PDF - 229 Kb - Facoltà di Agraria
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A) MEZZI NON CHIMICI<br />
CAPITOLO II: MEZZI DI LOTTA<br />
1. MEZZI MECCANICI<br />
1.1 LAVORAZIONI PRINCIPALI<br />
1.2 ARATURA<br />
1.3 MINIMA LAVORAZIONE E NON LAVORAZIONE<br />
1.4 LAVORAZIONI AL BUIO<br />
1.5 RACCOLTA DEI SEMI<br />
1.6 ERPICATURA<br />
1.7 SARCHIATURA<br />
1.8 SPAZZOLATURA<br />
1.9 SFALCIO<br />
2. METODI FISICI<br />
2.1 PACCIAMATURA<br />
2.2 SOLARIZZAZIONE*<br />
2.3 ACQUA (INONDAZIONE)*<br />
2.4 PIRODISERBO*<br />
2.4.1 Microonde<br />
2.4.2 Raggi laser<br />
2.4.3 Raggi gamma<br />
2.4.4 Elettricità<br />
2.4.5 Raggi termici<br />
2.8 CRIODISERBO<br />
3. METODI BIOLOGICI<br />
3.1 ASPETTI GENERALI<br />
3.2 LOTTA BIOLOGICA CLASSICA O INOCULATIVA<br />
3.3 LOTTA BIOLOGICA AUMENTATIVA O INONDATIVA<br />
3. 4 LOTTA BIOLOGICA CONSERVATIVA<br />
3.5 LOTTA BIOLOGICA A LARGO SPETTRO<br />
3. 6 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE<br />
4. METODI ECOLOGICI<br />
4.1 COLTURE DA COPERTURA (COVER CROPS)<br />
4.2 UTILIZZAZIONE DI SOSTANZE NATURALI<br />
4.2.1 Sostanze prodotte dalle piante superiori<br />
4.2.2 Sostanze prodotte da microrganismi<br />
4.2.3 Sostanze prodotte da animali<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
* = DA COMPLETARE<br />
1
1. MEZZI MECCANICI<br />
I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> controllo meccanico delle malerbe assumono, oggi, sempre maggior<br />
importanza nei programmi <strong>di</strong> <strong>di</strong>serbo integrato sia a scopo preventivo, per ridurre la<br />
potenzialita' <strong>di</strong> emergenza , sia con funzione curativa, per <strong>di</strong>struggere le infestanti gia' nate<br />
(Schweizer e Zimdahl, 1984; Dessaint et al., 1990) .<br />
Gli effetti determinati dagli interventi meccanici sul terreno possono essere molto<br />
variabili a seconda del tipo <strong>di</strong> operazione eseguita, delle malerbe presenti e delle<br />
con<strong>di</strong>zioni nelle quali si realizzano le lavorazioni (Mortimer, 1979; Hakansson, 1977).<br />
1.1 LAVORAZIONI PRINCIPALI<br />
La preparazione del terreno per la semina o il trapianto delle colture puo' essere<br />
realizzata con interventi meccanici caratterizzati da <strong>di</strong>fferenti modalita' e intensita' <strong>di</strong><br />
esecuzione. Viene, infatti, attuata o con un rovesciamento degli strati del terreno a<br />
maggiore o minore profon<strong>di</strong>ta' o con l'inversione degli strati superficiali e l'incisione <strong>di</strong> quelli<br />
piu' profon<strong>di</strong> o semplicemente con una incisione superficiale del terreno oppure senza<br />
alcun intervento meccanico. Ognuna <strong>di</strong> queste tecniche <strong>di</strong> lavorazione ha specifici riflessi<br />
sullo sviluppo delle malerbe, sia <strong>di</strong>rettamente con l'estirpazione e l'interramento della<br />
vegetazione infestante e dei semi, sia in<strong>di</strong>rettamente mo<strong>di</strong>ficando le con<strong>di</strong>zioni germinative<br />
dei semi (Fai, 1956; Kouwenhoven e Terpstra, 1979, Roberts e Ricketts, 1979, Yenish et<br />
al.,1992).<br />
L'azione in<strong>di</strong>retta sulle malerbe e' certamente l'aspetto <strong>di</strong> maggior importanza nella<br />
<strong>di</strong>namica delle infestazioni, essendo, queste l'espressione della riserva dei semi nel<br />
terreno (Beuret, 1984; Cantele et al., 1992; Yenish et al., 1992). E' stato, al riguardo,<br />
osservato che lo stock dei semi nel suolo e' soggetto a cali <strong>di</strong> germinazione, mortalita' e<br />
predazione e che solo il 2-6 % <strong>di</strong> essi e' in grado <strong>di</strong> germinare e sviluppare delle piante<br />
adulte (Chancellor, 1979, Cavers, 1983; Ball e Miller, 1989; Leck et al., 1989) .<br />
La profon<strong>di</strong>ta' <strong>di</strong> interramento, il tipo ed il numero <strong>di</strong> interventi meccanici hanno una<br />
notevole influenza sulla germinabilita' dei semi. I semi situati alla superficie del terreno<br />
presentano, pur con una certa variabilita' legata alla specie, una maggior capacita'<br />
germinativa <strong>di</strong> quelli posti a maggior profon<strong>di</strong>ta' (Chepil, 1946; Herr e Stroube, 1970). Ad<br />
esempio per Abutilon theophrasti Me<strong>di</strong>cus la profon<strong>di</strong>ta' ottimale <strong>di</strong> germinazione e' <strong>di</strong> 2,5<br />
cm mentre per Taraxacum officinale Weber e' <strong>di</strong> pochi mm. (Mester e Buhler, 1990;<br />
Sheldom, 1973).<br />
In generale le lavorazioni influenzano favorevolmente la germinazione dei semi e<br />
riducendo progressivamente la consistenza della banca semi nel terreno (Barralis e<br />
Chadoeuf, 1980; Roberts, 1981; Bridges e Walker, 1985; Egley e Williams, 1990). Tale<br />
calo e' tuttavia compensato costantemente dall'abbondante produzione <strong>di</strong> semi da parte<br />
delle piante sfuggite ai vari interventi <strong>di</strong> lotta (Moss, 1985, Schweitzer et al, 1989).<br />
I <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> lavorazione sono in grado <strong>di</strong> esercitare una <strong>di</strong>versa pressione <strong>di</strong><br />
selezione sulla flora infestante favorendo o sfavorendo i vari gruppi <strong>di</strong> infestanti (Tab. 1).<br />
Le lavorazioni ridotte ad esempio determinando un ambiente ecologicamente più stabile<br />
aumentano sensibilmente le probabilità <strong>di</strong> della riproduzione. In tali con<strong>di</strong>zioni assumono<br />
minor importanza successo i meccanismi <strong>di</strong> dormienza e <strong>di</strong> prolungamento della vitalità dei<br />
propaguli vegetativi (Berti et. al., 1995).<br />
2
1.2 ARATURA<br />
L’aratura è il più tra<strong>di</strong>zionale dei lavori preparatori; la sua azione <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> controllo<br />
delle malerbe è legata all’eliminazione <strong>di</strong> quelle piante che nascono durante la fase finale<br />
del ciclo della coltura in precdenza praticata sul terreno e che non vengono asportate con<br />
le operazioni <strong>di</strong> raccolta o quelle che nascono subito dopo. L’interramento delle malerbe<br />
prima che terminino lo sviluppo impe<strong>di</strong>sce la loro <strong>di</strong>sseminazione e quin<strong>di</strong> l’aumento della<br />
flora potenziale.<br />
La grande utilità <strong>di</strong> questa operazione si evidenzia soprattutto quando i terreni sono<br />
infestati da malerbe perenni, con organi <strong>di</strong> propagazione sotterranea (rizomi, tuberi, ecc.):<br />
riportando tali organi in superficie ed esponendoli agli agenti atmosferici ne viene favorita<br />
la devitalizzazione.<br />
L’interesse dell’aratura come fattore influenzante la popolazione infestante è però<br />
soprattutto legato alla sua azione sui rapporti tra flora potenziale e flora reale<br />
(Covarelli,1995).<br />
L’inversione degli orizzonti del terreno provocata dall’aratura, determina una<br />
<strong>di</strong>stribuzione abbastanza uniforme dei semi lungo il suo profilo (Cantele et al., 1986; Moss,<br />
1988) (Fig. 1). I semi che vengono portati in profon<strong>di</strong>tà possono rimanere dormienti fino a<br />
quando un successivo intervento meccanico non li riporti in superficie. In queste con<strong>di</strong>zioni<br />
le specie caratterizzate da una dormienza prolungata sono favorite dal rovesciamento del<br />
terreno, mentre i semi <strong>di</strong> specie annuali con <strong>di</strong>mensioni ridotte e dotate <strong>di</strong> scarsa<br />
dormienza quali ad es. Lolium multiflorum Lam., Apera spica-venti (L.) Beauv., Alopecurus<br />
myosuroides Hudson, Stellaria me<strong>di</strong>a (L.) Wil.,Capsella bursa-pastoris (L) Me<strong>di</strong>cus,<br />
Chenopo<strong>di</strong>um album L. vengono devitalizzati rapidamente (Tabella...) (Bachtaler, 1974;<br />
Cussans et al., 1979; Zanin et al., 1985; Barralis et al., 1988; Catizone et al., 1991;<br />
Wrucke e Arnold, 1985; Yenish et al. 1992).<br />
Le lavorazioni del terreno basate sul ricorso all’aratura integrate da un eventuale<br />
trattamento chimico <strong>di</strong> post-emergenza si sono <strong>di</strong>mostrate in molti casi gli interventi più<br />
efficaci nel controllo delle malerbe ed hanno <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> assicurare una maggiore<br />
stabilizzazione delle flora infestante nel tempo.<br />
1.3 MINIMA LAVORAZIONE E NON LAVORAZIONE<br />
Le tecniche <strong>di</strong> lavorazione ridotta e <strong>di</strong> non lavorazione, frequentemente adottate in<br />
questi ultimi tempi per il contenimento dei costi energetici e degli effetti sull’ambiente, sono<br />
in grado <strong>di</strong> esercitare una forte influenza sulla <strong>di</strong>namica delle infestazioni.<br />
Oltre alla minore azione <strong>di</strong>retta nei confronti delle malerbe, le lavorazioni ridotte<br />
tendono ad accumulare i semi negli strati più superficiali del terreno, consentendo ad un<br />
maggior numero <strong>di</strong> malerbe <strong>di</strong> emergere. Questo tipo <strong>di</strong> lavorazioni favorisce in genere la<br />
<strong>di</strong>ffusione delle graminacee annuali (Froud-Williams, 1988) e, più in particolare, quelle<br />
specie i cui semi sono caratterizzati da <strong>di</strong>mensioni ridotte e da scarsa dormienza (Cantele<br />
et al.1986; Moss 1988). Si determina <strong>di</strong> conseguenza una maggiore necessità <strong>di</strong> ricorrere<br />
al mezzo chimico o a interventi meccanici complementari tempestivi ed accurati. Con le<br />
lavorazioni ridotte, purchè sia garantito un controllo efficace delle malerbe, è normalmnte<br />
possibile ottenere rese simili a quelle ottenute con la lavorazione tra<strong>di</strong>zionale, con un<br />
significativo contenimento dei costi <strong>di</strong> esercizio e con un abbassamento rapido della banca<br />
semi nei primi centimetri <strong>di</strong> terreno e quin<strong>di</strong> con una riduzione dell’infestazione nel me<strong>di</strong>otermine.<br />
3
Particolarmente emblematico è il caso del comportamento del riso crodo (Oryza<br />
sativa L. var. sylvatica ) nell’emergenza in conseguenza delle <strong>di</strong>verse tecniche <strong>di</strong><br />
lavorazione del terreno per la preparazione del letto <strong>di</strong> semina del riso. Le emergenze<br />
dell’infestante rilevate a seguito dell’aratura tra<strong>di</strong>zionale, effettuata a non più <strong>di</strong> 20 cm <strong>di</strong><br />
profon<strong>di</strong>tà sono generalmente inferiori alla metà <strong>di</strong> quelle riscontrate con la minima<br />
lavorazione. (Fig. 2) (Ferrero, et al., 1996; Ferrero e Vidotto, 1997). La conoscenza delle<br />
relazioni esistenti tra la riserva dei semi nel terreno e la densità delle plantule emerse, in<br />
relazione alle modalità <strong>di</strong> preparazione del letto <strong>di</strong> semina, permette <strong>di</strong> adottare le strategie<br />
<strong>di</strong> gestione della malerba più idonee alle <strong>di</strong>verse situazioni operative. Ad esempio con una<br />
ridotta banca semi è consigliabile limitare al massimo le emergenze arando il terreno e<br />
seminando al più presto varietà tar<strong>di</strong>ve caratterizzate da una maggiore potenzialità<br />
produttiva.<strong>di</strong> quelle precoci. Con una elevata banca semi, invece, è preferibile erpicare<br />
superficialmente il terreno all’inizio <strong>di</strong> marzo, allo scopo <strong>di</strong> favorire al massimo le nascite<br />
della malerba permettendone il successivo controllo con erbici<strong>di</strong> sistemici allo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 2-3<br />
foglie (inizio maggio). In tal caso è però necessario seminare varietà precoci,<br />
potenzialmente meno produttive.<br />
La non lavorazione determina un graduale aumento negli anni delle infestanti perenni<br />
(Hill, 1980), con l’eccezione <strong>di</strong> quelle specie dotate <strong>di</strong> organi <strong>di</strong> riproduzione vegetativa<br />
(Convolvulus arvensis, Sorghum halepense, Agropyron repens) (Froud e Williams, 1988;<br />
Covarelli, 1995).<br />
La maggior concentrazione <strong>di</strong> residui colturali e <strong>di</strong> sostanza organica negli strati<br />
superficiali del terreno mo<strong>di</strong>fica le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà e <strong>di</strong> temperatura del suolo e,<br />
conseguentemente, influenza la germinazione e la crescita sia della coltura sia delle<br />
infestanti. La presenza dei residui con<strong>di</strong>ziona anche molti aspetti del <strong>di</strong>serbo chimico,<br />
come la scelta del prodotto e la sua formulazione, la frequenza dei trattamenti, l’efficacia<br />
dell’azione erbicida e la velocità <strong>di</strong> degradazione del principio attivo che a loro volta<br />
influenzano la <strong>di</strong>namica della popolazione dei semi nel terreno Per tutti questi motivi, la<br />
flora avventizia che è in grado <strong>di</strong> svilupparsi in queste con<strong>di</strong>zioni é frequentemente <strong>di</strong>versa<br />
da quella dei sistemi <strong>di</strong> lavorazione tra<strong>di</strong>zionale del terreno.<br />
1. 4 LAVORAZIONI AL BUIO<br />
La germinazione dei semi è frequentemente influenzata dalla loro esposizione alla<br />
ra<strong>di</strong>azione luminosa. In particolare, la risposta dei semi alla luce è me<strong>di</strong>ata da un<br />
fitocromo, un pigmento sensibile alla luce e presente in due forme fotoconvertibili. Quando<br />
i semi vengono esposti alla luce del giorno caratterizzata dalla presenza della componente<br />
ra<strong>di</strong>attiva rossa dello spettro visibile (660 nm) la forma inattiva P r si trasforma nella<br />
corrispondente forma attiva P fr la quale è in grado <strong>di</strong> stimolare i processi germinativi.<br />
Quando, invece, l'eposizione alla luce rossa è imme<strong>di</strong>atamente seguita da un ulteriore<br />
esposizione ad una ra<strong>di</strong>azione ai limiti del rosso (730 nm), presente soprattutto <strong>di</strong> note, il<br />
P fr viene convertito nella forma inattiva P r e la germinazione viene bloccata (Frankland e<br />
Tylorson, 1983).<br />
La luce solare, generalmente, penetra solo per pochi millimetri nel suolo (Tester e<br />
Morris, 1987), tuttavia, durante la lavorazione del terreno, anche i semi che si trovano in<br />
profon<strong>di</strong>tà vengono esposti per alcuni secon<strong>di</strong> alla luce solare. Durante giornate<br />
soleggiate, caratterizzate da un flusso <strong>di</strong> fotoni pari a circa 2000 µmol m -2 s -1 anche una<br />
esposizione dei semi <strong>di</strong> pochi millisecon<strong>di</strong> risulta sufficiente a promuovere la germinazione<br />
dei semi più sensibili alla luce (Scopel et al., 1991). A questo riguardo , tuttavia, non si<br />
hanno ancora sufficienti informazioni sul livello <strong>di</strong> oscurità necessario per evitare la<br />
4
germinazione dei semi durante la lavorazione del terreno. Sembra accertato che in<br />
presenza della luce emessa dalla luna(0,002 µmol m -2 s -1 ) il terreno possa essere<br />
rimosso per circa 5 secon<strong>di</strong> senza che ciò induca la germinazione dei semi delle infestanti<br />
più sensibili alla luce (Hartman e Neradal, 1990). Le lavorazioni notturne permettono <strong>di</strong><br />
ridurre dal 15 al 40 % l'emergenza delle infestanti rispetto alle lavorazioni alla luce. Il più<br />
elevato contenimento delle nascite si determina con lavorazioni al buio imme<strong>di</strong>atamente<br />
seguite da una rullatura del terreno, in modo da ridurre al massimo, durante il giorno, la<br />
penetrazione della luce all'interno dello stesso (Dieraurer, 1990; Hopkinson, 1992).<br />
Le lavorazioni notturne si sono <strong>di</strong>mostrate in grado <strong>di</strong> contenere l’emergenza<br />
soprattutto delle specie con semi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte (Chenopo<strong>di</strong>um album L. Poa annua<br />
L., Stellaria me<strong>di</strong>a L., Urtica urens L.).<br />
Risultati analoghi a quelli ottenuti con le lavorazioni notturne possono aversi anche<br />
intervenendo <strong>di</strong> giorno, coprendo con un'apposito telo plastificato nero l'attrezzo impiegato<br />
per la lavorazione del terreno (Ascard, 1993), in modo tale da contenere il flusso dei fotoni<br />
entro le 0,002 µmol m -2 s -1 . I vantaggi delle lavorazioni al buio sono però parzialmente<br />
limitati da alcune <strong>di</strong>fficoltà operative legate al <strong>di</strong>sagio <strong>di</strong> dover effettuare l'intervento<br />
meccanico nottetempo e, soprattutto nel caso della schermatura dell'attrezzo, <strong>di</strong> non poter<br />
controllare <strong>di</strong>rettamente la sua funzionalità.<br />
1.5 RACCOLTA DEI SEMI<br />
Per molte infestanti, la <strong>di</strong>ffusione dei semi nel terreno coincide con la raccolta della<br />
coltura, poiché, sovente, il ciclo vegetativo della infestante si sovrappone a quello della<br />
pianta coltivata. Lo sviluppo della meccanizzazione agricola ha, pertanto, in tal senso<br />
contribuito alla <strong>di</strong>ffusione delle malerbe, in quanto gran parte dei semi delle infestanti<br />
vengono raccolti dalla mietitrebbiatrice e scaricati sul terreno durante la fase <strong>di</strong> pulitura. In<br />
particolare, se si considera che questa operazione viene eseguita in movimento e che con<br />
la <strong>di</strong>ffusione del contoterzismo si è registrato un incremento della mobilità delle macchine<br />
sul territorio, si ha un'idea <strong>di</strong> come l'area entro cui avviene la <strong>di</strong>sseminazione può<br />
raggiungere anche elevate <strong>di</strong>mensioni.<br />
Va inoltre ricordato che il recente inserimento degli organi trinciapaglia sulle<br />
mietitrebbiatrici ha sicuramente ulteriormente contribuito a favorire la <strong>di</strong>ffusione dei semi<br />
delle infestanti.<br />
Con l'intento <strong>di</strong> evitare questa indesiderata <strong>di</strong>sseminazione è stata recentemente<br />
sperimentata (Balsari et al., 1993) una apposita attrezzatura da inserire all'interno delle<br />
mietitrebbie in grado <strong>di</strong> separare i semi delle infestanti da quelli della coltura e<br />
successivamente devitalizzarli facendoli passare attraverso un mulino a martelli prima <strong>di</strong><br />
scaricarli nuovamente sul terreno (Fig. 3).<br />
La quantità <strong>di</strong> semi <strong>di</strong> infestanti non ancora caduti sul terreno al momento della<br />
raccolta del riso, soia, frumento supera spesso i 220 kg/ha; tale quantitativo corrisponde<br />
ad un potenziale sviluppo, nell'anno successivo, <strong>di</strong> oltre 1.500 piante infestanti per metro<br />
quadrato.<br />
Con l'impiego delle mietitrebbie tra<strong>di</strong>zionali solo circa il 25-30% dei semi delle<br />
infestanti viene recuperato nella tramoggia assieme alla granella, creando una serie <strong>di</strong><br />
problemi nelle successive fasi <strong>di</strong> pulizia ed essiccazione del prodotto raccolto, mentre la<br />
restante frazione <strong>di</strong> semi (fino a 150-160 kg/ha) ritorna al terreno con le paglie.<br />
Il sistema <strong>di</strong> recupero applicato sulla mietitrebbia é in grado <strong>di</strong> raccogliere fino al 90%<br />
dei semi <strong>di</strong> infestanti presenti in campo al momento della mietitrebbiatura, senza<br />
mo<strong>di</strong>ficare la capacità <strong>di</strong> lavoro della macchina ed il cantiere <strong>di</strong> lavoro.<br />
5
Il <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> devitalizzazione messo a punto è inoltre adattabile alle mietitrebbie<br />
convenzionali ed è caratterizzato da limitati consumi energetici (me<strong>di</strong>amente 50 Wh/kg <strong>di</strong><br />
prodotto trattato).<br />
Le maggiori possibilità applicative <strong>di</strong> tale sistema sono attese nella raccolta del riso.<br />
Tale coltura, infatti, appare comunemente infestata da Echinocloa spp, una malerba<br />
caratterizzata da semi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni inferiori a quelle del riso e quin<strong>di</strong> facilmente separabili.<br />
1.6 ERPICATURA<br />
La tecnica del controllo delle malerbe me<strong>di</strong>ante l'erpicatura, già ampiamente adottata<br />
in passato nei cereali autunno-vernini é, oggi, <strong>di</strong> interesse nelle colture seminate a spaglio<br />
o a file ravvicinate. In queste con<strong>di</strong>zioni, essa, non risolve sempre in modo ra<strong>di</strong>cale il<br />
problema degli inerbimenti ma riduce sensibilmente la pressione delle infestanti.<br />
L'erpicatura consente <strong>di</strong> eliminare soprattutto le malerbe annuali gia' emerse nelle colture,<br />
me<strong>di</strong>ante un'azione <strong>di</strong> ricoprimento con il terreno (Kees, 1962; Rasmussen, 1991). Essa<br />
deve essere pertanto realizzata con infestazioni negli sta<strong>di</strong> iniziali <strong>di</strong> sviluppo; gli interventi<br />
effettuati oltre alle 4-6 foglie presentano normalmente una efficacia trascurabile (Kress,<br />
1993). L'erpicatura favorisce, inoltre, l'accestimento e migliora l'aerazione superficiale del<br />
terreno e la <strong>di</strong>sponibilita' <strong>di</strong> elementi nutritivi .<br />
L'efficacia <strong>di</strong> questo intervento meccanico varia a seconda del tipo attrezzatura<br />
utilizzata. I migliori risultati sono generalmente ottenuti con erpici strigliatori o a maglia<br />
caratterizzati dalla presenza <strong>di</strong> denti articolati tra <strong>di</strong> loro in grado <strong>di</strong> smuovere<br />
superficialmente il terreno in tutti i sensi attraverso movimenti ellissoidali e vibratori<br />
L'efficienza del <strong>di</strong>serbo meccanico <strong>di</strong>pende da:<br />
- tipo <strong>di</strong> suolo;<br />
- umi<strong>di</strong>ta' del suolo;<br />
- struttura degli strati superficiali del terreno;<br />
- il principio <strong>di</strong> funzionamento delle macchine;<br />
- la velocita' <strong>di</strong> intervento;<br />
- la specifica resistenza delle malerbe;<br />
- lo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sviluppo delle malerbe e della coltura;<br />
- le con<strong>di</strong>zioni climatiche dopo l'intervento.<br />
Queste variabili possono influenzare notevolmente il grado <strong>di</strong> efficacia dell'intervento.<br />
L'erpice a denti flessibili e l'erpice snodato, impiegati nei terreni pesanti seminati con la<br />
tecnica della non lavorazione, hanno <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> essere piu' efficienti dei <strong>di</strong>spositivi a<br />
denti rigi<strong>di</strong>. Tale comportamento e' principalmente dovuto al maggior trasporto <strong>di</strong> terra<br />
sulla vegetazione operato dai primi (Bohrnsen, 1990).<br />
L'attivita' degli erpici a denti flessibili può variare in relazione al tipo <strong>di</strong> dente e alla<br />
tensione della molla ma appare soprattutto influenzata dallo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sviluppo delle<br />
malerbe. Il grado <strong>di</strong> efficacia <strong>di</strong> queste attrezzature raggiunge livelli del 40-85% nei in<br />
presenza <strong>di</strong> plantule e solo del 5-45% nel caso <strong>di</strong> infestazioni con piante piu' sviluppate.<br />
Un ulteriore incremento del grado <strong>di</strong> efficacia, in particolare nei riguar<strong>di</strong> delle graminacee<br />
puo' essere ottenuto me<strong>di</strong>ante un secondo passaggio in senso contrario al primo.<br />
Nei cereali a paglia l'erpice a maglia tipo Howard e l'erpice strigliatore sono in grado<br />
<strong>di</strong> fornire un buon controllo delle specie a nascita superficiale ed in particolare <strong>di</strong> Papaver<br />
rhoeas L. Tali attrezzature, però’ presentano una scarsa eficacia nei confronti delle<br />
graminacee (Covarelli e Bonciarelli,1991). Un miglioramento dell'azione nei riguar<strong>di</strong> delle<br />
malerbe potrebbe essere facilmente ottenuto ricorrendo ad interventi meccanici piu'<br />
energici o anticipando l'epoca <strong>di</strong> esecuzione che comportano, però, il rischio <strong>di</strong><br />
6
danneggiare visibilmente la coltura e avere riflssi negativi sulle rese (Bauman, 1992; Berry<br />
e Wilders, 1992).<br />
Il successo dell’intervento <strong>di</strong> strigliatura é normalmente più legato alla accuratezza <strong>di</strong><br />
regolazione e alla tempestività <strong>di</strong> impiego che non alla scelta del tipo <strong>di</strong> attrezzatura<br />
(Frondoni, 1994). Nei cereali autunno-vernini il periodo <strong>di</strong> intervento più appropriato è<br />
compreso tra lo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> inizio dell’accestimento e quello <strong>di</strong> inzio levata, tenendo<br />
soprattutto in considerazione la necessità <strong>di</strong> avere infestazioni nelle fasi iniziali <strong>di</strong> sviluppo.<br />
Per ottimizzare l'applicazione delle erpicature sui cereali a paglia, é stato<br />
recentemente elaborato un modello empirico in grado <strong>di</strong> valutare la risposta produttiva<br />
della coltura tenendo conto della capacita' competitiva delle malerbe e del grado <strong>di</strong><br />
selettivita' dell’intervento (Rasmussen 1991, 1992, 1993). Nella formulazione piu'<br />
aggiornata il modello e' il seguente:<br />
Id<br />
y = Ywf [1-0,01 a1 CC] [1- -----------------]<br />
100 (1+Id /A)<br />
dove<br />
CC : % <strong>di</strong> ricoprimento della coltura con terra,:<br />
ywf : produzione in assenza <strong>di</strong> malerbe;<br />
a1: % <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> produzione per unita' <strong>di</strong> densita', quando d tende a 0;<br />
A : % <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> produzione quando d tende a ∞.<br />
Il modello, pur assumendo una notevole vali<strong>di</strong>ta' ed interesse sul piano concettuale,<br />
é stato al momento validato solo nelle con<strong>di</strong>zioni operative <strong>di</strong> Paesi nord-europei e<br />
presenta ancora alcune limitazioni per una estesa applicazione pratica. Al riguardo, infatti,<br />
si puo' osservare che mancano ancora criteri standard <strong>di</strong> valutazione del grado <strong>di</strong><br />
sotterramento della coltura e degli effetti competitivi <strong>di</strong> comunita' <strong>di</strong> malerbe con <strong>di</strong>versa<br />
composizione floristica.<br />
1.7 SARCHIATURA<br />
Il controllo meccanico delle malerbe nelle colture a file <strong>di</strong>stanziate puo' essere<br />
realizzato, in modo selettivo per le colture, con attrezzature in grado <strong>di</strong> lavorare<br />
nell'interfila.<br />
A <strong>di</strong>fferenza degli interventi realizzati sulle colture a file ravvicinate o seminate a<br />
spaglio e' possibile, in tale situazione, operare in modo piu' energico, determinando oltre al<br />
ricoprimento anche un taglio ed uno sra<strong>di</strong>camento delle piante presenti tra le file <strong>di</strong><br />
semina.<br />
La lavorazione interfila è meno <strong>di</strong>pendente, rispetto alla erpicatura, dallo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
sviluppo delle avventizie e puo' essere effettuato in un arco <strong>di</strong> tempo piu' prolungato<br />
(Rademacher 1962). Per tale operazione e' <strong>di</strong>sponibile un'ampia tipologia <strong>di</strong> macchine<br />
caratterizzate dalla presenza <strong>di</strong> organi operativi fissi o rotanti. Le prime, piu' semplici da un<br />
punto <strong>di</strong> vista costruttivo e riconducibili in gran parte al gruppo delle sarchiatrici, sono<br />
dotate <strong>di</strong> organi <strong>di</strong> lavoro a vangheggia <strong>di</strong> varia <strong>di</strong>mensione e foggia a seconda delle<br />
particolari esigenze (Pellizzi, 1986). Per una piu' incisiva azione sulle malerbe le zappette<br />
presentano un doppio tagliente rappresentato dai bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> un vomeretto a pianta<br />
triangolare in grado <strong>di</strong> favorire anche l'arieggiamento del terreno.<br />
7
Le zappatrici sono costituite da organi rotanti dotati <strong>di</strong> zappette, mossi o meno da<br />
una presa <strong>di</strong> potenza della trattrice. Queste <strong>di</strong>verse macchine sono destinate a operare su<br />
piu' interfilari contemporaneamente e permettono la regolazione della <strong>di</strong>stanza reciproca<br />
degli utensili in relazione all’ampiezza dell’interfila della coltura. Sono <strong>di</strong>sponibili, anche,<br />
macchine munite <strong>di</strong> piu' utensili al fine <strong>di</strong> consentire l'esecuzione <strong>di</strong> piu' operazioni con un<br />
unico passaggio.<br />
La sarchiatura presenta un <strong>di</strong>verso grado <strong>di</strong> efficacia sulle malerbe a seconda della<br />
<strong>di</strong>stanza dal centro dell'organo lavorante, della profon<strong>di</strong>ta' <strong>di</strong> lavorazione e della natura del<br />
terreno (Fig.4).<br />
Con una attrezzatura dotata <strong>di</strong> una zappetta a doppio tagliente in grado <strong>di</strong><br />
determinare una leggera rincalzatura e <strong>di</strong> operare alla profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> 2 cm su una larghezza<br />
<strong>di</strong> 40 cm, gran parte del terreno smosso ricade sulla stessa striscia <strong>di</strong> terreno interessata<br />
dall'organo lavorante (Terpstra e Kowenhoven, 1981) (figura 5). Aumentando la profon<strong>di</strong>ta'<br />
da 2 a 4 cm si determina uno spostamento <strong>di</strong> circa il 30%. della massa <strong>di</strong> terreno soggetta<br />
all’ intervento, con un sensibile allargamento della superficie interessata all’azione <strong>di</strong><br />
controllo delle infestanti. In queste con<strong>di</strong>zioni è possibile <strong>di</strong>struggere anche malerbe <strong>di</strong> 7-9<br />
cm poste ad alcuni centimetri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dalla striscia effettivamente lavorata e in<br />
prossimità della fila della coltura.<br />
Utilizzando le attrezzature piu' adeguate alle specifiche situazioni colturali ed<br />
intervenendo in modo tempestivo e con la necessaria attenzione operativa sarebbe<br />
possibile, su colture a file molto <strong>di</strong>stanziate, come ad es. il mais, ottenere il controllo delle<br />
malerbe su tutta la superficie. In realta' i risultati <strong>di</strong> questa operazione appaiono alquanto<br />
variabili a causa del <strong>di</strong>verso rapporto competitivo tra la coltura e le infestanti, del <strong>di</strong>verso<br />
sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sviluppo delle infestazioni e della <strong>di</strong>fferente sensibilita' specifica al sotterramento.<br />
In numerose prove realizzate in Piemonte e Lombar<strong>di</strong>a e' stato, infatti, posto in evidenza<br />
che le rese areiche relative al controllo delle malerbe con le sole lavorazioni nell'interfila<br />
non <strong>di</strong>fferiscono, nel mais, da quelle ottenute con il <strong>di</strong>serbo chimico a pieno campo,<br />
mentre nella soia si riducono <strong>di</strong> circa il 35%(Balsari et al, 1989).<br />
Le piogge intervente subito dopo la sarchiatura possono favorire la ripresa vegetativa<br />
delle piante sotterrate e limitare sensibilmente il grado <strong>di</strong> efficacia dell’intervento.<br />
L'aleatorieta' dei risultati del controllo meccanico delle malerbe puo' essere<br />
notevolmente ridotta integrando la lavorazione nell'interfila con il <strong>di</strong>serbo chimico sulla fila<br />
(Shaw, 1982; Balsari et al., 1989; Covarelli, 1989; Balsari et al., 1993). Questa tecnica ha<br />
fornito, in numerose con<strong>di</strong>zioni applicative, risultati produttivi analoghi a quelli ottenuti con<br />
il <strong>di</strong>serbo chimico <strong>di</strong> pieno campo, con una serie <strong>di</strong> vantaggi economici ed operativi (Fig<br />
5).. Essa consente, infatti, <strong>di</strong>:<br />
- effettuare contemporaneamente le operazioni <strong>di</strong> semina e <strong>di</strong>serbo;<br />
- ridurre <strong>di</strong> circa il 66% l'impiego del prodotto chimico;<br />
- eliminare l'effetto deriva;<br />
- migliorare l'efficacia del trattamento chimico anche in con<strong>di</strong>zioni non favorevoli <strong>di</strong><br />
umi<strong>di</strong>ta' del terreno, potendo operare su terreno appena smosso e quin<strong>di</strong> parzialmente<br />
umido.<br />
- ridurre fino al 25% i costi del <strong>di</strong>serbo a seguito <strong>di</strong> un minor impiego <strong>di</strong> erbicida e ad<br />
una ridotta complessita' del cantiere; tale situazione consente, anche, <strong>di</strong> incrementare la<br />
superficie dominabile dalle attrezzature <strong>di</strong>sponibili.<br />
La combinazione del <strong>di</strong>serbo chimico sulla fila con quello meccanico nell'interfila<br />
presenta, pero', limitazioni applicative nei terreni pesanti, nei quali perio<strong>di</strong> prolungati <strong>di</strong><br />
piogge possono pregiu<strong>di</strong>care la tempestivita' delle sarchiature.<br />
8
1.8 SPAZZOLATURA<br />
La spazzolatura trova applicazione per il controllo della vegetazione infestante delle<br />
colture erbacee ed arboree e si basa sull'utilizzazione <strong>di</strong> attrezzature dotate <strong>di</strong> spazzole<br />
rotanti attorno ad un asse <strong>di</strong>sposto trasversalmente alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> avanzamento o in<br />
posizione verticale (fig...). Per un efficace controllo degli inerbimenti è necessario<br />
intervenire con infestanti nelle prime fasi <strong>di</strong> sviluppo e operare a profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> almeno 2<br />
cm, con velocità <strong>di</strong> avanzamento della macchina non superiori ai 4 km/h (Weber, 1994).<br />
Le spazzolatrici sono adattabili a interfile <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa larghezza, evitano la formazione<br />
della suola <strong>di</strong> lavorazione ma sono caratterizzate da una limitata capacità operativa (0,3-<br />
0,5 ha/h). Possono operare solo in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> terreno asciutto ma in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />
eccessiva secchezza provocano una forte polverosità e la destrutturazione dello strato <strong>di</strong><br />
terreno interessato all’intervento. In tali con<strong>di</strong>zioni si determina, la formazione <strong>di</strong> materiale<br />
fine, che con precipitazione intense, può dar luogo a fenomeni erosivi nei terreni in pen<strong>di</strong>o<br />
o a crostosità nei terreni in piano.<br />
Per gli impianti arborei sono state messe a punto spazzolatrici in grado <strong>di</strong> operare sia<br />
nei confronti delle infestanti sia dei ricacci basali della coltura.<br />
1.9 SFALCIO<br />
Lo sfalcio delle malerbe può venire attuato con modalità operative <strong>di</strong>verse a seconda<br />
che interessi l'apparato epigeico o quello sotterraneo.<br />
Il taglio della parte aerea rappresenta una tecnica tra<strong>di</strong>zionale per la <strong>di</strong>struzione delle<br />
specie annuali o per il contenimento <strong>di</strong> quelle perennanti. Assume particolare interesse, ad<br />
esempio, nei nuovi impianti prativi, nei quali un taglio anticipato (<strong>di</strong> pulizia) consente un<br />
rapido affrancamento delle specie foraggere a danno <strong>di</strong> quelle spontanee sensibili a<br />
questo intervento (Ferrero, 1989).<br />
Il contenimento delle infestanti poliennali a mezzo dello sfalcio trova applicazione nei<br />
prati permanenti e nei pascoli, ove si rende necessario ridurre lo sviluppo e la produzione<br />
<strong>di</strong> seme delle essenze scartate dagli animali al pascolo.<br />
Per ragioni analoghe la tecnica dello sfalcio viene applicata nelle colture arboree<br />
sottoposte a inerbimento controllato. Tale metodo <strong>di</strong> gestione è frequentemente adottato in<br />
frutticoltura e in viticoltura in quanto consente <strong>di</strong> migliorare le caratteristiche chimicofisiche<br />
del terreno, ridurre i rischi <strong>di</strong> erosione e aumentare le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> agibilità<br />
dell'impianto (Loreti e Pisani, 1986).<br />
Lo sfalcio sotterraneo delle infestanti trova particolare applicazione sulla fila delle<br />
colture arboree. Viene realizzato con attrezzature portate dalla trattrice, dotate <strong>di</strong> organo<br />
tastatore in grado <strong>di</strong> far allontanare la lama falciante dalla pianta e <strong>di</strong> tagliare l'apparato<br />
ipogeico delle infestanti in pieno sviluppo vegetativo (1-3 cm sotto la superficie del<br />
terreno). Operando su uno o contemporaneamente due filari per una larghezza <strong>di</strong> circa 0,5<br />
m è possibile trattare da 2 a 3 ettari all'ora.<br />
La tecnica dello sfalcio rappresenta, oggi, una sod<strong>di</strong>sfacente soluzione tecnica dove<br />
si riscontrano gravi e impreviste infestazioni <strong>di</strong> riso crodo in varietà <strong>di</strong> riso a taglia bassa<br />
(Balsari e Tabacchi, 1997). L’intervento prevede il taglio delle pannocchie dell’infestante<br />
subito dopo la fioritura, prima del riempimento dei semi, me<strong>di</strong>ante un attrezzatura montata<br />
anteriormente al trattore. La macchina è schematicamente costituta da una lama falciante<br />
<strong>di</strong> 4-5 m, un aspo localizzato sopra e davanti alla lama e una coppia <strong>di</strong> rulli controrotanti<br />
per lo schiacciamento delle pannocchie sfalciate. L’impiego <strong>di</strong> questa attrezzatura pur non<br />
limitando gli effetti competitivi dell’infestante nei confronti della coltura permette <strong>di</strong> ridurre<br />
9
fino oltre al 90% il potenziale incremento della banca semi della malerba nel terreno. Tale<br />
tecnica richiede frequentemente un secondo intervento 10-15 giorni dopo il primo per<br />
evitare la <strong>di</strong>sseminazione da parte delle pannocchie sviluppatesi dai ricacci.<br />
2. METODI FISICI<br />
2.1 PACCIAMTURA<br />
La pacciamatura consiste nella copertura totale o parziale del terreno con materiale<br />
opaco in grado <strong>di</strong> limitare lo sviluppo delle malerbe . A questo scopo possono venire<br />
utilizzati materiali vegetali quali foglie, paglia, segatura, resti <strong>di</strong> potatura trinciati, cortecce<br />
triturate o plastici trasparenti od opachi <strong>di</strong>versamente colorati, costituiti da fogli <strong>di</strong><br />
polietilene ad alta e bassa densita', policloruro <strong>di</strong> vinile, tessuto <strong>di</strong> polipropilene. Tale<br />
tecnica adottata nel nostro Paese soprattutto nelle colture erbacee si e' <strong>di</strong>ffusa, in altri<br />
ambienti agricoli (Usa, Germania, Francia, Svizzera), anche negli impianti arborei (Loreti e<br />
Pisani, 1986).<br />
In questi ultimi anni l'industria delle materie plastiche ha sviluppato <strong>di</strong>versi materiali,<br />
caratterizzati da un grado variabile <strong>di</strong> resistenza alla degradazione e da un ampia gamma<br />
<strong>di</strong> trasparenza alle ra<strong>di</strong>azioni ed alla permeabilita' all'acqua e ai gas. Sono, infatti,<br />
<strong>di</strong>sponibili film trasparenti, neri, bianchi, o <strong>di</strong>versamente colorati, opachi, termici e<br />
fotodegradabili.<br />
Per la lotta alle malerbe vengono preferibilmente utilizzati film o tessuti neri, opacotermici<br />
e bianchi.<br />
I film neri esercitano, in genere, un miglior controllo delle malerbe, in quanto non<br />
lasciano passare alcuna ra<strong>di</strong>azione dello spettro visibile (Lennartsson et al.,1990,<br />
Horowitz, 1993) (figura 6). Le temperature al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> tali materiali sono, pero', inferiori a<br />
quelle rilevate sotto i film trasparenti in quanto al terreno viene trasmesso solo il calore che<br />
proviene dallo stesso materiale. Per tale ragione sono stati messi a punto dei teli colorati (<br />
ver<strong>di</strong>, rosso-bruni), detti opaco-termici che combinano i vantaggi dei materiali opachi<br />
(effetto erbicida) e <strong>di</strong> quelli trasparenti, lasciando solo filtrare la ra<strong>di</strong>azione del calore<br />
(Pacini, 1976; Guariento, 1976; Funke, 1983). Questi possono richiedere dosi ridotte <strong>di</strong><br />
erbici<strong>di</strong>. Sono <strong>di</strong>sponibili film bi- o tri-strato caratterizzati da successioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso colore,<br />
per migliorare gli effetti dell'oscuramento e della trasmissione del calore.<br />
La <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> temperatura registrata nel terreno a vari livelli <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>ta' per i<br />
<strong>di</strong>versi materiali pacciamanti raggiunge valori <strong>di</strong> oltre 20 ° C (Horowitz, 1993)<br />
Il grado <strong>di</strong> efficacia sulle avventizie <strong>di</strong>pende notevolmente dalle caratteristiche<br />
morfologiche delle specie presenti. La presenza <strong>di</strong> formazioni pungenti o taglienti, infatti,<br />
consente al Cyperus rotundus, all' Elymus repens (Derr e Appleton, 1990), alla Digitaria<br />
sanguinalis e al Cynodon dactylon ( Robinson, 1988) <strong>di</strong> perforare sia i film <strong>di</strong> polietilene sia<br />
i tessuti <strong>di</strong> polipropilene.<br />
Gli effetti favorevoli esercitati dalla copertura del terreno sono legati, oltre che al<br />
contenimento della flora infestante ed all'aumento della temperatura del terreno, anche<br />
alla riduzione della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> acqua per evaporazione, alla conservazione della struttura<br />
del suolo e all'aumento dell'attivita' della microflora (Loreti e Pisani, 1986; Horowitz,<br />
1993)).<br />
In relazione a questi aspetti i film <strong>di</strong> polietilene sono poco permeabili ai gas e e<br />
presentano una migliore conservazione dell'umi<strong>di</strong>ta' rispetto ad altri materiali pacciamanti.<br />
I film <strong>di</strong> polietilene a bassa densita' sono ad oggi i materiali plastici piu' utilizzati per la<br />
10
copertura del terreno ed interessano una superficie <strong>di</strong> circa 50.000 ha per anno in gran<br />
parte destinata alla coltivazione <strong>di</strong> specie ortive e floreali (Pacini, 1991).<br />
Sono stati recentemente introdotti film <strong>di</strong> polietilene a bassa densita', a durata<br />
programmata, soggetti a una <strong>di</strong>versa intensita' <strong>di</strong> fotodegradazione. I materiali <strong>di</strong> questo<br />
tipo presentano un comportamento nei confronti delle malerbe analogo a quello dei film <strong>di</strong><br />
polietilene tra<strong>di</strong>zionale. La loro <strong>di</strong>ffusione appare. pero', al momento alquanto limitata in<br />
quanto lasciano al termine della stagione <strong>di</strong> utilizzazione frammenti non completamente<br />
degradati. Di maggiore interesse per gli sviluppi futuri appare un particolare tipo <strong>di</strong> carta a<br />
base <strong>di</strong> fibra <strong>di</strong> cellulosa (ecopac) completamente biodegradabile, la quale, interrata al<br />
termine della coltivazione e' destinata alla totale degradazione organica (Pacini, 1991).<br />
I tessuti <strong>di</strong> polipropilene sono piu' resistenti e permeabili all'acqua e ai gas. Il loro<br />
effetto nei confronti dell'umi<strong>di</strong>ta' del terreno varia sensibilmente in relazione alla <strong>di</strong>versa<br />
colorazione. I tessuti neri mantengono il livello <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>ta' del terreno piu' elevato rispetto a<br />
quelli ver<strong>di</strong> o bianco-neri. I tessuti <strong>di</strong> polipropilene tendono a <strong>di</strong>ffondersi, oltre che in nelle<br />
colture erbacee anche nel settore fruttiviticolo soprattutto per la pacciamatura dei giovani<br />
impianti (Derr e Appleton, 1989). Per queste ultime applicazioni i tessuti plastici appaiono<br />
particolarmente favorevoli in quanto mantengono inalterata la loro funzione per almeno 4-5<br />
anni.<br />
Le cortecce triturate, <strong>di</strong>sposte su uno strato <strong>di</strong> una decina <strong>di</strong> cm, sono in grado <strong>di</strong><br />
svolgere un notevole effetto pacciamante. Riducono fino a 14°C la temperatura registrata<br />
nel terreno non pacciamato e migliorano le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>ta' fino a oltre 50 cm <strong>di</strong><br />
profon<strong>di</strong>ta'. Questi materiali presentano, pero', caratteristiche e proprieta' variabili a<br />
seconda dell'origine e del grado <strong>di</strong> sminuzzamento (Robinson, 1988).<br />
La pacciamatura,realizzata sia con materiali plastici sia con composti organici, agisce<br />
favorevolmente sull'attivita' della microflora in conseguenza delle migliori con<strong>di</strong>zioni idriche<br />
e termiche che si determinano nel terreno. Per tali ragioni nei terreni pacciamati si<br />
registrano quantita' me<strong>di</strong>amente maggiori <strong>di</strong> elementi nutritivi rispetto ai terreni lavorati<br />
(Funke, 1983). La copertura del terreno ha inoltre una favorevole azione sulle<br />
caratteristiche strutturali del terreno per effetto delle migliori proprieta' chimiche e<br />
biologiche e a seguito del contenimento dell' azione battente delle piogge.<br />
2.2. SOLARIZZAZIONE<br />
2.3. ACQUA (INONDAZIONE)<br />
2.4 PIRODISERBO<br />
2.4.1 Microonde<br />
2.4.2 Raggi laser<br />
2.4.3 Raggi gamma<br />
2.4.4 Elettricità<br />
2.4.5 Raggi termici<br />
2.8 CRIODISERBO<br />
Il controllo delle malerbe me<strong>di</strong>ante il freddo può essere realizzato con azoto liquido<br />
che a pressione atmosferica raggiunge temperature <strong>di</strong> -196 °C. Si determina, in tal modo,<br />
la <strong>di</strong>struzione meccanica della membrana cellulare a seguito della formazione <strong>di</strong> cristalli <strong>di</strong><br />
ghiaccio nel protoplasma (Sakai e Larcher, 1987). L’efficacia <strong>di</strong> tale trattamento sulle<br />
11
infestanti è <strong>di</strong>pendente dalla specie e dallo sviluppo delle stesse (Fergedal, 1993). I<br />
migliori risultati si ottengono con piante poco sviluppate.<br />
Diversamente da quanto avviene con il trattamento <strong>di</strong> piro<strong>di</strong>serbo i maggiori danni<br />
alla vegetazione si registrano nella parte basale della pianta, probabilmente perchè il gas<br />
freddo tende a rimanere in prossimità del terreno. I risultati <strong>di</strong> alcune prove effettuate in<br />
Svezia (Fergedal, 1993) hanno fatto rilevare che per un controllo <strong>di</strong> oltre il 90% della flora<br />
infestante richiesti elevati consumi energetici. Ciò comporta costi <strong>di</strong> circa 5.000.000 <strong>di</strong> lire<br />
ad ettaro e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficilmente sostenibili dall’agricoltore.<br />
3. MEZZI BIOLOGICI<br />
3.1 ASPETTI GENERALI<br />
La lotta biologica in senso generale, è un metodo atto a contenere i nemici delle<br />
colture entro limiti <strong>di</strong> densità <strong>di</strong> popolazione tali da non arrecare sensibili danni; il<br />
presupposto teorico <strong>di</strong> tale meto<strong>di</strong>ca si riferisce al para<strong>di</strong>gma che collega la complessità<br />
della biocenosi alla stabilità delle popolazioni (Celli, 1985).<br />
Questo tecnica, che ha trovato le sue prime applicazioni nel settore entomologico<br />
verso la fine del 1800 in California, si basa sull'utilizzazione <strong>di</strong> alcuni gruppi <strong>di</strong> organismi,<br />
quali gli insetti predatori e/o parassiti ed alcuni patogeni come virus, crittogame, batteri,<br />
protozoi ed anche nemato<strong>di</strong>. I requisiti fondamentali su cui si basa la ricerca <strong>di</strong> questi<br />
organismi, sono l'efficacia nel ridurre la popolazione del bersaglio e la loro specificità <strong>di</strong><br />
azione, in modo da non creare problemi collaterali sia dal punto <strong>di</strong> vista ambientale che<br />
socioeconomico (Tisdell, 1987).<br />
In taluni casi il controllo biologico delle infestanti si perpetua nel tempo senza ulteriori<br />
interventi da parte dell’uomo, aggiungendo al vantaggio ambientale derivante dall’assenza<br />
<strong>di</strong> residui chimici anche la profittabilità economica rispetto ad altre tecniche convenzionali.<br />
I principali limiti della lotta biologica, soprattutto quella classica, sono legati agli elevati<br />
investimenti necessari all’in<strong>di</strong>viduazione dell’agente biologico ed alla precisa valutazione<br />
della sua specificità <strong>di</strong> bersaglio nell’ambiente <strong>di</strong> rilascio. Inoltre, gli effetti, non sono<br />
sempre rapi<strong>di</strong> e possono quin<strong>di</strong> conciliarsi male con l’esigenza <strong>di</strong> intervenire nel periodo<br />
critico <strong>di</strong> competizione come nel caso del controllo delle infestanti nelle colture agrarie.<br />
Altro limite non secondario è talvolta legato alla scarsa bio<strong>di</strong>versità offerta dall’ambiente <strong>di</strong><br />
coltivazione, che può pregiu<strong>di</strong>care il successo nell’introduzione dell’agente biologico. È<br />
inoltre rara la presenza <strong>di</strong> fitocenosi monospecifiche nelle colture annuali e questo riduce o<br />
limita la possibilità <strong>di</strong> impiego <strong>di</strong> tale metodo nella maggior parte delle colture annuali.<br />
Nel settore che riguarda il controllo delle infestanti, si possono riconoscere quattro tipi<br />
fondamentali <strong>di</strong> lotta biologica (Wapshere et al., 1987), ovvero: la lotta biologica classica o<br />
inoculativa, quella aumentativa o inondativa, quella conservativa e quella a largo spettro.<br />
Sia pure nei limiti dettati dalla loro estrema specificità <strong>di</strong> applicazione e dalla scarsa<br />
<strong>di</strong>vulgazione dei risultati, i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> lotta biologica possono essere in vario modo inseriti<br />
all’interno <strong>di</strong> più articolati sistemi per la gestione integrata delle infestanti, soprattutto in<br />
considerazione degli attuali orientamenti delle politiche <strong>di</strong> settore (Sistemi <strong>di</strong> Qualità,<br />
Ecolabel, Au<strong>di</strong>t ambientale, Marchi <strong>di</strong> Qualità), più attente alle problematiche legate alla<br />
qualità dell’acqua, dei prodotti e alla salute degli operatori e dei consumatori, e delle<br />
mutate con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> mercato dei prodotti chimici e agricoli in generale (accor<strong>di</strong> GATT e<br />
nuova PAC).<br />
12
3.2 LOTTA BIOLOGICA CLASSICA O INOCULATIVA<br />
È la tecnica più utilizzata e che ha dato maggiori successi; si basa su un approccio <strong>di</strong><br />
tipo ecologico con preferenza verso ambienti poco <strong>di</strong>sturbati (pascoli o colture perenni) ed<br />
è adatta a controllare infestanti appartenenti a generi o famiglie filogeneticamente ben<br />
separati da quelli delle piante coltivate.<br />
Consiste nell'importare uno o più insetti fitofagi o più raramente microrganismi<br />
patogeni per controllare la specie infestante esotica introdotta, accidentalmente o per altre<br />
cause (pianta utile, ornamentale, etc.), in una zona geografica ove non sono presenti i suoi<br />
naturali predatori o antagonisti. Diversamente quin<strong>di</strong> dalle applicazioni nel settore<br />
entomologico, in questo caso l'insetto fitofago, da bersaglio <strong>di</strong>venta agente <strong>di</strong> controllo,<br />
alleato per il contenimento della malerba.<br />
Presupposto in<strong>di</strong>spensabile è il preventivo stu<strong>di</strong>o della biologia e dell’ecologia<br />
dell’agente biologico, la verifica della sua specificità verso l’ospite bersaglio e la capacità <strong>di</strong><br />
adattamento dell’organismo introdotto nel nuovo ambiente (Klingman e Coulson, 1982).<br />
A livello statistico, come riportato dal Biological Control of Weeds Laboratory - Europe<br />
(BCLW-E, American Embassy - AGRIC, APO NY 09794), i progetti per il controllo<br />
biologico delle infestanti sino al 1980 erano 174 in tutto il mondo interessando 101 specie<br />
in 70 paesi (Fornasari e Knutson, 1990) per complessive 525 introduzioni <strong>di</strong> organismi<br />
esotici utili; nei seguenti 5 anni si sono avute altre 120 introduzioni e la percentuale me<strong>di</strong>a<br />
<strong>di</strong> successo è stata stimata intorno al 50%.<br />
Le prime applicazioni <strong>di</strong> questa tecnica avvennero in In<strong>di</strong>a nella seconda metà dell’800<br />
allo scopo <strong>di</strong> controllare una Opuntia tramite l’insetto Dactylophius ceylonicus e<br />
successivamente l’esperienza fu ripetuta nelle Hawai (1902) con l’introduzione dal<br />
Messico <strong>di</strong> 8 insetti per il controllo della Lantana camara L.<br />
Una delle più note esperienze <strong>di</strong> lotta biologica è comunque quella attuata nel 1926 in<br />
Australia. In questo caso l'introduzione delle larve <strong>di</strong> un Lepidottero <strong>di</strong> origine argentina, il<br />
Cactoblastis cactorum Berg, si <strong>di</strong>mostrò molto efficace nel ridurre la popolazione e<br />
contenere l'invasione dell'Opuntia polyacantha Haw., una Cactacea <strong>di</strong> origine amerinda<br />
che, introdotta in Australia come pianta ornamentale nel 1900, si era ampiamente <strong>di</strong>ffusa<br />
in zone pascolative (25 milioni <strong>di</strong> ha), sia per l'assenza dei nemici naturali che per la sua<br />
scarsa pabularità.<br />
Altro esempio importante per gli Stati Uniti, è l’introduzione dalla Francia del<br />
Coleottero Crisomelide Chrysolina quadrigemina per il controllo dell’Hypericum perforatum<br />
L., un’infestante ampiamente <strong>di</strong>ffusa nelle zone temperate e associata agli spostamenti<br />
delle greggi.<br />
Successivamente questa strategia è stata utilizzata, spesso con successo, in molte<br />
altre occasioni e in <strong>di</strong>verse parti del mondo, quali prevalentemente Canada, Stati Uniti,<br />
Australia e Nuova Zelanda (Zwoelfer, 1973), sempre per contrastare e ridurre la<br />
popolazione <strong>di</strong> specie esotiche infestanti i pascoli o zone forestali molto vaste dove<br />
interventi <strong>di</strong> altro genere, compreso il <strong>di</strong>serbo chimico, non sarebbero risultati convenienti<br />
(Tabella 1).<br />
E' questo il metodo che annovera la maggiore percentuale <strong>di</strong> successi, soprattutto su<br />
specie arbustive o perenni e, solo secondariamente, su specie annuali o biennali.<br />
Solitamente si impiegano insetti, per la maggioranza appartenenti agli or<strong>di</strong>ni dei Coleotteri,<br />
Omotteri e Lepidotteri (Hokkanen, 1985). La similitu<strong>di</strong>ne ecologica dell'ambiente <strong>di</strong> origine<br />
con quello della nuova area <strong>di</strong> introduzione, è importante ai fini dell'efficacia e delle<br />
possibilità <strong>di</strong> affrancamento del bio-agente. Ad esempio, per il controllo della Chondrilla<br />
juncea L., una Composita introdotta in Australia e quì <strong>di</strong>ffusasi nei cereali, si sono utilizzati<br />
quattro <strong>di</strong>versi organismi provenienti dalla sua area <strong>di</strong> origine, cioè dal bacino<br />
13
Me<strong>di</strong>terraneo, tra i quali anche una ruggine (Wapshere et al., 1985 lc.). Comunque la lotta<br />
biologica classica, per la sua specificità <strong>di</strong> bersaglio e l'attitu<strong>di</strong>ne a contenere specie<br />
esotiche, mal si presta per effettuare il controllo delle infestanti in agroecosistemi <strong>di</strong>sturbati<br />
quali sono quelli a colture annuali, dove le fitocenosi sono plurispecifiche e composte<br />
prevalentemente da specie autoctone od ubiquitarie, spesso naturalizzate e quin<strong>di</strong><br />
collegate a catene trofiche più complesse. Inoltre a volte, anche se tecnicamente<br />
possibile, l’impiego <strong>di</strong> questa metodologia è ostacolato da conflitti <strong>di</strong> interessi economici<br />
come nel caso del controllo della Centaurea solstitialis L., una infestante dei pascoli e dei<br />
cereali della California ma un utile pianta per l’industria delle api impiegate<br />
nell’impollinazione dei fruttiferi e nelle colture da seme.<br />
Tabella 1 - Principali esempi <strong>di</strong> lotta biologica classica per il controllo <strong>di</strong> alcune specie infestanti dei<br />
pascoli o <strong>di</strong> aree estensive<br />
Anno Agente biologico Area <strong>di</strong> Area <strong>di</strong> Infestante bersaglio<br />
origine introduzione<br />
1870 Dactylophius ceylonicus Ceylon In<strong>di</strong>a Opuntia spp.<br />
1902 8 insetti Messico Hawaii Lantana camara L.<br />
1926 Cactoblastis cactorum Berg Argentina Australia Opuntia polyachantha<br />
Haw.<br />
Chrysolina quadrigemina Francia Ovest Stati Uniti Hypericum perforatum L.<br />
1965 Coleottero Crisomelide Argentina Florida (USA) Alternanthera<br />
philoxeroides Griseb.<br />
1968-69 Rhinocillus conicus Froelich Germania Canada, Virginia Carduus nutans L.,<br />
(USA)<br />
C. pycnocephalus L.<br />
1974 Trichosirocalus horridus Panzer, e Italia USA Carduus macrocephalus<br />
Cheilosia corydon Harris<br />
Desfontaine<br />
1969-74 R. conicus e T. horridus Sud Europa USA Carduus acanthoides L.<br />
1964 Apion fuscirostre F. Sud Europa California (USA) Cytisus scoparius (L.)<br />
Link<br />
1969 Phry<strong>di</strong>uchus spilmani Warner Me<strong>di</strong>terraneo Oregon (USA) Salvia aethiopis L.<br />
1959-69 Longitarsus jacobaeae<br />
Me<strong>di</strong>terraneo California, Oregon Senecio jacobea L.<br />
Waterhouse, Tyria jacobaeae L.<br />
(USA)<br />
1961 Microlarinus lareynii J. Du Val, Me<strong>di</strong>terraneo Sud ovest Stati Tribulus terrestris L.<br />
M. lypriformis Wollaston<br />
Uniti<br />
1979-80 Oberea erythrocephala Schrank Est Europa Canada, USA Euphorbia esula L.<br />
1984-85 Bahngasternus orientalis<br />
Capiomont Urophora sirunaseva<br />
Hering<br />
Grecia Ovest Stati Uniti Centaurea solstitialis L.<br />
1972-79 Urophora affinis Frauenfeld, Centro USA<br />
U. quadrifasciata Meigen, Europa Canada<br />
Centaurea <strong>di</strong>ffusa Lamark<br />
Sphenoptera jugoslavica<br />
ex URSS USA<br />
Obenberger<br />
Grecia<br />
1991 Puccinia abrupta var. partheniicola Centro Sud Australia Parthenium<br />
(Jackson) Parm. *<br />
America<br />
hysterophorus L<br />
1977 Eriophes chondrillae Canestrini, Italia California, Idaho, Chondrilla juncea L.<br />
Cystiphora schmidti Rübsamen Grecia Washington<br />
* = crittogama<br />
3.3 LOTTA BIOLOGICA AUMENTATIVA O INONDATIVA<br />
14
A <strong>di</strong>fferenza del precedente sistema, questo ha come bersaglio specie infestanti<br />
in<strong>di</strong>gene, con il vantaggio <strong>di</strong> ridurre i costi <strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong> avere una più rapida efficacia <strong>di</strong><br />
risposta, adattandosi quin<strong>di</strong> meglio alle colture annuali e più in generale alle con<strong>di</strong>zioni<br />
sociali e geografiche presenti in Europa.<br />
Il principio si basa sulla ricerca <strong>di</strong> fitofagi, o più spesso <strong>di</strong> agenti patogeni in<strong>di</strong>geni<br />
(crittogame ed in minore misura nemato<strong>di</strong>, batteri e virus) che risultino facili da moltiplicare<br />
in laboratorio e specifici <strong>di</strong> alcune piante infestanti o collegati a specie omologhe. Dopo la<br />
loro moltiplicazione vengono <strong>di</strong>ffusi massicciamente sulla coltura, talvolta anche con<br />
interventi ripetuti, in modo da raggiungere un livello <strong>di</strong> dannosità tale da ridurre la nocività<br />
delle infestanti bersaglio verso le piante coltivate ed anche il loro potenziale riproduttivo.<br />
Il gruppo <strong>di</strong> patogeni più in<strong>di</strong>cati allo scopo risultano essere le crittogame autoctone,<br />
che hanno già avuto successi applicativi negli Stati Uniti su alcune colture quali il riso e la<br />
soia, tramite l'impiego <strong>di</strong> adatti formulati micoerbici<strong>di</strong>.<br />
Per controllare l’infestante delle risaie Aeschynomene virginica (L.) B.S.P., negli Stati<br />
Uniti è infatti possibile l’impiego del formulato commerciale noto come "Collego"<br />
(Templeton et al., 1984), una polvere secca a base <strong>di</strong> coni<strong>di</strong> del fungo Colletotrichum<br />
gloeosporioides (Penz) Sacc. f.sp. aeschymonene, che una volta applicata, dopo un<br />
periodo <strong>di</strong> incubazione <strong>di</strong> 4-7 giorni, porta alla morte della malerba entro 5 settimane,<br />
risultando quin<strong>di</strong> più lento nell’azione erbicida rispetto all’intervento chimico con un<br />
derivato ormonico (2 settimane). Il trattamento non ha effetti residui e anche la<br />
popolazione del fungo non mostra incrementi stabili nel tempo.<br />
Un altro micoerbicida già in commercio negli U.S.A. è il "DeVine" (Tebeast e<br />
Templeton, 1985), formulato della Abbott Laboratories a base <strong>di</strong> clamidospore della<br />
crittogama Phytophthora palmivora Butl. e utilizzato nelle colture <strong>di</strong> agrumi per il controllo<br />
della Morrenia odorata (H. & A.) Lindl. Le spore del preparato commerciale, che risulta<br />
molto deperibile e che si conserva per pochi mesi in ambienti refrigerati, in presenza <strong>di</strong><br />
umi<strong>di</strong>tà germinano entro 6-10 ore dall’applicazione e il fungo infetta le ra<strong>di</strong>ci della malerba<br />
uccidendone una buona parte entro 2-10 settimane in funzione delle sue <strong>di</strong>mensioni e<br />
vigore. A <strong>di</strong>fferenza del precedente esempio in questo caso il micelio del fungo si<br />
mantiene vitale anche per 5 anni dalla prima applicazione evidenziando un possibile<br />
problema <strong>di</strong> deriva verso specie coltivate suscettibili quali alcune Cucurbitacee (cocomero,<br />
zucchino, melone) e piante ornamentali (rododendri, begonie e bocche <strong>di</strong> leone).<br />
Sono inoltre in fase <strong>di</strong> registrazione altri due micoerbici<strong>di</strong>: il "Biomal" a base <strong>di</strong> coni<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
Colletotrichum glaesporioides (Penz) Sacc. f.sp. malvae, contro la Malva pusilla SM., ed il<br />
"Casst", che utilizza l'Alternaria cassiae contro la Cassia obtusifolia, una leguminosa<br />
tropicale non presente in Italia.<br />
La ricerca stu<strong>di</strong>a inoltre la possibilità <strong>di</strong> impiego del Fusarium oxysporum f.sp.<br />
cannabis per la <strong>di</strong>struzione delle piantagioni illegali <strong>di</strong> marijuana con risultati che<br />
evidenziano l’elevata selettività <strong>di</strong> azione, l’ampia adattabilità alle <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni<br />
termiche e una efficacia intorno al 70-80% anche se alcune cultivar si sono <strong>di</strong>mostrate più<br />
resistenti. Sempre negli Stati Uniti si sono isolati ceppi <strong>di</strong> Collectotrichum coccodes capaci<br />
<strong>di</strong> controllare il Solanum ptycanthum Dun senza arrecare danni alle Solanacee coltivate<br />
come il pomodoro e la patata, e inoltre si stanno stu<strong>di</strong>ando <strong>di</strong>verse razze della ruggine<br />
Puccinia chondrillina da utilizzare per il controllo della Chondrilla juncea L., una malerba<br />
perenne della famiglia delle Compositae molto <strong>di</strong>ffusa in area Me<strong>di</strong>terranea e in Australia<br />
in luoghi ari<strong>di</strong>, sabbiosi e incolti.<br />
L'impiego <strong>di</strong> questi prodotti costituisce più una risposta <strong>di</strong> tipo tecnologico piuttosto che<br />
ecologico, ed infatti si usano come fossero fitofarmaci, applicandoli una o più volte l'anno,<br />
a <strong>di</strong>fferenza del controllo biologico classico con il quale invece, se l'introduzione riesce,<br />
non si ha più bisogno <strong>di</strong> nuovi interventi. Dato che spesso si tratta <strong>di</strong> ceppi più virulenti <strong>di</strong><br />
15
crittogame in<strong>di</strong>gene, è più semplice ed economico valutarne la selettività <strong>di</strong> azione, ma<br />
dato il rilascio massiccio <strong>di</strong> spore, coni<strong>di</strong>, preparati <strong>di</strong> micelio o prodotti della<br />
fermentazione, si deve testare il possibile rischio per la salute umana, specialmente degli<br />
operatori, e per questo i micoerbici<strong>di</strong> sono sottoposti alle stesse norme e procedure <strong>di</strong><br />
registrazione degli altri presi<strong>di</strong> fitosanitari. In Europa, dove ancora non sono autorizzati,<br />
sono in corso alcune ricerche, coor<strong>di</strong>nate dall'European Weed Research Society (EWRS),<br />
per la lotta mico-biologica contro le avventizie più <strong>di</strong>ffuse e importanti, o che mostrano<br />
fenomeni <strong>di</strong> resistenza o <strong>di</strong> tolleranza verso alcuni <strong>di</strong>serbanti chimici. Un elenco con i<br />
bersagli principali ed i rispettivi potenziali agenti <strong>di</strong> controllo, è riportato nella Tabella 2.<br />
Lo "screening" dei potenziali patogeni si basa sulla specificità verso l'ospite e quin<strong>di</strong>,<br />
nel caso delle ruggini, si preferiscono specie autoiche, in modo che non possano creare<br />
problemi su ospiti secondari.<br />
Va inoltre segnalata la relazione che lega l'efficacia del trattamento allo sta<strong>di</strong>o<br />
fenologico dell'infestante e la possibilità che s'instaurino dei meccanismi d'induzione <strong>di</strong><br />
resistenza, come avviene nei ricacci del Convolvolus arvensis L.. Questi ultimi infatti,<br />
sottoposti ad un secondo trattamento con la crittogama Phomopsis convolvolus, ne<br />
risultano meno danneggiati (Morin et al., 1989).<br />
16
Tabella 2 - Crittogame patogene delle principali infestanti europee (Hasan 1988 - mo<strong>di</strong>ficato)<br />
Numer<br />
o<br />
Infestante principale Microrganismo patogeno Altri ospiti<br />
1 Chenopo<strong>di</strong>um album Cercospora chenopo<strong>di</strong>i Atriplex spp.<br />
Peronospora variabilis<br />
Urophlyctis pulposa Atriplex spp.<br />
Septoria chenopo<strong>di</strong>i Chenopo<strong>di</strong>um spp.<br />
Ascochyta chenopo<strong>di</strong>i<br />
2 Amaranthus retroflexus Cercospora brachiata Amaranthus spp.<br />
Drechslera in<strong>di</strong>ca Amaranthus spp., Brassica spp.,<br />
Portulaca spp.<br />
Cystophus bliti Amaranthus spp.<br />
Alternaria amaranthi Amaranthus spp.<br />
Ascochyta amaranthi<br />
Glomosporium amaranthi Amaranthus spp.<br />
3 Solanum nigrum Cercospora solani<br />
4 Echinochloa crus-galli Cercospora echinochloae<br />
Drechslera monocera<br />
Curvularia lunata<br />
Ustilago trichophora<br />
5 Galium aparine Cercospora galii Galium spp.<br />
Peronospora aparines Galium spp.<br />
Erysiphe galii<br />
Thekospora galii Galium spp.<br />
Septoria cruciatae Galium spp.<br />
6 Cirsium arvense Cercospora cirsii Cirsium spp.<br />
Phyllosticta cirsii Cirsium spp., C. remotifolius, C.<br />
vulgare<br />
Ophiobolus cirsii Carduus spp., Cirsium spp.<br />
Ovularia vossiana Carduus spp.<br />
Ramularia cirsii Cirsium vulgare<br />
Puccinia punctiformis<br />
Erysiphe cichoracearum<br />
f. cirsii-arvensis<br />
7 Polygonum spp. Cercospora polygonorum<br />
Chaetoconis polygoni Rumex spp.<br />
Uromyces polygoni<br />
Ramularia rufo-maculans<br />
Ascochyta marsonia<br />
Phyllosticta polygoni-avicularis<br />
Septoria polygonorum<br />
8 Alopecurus myosuroides Mastigosporium album Graminacee<br />
Stagonospora alopecuri<br />
9 Agropyrum repens Didymella festucae Agropyrum spp., graminacee<br />
Leptosphaeria pontiformis Agropyrum spp., graminacee<br />
Ustilago hypodytes Agropyrum spp., graminacee<br />
10 Convolvolus arvensis Erisiphe convolvuli Convolvolus spp.<br />
Cercospora convolvuli Convolvolus spp.<br />
Septoria convolvuli Convolvolus spp.<br />
Ramularia convolvuli<br />
Thecaphora seminis-convolvuli Convolvolus spp.<br />
Puccinia convolvuli Convolvolus spp.<br />
17
Questo sistema quin<strong>di</strong> non è ancora impiegato regolarmente in situazioni <strong>di</strong> pieno<br />
campo, anche se potenzialmente le crittogame, per la facilità <strong>di</strong> manipolazione, la capacità<br />
<strong>di</strong> moltiplicazione e la buona conoscenza tassonomica, rappresentano una futuribile<br />
risorsa per il controllo <strong>di</strong> alcune infestanti.<br />
Il loro spettro <strong>di</strong> azione e la loro virulenza potrebbero infatti essere ampliati attraverso<br />
la preparazione <strong>di</strong> formulati misti, cioè composti plurispecifici <strong>di</strong> crittogame, e la loro<br />
efficacia <strong>di</strong> azione migliorata tramite l'abbinamento con microdosi <strong>di</strong> erbici<strong>di</strong>, come nel<br />
caso dei preparati a base <strong>di</strong> Cochliobolus lunatus (endemico su giavone) ad<strong>di</strong>zionati a<br />
microdosi <strong>di</strong> un principio attivo per il controllo <strong>di</strong> Echinochloa crus-galli (L.) Beauv. in<br />
colture sarchiate come fagiolo, mais o pomodoro (Tabella 3). Lo stesso “Collego”,<br />
precedentemente citato, migliora la sua prontezza <strong>di</strong> efficacia quando ad<strong>di</strong>zionato con<br />
piccole dosi <strong>di</strong> Acifluorfen e in questa formulazione è ad esempio utilizzato negli USA per il<br />
controllo della Aeschynomene virginica (L.) B.S.P. che interessa anche la coltura <strong>di</strong> soia.<br />
Tabella 3 - Effetto erbicida della crittogama Cochliobolus lunatus e <strong>di</strong> microdosi <strong>di</strong> atrazina su<br />
piantine <strong>di</strong> giavone allevate in serra in <strong>di</strong>versi sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> sviluppo (da Scheepens, 1987).<br />
Necrosi % sulle foglie dopo 9 giorni dall’applicazione<br />
Trattamento plantule <strong>di</strong> 22 giorni plantule <strong>di</strong> 30 giorni plantule <strong>di</strong> 47<br />
giorni<br />
Testimone non trattato 0 0 0<br />
C. lunatus 60 ± 21 60 ± 18 15 ± 9<br />
Atrazina 40 g/A 60 ± 19 60 ± 19 3 ± 3<br />
C. lunatus + Atrazina 40<br />
g/A<br />
100 100 75 ± 13<br />
3. 4 LOTTA BIOLOGICA CONSERVATIVA<br />
Si tratta <strong>di</strong> controllare le infestanti autoctone tramite la conservazione e l'incremento<br />
della popolazione naturale dei rispettivi agenti predatori, parassiti o patogeni. Per<br />
raggiungere questo obiettivo si interviene in<strong>di</strong>rettamente cercando <strong>di</strong> limitare la<br />
popolazione degli organismi che in natura controllano la popolazione dell’agente biologico,<br />
ovvero che in con<strong>di</strong>zioni normali concorrono all'omeostasi coevolutiva del sistema. È più<br />
un aspetto teorico che <strong>di</strong> pratica applicazione, che tenta <strong>di</strong> ricostituire le con<strong>di</strong>zioni che si<br />
hanno quando s'introduce un bio-agente in un nuovo ecosistema dove, non avendo i<br />
propri nemici naturali, risulta molto più efficace nel controllare il bersaglio. Anche se<br />
questo sistema non ha avuto per ora applicazioni pratiche, negli Stati Uniti si stu<strong>di</strong>a la<br />
possibilità offerta dal fitofago Aroga websteri per il controllo <strong>di</strong> Artemisia tridentata Nutt.<br />
(Zimdahl, 1993).<br />
3.5 LOTTA BIOLOGICA A LARGO SPETTRO<br />
È un metodo <strong>di</strong> controllo non selettivo, che trae le sue origini in tempi molto lontani,<br />
quando ovini, bovini ed equini, venivano impiegati per controllare la vegetazione ai margini<br />
dei campi coltivati o per brucare le stoppie dopo la raccolta del cereale. Anche gli animali<br />
18
da cortile erano utili per ripulire gli orti da molti semi <strong>di</strong> avventizie, uova o larve <strong>di</strong> parassiti.<br />
Attualmente però, gli esempi più interessanti si riferiscono al controllo della vegetazione<br />
acquatica in situazioni particolari, tipo bacini artificiali o canali per l'irrigazione. Interessante<br />
è stata ad esempio l'introduzione dei lamantini (Trichechus lanatus), grossi mammiferi<br />
acquatici erbivori, in bacini idroelettrici <strong>di</strong> zone subtropicali, con il duplice scopo <strong>di</strong> limitare<br />
la vegetazione <strong>di</strong> tipo pelagico (Typha spp., Eichornia crassipes (Mart.) Solms, etc.) e <strong>di</strong><br />
proteggere il trichechide dal pericolo dell'estinzione.<br />
Anche le carpe erbivore come Ctenopharyngodon idella, da secoli utilizzate nelle risaie<br />
del Sud-Est Asiatico e dell'Estremo Oriente, potrebbero essere vantaggiosamente<br />
utilizzate per il controllo <strong>di</strong> molte idrofite che infestano i canali per l'irrigazione (Wapshere<br />
et al., 1985 lc.). Negli Stati Uniti si cerca <strong>di</strong> incrociare più razze <strong>di</strong> carpe per ottenere un<br />
ibrido più vorace e possibilmente sterile (le carpe sono molto prolifiche), in modo che non<br />
possa entrare in competizione permanente con l’idrofauna autoctona specie in assenza<br />
dei suoi nemici naturali. Altro esempio derivante dalla tra<strong>di</strong>zione rurale cinese è l’uso delle<br />
anatre in risaia per il parziale controllo <strong>di</strong> alcune infestanti e soprattutto dei numerosi<br />
fitofagi che interessano questa coltura.<br />
3. 6 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE<br />
Allo stato attuale il sistema <strong>di</strong> lotta biologica più interessante per la gestione delle<br />
infestanti nelle colture agrarie a ciclo breve, risulta essere il metodo aumentativo od<br />
inondativo con l'impiego <strong>di</strong> micoerbici<strong>di</strong>, che ha già un potenziale mercato.<br />
Il possibile sviluppo <strong>di</strong> questo sistema <strong>di</strong> controllo, vede i suoi limiti principali nel costo<br />
più elevato rispetto a quello dei <strong>di</strong>serbanti, nella minore efficacia <strong>di</strong> azione e più ristretto<br />
campo <strong>di</strong> applicazione, nella maggiore sensibilità a variazioni ambientali <strong>di</strong> quanto non lo<br />
siano i prodotti <strong>di</strong> sintesi e nella incompatibilità verso alcuni trattamenti fitosanitari che ne<br />
riducono la flessibilità d'intervento (Carlson, 1988; Lisansky, 1989). Va inoltre considerato<br />
che l’efficacia dei meto<strong>di</strong> biologici presuppone un’accurata conoscenza delle relazioni<br />
ecologiche esistenti tra infestanti e tipo <strong>di</strong> sistema colturale. Tra i vantaggi abbiamo invece<br />
la non tossicità, la specificità <strong>di</strong> azione e la bassa capacità <strong>di</strong> promuovere fenomeni <strong>di</strong><br />
resistenza che, insieme ai potenziali sviluppi offerti dalle biotecnologie e dall'ingegneria<br />
genetica, li rendono possibili strumenti all'interno dei sistemi <strong>di</strong> lotta integrata (Lisansky,<br />
1989a).<br />
Nell’ottica quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una gestione delle infestanti al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> soglie <strong>di</strong> dannosità<br />
economica, parametro variabile anche in funzione al tipo <strong>di</strong> coltura e alle soluzioni tecniche<br />
adottate per realizzarne la coltivazione, e nella ricerca <strong>di</strong> sistemi colturali con impatto<br />
ambientale sostenibile, l’obiettivo non è quello <strong>di</strong> affidarsi in esclusiva ad un unico sistema<br />
<strong>di</strong> lotta ma quello <strong>di</strong> riuscire a combinare le <strong>di</strong>verse tecniche <strong>di</strong>sponibili nella maniera più<br />
adatta per l’ambiente <strong>di</strong> riferimento.<br />
19
4. MOTODI ECOLOGICI<br />
4.1.COLTURE DI COPERTURA (COVER CROPS)<br />
La copertura vegetale ottenuta seminando specie a rapido sviluppo vegetativo su<br />
terreno temporaneamente non occupato da una coltura (tra la raccolta e la semina <strong>di</strong> due<br />
colture in successione o nel set-aside) rappresenta una razionale soluzione operativa in<br />
grado <strong>di</strong> favorire il miglioramento della fertilità del suolo salvaguardando le risorse<br />
ambientali.<br />
L’assenza <strong>di</strong> una copertura vegetale uniforme sul terreno consente alla vegetazione<br />
spontanea <strong>di</strong> svilupparsi e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sseminare liberamente, favorisce fenomeni erosivi<br />
provocati dal vento (suol leggeri) e dall’azione battente della pioggia, con conseguente<br />
ruscellamento delle acque superficiali (terreni declivi) e permette la lisciviazione dell’azoto<br />
nitrico per la mancanza <strong>di</strong> un sistema ra<strong>di</strong>cale capace <strong>di</strong> assorbirlo.<br />
Secondo una ricerca realizzata recentemente in Francia nella regione del Mi<strong>di</strong>-<br />
Pyrénée (Rodriguez, 1993) le essenze che si sviluppano liberamente in assenza <strong>di</strong> coltura<br />
presentano una maggiore capacita’ <strong>di</strong> <strong>di</strong>sseminazione rispetto agli ambienti coltivati<br />
(Tab.2). Tale comportamento e’ essenzialmente dovuto alle particolari con<strong>di</strong>zioni<br />
ecologiche che si determinano negli incolti: assenza <strong>di</strong> competizione e ridotto <strong>di</strong>sturbo.<br />
I residui <strong>di</strong> alcune specie utilizzate per la copertura del terreno hanno <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong><br />
limitare le emergenze delle malerbe me<strong>di</strong>ante un’azione allelopatica. La vegetazione della<br />
segale lasciata sulla superficie del terreno è ad esempio in grado <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re le<br />
emergenze <strong>di</strong> Portulaca oleracea e <strong>di</strong> limitare notevolmente quelle <strong>di</strong> Amaranthus<br />
retroflexus e Setaria viri<strong>di</strong>s.( Purvis, 1990).<br />
Tab. 2. Quantità <strong>di</strong> semi prodotti da una pianta <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse specie infestanti in un terreno coltivato e in<br />
assenza <strong>di</strong> coltura.<br />
Infestante<br />
in coltura* In assenza <strong>di</strong> coltura<br />
Avena fatua 140-300 1100<br />
Alopecurus myosuroides 700-3000 9000-15000<br />
Anthemis cotula 5400 42000<br />
Chamomilla recutita 5000-21600 2200-7200<br />
Echinochloa crus-galli 710-7200 22000-68000<br />
Polygonum aviculare 150-6400 300-1800<br />
Setaria viri<strong>di</strong>s 400-6000 18000-32000<br />
Sonchus arvensis 2000-6000 14000-40000<br />
Veronica hederifolia 450 10000<br />
Viola arvensis 930 1400-14000<br />
* da <strong>di</strong>versi riferimenti bibliografici<br />
I vantaggi <strong>di</strong> carattere agronomico e ambientale derivanti dall’utilizzo delle colture <strong>di</strong><br />
copertura sono essenzialmente legati alle caratteristiche delle specie utilizzate, agli scopi<br />
che si vogliono raggiungere e al periodo <strong>di</strong> intercoltura <strong>di</strong>sponibile. Più questo periodo è<br />
lungo e più ampia e’ la scelta delle specie utilizzabili e maggiori sono gli effetti favorevoli<br />
conseguenti. Alcune specie sono in grado <strong>di</strong> svolgere una attività biocida, limitando, come<br />
ad esempio nel caso del Raphanus sativus var. oleiformis e della Sinapis alba la <strong>di</strong>ffusione<br />
del nematode della barbabietola da zucchero (Heterodera schactii), altre posseggono delle<br />
spiccate proprietà mellifere (Phacelia tanacetifolia), altre ancora hanno la prevalente<br />
20
caratteristica <strong>di</strong> fornire alimento e protezione alla selvaggina (loietto, trifoglio bianco,<br />
lupinella) (Agronomica, 1995). Le caratteristiche delle specie <strong>di</strong> maggior interesse per<br />
questa utilizzazione sono riportate sinteticamente in Tab. 3. In tutti i casi la copertura<br />
vegetale seminata deve consentire <strong>di</strong> contenere lo sviluppo della vegetazione spontanea e<br />
<strong>di</strong> limitare le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> azoto per lisciviazione (loietto, veccia villosa).<br />
Il periodo compreso tra la raccolta e la semina <strong>di</strong> due colture sullo stesso terreno può<br />
assumere una <strong>di</strong>versa durata in relazione al tipo <strong>di</strong> rotazione adottata: 5-6 mesi, nel caso<br />
<strong>di</strong> un raccolto autunnale seguito da una semina primaverile, 8-9 mesi nel caso <strong>di</strong> un<br />
raccolto estivo seguito da una semina primaverile, 1 o più anni nel caso del set-aside. Con<br />
intervalli intercolturali inferiori a un anno risulta particolarmente vantaggioso il ricorso alla<br />
bulatura della coltura che precede l’intercoltura (es. del trifoglio bianco nel frumento). E’<br />
cosi’ possibile ottenere il ricoprimento del terreno sin dalla raccolta della coltura e<br />
mantenerlo fino al momento della semina della coltura successiva.<br />
I risultati <strong>di</strong> una copertura seminata sono strettamente connessi con i seguenti aspetti<br />
gestionali:<br />
- scelta delle specie adatte alle con<strong>di</strong>zioni pedoclimatiche, alla durata della copertura,<br />
alla natura delle colture precedenti e successive nonche’ alle modalità <strong>di</strong> impianto delle<br />
colture successive,<br />
- interventi per assicurare il rapido impianto della copertura: semina nell’ epoca più<br />
favorevole, buona qualità del seme, idonee con<strong>di</strong>zioni del letto <strong>di</strong> semina, eventuali<br />
concimazioni;<br />
- interventi per evitare la <strong>di</strong>sseminazione, sia della specie seminata sia delle malerbe:<br />
sfalci, trinciature e interventi chimici;<br />
- <strong>di</strong>struzione tempestiva della copertura con interventi meccanici e chimici.<br />
Particolare attenzione va de<strong>di</strong>cata alla <strong>di</strong>struzione della copertura seminata per<br />
evitare la <strong>di</strong>sseminazione o il ricaccio della coltura e delle avventizie.<br />
L’ eliminazione <strong>di</strong> specie annuali, come la veccia, il trifoglio incarnato, la facelia, la<br />
senape, può essere ottenuta, in modo efficace, con una semplice trinciatura effettuata<br />
poco prima dell semina. Per le specie ad elevata capacità <strong>di</strong> ricaccio o in grado <strong>di</strong> produrre<br />
un’ abbondante vegetazione come il loietto, il trifoglio bianco e violetto e il rafano è più<br />
opportuno ricorrere all’ aratura o a trattamenti con erbici<strong>di</strong> totali non residuali (glifosate o<br />
glifosate trimesio).<br />
21
Tab. 3 Caratteristiche e possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione meccanica delle specie utilizzabili per la copertura<br />
del terreno.<br />
Specie Epoca<br />
semina*<br />
Quantita’ <strong>di</strong><br />
seme<br />
(kg ha -1 )<br />
Caratteristiche Svantaggi Distruzione<br />
meccnica<br />
Loietto italico A - P 20-25 strutturante abbondante <strong>di</strong>fficile<br />
coprente biomassa<br />
Veccia<br />
vellutata<br />
A - P 40-50 coprente -- facile<br />
Trifoglio<br />
incarnato<br />
P 20-25 coprente -- facile<br />
Trifoglio P 12-15 coprente rischio <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile<br />
violetto<br />
ricacci<br />
Trifoglio E - P 5 - 7 coprente rischio <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile<br />
bianco<br />
ricacci<br />
Lupinella E - P 20-25 coprente facile<br />
Colza E - A 8-10 coprente ospite<br />
parassiti<br />
Senape bianca P 10-18 coprente fioritura facile<br />
biocida precoce<br />
Rafano P 15-18 coprente rischio <strong>di</strong><br />
ricacci<br />
<strong>di</strong>fficile<br />
Facelia P 10-12 coprente <strong>di</strong>fficile facile<br />
mellifera impianto<br />
* E= Estate, A = Autunno, P = Primavera<br />
4.2 UTILIZZAZIONE DI SOSTANZE NATURALI<br />
Una sostanza può essere definita naturale quando è sintetizzata da organismi<br />
superiori o inferiori senza l’intervento dell’uomo.<br />
Molte <strong>di</strong> queste sostanze presentano al momento scarse possibilità applicative a<br />
livello pratico, date le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> isolamento in purezza, la ridotta stabilità, la variabilità sul<br />
piano qualitativo.<br />
E’ preve<strong>di</strong>bile tuttavia che questi inconvenienti possano venire nel tempo superati<br />
riproducendo i composti naturali con processi chimici o ricorrendo alla biosintesi me<strong>di</strong>ante<br />
le colture cellulari e le tecnologie della ingegneria genetica.<br />
I composti naturali dotati <strong>di</strong> azione tossica nei confronti della vegetazione infestante<br />
possono venire isolati da <strong>di</strong>versi organismi: piante superiori, microrganismi e animali.<br />
4.2.1 Sostanze prodotte dalle piante superiori<br />
Le piante producono un gran numero <strong>di</strong> metaboliti <strong>di</strong> cui non è ancora nota la esatta<br />
funzione fisiologica. Si ritiene che molte <strong>di</strong> queste sostanze siano in grado <strong>di</strong> contrastare lo<br />
sviluppo <strong>di</strong> altri organismi viventi, anche se tale ipotesi è verificata solo per un limitato<br />
numero <strong>di</strong> esse <strong>di</strong> cui è stato possibile ottenere l’isolamento e l’estrazione. Nella maggior<br />
22
parte dei casi gli stu<strong>di</strong> su questi composti hanno avuto origine dalla osservazione <strong>di</strong><br />
manifestazioni allelopatiche tra piante.<br />
La formazione <strong>di</strong> sostanze allelochimiche all’interno delle piante superiori è<br />
notevolmente influenzata dall’ambiente e in particolare dagli stress ambientali (Putnam,<br />
1983; Rice, 1974). La produzione naturale è influenzata dall’intensità della luce e, in<br />
particolare, dalla sua qualità e dalla durata. Le giornate lunghe e la abbondante presenza<br />
<strong>di</strong> raggi ultravioletti sono particolarmente favorevoli alla formazione <strong>di</strong> sostanze<br />
allelochimiche (Aldrich, 1984).<br />
Le sostanze naturali in grado <strong>di</strong> svolgere una qualche azione erbicida appartengono<br />
a <strong>di</strong>versi gruppi chimici (Tab. 4) come <strong>di</strong> seguito riportato.<br />
Le tappe per la messa a punto e l’applicazione <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong> origine naturale sono<br />
essenzialmente:<br />
1. l’osservazione, la descrizione ed il grado <strong>di</strong> interferenza manifestato nei confronti<br />
delle piante infestanti; dalla sostanza non ancora estratta dall’organismo<br />
produttore;<br />
2. l’isolamento, la caratterizzazione e l’ eventuale sintesi della tossina ritenuta in<br />
grado <strong>di</strong> possedere l’attività erbicida;<br />
3. la valutazione dei sintomi della sostanza estratta a dosi ed epoche <strong>di</strong>fferenti;<br />
4. il controllo del rilascio, del movimento e del metabolismo all’interno della<br />
pianta infestante.<br />
Una delle sostanze <strong>di</strong> più antica conoscenza è il juglone, un chinone prodotto dalle<br />
juglandacee e segnalato e stu<strong>di</strong>ato già nel 1925 da Massey e nel 1928 da Davis. Questa<br />
sostanza esercita una forte attività inibitrice sulla respirazione mitocondriale<br />
ma presenta forti limiti applicativi a causa della scarsa selettività verso le specie<br />
coltivate. Il sorgoleone un idrochinone a catena lunga estratto da Neztley e Butler (1986)<br />
dalle ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse specie del gen. Sorghum ha <strong>di</strong>mostrato una elevata capacità <strong>di</strong><br />
inibire la fotosintesi nelle plantule <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse infestanti delle colture agrarie (Abutilon<br />
theophrasti, Datura stramonium, Amaranthus retroflexus, Setaria sp., Digitaria sanguinalis,<br />
Echinochloa crus-galli) (Einhelling e Souza, 1992; Gonzales et al., 1997). Il sorgoleone<br />
nelle giovani ra<strong>di</strong>ci del sorgo raggiunge concentrazioni anche superiori all’1%. (Nimbal et<br />
al.).<br />
Una sostanza apparsa alla sua scoperta <strong>di</strong> promettente utilizzazione è l’ 1-8 cineolo,<br />
un monoterpene ottenuto da <strong>di</strong>verse specie <strong>di</strong> salvia (Muller e Muller, 1963). Da questo<br />
composto l’industria chimica ha preso lo spunto per sintetizzare il cinmmethylin un erbicida<br />
affine al cineolo destinato al <strong>di</strong>serbo selettivo della soia, cotone, arachide, erba me<strong>di</strong>ca,<br />
frumento, e alcune colture orticole. Il prodotto efficace nei confronti <strong>di</strong> infestanti<br />
graminacee e a foglia larga non ha avuto tuttavia un fortunato sviluppo commerciale.Allo<br />
stesso raggruppamento chimico del 1-8 cineolo appartiene anche la narciclassina ottenuta<br />
dai bulbi <strong>di</strong> Narcissus spp. e attiva nei confronti <strong>di</strong> specie mono e <strong>di</strong>cotiledoni.<br />
Alcuni alcaloi<strong>di</strong> quali la caffeina, la colchicina, in grado <strong>di</strong> influenzare la crescita delle<br />
piante inibendone l’emergenza o regolandone lo sviluppo. La caffeina ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong><br />
inibire la germinazione dei semi <strong>di</strong> alcuni Amaranthus, mantenendo una azione selettiva<br />
nei confronti <strong>di</strong> alcune specie. la colchicina estratta dal Colchicum autumnale è in grado <strong>di</strong><br />
bloccare i processi mitotici determinando la formazione <strong>di</strong> piante poliploi<strong>di</strong> (Vaughan e<br />
Vaughan, 1988).<br />
Alcune sostanze cumariniche isolate dalle graminacee, leguminose e piante del<br />
genere Citrus hanno <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> essere in grado <strong>di</strong> esercitare una intensa attività<br />
fitotossica. La xantotossina, una furanocumarina estratta dall’ Ammi majus si è <strong>di</strong>mostrata<br />
23
in grado <strong>di</strong> limitare la germinazione <strong>di</strong> Anastatica hierochuntica L., della lattuga e del<br />
pomodoro a 20 mg /litro (Friedman et al., 1982). La psoralina derivata dai semi <strong>di</strong> Psoralea<br />
subacaulis L. e dai frutti <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse specie possiede una azione inibitrice della<br />
germinazione dei semi della lattuga (Putnam, 1985)<br />
Recentemente è stata isolata da Ailanthus altissima L. una sostanza denominata<br />
ailantone che ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> possedere una elevata attività erbicida nei confronti <strong>di</strong><br />
infestanti mono e <strong>di</strong>cotiledoni (Heisey, 1996). Questo composto, non ancora identificato<br />
dal punto <strong>di</strong> vista chimico, subisce una rapida detossificazione dai microrganismi del suolo.<br />
Tra i numerosi composti aminoaci<strong>di</strong>ci non proteici prodotti dalle piante, particolare<br />
interesse hanno assunto in questi ultimi anni la mimosina e l’acido amino levulinico. La<br />
mimosina , pur dotata <strong>di</strong> buona attività erbicida totale, sembra non avere molte possibilità<br />
<strong>di</strong> sviluppo commerciale a causa delle sfavorevoli caratteristiche tossicologiche. L’acido<br />
amino levulinico si è <strong>di</strong>mostrato in grado <strong>di</strong> esercitare una buona azione erbicida nei<br />
confronti delle graminacee in combinazione con un composto <strong>di</strong> sintesi (il 2,2-<strong>di</strong>piri<strong>di</strong>le) e<br />
durante le ore <strong>di</strong> illuminazione . Il particolare meccanismo foto<strong>di</strong>namico ha fatto attribuire a<br />
questo erbicida la comune denominazione <strong>di</strong> “laser erbicida”.<br />
4.2.2 Sostanze prodotte da microrganismi<br />
L’isolamento delle gibberelline dal fungo Gibberella fujikuroi da parte <strong>di</strong> alcuni<br />
ricercatori giapponesi (Kurosawa, 1926) ha fatto pensare che la ricerca sulle sostanze<br />
bioattive ottenute dai microrganismi potesse fornire in agricoltura risultati simili a quelli<br />
raggiunti nel campo farmaceutico con l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> composti antibiotici. In realtà gli<br />
stu<strong>di</strong> in questo settore, soprattutto per quanto riguarda il controllo della flora infestante,<br />
hanno fornito risultati inferiori alle attese, anche se in qualche caso sono state poste le<br />
premesse per la messa a punto <strong>di</strong> specifici erbici<strong>di</strong> <strong>di</strong> sintesi.<br />
Le strategie adottate dai laboratori <strong>di</strong> ricerca per l’in<strong>di</strong>viduazione e l’isolamento <strong>di</strong><br />
fitotossine sono state prevalentemente orientate verso due in<strong>di</strong>rizzi operativi:<br />
- ricerca <strong>di</strong> nuovi microrganismi o selezione <strong>di</strong> ceppi <strong>di</strong> microrganismi noti con<br />
l’obiettivo <strong>di</strong> aumentare le probabilità <strong>di</strong> trovare nuovi metaboliti o <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong><br />
organismi in grado <strong>di</strong> produrre metaboliti noti <strong>di</strong> maggior purezza o in quantità più<br />
elevata. Particolare attenzione viene ad esempio de<strong>di</strong>cata ai batteri presenti negli<br />
organi <strong>di</strong>gerenti degli insetti e ai ficomiceti marini. Finora questo approccio ha<br />
fornito risultati poco entusiasmanti a causa dei costi elevati e dei tempi lunghi<br />
richiesti;<br />
- stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> microrganismi che occupano particolari nicchie ecologiche (ad esempio<br />
micorganismi presenti in zone desertiche): il presupposto <strong>di</strong> tale criterio operativo<br />
si basa sul fatto che in queste con<strong>di</strong>zioni il microrganismo deve con molte<br />
probabilità il suo successo competitivo alla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> composti allelochimici;<br />
questa strategia ha però portato prevalentemente all’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> sostanze<br />
ad azione battericida e fungicida<br />
Molti composti isolati dall’attività metabolica dei microrganismi hanno <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong><br />
possedere una scarsa selettività nei riguar<strong>di</strong> delle colture agrarie permettendo un impiego<br />
solo come erbici<strong>di</strong> ad azione totale.<br />
Numerose fitotossine sono state isolate dai processi metabolici <strong>di</strong> batteri del genere<br />
Streptomyces. La tossina che ha avuto il maggior successo sul piano pratico è il bialafos,<br />
una sostanza prodotta da Streptomyces viridochromogenes, in grado <strong>di</strong> trasformarsi<br />
24
apidamente all’interno delle piante in fosfinotricina, composto caratterizzato da una<br />
elevata azione erbicida. L’in<strong>di</strong>viduazione della fosfinotricina ha permesso all’industria<br />
chimica <strong>di</strong> sintetizzare il glufosinate, erbicida totale non residuale ad azione <strong>di</strong> contatto.<br />
Un’altra fitotossina metabolizzata da Streptomyces spp <strong>di</strong> promettente sviluppo<br />
commerciale è l’anisomicina. Questa sostanza s è <strong>di</strong>mostrata selettiva nei confronti <strong>di</strong><br />
pomodoro e rapa presentando una buona attività erbicida nei confronti del giavone e della<br />
<strong>di</strong>gitaria (Yamada et al., 1972). L’anisomicina ha permesso la sintesi del metossifenone<br />
una molecola selettiva per il riso ed efficace contro le graminacee.<br />
Un gruppo <strong>di</strong> metaboliti microbici con un preve<strong>di</strong>bile futuro come erbici<strong>di</strong> selettivi<br />
sono le erbici<strong>di</strong>ne derivate da Streptomices saganonensis (Arai et al., 1976; Haneishi et al,<br />
1976) . L’erbici<strong>di</strong>na A e B sono risultate selettive verso il riso ed efficaci nei confronti <strong>di</strong><br />
Echinochloa spp, Eleusine in<strong>di</strong>ca, Portulaca oleracea, Polygonum spp e Commelina<br />
communis.<br />
Buone prospettive <strong>di</strong> sviluppo sembra poter avere la AAL-tossina metabolizzata da<br />
Alternaria alternata f. sp.lycopersici un patogeno responsabile del cancro del pomodoro.<br />
Questa fitotossina ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> essere selettiva nei confronti del cotone e <strong>di</strong><br />
possedere, già a basse concentrazioni, una elevata fitotossicità verso Solanum nigrum L.,<br />
Datura stramonium L., Sida spinosa L., Helianthus annuus L.. (Abbas e Paul, 1993; Abbas<br />
et al., 1995)<br />
Dal Fusarium moniliforme è stata isolata la fumonisina B1 (FB1), una fitotossina con<br />
strette afinità chimiche e biologiche con la AAL-tossina (Bezuidenhout et al, 1988; Abbas<br />
et al.1993; ). La FB1 è risultata selettiva nei confronti del cotone ed attiva contro le stesse<br />
infestanti controllate dalla AAL-tossina.<br />
4.2.3 Sostanze prodotte da animali<br />
Le ricerche per l’isolamento <strong>di</strong> sostanze ad azione erbicida prodotte da animali hanno<br />
finora fornito risultati alquanto modesti. Di qualche interesse è apparsa solo la cantari<strong>di</strong>na<br />
prodotta dal <strong>di</strong>ttero Lytta vesicatoria. Tale sostanza ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> inibire lo sviluppo del<br />
coleoptile del frumento.<br />
Tab. 4. Fitotossine derivate dalle piante (da Putnam mo<strong>di</strong>ficato)<br />
Classe chimica<br />
Chinoni<br />
Terpenoi<strong>di</strong><br />
Flavonoi<strong>di</strong><br />
Composto Formula <strong>di</strong> struttura Pianta<br />
d’origine<br />
juglone<br />
noce<br />
sorgoleone<br />
1-8 cineolo<br />
florizina<br />
25<br />
Sorghum sp.<br />
Salvia sp.<br />
melo
Tannini<br />
Alcaloi<strong>di</strong><br />
Cumarine<br />
Derivati<br />
aminoaci<strong>di</strong>ci<br />
Composti fenolici<br />
Aci<strong>di</strong> aromatici<br />
Glucosi<strong>di</strong><br />
cianogenetici<br />
Tiocianati<br />
ac. gallico<br />
caffeina<br />
colchicina<br />
psoralina<br />
xantotossina<br />
mimosina<br />
acido ammino levulinico<br />
arbutina<br />
ac. cinnamico<br />
durrina<br />
tiocianato<br />
26<br />
euforbia<br />
caffè<br />
Colchicum<br />
autumnale<br />
Psoralea sp.<br />
Ammi majus<br />
Mimosa sp.<br />
Leucaena<br />
glauca<br />
Arctostaphylos<br />
uva-ursi<br />
Parthenium<br />
argentatum<br />
Sorghum sp.<br />
crucifere
emergenze (plantule/m2)<br />
250<br />
200<br />
150<br />
100<br />
50<br />
0<br />
erpicatura<br />
0 1000 2000 3000<br />
banca semi 0-10 cm<br />
27<br />
aratura<br />
Figura 2. Relazione tra numero <strong>di</strong> emergenze <strong>di</strong> riso crodo rilevato al momento dell’<br />
intervento <strong>di</strong> lotta dopo la falsa semina (metà maggio) e consistenza della<br />
banca semi della malerba nel terreno in funzione del tipo <strong>di</strong> lavorazione<br />
effettuato per la preparazione del letto <strong>di</strong> semina (da Ferrero e Vidotto, 1997,<br />
rielaborata).
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