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Epos n. 9 La giusta collera a cura di Gianmario Lucini - CFR

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con un fiore tra i capelli profumati <strong>di</strong> mare. Proviamo ad alzare la mano in<br />

segno <strong>di</strong> saluto. Cerchiamo <strong>di</strong> farci notare, <strong>di</strong> far vedere che siamo ancora qui,<br />

che ce l’abbiamo fatta, che non ci siamo persi nel cammino che abbiamo<br />

intrapreso senza <strong>di</strong> lei. Ma forse non ci potrà vedere e continuerà a correre tra<br />

la luce del sole d’agosto. Allora, facciamo finta <strong>di</strong> niente e an<strong>di</strong>amo via.<br />

Per ogni nostro passo, per ogni nostra parola lontano da lei, cerchiamo la<br />

solitu<strong>di</strong>ne che ci possa consolare.<br />

Ma il tempo sta lì, nascosto tra le pieghe del nostro cuore senza più respiro.<br />

Ora ci ha raggiunto.<br />

Ci guarda in silenzio e ha un sorriso affettuoso.<br />

Fermiamoci.<br />

An<strong>di</strong>amo via con la nostra vecchia valigia legata con lo spago dei giorni<br />

<strong>di</strong>fficili. Sarebbe bello se ci fosse ancora tempo per un’ultima foto con i nostri<br />

figli che ci guardano come si guarda una barca all’orizzonte.<br />

Sì, facciamola questa foto. Poi salutiamo.<br />

Un inchino, appena accennato, togliendoci il nostro vecchio cappello<br />

comprato per i giorni <strong>di</strong> festa. E via.<br />

Adesso.<br />

Pecore senza pascolo<br />

Le vicende, passate e presenti, del cavalier Silvio Berlusconi stanno<br />

sommergendo l'Italia e gli italiani sotto una montagna <strong>di</strong> fango e letame.<br />

Personalmente non riesco più a seguirle, a commentarle, a fare battute i<strong>di</strong>ote<br />

sui doppi sensi che riescono a ispirare. Un noto quoti<strong>di</strong>ano inglese ha scritto<br />

che l'Italia è un paese senza vergogna. In realtà, l'Italia è un paese senza anima<br />

e senza testa e se si pensa che tutto questo continua e avviene in coincidenza<br />

con l'anno dei festeggiamenti del 150° anniversario dell'unità, viene voglia <strong>di</strong><br />

abiurare citta<strong>di</strong>nanza, nascita e, in certi momenti, persino lingua. Ma, lo <strong>di</strong>co<br />

senza tanti giri <strong>di</strong> parole, dei festini del signor B. non me ne importa nulla!<br />

Non è questo il problema. Anzi, il problema non è neanche il "nostro"<br />

Presidente del Consiglio. Il problema vero, e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile spiegazione, siamo<br />

noi. È questo sangue guasto che ci scorre nelle vene, questa incapacità<br />

congenita <strong>di</strong> sentirci citta<strong>di</strong>ni custo<strong>di</strong> <strong>di</strong> doveri e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti, questa riluttanza ad<br />

assumerci la responsabilità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui pensanti e a preferire, al contrario,<br />

l'irresponsabilità del gregge. E ancor più problematico da spiegare mi risulta<br />

l’entusiasmo con cui la corte del signor Presidente cerca in ogni modo <strong>di</strong><br />

proteggerlo, profondendosi in spericolate e funamboliche teorie giuri<strong>di</strong>che,<br />

morali, etiche, psicologiche e chi più ne abbia ne metta.<br />

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