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A l f r e d o<br />

PROFILI<br />

R O M A N O<br />

di Marina Giordano<br />

ARTA ntis.info<br />

28<br />

Ci sono artisti che attraverso la materia, gli oggetti, i<br />

ritmi, i silenzi, riescono a innescare cortocircuiti poetici<br />

dal potere quasi ipnotico, conducendo lo spettatore<br />

a provare un turbamento emotivo al quale è difficile<br />

resistere, a metà tra attrazione e timore, contemplazione<br />

e riflessione. Ciò vale per Alfredo Romano, nato nel<br />

1948 a Siracusa, dove vive la maggior parte del tempo<br />

alternando lunghi soggiorni a Torino, celebre autore di<br />

dipinti, installazioni, assemblaggi da cui emergono le<br />

contraddizioni della nostra terra, il bisogno di silenzio<br />

ma anche di rumori vitali, la ricerca del trascendente<br />

nella materialità della vita, luci e ombre che percorrono<br />

l’animo umano. Egli attinge dalla semplicità del vivere<br />

comune molti materiali: vecchi letti, ciotole, fotografie,<br />

statuette votive, spogliandoli da ogni elemento<br />

di cronaca per farne versi di un discorso poetico per<br />

immagini. Li monta nelle sue installazioni, li fa diventare<br />

simboli, di volta in volta, di solitudine o di preghiera,<br />

disperazione o speranza, catalizzando su di essi secoli<br />

di racconti, leggende, tradizioni popolari attinte dalla<br />

cultura siciliana, specialmente da quelle di Siracusa,<br />

la sua città, che continua a investigare, sondare pure<br />

nelle viscere dei suoi ipogei o negli edifici abbandonati,<br />

come il vecchio ospedale di Ortigia, nel quale ha<br />

allestito il suo studio. “È stata una scelta controcorrente<br />

quella di rimanere a vivere e a lavorare in Sicilia - ci<br />

dice -, ma questo è il mio ‘retroterra naturale’. Tutto il<br />

mio lavoro si riconosce in quest’ambiente vasto, dove<br />

di volta in volta ho sempre cercato di aprire un varco<br />

verso la profondità della nostra cultura, cercando di<br />

formalizzare un’immagine che avesse un equilibrio interno”.<br />

Nelle sue opere, dunque, possono essere individuati<br />

molteplici livelli di lettura e di suggestione, molti<br />

dei quali partono proprio da Siracusa: le madonnine<br />

che utilizza spesso nelle sue installazioni, poste in orizzontale,<br />

per terra, come pietre miliari di una geografia<br />

dell’anima, in cerchio, a individuare i confini di una<br />

zona sacra, un altare, o fuoriuscenti a mo’ di perno<br />

da una parete, potrebbero esser lette come omaggio<br />

Sonno (part.)<br />

installazione, Galleria Civica Montevergini, Siracusa, 2010<br />

ph Maurizio Esposito<br />

Angelis suis mandavit<br />

installazione, Ipogeo Piazza Duomo, Siracusa, 2007-2008<br />

Viaggio al termine della notte<br />

installazione, Galleria Civica Montevergini, Siracusa, 2009-2010<br />

Sonno<br />

installazione, Galleria Civica Montevergini, Siracusa, 2010<br />

ph Maurizio Esposito<br />

Feritoie (Omaggio a Renato Guttuso) 1994<br />

installazione: sedia, vetro, pelli, pinze, colore, cm 190x150<br />

collezione Museum, Bagheria (Pa)<br />

alla devozione popolare della Madonna delle lacrime,<br />

alla quale nella città è elevato un celebre santuario.<br />

Anche oggetti perturbanti e intrinsecamente legati a<br />

immagini di violenza, ad esempio le pinze, evocano<br />

strumenti di tortura, come quella inflitta alla santa patrona<br />

di Siracusa, Lucia: “le madonnine, e non solo, le<br />

falci, le pinze. la pelle, le sedie, le formelle ex voto, i catrami,<br />

il cartaceo di grasso, i letti, la luce, la ferita, il corpo,<br />

il seppellimento, il nero, l’oro, il bianco, le ciotole,<br />

il convitto …, tutto ciò nel mio lavoro parte da un desiderio<br />

di riconoscimento della nostra cultura, del nostro<br />

territorio, delle nostre radici”, afferma Romano. E<br />

per questo, tra le varie collaborazioni e gli incontri che<br />

hanno segnato la sua biografia umana e professionale,<br />

oltre quello con il celebre gallerista torinese Giorgio<br />

Persano, che lo segue da sempre, o il critico Achille Bonito<br />

Oliva, ama ricordare la figura del Senatore Ludovico<br />

Corrao, ex sindaco di Gibellina e anima della Fondazione<br />

Orestiadi: “il primo incontro risale alla mostra<br />

“Paesaggio con rovine”, nel 1992; da allora abbiamo<br />

collaborato spesso, Corrao mi ha invitato a realizzare<br />

anche un lavoro per la sede tunisina della Fondazione,<br />

imperniato su frammenti di codici siciliani, i testi poetici<br />

arabi siciliani cuciti con filo oro su lini bianchi insieme<br />

alle cucitrici tunisine. Con Corrao ho sempre condiviso<br />

il riconoscere i nostri confini culturali, le radici comuni<br />

con i paesi del Nord Africa, parlo di confini culturali<br />

e non politici, la nostra area mediterranea.” Sin dalla<br />

metà degli anni Ottanta, quando debutta con quadri<br />

fatti di strati di catrame o ferri, intitolati opere al nero,<br />

partecipando anche alla sezione “Arte e alchimia”<br />

della Biennale di Venezia del 1986, Romano rivela la<br />

sua indole di manipolatore della materia, che egli trasforma<br />

in energia, rappresa nella morsa delle pinze<br />

che fissano a parete lastre trasparenti, o raggrumata<br />

in bende unte di grasso o in sferzanti disegni graffiati di<br />

nero, o in rotoli di marmo e superfici di foglia d’oro o di<br />

fiammeggiante rosso sangue, o ancora attraverso le<br />

sue installazioni di suoni o di pura luce. Egli offre a chi<br />

guarda la possibilità di percepire i battiti della vita, il<br />

respiro delle cose, un varco verso un al di là ove corpo<br />

e spirito, fisicità e ardore dell’invisibile si sublimano in<br />

esperienza della visione: “in fondo il mio lavoro - racconta<br />

lui stesso - può essere tradotto in un messaggio<br />

di solidarietà”, solidarietà verso l’uomo, i suoi sogni e<br />

le sue debolezze, le sue cadute e il bisogno di rialzarsi.<br />

Alfredo Romano<br />

vive ed opera tra Siracusa e Torino<br />

ARTA ntis.info<br />

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