Pi 30 agosto 2017
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medicina Alcuni bimbi hanno paura del cibo ‘nuovo’<br />
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molto sulla multisensorialità di tipo tattile, uditivo,<br />
olfattivo e visivo: la tavola deve essere colorata, così<br />
anche i piatti e le posate. Il bambino deve poter<br />
interagire col cibo: non importa se si sporca le mani.<br />
Bisogna indurre il bimbo a vincere le proprie paure,<br />
a superare la ‘fobia del nuovo’, di toccare il cibo e<br />
quindi anche di portarlo alla bocca. Molto, poi,<br />
dipende dal suo temperamento, che in alcuni porta<br />
a rifiutare sempre più alimenti e dover ricorrere al<br />
ricovero. In questi casi ‘estremi’, bisogna lavorare<br />
con la famiglia passo dopo passo, partendo inizialmente<br />
da un pasto al giorno, e senza forzare. Ma<br />
anche senza confondere il bimbo sostituendo un<br />
pasto con un altro, la pappa con il latte”.<br />
Come si ‘rieduca’ un bambino di 2-3 anni a<br />
mangiare correttamente?<br />
“Anche per i bambini di 2-4 anni, tendiamo a lavorare<br />
con la multisensorialità. Loro manifestano<br />
soprattutto il disturbo della ‘selettività’, difficoltà<br />
che, in futuro, potrebbe condurre a escludere un alimento<br />
dalla dieta anche per tutta la vita, con conseguenze<br />
per la loro salute. Per rieducare un bambino<br />
ad un’alimentazione corretta, dunque, ci si sofferma<br />
molto sulla preparazione del piatto. Si può<br />
coinvolgere il bambino in cucina nell’ ‘impiattamento’<br />
o nell’organizzazione del cibo e della tavola. In<br />
ogni caso, si cerca sempre la strada della ‘proposta’<br />
e mai dell’imposizione. Tuttavia, lo ribadisco, la proposta<br />
non deve essere mai modificata con la sostituzione<br />
dei pasti: se si sceglie una strada è bene<br />
mantenerla”.<br />
Dottore, infine, qual è, in base alla sua esperienza,<br />
l'incidenza dei disturbi della nutrizione<br />
in Italia?<br />
“Per quel che riguarda la mia esperienza al<br />
Bambino Gesù, dove da anni sono impegnato nella<br />
cura di questi disturbi e dove ho fatto un percorso<br />
che mi ha condotto, a ritroso, dallo studio dell’obesità<br />
in età adolescenziale ai disturbi alimentari dei<br />
più piccoli, ho potuto constare che tanti sono i genitori<br />
che lamentano la difficoltà dei loro bimbi di<br />
nutrirsi adeguatamente. La ‘percezione’ è che si<br />
tratti di un numero in costante aumento. Ed è per<br />
questo che, con l’ospedale pediatrico ‘Bambino<br />
Gesù’ di Roma, già da qualche anno è stata avviata<br />
l’iniziativa, dedicata alle problematiche nutrizionali<br />
in età pediatrica e adolescenziale, ‘Mio figlio non<br />
mangia’, cui hanno aderito molti genitori. Iniziativa<br />
presente anche sui social, dove abbiamo creato un<br />
‘gruppo chiuso’ per eventuali approfondimenti e per<br />
soddisfare le richieste dei genitori, ma anche per<br />
fornire loro delle ‘direttive’”.<br />
È possibile effettuare una stima precisa?<br />
“Parlando di stime reali, sulle quali mi sono documentato<br />
di recente per uno studio personale,<br />
posso dire che le percentuali sono molto variabili<br />
e legate, come ogni statistica, alle percezioni dei<br />
genitori. Vede, molto spesso i neonati e i bambini<br />
possono presentare delle difficoltà nell’alimentazione,<br />
ma non tutti però presentano delle reali<br />
patologie. Molti genitori lamentano che i loro figli<br />
non mangiano, o mangiano poco: siamo nell’ordine<br />
del <strong>30</strong>-40% dei genitori, se non 50 %. Ma non è<br />
detto che poi quella difficoltà momentanea si trasformi<br />
in un vero e proprio disturbo psicologico o<br />
in una patologia”.<br />
Infine, professore, esiste una correlazione tra<br />
l’anoressia infantile (e più in generale i<br />
disturbi della nutrizione) e i disordini alimentari<br />
che colpiscono gli adolescenti?<br />
“Su questo voglio essere chiaro: l’anoressia infantile<br />
e l’anoressia nervosa sono due problematiche<br />
diverse e non correlate. È vero, però, che la ‘selettività<br />
degli alimenti’ può condurre a disturbi della<br />
nutrizione, difetti di crescita o altre patologie adolescenziali<br />
come l’obesità. Il bambino che esclude<br />
dalla propria dieta degli alimenti sani, fondamentali<br />
per la sua crescita, tenderà per esempio a nutrirsi<br />
di cibi ricchi di grassi o carboidrati, con possibili<br />
conseguenze nefaste per la sua salute”.<br />
SERENA DI GIOVANNI<br />
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