cui il prodotto debbaessere esportato (cioè vendutoad una catena distributivaestera) è necessario richiedereil codice alla organizzazioneEan del Paese in cui deveessere esportato il prodottoin quanto la codifica dei prodottia peso variabile segue regolenazionali.Devo codificare dei prodottia peso variabile destinatiall'estero. Cosa devo fare?Per pesi variabili, ogni nazionedel circuito Ean/Ucc gestisceuna propria struttura di codifica.Sulla base di un'intesa sottoscrittaa livello internazionale,i codici devono essere rilasciatidall'organizzazione Eanattiva nel Paese in cui si intendecommercializzare il prodotto.Gli associati Indicod-Ecr, quindi,devono contattare direttamentel'organizzazione Ean nazionaleche opera nel Paese diloro interesse. L'assegnazioneè gratuita.Il codice per i prodotti messiin vendita a peso variabilepuò essere seguito dal pesodei prodotti stessi?La struttura numerica dei codiciper prodotti in vendita a pesovariabile non prevede l'inserimentodell'informazionepeso, ma soltanto l'identificazionedella singola unità-consumatoreseguita dal suo prezzodi vendita al pubblico.Cos'è il GTIN?A livello internazionale il GTINè l'acronimo di Global TradeItem Number. Si tratta del codiceEan/Ucc per l'identificazionedelle unità consumatoree delle unità imballo che ininglese vengono chiamate"trade items" ovvero unitàsulle quali è possibile recuperareinformazioni predefinite,utili per tutte le operazioni commerciali.Cos'è il codice di locazione?Il codice di locazione Ean/Ucca 13 cifre (GLN - Global LocationNumber) permette l'identificazioneunivoca e inequivocabiledi entità:• legali quali società, banche,spedizionieri, ecc;• funzionali ovvero dipartimentispecifici all'interno di entità legali(quali per esempio l'ufficioamministrazione);• fisiche ovvero locali specificiall'interno dell'edificio (peresempio il magazzino).destinatarie di merci o informazioni.È rappresentato solo con simbologiaUcc/Ean128.Che codice devo usare nel casoin cui l'unità imballo coincidacon l'unità consumatore?Nel caso in cui l'unità imballocoincida con l'unità consumatorepuò essere applicatasoltanto la simbologia Ean13. Le simbologie ITF-14 eUcc/Ean-128 non sono leggibilialla barriera cassa del puntodi vendita.Inviate le vostre lettere aCONTATTItendenze@indicod-ecr.itHo bisogno di un codice perl'imballo del mio prodotto, loassegna Indicod-Ecr?La codifica dell'unità imballo, comenel caso dell'unità consumatore,è responsabilità dell'aziendaassociata ad Indicod-Ecr. Grazie al prefisso Ean aziendaleassegnatole e seguendo lespecifiche del manualeEan/Ucc l'azienda può codificarele proprie unità imballo coni codici Ean/Ucc-14.Ucc/Ean 128: che cos'è?La simbologia per codice a barreUcc/Ean 128 permette la codificadi informazioni supplementariessenziali per il controllodella qualità del prodottoo per garantirne la tracciabilitàlungo la filiera. Maggioriinformazioni sono disponibilinell'area dedicata al codiceUcc/Ean 128.NewsT11Cosa sono gli identificatori didati?Gli identificatori di dati sono prefissiche contraddistinguono il significatoed il formato del campodati che li segue (numeri diidentificazione dei prodotti diunità logistiche, date e numeridi tracciabilità, misure e quantitànumeri di transazioni, di documentie numeri di locazioni).Il codice Ucc/Ean 128 è usatosolo per i pallet?L’Ucc/Ean 128 viene impiegatoanche in un vasto numerodi applicazioni della supplychain, tra le quali, segnaliamoil mantenimento e la tracciabilitàdelle unità logistiche e deibeni a rendere (tracking and tracing),l'identificazione delle unitàimballo e la tracciabilità dei prodottifreschi (es. carni, ortofrutta,ecc). Per informazioni più dettagliaterimandiamo al manualespecifiche tecniche.Cos'è l'Ean/Ucc 14?La codifica dell'unità imballo consimbologie per codici a barreItf 14 o Ucc/Ean 128 richiedel'utilizzo della struttura numericaEan/Ucc a 14 cifre. Perle specifiche tecniche riguardantila struttura numericaEan/Ucc 14 è possibile scaricareil capitolo 2 del manualeEan/Ucc.Cos'è l'Sscc?Si tratta del numero sequenzialedel collo, che permette dicontrassegnare individualmentele unità logistiche.Questo spazio è stato progettato, realizzato e pubblicato gratuitamente da Indicod-EcrNon lasciarlo soloHa ancora bisogno di teContinua a sostenere l’opera umanitaria delle organizzazioni intervenutenel sud est asiatico dopo il maremoto del 26 dicembre 2004www.unicef.itwww.cri.itwww.protezionecivile.itwww.caritas.itwww.emergency.itwww.santegidio.orgwww.manitese.itwww.actionaidinternational.itwww.savethechildren.itwww.aibi.itwww.tdhitaly.orgwww.medicisenzafrontiere.itwww.cesvi.itwww.amicididonbosco.org


NewsT13di Luca Pellegrini! AD OCCHI APERTIAlle prese con SupereuroNon si tratta più di una prospettiva puramenteipotetica, ma di una previsione che alcuni ormaifanno. Forse non si avvererà, ma è ormai certoche il dollaro si svaluterà ancora e che non saràuna svalutazione di breve termine. I fatti sono notia tutti: un disavanzo pubblico molto elevato, consumimolto sostenuti e uno squilibrio insostenibiledelle partite correnti che richiedono una decisa azione correttiva.Gli Stati Uniti devono esportare di più e per farlo il dollaro devedeprezzarsi. Non solo, la Cina, che ha agganciatola sua valuta a quella americana, non sembra intenzionataa cambiare politica. Forse ci sarà un lieveapprezzamento, ma certamente non tale da allontanaretroppo lo yuan dal suo attuale rapportocon il dollaro. Quanto allo scenario europeo, anchese la Bce abbassasse i tassi di interesse (di poco)e fossero rivisti gli accordi sui limiti del disavanzopubblico per ridare fiato alla domanda interna (maquanto ci vorrà per arrivare a un accordo su questotema? e l'Italia, con il suo debito pubblico, chetrattamento avrà?), la situazione non cambierà molto.Un forte contributo della domanda interna è,in particolare per il nostro Paese, improbabile. Conquali effetti per le imprese?Il primo è naturalmente una caduta di competitivitàe quindi difficoltà nell’export. Se l’effettofosse di breve, si potrebbe pensare di tenere duro,mantenere le quote conquistate anche con qualchesacrificio in attesa di una discesa dell'euro, manon è così. La perdita di competitività sui mercatiesteri richiede quindi una risposta strategica, nontattica. Alcune azioni di sistema possono aiutare,ma pensare che siano risolutive rischia di essere un'illusione. Si puòcercare di ridurre il prelievo fiscale sulle imprese, ma gli spazi perfarlo sono assai ristretti e le promesse di riduzione della pressionefiscale sulle famiglie li rende (come si è appena visto con la finanziaria)ancora più ridotti. Lo stimolo agli investimenti in ricerca e innovazionee il supporto alla formazione per incentivare lo spostamentoverso produzioni a maggiore valore aggiunto richiedono tempilunghi per diventare efficaci. Quanto alle barriere alle importazioni,sono strumenti del passato su cui non c'è da fare conto. La conclusioneè chiara, ogni impresa dovrà trovare da sé una soluzioneal problema di come recuperare competitività.È indispensabileinnovare,muoversi versoprodotti amaggiore valoreaggiunto,ridefinire leorganizzazioniper ridurre i costied essere capacidi risposte piùrapide, crescereper sfruttaremeglio leeconomie discala...Innovare, muoversi verso prodotti a maggiore valore aggiunto,ridefinire le organizzazioni per ridurre costi e essere capaci di rispostepiù rapide, crescere per sfruttare meglio le economie di scala, migliorarel'efficacia delle politiche di marketing. Queste sono tra lemolte cose che si possono fare. Ma per chi è più esposto alla concorrenzainternazionale, queste iniziative non possono non accompagnarsianche con un più o meno ampio ricorso all'outsourcingo alla rilocalizzazione degli impianti. È un tema centrale, chenon è eludibile e che non si risolve nel semplice ricorso a fornitoriesteri o allo spostamento di una fabbrica nei Paesia basso costo del lavoro. È un po' più complicato.L'obiettivo deve essere quello di costruire una retedi rapporti in grado di cogliere tutti i vantaggiche la globalizzazione, con la sua divisione del lavorosu scala mondiale, è in grado di offrire. Farericerca e progettare dove esistono le competenzequalificate necessarie, produrre le componentipiù povere dove il costo del lavoro è basso, assemblarlimagari più vicino ai mercati di sboccoper personalizzare il prodotto, delegare a qualcheimpresa indiana alcuni processi amministrativi standard.Questo è il modello di outsourcing emergente,modello molto anglosassone per ora, ma al qualele imprese di un Paese come l'Italia dovranno adeguarsie prima lo faranno meglio è. Un problemaal riguardo può essere la scala. Vivere dentro unarete di questo tipo richiede dimensioni adeguate,non necessariamente, grandissime, ma tali da consentirequesta capacità di muoversi velocementeper sfruttare i vantaggi che vengono offerti ovunquelo siano. Se questa scala non c'è va conseguita.Altrimenti non rimane che cercare una nicchia localedove trincerarsi. Chi è direttamente esposto alla concorrenzainternazionale deve dunque affrontare problemi assai impegnativie, per le ragioni elencate più sopra, dovrà farlo in larga misura dasolo. Ma almeno una cosa può chiederla al sistema, una cosa chenon costa nulla: liberalizzare i settori protetti che operano solo sulmercato interno e che non sono soggetti alle dure regole della concorrenzainternazionale. La loro inefficienza e le rendite di cui si approprianosono pagate da tutti e si traducono in costi più elevati.Un costo inaccettabile in un momento di radicali mutamenti degliequilibri a scala globale che richiedono alle imprese processi di trasformazionefaticosi e socialmente molto costosi.TendenzeEditoreIndicod-Ecr, Istituto per le impresedi beni di consumo - MilanoDirettore responsabileIvo FerrarioSegreteria di redazioneLaura Perrone (Internet)laura.perrone@indicod-ecr.itSara Guzzetti (Magazine)sara.guzzetti@indicod-ecr.itProgetto grafico e impaginazioneMazzola & Rampazzo Associés - MilanoDirezione, redazione, amministrazioneVia Serbelloni, 5 - 20122 MilanoTel. 02.77.72.121 - Fax 02.78.31.56E-mail: tendenze@indicod-ecr.itStampaArti Grafiche M.&G. PirovanoNovegro di Segrate (MI)RegistrazioneTribunale di Milano N. 583del 29/10/1994Informazioni per il lettoreIndicod-Ecr, la più ampia associazioneitaliana delle aziende industriali edistributive attive nel settore dei benidi largo e generale consumo, promuoveil miglioramento dell’efficienza e dell’efficaciadelle imprese nelle relazionicon il mercato, il consumatore e i partnercommerciali. Questo periodico è distribuitoa 30mila imprese associate, checomplessivamente sviluppano un girod’affari di <strong>oltre</strong> 106 miliardi di euro.Ricevono in<strong>oltre</strong> Tendenze esponentidelle istituzioni e del mondo accademico,giornalisti, opinion leader, ricercatori,rappresentanti delle principaliassociazioni di categoria e delle organizzazionidei consumatori. Indicod-Ecraderisce ad Ean International, EpcGlobaled Ecr Europe .INDICOD-ECRwww.indicod-ecr.itAderisci afilodirettofilodirettofilodirettoInvia una email a filodiretto@indicod-ecr.itsegnalando nome, cognome, ragione socialefilodirettoInformiamo le aziende associate ad Indicod-Ecr, ai sensi del D.Lgs. 196/03, che i dati aziendali inviati saranno trattati in modo informatizzato da Indicod-Ecr per le comunicazioni istituzionali dirette agli associati stessi.e indirizzo completo della tua aziendaVuoi ricevere direttamente alla tua mail-boxinformazioni sulle iniziative e sui servizi promossida Indicod-Ecr per le aziende associate?filodiretto


T14News>> segue da pag 9Verso l’internetdelle coseErnesto Hofmann, docente di Economia e gestione delle imprese internazionali - Università Cattolica di Milanote dal campo elettromagnetico, ossia dai segnali che glipervengono dal sistema esterno.Sono stati definiti opportuni standard di trasmissione dall’organizzazioneISO suddivisi per classi di applicazioni. A frequenze più basse, e sudistanze più limitate, i tag possono essere utilizzati per chiavi, antifurti,libri, vestiti, controllo accessi, banconote… su distanze maggiori, e a piùelevate frequenze (e quindi energie), possono essere usati tag attivi peraltri tipi di applicazioni come controllo di container, di veicoli... È intuibileche con una simile tecnologia diventa possibile leggere e scrivere informazioniattinenti non solo un singolo prodotto, ma persino una singolaunità di prodotto. Tali letture/scritture possono avvenire automaticamentee senza visibilità ottica, e non solo per singoli elementi, ma anche per interilotti di prodotti.Fino a ora la tecnologia Rfid è rimasta confinata all’interno di una stessaazienda. Per esempio alcune aziende l’hanno utilizzata per fare il “tracking”dei prodotti all’interno dei loro centri di distribuzione.È necessario tuttavia creare un’infrastruttura distribuita che consental’utilizzo dei tag tra aziende diverse che collaborano. Ma per usare latecnologia Rfid al di fuori del perimetro di un’azienda sono necessarie almenodue cose. Innanzitutto occorre un sistema standardizzato per identificareunivocamente i prodotti lungo la catena di distribuzione. In secondoluogo serve unsistema, anch’essostandardizzato, perindividuare e condividerele informazioniche accompagnanouna singolaunità di prodotto. Ilprimo problema vienerisolto con latecnica dell’ElectronicProduct Code (Epc) che è in sostanza un’evoluzione dell’Universal ProductCode utilizzato nel codice a barre. Utilizzando l’Epc chi fa parte diuna catena distributiva può localizzare e leggere/scrivere le informazionirelative a una singola unità di prodotto. In funzione del tipo di tag, l’Epcpuò riconoscere fino a 268 milioni di costruttori diversi, ciascuno con 16milioni di prodotti. Ogni prodotto, a sua volta può contenere fino a 68miliardi di unità. Siamo quindi nell’ordine di migliaia di miliardi di unitàdi prodotto identificabili nell’ambito dell’infrastruttura Epc.Il secondo requisito richiede un meccanismo che consenta ai partnerdi una catena di distribuzione di individuare e condividere le informazionirelative alle singole unità di prodotto.Per supportare l’enorme numero di unità che transitano attraverso lacatena in un dato momento l’industria ha quindi bisogno di un’infrastrutturasu larga scala molto più raffinata di qualunque altra soluzione apparsafinora. Per fortuna esiste già un’altra infrastruttura, Internet, che rispondea un’esigenza simile, che è quella di movimentare un enorme numero diinformazioni per un grandissimo numero di utenti. L’infrastruttura di Internetè basata su di un meccanismo denominato Domain Name Systemche è attualmente uno dei più grandi elenchi (directory) mai esistiti e chegestisce diverse decine di miliardi di interrogazioni ogni giorno. Internetè un’infrastruttura costituita sostanzialmente da tre elementi che sonorispettivamente il sistema che distribuisce le richieste per i website e laposta elettronica (il Domain Name System), le entità che contengono specificheinformazioni (che sono appunto i website) e, infine, i motori di ricercache concorrono a ricercare in rete le informazioni necessarie. Analogamentela rete Epc è costituita anch’essa da tre elementi perfettamentecorrispondenti a quelli di Internet e che sono rispettivamente gli Ons (ObjectNaming Services), i servizi di informazione Epc e, infine, gli Epc DiscoveryServices.Ci si può allora chiedere quando questa nuova tecnologia si affermeràsul mercato mondiale. La risposta è che ormai il suo pieno utilizzo è veramentealle porte. Già l’11 giugno 2003 il gigante mondiale della grandedistribuzione, Wal-Mart, dopo aver studiato la tecnologia Rfid per <strong>oltre</strong>dodici anni, aveva annunciato un’agenda quanto mai aggressiva perl’utilizzo di un’infrastruttura Epc. Wal-Mart aveva chiesto ai suoi 100 “topsupplier”, ossia ai suoi fornitori principali, di essere pronti a usare i tag Rfidsu prodotti e contenitori spediti ai propri centri di distribuzione dal gennaiodel 2005. A novembre del 2003 altri 32 fornitori si erano volontariamenteaggiunti alla lista definita da Wal-Mart. Alla fine di aprile del2004 otto aziende hanno iniziato a eseguire una serie di test in alcuni Supercentere in un centro di distribuzione regionale di Wal-Mart, a Dallas/FortWorth. Le otto aziende che partecipano a questo progetto pilota sono laGillette Company, l’HP, la Johnson&Johnson, la Kimberly Clark, la Kraft Foods,la Nestlé Purina PetCare Company, la Procter & Gamble Company e la Unilever.Nella fase iniziale del progetto, un totale di 21 prodotti, tra gli <strong>oltre</strong>100.000 trattati in un tipico Supercenter, sono stati identificati. Nel centrodi distribuzione Sanger di Wal-Mart opportuni lettori Rfid, dispostipresso le porte di ingresso, consentono, sia a Wal-Mart sia ai fornitori dideterminare il momentoe le modalitàdi consegna del prodotto.Wal-Mart vuoleottenere il 100% dirisultati utili nell’identificazionedeiprodotti sia in entratasia all’interno delcentro. Nei sette centripilota (Dallas-FW,The Colony, Deactur, Denton, Hickory Creek, Lewisville e Plano) lettori Rfideseguono le stesse procedure.Le previsioni sono che Wal-Mart arriverà a risparmiare a regime finoa 8,4 miliardi di dollari l’anno. Sono cifre colossali, anche in rapporto all’enormevolume di affari di Wal-Mart, che indicano realmente l’avventodi una di vera e propria rivoluzione industriale.Ma ci sono anche aspetti potenzialmente negativi che vanno considerati,soprattutto per quanto concerne la salute delle persone e la riservatezzadelle informazioni personali. Dal punto di vista della salute si puòosservare che i tag generano campi elettromagnetici almeno tre ordini digrandezza inferiori rispetto a quelli utilizzati dai telefoni cellulari che, inun certo modo, già sono stati assolti da possibili rischi.Per quanto invece riguarda la riservatezza delle informazioni personali sipuò dire che è necessario fare molta attenzione non solo a livello governativo-amministrativo,ma anche a livello personale. In linea di principio i tagnon creano maggiori informazioni delle carte di credito e quindi sta all’attenzioneindividuale la capacità di proteggersi da tutte quelle anomalie chepossono sorgere da un uso incontrollato e disattento della tecnologia stessa.Ciò che può inquietare è piuttosto la possibilità che si possano correlareinformazioni differenti per molteplici possibili analisi e iniziative. Ma èanche intuibile che sarà e dovrà essere cura di chi entra in possesso di informazioniriguardanti i propri clienti il non diffonderle e piuttosto proteggerle,come già avviene con le carte di credito, i bancomat…Ogni tecnologia apre evidentemente la porta a possibili utilizzi fraudolentio pericolosi per la comunità, ma è anche vero che la stessa comunità èstata sempre in grado di controllare le tecnologie che andava a utilizzarecon normative progressivamente più attente e protettive, e ciò avverràdi certo anche per l’Internet delle cose.


NewsT15>> segue da pag 1rava circa quanto gli americani; oggi, in Francia e Germania,si è impegnati circa 400/500 ore all’anno in meno per persona in età lavorativa.In Italia si è occupati un po’ di più che in Francia e Germania, ma sempremolto meno che negli Stati Uniti. Lavorare meno è dunque possibile? Sì,se la produttività per ora lavorata aumenta in modo da compensare la riduzionetotale delle ore d’impegno. Purtroppo la produttività è aumentata, manon tanto da compensare la riduzione del numero di ore lavorate.Allora perché sono scese? Una risposta potrebbe essere che i Paesi europei,diventano più ricchi, decidono di lavorare meno per godere di maggiore tempolibero. In realtà ci sono due distorsioni che influenzano l’andamento delleore lavorate. Una sono le aliquote marginali sul reddito, che dai primi anni Settantain poi sono salite in tutti i Paesi europei. Il secondo aspetto è l’aumentodelle settimane non lavorative. L’alta correlazione tra ore lavorate in diversiPaesi europei, e in generale nei Paesi Ocse, sta nell’indice di sindacalizzazione.I sindacati hanno utilizzato la politica del “lavorare meno lavorare tutti”negli anni Ottanta e Novanta e questo ha comportato un aumento del costoorario. Cioè, lavorando meno a parità di salario complessivo. La Confindustriaconosce bene i problemi della rigidità del mercato del lavoro: l’Italia hauna flessibilità più bassa di quasi tutti gli altri Paesi.Il secondo punto è la composizione del Pil. Negli Stati Uniti tre quarti delPil è nel settore dei servizi, in Europa è circa due terzi. Questo fa sì che l’economiaamericanasia molto più indirizzataverso i serviziIl declino relativodi quanto lo siaquella europea. Partedei motivi derivanodalla maggio-dell’economia italianare regolamentazionedel settore deiservizi in Europa e in Alberto Alesina, economista e professore di economia alla Harvard Universityuna maggioreestensione della proprietà pubblica. Le barriere all’entrata sono scese in quasitutti Paesi, ma più in quelli anglosassoni. E sono cominciati a scendere moltopiù tardi, e molto meno, in sistemi come l’Italia e la Francia.Secondo gli indici Ocse l’Italia ha ancora il settore dei servizi più regolamentatoda un punto di vista delle barriere all’entrata. Il discorso dei servizi è importanteperché, in un momento in cui le esportazioni sono a rischio per colpa dell’andamentodel dollaro, credo che il settore dei “non-tradeables” sia importanteper la composizione industriale.Una parola sull’andamento del dollaro di cui si parla molto. Il deficit americanorimarrà e spingerà il dollaro al ribasso. Non dimentichiamo, quando critichiamogli Stati Uniti per il “twin deficit”, che una delle poche fonti di crescitaper le economie europee in generale, e italiana in particolare, sono stateproprio le esportazioni verso gli Stati Uniti, cioè il deficit americano ha sostenutola crescita in Europa negli ultimi anni. Se adesso l’Europa ne paga leconseguenze la colpa è anche sua.Il terzo punto è la “burocrazia e giustizia”. Alcuni dati sono straordinari. Unosi riferisce al tempo in giorni lavorativi necessari per registrare un’impresa inuna serie di Paesi, in questo caso Paesi Ocse: occorrono due giorni in Canadae Australia, tre in Nuova Zelanda, quattro negli Stati Uniti e 62 in Italia.In<strong>oltre</strong> costa circa 40 volte di più creare un’impresa in Italia che in NuovaZelanda, il 20% in più rispetto a Canada e Danimarca. Il sistema giuridico è incondizioni analoghe. Due esempi. Uno è il tempo necessario per sfrattare uninquilino insolvente: 44 giorni in Australia, 49 negli Stati Uniti, e 630 in Italia.L’altro è legato alla riscossione di un assegno emesso a vuoto: 54 giorninegli Stati Uniti, e 645 in Italia.Passiamo alla spesa per la ricerca. Secondo l’Ocse, l’Italia spende poco menodella media europea e la percentuale della spesa pubblica per la ricerca èrelativamente elevata. L’Ue investe meno degli Stati Uniti, ma il problema èche in Italia la spesa privata per la ricerca è particolarmente bassa. La ricercauniversitaria è un punto cruciale.La spesa per l’educazione terziaria, cioè l’università, in Italia è bassa, tra lepiù basse d’Europa, ma non molto più che in Inghilterra. Viene da chiedersi sela soluzione per l’università italiana sia dare più soldi all’università italiana. Nonè così evidente. La spesa per l’università, sia per studente sia per professore,in Italia non è inferiore a quella dell’Inghilterra, mentre la produttività dellaspesa universitaria è molto più contenuta. Dare più fondi all’università italiana,sia pubblica, sia privata, non è necessariamente la risposta completa. Nonmancano i soldi, manca la concorrenza del sistema universitario, c’è un’ assenzadi concorrenza all’interno del settore pubblico, e dal settore pubblico alsistema privato.La carenza di competizione è un po’ l’aspetto generale dell’economia italiana:significa difesa della lobby dei professori universitari e barriere all’entratadei privati.Sin qui gli aspetti strutturali. Vorrei concludere con alcune considerazioni.Primo. Si deve evitare il “marasma della concertazione”, cioè evitare di sedersial tavolo delle trattative con il governo per chiedere questo o quel favore.Esistono ancora vari sussidi alle imprese private o semiprivate, si aggiranotra i 30 e i 50 miliardi di euro nel 2003, a seconda di come li si conta. Sonopersuaso che l’industria italiana debba imparare a vivere senza sussidi pubblici.Invece di sussidi pubblici,la riduzione delle aliquote e laliberalizzazione dei mercati. Attenzione,però: tutti a parolesono a favore della liberalizzazione,ma questa significaanche e, soprattutto, eliminarele barriere all’entrata, cosa chenon fa piacere alle aziende giàsul mercato. La Confindustria,come rappresentante delleaziende già sul mercato, deve muoversi su questo punto con cautela, ma allostesso tempo con decisione, perché eliminare barriere all’entrata aumenta lacompetizione di chi non esiste ancora.Secondo. Gli sgravi fiscali. C’è molta discussione sul ridurre le aliquote alleimprese o alle famiglie. Mi pare sia eccessiva l’enfasi sulla differenza tra le due,perché mentre una riduzione sulle aliquote delle imprese ovviamente va a lorovantaggio, indirettamente una riduzione delle aliquote alle famiglie può ancheessere un beneficio per le imprese, non solo per l’effetto dal lato della domanda,ma anche per l’offerta. Al sindacato interessa il salario portato a casa,cioè al netto delle imposte. Una riduzione delle imposte sul reddito aumentail salario netto a parità di salario lordo, quindi riduce la pressione dal lato deicosti per le imprese. Per questo dico che nel dibattito spesso c’è un’eccessivaenfasi sulla differenza tra aliquote alle imprese e alle famiglie.Un altro aspetto interessante (o preoccupante) della struttura istituzionaleè la ridotta proporzione dei fallimenti in Italia, la più bassa dei Paesi Ocse,in parte anche causa di una legislazione sul fallimento punitiva. Apparentementequesto sembrerebbe un bene, ma non lo è. Si deve spostare l’enfasi dall’ideadel salvataggio al fatto di considerare normale che le imprese entrinoed escano dal mercato in una concorrenza quasi darwiniana, per cui resistonoi migliori e la concorrenza aumenta creatività, produttività e sviluppo tecnologico.Per concludere, pessimismo o ottimismo? Io credo che, per quanto riguardal’Europa, nel breve periodo sia difficile essere ottimisti, dati in nostro possessofanno prevedere tempi duri. Un maggiore ottimismo può venire per il medioe lungo periodo, almeno per i Paesi nordici, l’Irlanda e la Spagna. Per l’Italiasono preoccupato. Sono pessimista per il breve periodo. E anche nel lungoo medio, perché non vedo segnali di cambiamento o di scossa.(Sintesi di un intervento al centro studi Confindustria pubblicato dal quotidiano La Stampa)


INDICOD-ECRPROGRAMMA FORMATIVO 2005CORSO FEBBRAIO MARZO APRILE MAGGIO GIUGNO LUGLIO SETTEMBRE OTTOBRE NOVEMBREEAN/UCC-Codifica MILANO ROMA BOLOGNA BARI MILANO TORINOdi Base9 3 6 9 8 7EAN/UCC-Codificadi BaseTracciabilitàScambio elettronicodei documenti di baseEuritmo - Web EDICategory Managementprimo livelloMILANO ROMA BOLOGNA BARI MILANO TORINO FIRENZE PADOVA ROMA10 4 7 10 9 1 8 3 9NAPOLI16ROMA CATANIA NAPOLI15-16 13-14 5-6PADOVA BOLOGNA21-22 21-22BARI TORINO23-24 30-31MILANO ROMA MILANO TORINO BARI1 11 22 7 29MILANO ROMA PADOVA MILANO TORINO BARI CATANIA MILANO2 12 20 23 8 30 21 23FIRENZE21PADOVA MILANO TORINO ROMA NAPOLI MILANO PADOVA28-1 MARZO 14-15 7-8 18-19 29-30 27-28 26-27L’Istituto propone ai propri associati un piano di corsie seminari sulle tematiche di maggiore interesse per le impreseL’iniziativa toccherà le principali città italianePer informazioni telefonare allo 02/777212330 o inviare una email all’indirizzo: formazione@indicod-ecr.it

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