EDITORIALE
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G i b e l l i n a<br />
LUOGHI<br />
sicilia<br />
Fondazione Orestiadi<br />
Gli atelier d’arte<br />
di Enzo Fiammetta *<br />
Fondazione Orestiadi di Gibellina<br />
Il Baglio di Stefano e, a destra, il granaio,<br />
sede della Collezione d’Arte Contemporanea<br />
Corrado Cagli<br />
Impronta II, 1965<br />
tecnica mista su carta, cm 72x50<br />
Piero Dorazio<br />
Ancienne Menee, 1957<br />
olio su tela, cm 161x130<br />
ARTA ntis.info<br />
14<br />
Nel progetto di ricostruzione di Gibellina, distrutta dal terremoto<br />
(1968) assieme ad altre città del Belice, l’arte, come<br />
noto, ha avuto una importante centralità. Passati gli anni<br />
del miracolo economico, con una questione meridionale<br />
perennemente irrisolta, con gli echi delle rivolte studentesche,<br />
gli artisti raggiungevano il Belice e qui operavano,<br />
con l’idea che qui “lo stato dell’arte” potesse ridefinirsi.<br />
Dove l’urbanistica, nei piani di ricostruzione, mostrava chiari<br />
segni di un anacronistico neo-razionalismo, i processi creativi<br />
di tanti artisti indicavano direzioni nuove, attraverso la<br />
pratica degli atelier, della sperimentazione, dell’azzardo,<br />
del fare, delle botteghe aperte con gli artigiani del luogo<br />
e con il coinvolgimento della gente. Negli stessi anni, in cui<br />
Argan (1980) scriveva di … una globalizzante accelerazione<br />
del consumo, che spinge l’opera verso quella linea di<br />
confine di una ipotetica morte dell’arte e naturale negazione<br />
della sua funzione progettuale … Pietro Consagra, a<br />
Gibellina, sperimenta la sua “città frontale”, contribuendo<br />
alla definizione del tessuto urbano con gli edifici del “Meeting”,<br />
del teatro e l’ingresso alla città “La Porta del Belice”.<br />
Ma è il concetto di “arte totale” che lo porta a progettare:<br />
il “Carro di San Rocco”, le luminarie, i modelli per i ricami,<br />
le ceramiche, gli elementi di seduta per arrivare al disegno<br />
delle maniglie del Meeting e dei gioielli. Nella stessa direzione<br />
operano Arnaldo Pomodoro, Enzo Cucchi, Mimmo<br />
Paladino, con le loro scene spettacolari per le Orestiadi, Alighiero<br />
Boetti che realizza il suo “prisente” con la cooperativa<br />
di ricamatrici di Gibellina, Carla Accardi con i pannelli<br />
in ceramica per la piazza del Municipio, Nanda Vigo con<br />
le sue architetture di “riporto”. L’arte - scriveva Consagra -<br />
afferma a Gibellina il diritto di fantasticare. Io che sono di<br />
quelle parti dovevo accorrere prima di ogni altro artista e<br />
così ho fatto. Schifano, Angeli, Scialoja, Turcato, colgono il<br />
senso del luogo, durante la loro permanenza a Gibellina, realizzando<br />
le loro opere con i bambini e la gente della città,<br />
tenendo i loro atelier negli spazi delle scuole, tra il 1984 e il<br />
1986. Altri arrivano per cogliere il senso di un progetto, unico<br />
e irripetibile nella storia dell’arte contemporanea per tutti,<br />
Joseph Beyus, che visita la città in fase di ricostruzione quasi<br />
per ritrovare le matrici della sua arte, che riconduce l’uomo<br />
in un rapporto primordiale con la natura e le espressioni della<br />
sua cultura materiale. L’arte viene chiamata a dare forma<br />
alla nuova città. Gli artisti ad attraversare i “labirinti del<br />
tempo e dello spazio“, di cui spesso conoscono gli anfratti,<br />
per indicare nuovi terreni da percorrere. L’opera paradigmatica<br />
di questo è il grande “Cretto” di Alberto Burri.<br />
Alighiero e Boetti<br />
Quattro quadretti, 1972<br />
cotone su tela, cm 25x25x4<br />
Richard Long a Gibellina 2009<br />
Sul fondo la “Porta del Belice” di Pietro Consagra<br />
Alberto Burri<br />
Il Cretto a Gibellina vecchia<br />
Toti Scialoja<br />
Gibellina grigio, 1982<br />
vinilico su canapa, cm 142x301<br />
Labirinto di vicoli che ricalcano quelli della città distrutta.<br />
Struggente sudario sulle rovine. “La luce al tramonto tagliava<br />
ombre dure sui gradini della cavea del teatro greco di<br />
Segesta” questo confidava il grande maestro a Ludovico<br />
Corrao. Era da lì che nasceva il suo Cretto. Sull’onda lunga<br />
di tutto questo, tra i templi di Segesta e il Cretto di Burri, la<br />
pratica degli atelier d’arte, continua ancora oggi, negli ultimi<br />
anni: Ugo La Pietra, Salvatore Cuschera, Lucia Lamberti,<br />
Michele Cossyro, Croce Taravella, Susan Kleinberg, Elisa Nicolaci,<br />
Kazumi Kurihara, Kabir Chandan, hanno dato vita ai<br />
loro laboratori a Gibellina. Le presenze nel corso dell’anno<br />
degli artisti vengono concordate con Achille Bonito Oliva,<br />
consulente per le arti visive della Fondazione Orestiadi, che<br />
così scrive degli atelier: “… L’attività culturale della Fondazione<br />
“Orestiadi” di Gibellina non si risolve soltanto nella<br />
produzione di mostre e di eventi teatrali o musicali. Essa si<br />
fonda e fonda la propria strategia sullo sconfinamento e lo<br />
scambio, la conferma di una attitudine socratica che trova<br />
il proprio valore nel dialogo.” “Ateliers” risponde a un progetto<br />
di sensibilizzazione territoriale sull’intera geografia mediterranea,<br />
con la possibilità di soggiorno creativo per artisti<br />
di diversi paesi a Gibellina, Tunisi o in altri luoghi gestiti dalle<br />
“Orestiadi”. Si vuole con questo progetto portare a contatto<br />
direttamente l’artista con i giovani del posto, mettere al<br />
centro il processo creativo che questi sviluppa durante un<br />
soggiorno testimoniato alla fine da opere che sicuramente<br />
a sinistra, dall’alto<br />
Fondazione Orestiadi<br />
Il cortile del Baglio e la<br />
Montagna di Sale di Mimmo Paladino<br />
Mario Schifano<br />
Blu scuro, 1984<br />
acrilici su tela, cm 50x60<br />
a destra<br />
Mario Schifano a Gibellina 1984<br />
sono intrise anche da una sorta di spirito del luogo …” Il Museo<br />
delle Trame Mediterranee della Fondazione Orestiadi,<br />
che accoglie le opere generosamente donate dagli artisti,<br />
ritrova in questa “nuova progettualità” gli elementi che<br />
confermano la ricerca degli ultimi anni, che parte dal recupero<br />
del “fare”, dall’abbattimento delle storiche gerarchie<br />
tra le arti, dal riconoscimento dei tanti modi di intenderla,<br />
senza barriere geografiche o ideologiche. Paradigmatica<br />
è l’opera che Richard Long ha recentemente installato, durante<br />
la sua permanenza a Gibellina, negli spazi esterni del<br />
Baglio Di Stefano, il “Circle of Life”, magica rosa dei venti,<br />
l’asse della terra (nord-sud) e l’asse del sole (est-ovest)<br />
tracciate con pietre di Custonaci. “… Ecco un modo di far<br />
parlare una lingua universale ad una arte contemporanea<br />
che, attraverso il processo creativo, trova la possibilità di sviluppare<br />
nuove lunghezze d’onda di conoscenza ed una ulteriore<br />
speranza per le ultime fasce generazionali di giovani<br />
aperti all’arte, che sembra rappresentare l’unica apertura<br />
sul futuro.” (ABO)<br />
* Direttore del Museo delle Trame Mediterranee<br />
Fondazione Orestiadi<br />
Baglio di Stefano - 90124 Gibellina (TP)<br />
www.orestiadi.it<br />
ARTA ntis.info<br />
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