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CERAMICHE DI IMPASTO DELL'ETA ORIEl'\TALIZZANTE IN ITALIA<br />
26<br />
1976b), nonostante la presenza in esse di singoli vasi d'importazione etrusca (Co<br />
LONNA 1993, p. 12 S., nota 34) e dauna (BERGONZI 1985, pp. 71 e 88, nota 23) di<br />
pieno VII secolo a.c., non è ancora possibile riconoscere con sicurezza contesti<br />
funerari più antichi degli inizi del secolo successivo. La stessa recente proposta<br />
d'innalzamento oltre tale soglia di una pane dei corredi della necropoli di Campovalano<br />
(D'ERCOLE 1990a, pp. 30 e 35 s.) e di quelli del nuovo sepolcreto abruzzese<br />
di Caporciano (D'ERCOLE 1990b, pp. 68 e 73-81), nei quali effettivamente<br />
come negli altri marchigiani del Piceno IV A le forme dei vasi d'impasto hanno<br />
perlopiù una chiara matrice tardo orientalizzante, almeno ad avviso di chi scrive<br />
deve ancora ritenersi sub iudice.<br />
Considerato entro i limiti sopra enunciati, il vaseUHme fittile presenta in generale,<br />
rispetto alla prima età del Ferro, una maggiore differenziazione neUa qualità<br />
deU'impasto, che, a parte i sempre comuni vasi a pasta bruna di varie tonalità, è<br />
talora plasmato in forme ramo regolari e simmetriche da sembrare lavorato al tornio<br />
e più spesso ben levigato in superficie e ben depurato in frattura. Questo accade<br />
sopranuno sia nei primi rari vasi a pasta rosata, come la coppa quadriansata<br />
della tomba 26 di M.oie di Pollenza, sia in quelli più numerosi a pasta nerastra<br />
(come i vasi biconici di Fabriano), una buona parte dei quali nasconde peraltro<br />
un caratteristico velo sottocutaneo di colore rossiccio.<br />
Riguardo alle forme si rinvia a quanto potrà trovarsi nelle opere sopra citate, aggiungendo<br />
soltanto, data la natura del lavoro, che per assenza di alternative si è<br />
mantenuto qui (diversamente che in Dizionario 1980, tav. XXXIX/12) l'improlavo<br />
I, 7-8 prio nome greco co/bOli (DuMITIlE5CU 1929, p. 80 s.; LOLLINI 1976a, passim), rideterminandolo<br />
tuttavia con l'aggettivo "piceno".<br />
lavo XII, l<br />
Gabriele Baldelli<br />
L'Abruzzo<br />
Fra i materiali più chiaramente riferibili a tipologie orientalizzanri, che non ricorrono<br />
a Campovalano. è stata prescelta l'anforetta del Museo di Chieri (inv.<br />
J8178) proveniente daUa necropoli di Alfedena.<br />
L'esemplare, di produzione locale, impasto bruno e pareti sottili, è rozzamente<br />
levigato ed è decorato di un motivo a zig-zag inciso sul collo e di costolature verticali<br />
alternate a bugne sul ventre. Esso è stato rinvenuto con un boccaletto di<br />
bucchero e con una scodella di piccoJe dimensioni a esr di una sepoltura maschile<br />
(n. 468) durante lo scavo della zona D 4 nel 1895 (MARlANI 1901, c. 616).<br />
Entro la fossa sono stati trovati due anelli di bronzo, tre fibule di ferro, una scodeUa<br />
d'impasto rosso bruno, una lancia di ferro. Al braccio sinistro del defunto,<br />
un'armilla di bronzo; adagiato sul petto un balteo con due dischi di corazza, della<br />
cui decorazione è stata unanimemente riconosciuta la ciipencienz,l dal repertorio<br />
proprio dell'Orientalizzante (COLONNA 1974a).<br />
La sepoltura appartiene al periodo più arcaico della necropoli, non i.ndividuato<br />
negli ultimi scavi del sepolcreto (PARl5E BADONI - RUGGERl GIOVE 1980) e risalente<br />
agli inizi del VI, se non alla fine del VII secolo a.c., in cui maggiormente<br />
compaiono elementi di tradizione italico-orientale, o più propriamente picena.<br />
ondimeno il confronto dei materiali disponibili rimanda anche ad altri contatti<br />
con il Lazio meridionale, con la Campania e con la Lucania lungo le vie della<br />
transumanza.<br />
Franca Parise Bodoni