IL TERRITORIO Aspetti geologici su Ginosa e la sua gravina Gli ...
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<strong>IL</strong> <strong>TERRITORIO</strong><br />
<strong>Aspetti</strong> <strong>geologici</strong> <strong>su</strong> <strong>Ginosa</strong> e <strong>la</strong> <strong>su</strong>a <strong>gravina</strong><br />
<strong>Gli</strong> aspetti <strong>geologici</strong> <strong>su</strong>l territorio di <strong>Ginosa</strong> e <strong>su</strong>l<strong>la</strong> <strong>gravina</strong> sono, in linea generale, gli stessi delle<br />
altre gravine. Tuttavia vi sono talune caratteristiche partico<strong>la</strong>ri che determinano alcune singo<strong>la</strong>rità<br />
morfologiche proprie delle singole gravine.<br />
Vari sono i centri abitati, localizzati in un territorio appartenente alle province di Bari, Matera e<br />
Taranto, che sono stati edificati, sin da epoche remote, <strong>su</strong>i greppi delle “gravine”.<br />
Le pareti ripide di questi solchi d’erosione, quasi verticali, alte anche varie decine di metri,<br />
permettono di osservare le formazioni affioranti, in genere calcaree. A questi “centri di <strong>gravina</strong>”<br />
appartiene <strong>Ginosa</strong>. Le costruzioni del<strong>la</strong> parte antica del <strong>su</strong>o abitato sono state realizzate fin quasi<br />
nell’alveo del solco d’incisione; resti di insediamenti rupestri si osservano <strong>su</strong>l versante opposto, a<br />
varie quote altimetriche.<br />
Nell’area in paro<strong>la</strong> ci si trova al passaggio tra due elementi morfostrutturali: <strong>la</strong> Fossa bradanica e le<br />
Murge. La prima costituisce un’ampia depressione allungata in direzione nord-ovest <strong>su</strong>d-est ed è<br />
compresa tra l’Appennino meridionale, verso <strong>su</strong>d- ovest, e le Murge a nord-est. È caratterizzata<br />
dall’affioramento di depositi c<strong>la</strong>stici e pleistocenici.<br />
Le Murge, parallele al<strong>la</strong> Fossa bradanica, formano un rilievo tabu<strong>la</strong>re limitato a nord-est da una<br />
serie di gradini degradanti verso il Mar Adriatico e a <strong>su</strong>d ovest da una vasta scarpata. Sono<br />
costituite da formazioni carbonatiche mesozoiche, più o meno estesamente coperte da depositi<br />
calcarenitici, limosi e sabbiosi di età pleistocenica.<br />
Le rocce affioranti a <strong>Ginosa</strong> e dintorni sono tutte sedimentarie, ma diverse come età; <strong>la</strong> loro<br />
<strong>su</strong>ccessione stratigrafica, secondo quanto è noto in letteratura geologica, ri<strong>su</strong>lta composta, dal più<br />
antico al più recente, da:<br />
• “Calcari di Altamura”;<br />
• “Calcareniti di Gravina”;<br />
• “Argille <strong>su</strong>bappennine”;<br />
• Depositi marini litorali terrazzati;<br />
• Depositi alluvionali recenti.<br />
I “Calcari di Altamura” (Cretaceo <strong>su</strong>periore) sono costituiti da calcari compatti di colore bianco<br />
grigiastro con interca<strong>la</strong>zioni di calcari dolomitici e dolomie.<br />
Le “Calcareniti di Gravina” (Pliocene <strong>su</strong>periore-Ca<strong>la</strong>briano) poggiano in evidente discordanza<br />
ango<strong>la</strong>re <strong>su</strong>i calcari e sono forniate da calcareniti compatte di colore bianco-gial<strong>la</strong>stro a grana fine.<br />
Al di sopra si rilevano le “Argille <strong>su</strong>bappennine” (Ca<strong>la</strong>briano); si tratta di marne argillose e siltose<br />
di colore grigio-azzurro.<br />
I depositi litorali terrazzati (Postca<strong>la</strong>briano) sono costituiti da calcareniti, ghiaie e conglomerati<br />
poligenici e poggiano, in discordanza, <strong>su</strong>lle argille, <strong>su</strong>lle calcareniti e <strong>su</strong>i calcari cretacei. Sabbie,<br />
limi e ghiaie formano i depositi alluvionali. Durante il Cretaceo e avvenuta <strong>la</strong> sedimentazione del<strong>la</strong><br />
piattaforma carbonatica, <strong>su</strong>ccessivamente <strong>la</strong> regione e emersa. In questo periodo, probabilmente, si<br />
sono originate, negli strati, le pieghe e le faglie e il blocco calcareo as<strong>su</strong>me l’aspetto di Horst con i<br />
Graben localizzati nel Mar Adriatico e nel<strong>la</strong> Fossa bradanica. Nell’intervallo di tempo compreso tra<br />
il Pliocene e il Ca<strong>la</strong>briano una parte dell’area, tra cui <strong>Ginosa</strong>, viene sommersa dalle acque marine e<br />
si depositano lo “Calcareniti di Gravina” e le “Argille <strong>su</strong>bappennine”. In una fase <strong>su</strong>ccessiva<br />
(Postca<strong>la</strong>briano) è iniziata l’emersione definitiva del<strong>la</strong> regione bradanico-murgiana connessa agli<br />
squilibri isostatici provocati sia dal<strong>la</strong> tettogenesi appenninica che dal<strong>la</strong> presenza, nell’area del<strong>la</strong><br />
Fossa bradanica, di notevoli spessori di depositi a bassa densità.
Il sollevamento non è stato continuo ma a sbalzi, anche se lievi; i gradoni con i sedimenti a carattere<br />
litorale che si rinvengono andando dalle Murge fino all’attuale linea di riva, altro non sono che le<br />
piattaforme di abrasione originate dall’azione del mare. L’abitato di <strong>Ginosa</strong> è stato edificato <strong>su</strong>l<br />
secondo di sette terrazzi, noti in letteratura geologica, partendo, nel<strong>la</strong> numerazione, dalle quote più<br />
elevate.<br />
II paesaggio presenta il tipico aspetto delle coste di sollevamento con <strong>su</strong>perfici di abrasione situate a<br />
varie altezze <strong>su</strong>l livello del mare. I rilievi formati dai calcari si presentano, in genere, pianeggianti,<br />
debolmente ondu<strong>la</strong>ti, e sono delimitati da scarpate. In <strong>su</strong>perficie sono interessati dai tipici fenomeni<br />
legati all’azione carsica quali doline, campi carreggiati e piccole grotte; mancano notizie <strong>su</strong>l<br />
carsismo profondo.<br />
Nei luoghi di affioramento dei sedimenti plio-pleistocenici le forme del terreno appaiono<br />
tondeggianti con piccole incisioni dovute all’azione di scorrimento delle acque.<br />
Suscitano partico<strong>la</strong>re interesse i solchi d’erosione torrentizia che incidono più o meno<br />
profondamente i calcari: le gravine. Quel<strong>la</strong> di <strong>Ginosa</strong> si presenta di limitata lunghezza, non molto<br />
incavata e con un decorso nel tratto iniziale da nord-ovest a <strong>su</strong>d-est. Circa l’origine si pensa che i<br />
solchi d’incisione in paro<strong>la</strong> siano dovuti a fenomeni di sovraimposizione. I corsi d’acqua impostatisi<br />
<strong>su</strong>i depositi <strong>su</strong>perficiali plio-pleistocenici, dopo averli incisi, si sono approfonditi ed hanno eroso le<br />
rocce sottostanti di natura calcarea. Sicuramente tutto ciò è avvenuto in concomitanza di alcuni<br />
fattori quali le ultime fasi del sollevamento regionale, resistenza di faglie nel blocco calcareo e <strong>la</strong><br />
presenza di un periodo con clima più umido e piovoso di quello attuale.<br />
Al giorno d’oggi l’attività erosiva è limitata, in pratica a rari e brevi periodi di intense precipitazioni<br />
atmosferiche.<br />
Il <strong>su</strong>olo di <strong>Ginosa</strong> presenta quasi tutte le specie di terreni. Fra le murgie vedesi il calcareo; il<br />
sabbioso ed il ghiaioso sono più generalmente diffusi nelle contrade delle vigne e dei boschi; il<br />
ghiaioso però non è dappertutto uniforme; sono visibili ciottoli di una varietà assai nota, cioè ora di<br />
granito, di gneis e di breccia silicea, ed ora di orniblenda, di scisto argilloso ecc.<br />
Le colline che dominano il territorio Ginosino non possono dirsi tutte del<strong>la</strong> stessa natura: talune<br />
sono di formazione secondaria; altre terziarie. Nelle prime predomina il carbonato calcareo, sopra<br />
del quale pure sono basate le seconde. Le cosiddette Murgie, che stanno al nord del paese, non sono<br />
che colline derivanti dall’ultima diramazione <strong>su</strong>b-appennina, consistenti in massi di pietra calcare<br />
stratiforme, più o meno dura, conchiglifera e dogata di breccia calcarea.<br />
Laddove <strong>la</strong> massa calcarea è più compatta, si ha il travertino, e non sono rari taluni ronchioni di<br />
carbonato di calce cristallizzato (volgarmente pietra sategna), che unita al<strong>la</strong> pece si adopera per<br />
unire le pietre di mulino. Il dorso di queste colline è ispido e pieno di crepacci; alle volte è nudo del<br />
tutto; in altri luoghi è coperto di strati più o meno <strong>su</strong>perficiali ora di sabbia e ghiaia, ed ora di<br />
terreno vegetale misto all’ocra di ferro; per cui <strong>la</strong> vegetazione è scarsa, e vi cresce in preferenza il<br />
timo, <strong>la</strong> scil<strong>la</strong> ed il pepe montano.<br />
Alle falde di queste colline, del pari che nei sottoposti piani o valli, non escluso l’antico paese,<br />
sopra l’accennata pietra calcare si trovano costantemente banchi di un’altra pietra più molle si, ma<br />
pure calcare, non affatto stratificata, e visibilmente nata da fanghiglia o arena calcarea: il tufo,<br />
variabilmente granellosa, bianca, più o meno forte, bibu<strong>la</strong> e sparsa di collette utilizzata come<br />
materiale comune da costruzione.<br />
Sopra questi banchi di tufo trovasi il più delle volte <strong>la</strong> marna, ora immediatamente dopo il terriccio,<br />
ed ora al<strong>la</strong> <strong>su</strong>perficie del <strong>su</strong>olo: in ogni modo essa indica un’alterazione del tufo, ed un’abbondanza<br />
di argil<strong>la</strong>.<br />
In altri luoghi, si rinvengono banchi di un’altra specie litoide chiamata carparo, oppure “mazzaro”,<br />
di colore terreo, sparso di particelle bianche e di qualche punto splendente. Contiene in copia<br />
frantumi di conchiglie e di litofiti; se ne fa uso per gradini, zoccoli di edifici ecc.
Il sistema idrico<br />
Il sistema idrico di <strong>Ginosa</strong> ha origine nel percorso, più a settentrione, del Canale Grottaturge, a<br />
quota di circa 462 m, il quale raccoglie le acque di un’area del<strong>la</strong> Murgia Tarlecchia, caratterizzata<br />
dal<strong>la</strong> presenza delle località Serrone di Aloino (489), di Masseria Fero<strong>la</strong> (462), Masseria Francesco,<br />
località Passacqua, Pantanello (415), Cisterna delle Rose. La zona ad oriente del Canale Grottaturge<br />
è attraversata dal<strong>la</strong> Strada Statale n. 7 che porta a Laterza, da dove ha inizio - dopo un percorso per<br />
lo più a secco di circa 8-10 km di canalone-torrente - <strong>la</strong> Gravina di Laterza, che è <strong>la</strong> più imponente<br />
del territorio, e che continua, dopo circa 5 km di “<strong>gravina</strong>” propriamente detta, in una “Lama” ricca<br />
di confluenti (forse una quindicina) quasi sempre asciutti, nel mare a settentrione di “Riva dei<br />
Tessali”.<br />
Il bacino idrico di <strong>Ginosa</strong>, pur vicino e approssimativamente parallelo a quello di Laterza, ne è<br />
staccato, e fa parte del complesso imbrifero del Bradano, fiume che sfocia, dopo un percorso di 124<br />
km, nel Golfo di Taranto fra <strong>Ginosa</strong> Marina e il Lido di Metaponto.<br />
Mentre ad oriente del sistema del Bradano scorre quello, minore ma più confuso, di Laterza, a<br />
occidente scorre l’imponente sistema del Basento, che, dopo un percorso di 140 km, sfocia al mare<br />
quasi 7 km a <strong>su</strong>d del<strong>la</strong> foce del Bradano.<br />
Il sistema di <strong>Ginosa</strong>, che, come già detto inizia col percorso del Canale Grottaturge, prosegue,<br />
<strong>su</strong>perati circa 3 km di “<strong>gravina</strong>”, col canalone che porta il nome di “Lagnone”, il quale, dopo circa 8<br />
Km confluisce nel Bradano, in località Girifalco, dopo aver accolto un gran numero di confluenti<br />
dall’aspetto di canali o canaletti e, <strong>su</strong>l <strong>la</strong>to destro, all’altezza del<strong>la</strong> città di <strong>Ginosa</strong> (alt. 240), una<br />
“Gravinel<strong>la</strong>” di alcuni chilometri.<br />
Il sistema di <strong>Ginosa</strong>, col primo percorso, settentrionale, dalle origini al<strong>la</strong> “<strong>gravina</strong>” scorre nelle<br />
località che dalle “masserie” e dai nomi dei proprietari terrieri, prendono i nomi di Distacco,<br />
Cisterna del Comune, Donna Rosa, Difesa Murgia, Canale Palombaro, Lamia Tortorelli, Casale<br />
Russo. Da qui inizia <strong>la</strong> “<strong>gravina</strong>” vera e propria, che incide le calcareniti e sprofonda in quei burroni<br />
e solchi che attirarono i primi abitatori del<strong>la</strong> preistoria, i quali man mano furono sostituiti dalle<br />
popo<strong>la</strong>zioni che si avvicendarono in epoca precristiana, fino a dar origine al<strong>la</strong> antica Genusia.<br />
Terminata <strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, il canalone riprende, senza strapiombi e greppi accidentati, il percorso quasi<br />
insignificante, fino a confluire, dopo 17 Km circa, nel fiume Bradano, a circa una dozzina di<br />
chilometri dal mare.<br />
Alle origini del Bradano, fra le località La Macal<strong>la</strong>, Jazzo Malvezzi, Masseria Guastacroce,<br />
Masseria Batteria, Masseria Zangarel<strong>la</strong> e Jazzo Ferri, si stende il Lago artificiale di S. Giuliano, per<br />
una lunghezza di 8 Km.<br />
Dall’angolo meridionale di questo <strong>la</strong>go esce il fiume Bradano che, con un percorso in direzione SE,<br />
raggiunge, sempre ricco d’acqua e con percorsi anche pittoreschi, il mare fra <strong>la</strong> foce del Basento e<br />
<strong>Ginosa</strong> Marina, centro balneare ricco di vecchie pinete.<br />
Il Bradano, che ha per principale confluente periodico il vallone che scende dal<strong>la</strong> Gravina di<br />
<strong>Ginosa</strong>, nasce in Basilicata a quota 778 metri s.m. col nome di Bradanello dall’alveo prosciugato di<br />
Lagopesole nel Preappennino Lucano. Il <strong>su</strong>o percorso totale è di 114 Km e va a finire fra Marinel<strong>la</strong><br />
e l’antica Metaponto.<br />
Il bacino del Bradano è di oltre 2700 Kmq, e <strong>la</strong> portata massima del fiume e di 157-1280 mc; <strong>la</strong><br />
minima è di 0,05 mc/sec.; ma oggi <strong>la</strong> portata è condizionata dal<strong>la</strong> funzione del <strong>la</strong>go artificiale di S.<br />
Giuliano. Col <strong>su</strong>o ultimo tratto, il fiume segna il confine fra le province di Taranto e di Matera.<br />
Diversi sono gli immissari di destra del Bradano, più o meno importanti. Vi scendono, fra le altre, le<br />
acque di Miglionico, di Pomarico, ecc...<br />
In testa, a settentrione, fra l’origine del sistema di <strong>Ginosa</strong> e il bacino del Bradano, si trova <strong>la</strong> città di<br />
Matera, <strong>la</strong> cui “<strong>gravina</strong>” si insinua fra i due bacini in direzione di Montescaglioso, cittadina che si<br />
trova quasi al centro fra <strong>Ginosa</strong> e il Bradano. Tutta l’area è occupata da confluenti che si snodano in<br />
tutte le direzioni, sotto forma di torrentelli, canali, alvei antichi, solchi che danno al paesaggio un<br />
aspetto accidentato, in molti punti selvaggio, quasi sempre <strong>su</strong>ggestivo, e sempre di alto interesse<br />
scientifico, culturale e turistico, con <strong>la</strong>rghe possibilità di incremento economico.
Flora del<strong>la</strong> <strong>gravina</strong><br />
II complesso floristico, comprensivo di 373 specie vegetali censite, è ovviamente influenzato dal<br />
fatto che non sono poche le piante coltivate e gli alberi fruttiferi che invadono <strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, con orti e<br />
giardini dai quali sfuggono varie piante, anche da fiori, più o meno spontaneizzate.<br />
Nel<strong>la</strong> <strong>gravina</strong> dominano - fra gli alberi - l'olivo e il mandorlo e, oltre al comunissimo fico, anche <strong>la</strong><br />
vite occupa una buona parte, come pure il fico d'India.<br />
E' perciò interessante ricordare anche le varietà in cui si presentano queste che possiamo dire<br />
intrusioni antropiche, che occupano una parte non indifferente dei greppi e del fondo-valle. È da<br />
considerare principale l'olivo, che si presenta in due varietà: l'olivo ogliarolo e l'olivo cellino.<br />
L'ogliarolo è <strong>la</strong> varietà più antica e diffusa, e i nativi <strong>la</strong> chiamano "colmone". È stata <strong>la</strong> varietà<br />
preferita per il maggior contenuto d'olio nelle drupe e per l'abbondante fruttificazione. Venne man<br />
mano sostituita dal<strong>la</strong> varietà "collina", più resistente dell'ogliarolo (che è più soggetto al<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia<br />
"brusca"). La pianta dell'olivo cellino viene chiamata generalmente "pizzuta", ed è più robusta,<br />
resistente ai venti, al<strong>la</strong> brina e al<strong>la</strong> "brusca". .<br />
Oltre all'olivo comune (Olea europaea ssp. sativa), si trova l'olivastro o olivo selvatico (Olea<br />
europaea ssp. olivaster). Il "cellino" forma alberi enormi, resistenti anche nei terreni poveri e magri,<br />
e fruttifica abbondantemente. Le olive sono più piccole però non meno ricche di olio. I contadini<br />
danno da mangiare le foglie d'olivo agli ovini e bovini.<br />
Il secondo albero fruttifero, frequente in <strong>gravina</strong>, è il mandorlo, che presenta le varietà Rachele,<br />
Cinque-cinque, Catuccia, Franciscudda, Viscarda e Gargano.<br />
Anche <strong>la</strong> vite presenta, nel<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, delle varietà: Negro amaro, Pri-mativo, Malvasìa nera,<br />
Malvasìa bianca, Moscatellone, Corno<strong>la</strong> bianca, Verdeca, Aleatico.<br />
Il fico è presente in ben dieci varietà. Il fico è <strong>la</strong> pianta che dimostra una partico<strong>la</strong>re predilezione<br />
per le grotte e i greppi in generale. Quasi tutte le grotte hanno qualche pianta di fico all'ingresso, e<br />
piante, generalmente poco sviluppate, si trovano anche nell'interno di varie grotte, spesso cresciute<br />
in posizioni strane, come in qualche nicchia, o addirittura <strong>su</strong>l<strong>la</strong> volta.<br />
Una pianta decorativa molto diffusa nel<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, sia <strong>su</strong>l ciglio che nei greppi e nel fondo-valle, è<br />
l'Agave (Agave americana) delle Amarilidacee, rinselvatichita. È una pianta straordinaria e, con le<br />
<strong>su</strong>e grandi, rigide e carnose foglie disposte a rosetta, costituisce un ornamento notevole. Quando,<br />
dopo una decina di anni di vita (o più, fino a una quarantina) fiorisce, lo stelo floreale si sviluppa<br />
per più metri, e l'infiorescenza è ricca di fiori candidi; ma ciò distrugge tutte le energie del<strong>la</strong> pianta,<br />
che, dopo <strong>la</strong> fioritura muore, <strong>la</strong>sciando però varie piccole àgavi "figlie".<br />
Il nome di Agave pare derivi dal greco "agauos", che significa magnifico o meraviglioso.<br />
Qua e là nel<strong>la</strong> <strong>gravina</strong> fiorisce l'Alianto (Ai<strong>la</strong>nthus altissima; A. g<strong>la</strong>ndulosa), sia a macchie<br />
rigogliose che ad albero. È una pianta d'origine americana, introdotta in Italia nel 1700 (Orto<br />
Botanico di Padova), e acclimatata ovunque, con grandi infiorescenze rossastre.<br />
Fra i diversi alberi da frutto, qua e là rinselvatichito, si nota anche qualche gelso (Morus nigra).<br />
Le Orchidee, di più specie, pare abbiano trovato il loro habitat più confacente nel<strong>la</strong> località di<br />
Vallone, cioè nel tratto finale del<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, che al <strong>la</strong>to iniziale, invece, cioè in un'area del<strong>la</strong> località<br />
denominata Santoro, è occupata dal bosco di lecci, con qualche altra specie arborea (Quercia e Pino,<br />
quest'ultimo rappresentato solo da alcuni esemp<strong>la</strong>ri, e alcuni arbusti di corbezzolo (Arbutus unedo)<br />
che manca in tutto il resto del<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>).<br />
È’ da notare che, eccettuati i rari esemp<strong>la</strong>ri di pino di questi boschi, tutta <strong>la</strong> <strong>gravina</strong> appare priva di<br />
pini. Essi costituiscono, invece, l'essenza principale di altre gravine, come per esempio quel<strong>la</strong> di<br />
Petruscio (Motto<strong>la</strong>).<br />
L'elevato numero di specie censite rive<strong>la</strong> una indubbia ricchezza floristica che, però, è in buona<br />
parte da mettere in re<strong>la</strong>zione con l'elevata antropizzazione dei luoghi. L'alterazione dell'ambiente<br />
naturale rive<strong>la</strong>ta dal<strong>la</strong> presenza di un elevato numero di specie vegetali di tipo sinantropico e<br />
ruderale, nonché da numerosi elementi spontaneizzatisi dopo introduzione a scopo agricolo od<br />
ornamentale, è da imputarsi al<strong>la</strong> morfologia dei luoghi che ri<strong>su</strong>ltano meno aspri e accidentati
ispetto ad altre gravine ioniche. Tale situazione ha partico<strong>la</strong>rmente favorito <strong>la</strong> presenza di<br />
insediamenti antichi e recenti e l'utilizzo per coltivazione e pascolo di aree del<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>.<br />
L’area del<strong>la</strong> <strong>gravina</strong> di <strong>Ginosa</strong> in ogni caso mostra di essere un interessante punto di incontro fra<br />
elementi termo-xerofili sempreverdi ed elementi caducifogli più mesofili. Interessanti lembi di<br />
macchia ospitano specie come : Pistacia lentiscus, Rhamnus a<strong>la</strong>ternus, Daphne gnidium, Smi<strong>la</strong>x<br />
aspera.<br />
FASI DI ESPANSIONE<br />
<strong>Ginosa</strong> sorse dove giace, per resistenza di quel profondo solco in calcarenite che consentì sicuro<br />
rifugio alle genti primitive che, dopo utilizzate le grotte naturali dei greppi, al<strong>la</strong>rgarono<br />
artificialmente le stesse e ne costruirono altre, con <strong>la</strong> escavazione degli abitacoli trogloditici che<br />
oggi ammiriamo come testimonianze <strong>su</strong>ggestive delle prime manifestazioni antropiche<br />
dell’interessante sito.<br />
P. Damiano TUSEO (1951) affermò che “nel Casale e nel<strong>la</strong> Rivolta non si sono trovate tracce di<br />
materiale archeologico che ci riportino ai secoli prima del Cristianesimo. Vero è che tale zona non è<br />
stata per nul<strong>la</strong> esplorata”. Oggi però possiamo aggiungere che con le odierne esplorazioni sono<br />
state trovate alcune stazioni del Paleolitico che verranno studiate dagli specialisti. Ma intanto<br />
dobbiamo riconoscere che nel<strong>la</strong> preistoria, prima degli albori del<strong>la</strong> più antica Genusia, <strong>la</strong> <strong>gravina</strong><br />
era occupata da scarsi nuclei di cavernicoli paleolitici.<br />
Ovviamente, per ricordare le complesse vicende locali si è dovuto ricorrere alle poche fonti<br />
esistenti, che, a parte altri scritti minori e ripetitivi, sono quelle del <strong>Gli</strong>onna (1853) e quelle,<br />
revisionate, ampliate e illustrate di Paolo Bozza e Maddalena Capone (1969, 1976), che<br />
comprendono anche le notizie del Miani (1871) e del Tuseo (1951).<br />
Circa le origini del toponimo <strong>Ginosa</strong>, ci sono varie ipotesi.<br />
Il fiume Vojussa, scendendo dal<strong>la</strong> Macedonia, sfocia nello Jonio nei pressi di Durazzo. Era noto,<br />
prima, col nome di fiume Genusio. Si pensò che genti di quel territorio fossero emigrate in terra<br />
italica fondando Genusio. Secondo Livio, infatti <strong>la</strong>tinamente <strong>la</strong> Macedonia si chiamava Genusium.<br />
Secondo altri il nome deriverebbe da Cnosso (capitale dell’Iso<strong>la</strong> di Creta e Candia) che chiamavasi<br />
Genusio, e questa ipotesi trova riscontro già in Erodoto, in Ateneo, in Verone, in Strabone, in<br />
Virgilio e in Servio, i quali concordano nell’ammettere <strong>la</strong> venuta in Puglia di colonie cretesi.<br />
C’è anche chi afferma che <strong>Ginosa</strong> sia stata istituita da profughi di Metaponto, ciò che è contestato<br />
dai frequenti rinvenimenti di vasi fittili risalenti a più secoli prima del<strong>la</strong> distruzione di Metaponto.<br />
I primi abitanti del<strong>la</strong> <strong>gravina</strong> ebbero per dimora le grotte e venendo dal<strong>la</strong> Grecia portarono con sé le<br />
loro abitudini trogloditiche.<br />
Anche altrove, come a Massafra, Matera, Gravina, Grottaglie, ecc., i Greci occuparono le grotte<br />
abbandonate dagli abitatori precedenti, del<strong>la</strong> preistoria. Ampie testimonianze greche le troviamo nei<br />
numerosi manufatti fìttili, nei magnifici vasi con figure nere in campo chiaro e figure bianche in<br />
campo scuro, nonché nelle monete di Metaponto, Taranto ed Eraclea; e affermazioni analoghe ci<br />
hanno <strong>la</strong>sciato l’Abate Romanelli e l’Olstenio.<br />
<strong>Ginosa</strong> acquista forma e vita urbana, as<strong>su</strong>mendo il nome, secondo alcuni, all’arrivo dei Messapi, dal<br />
XX al XVII secolo a.C., secondo altri dal XII secolo a.C. (prima età del ferro).<br />
I messapi abitarono in piccole costruzioni in pietra o in mattoni cementati con calce (casedde).<br />
Quindi assorbirono i preesistenti, o li distrussero, occupando anche le loro caverne, adattandole<br />
meglio alle loro esigenze con piccoli <strong>la</strong>vori, escavazione di nicchie, pareti divisorie, ampliamento di<br />
vani, sistemazione di porte, costruzione di cisterne e pozzi, in quelle parti del masso che offrivano<br />
<strong>la</strong> medesima resistenza all’opera di scavo.<br />
<strong>Ginosa</strong> messapica costituiva più borghi, conservatisi fino all’epoca dei Romani, di cui quello<br />
costruito <strong>su</strong>l<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, godeva sicuramente di una posizione egemonica per <strong>la</strong> <strong>su</strong>a partico<strong>la</strong>re
posizione orografica. Un buon numero di sentieri in terra battuta determinava un flusso di scambi<br />
tra i vari nuclei abitativi .<br />
A questo proposito si è recentemente scoperta, mediante rilievi aerofotogrammetrici, una lunga via<br />
di comunicazione, che proveniva dal<strong>la</strong> zona del Sinni, proseguiva per Metaponto, attraversava il<br />
Bradano, raggiungeva <strong>la</strong> zona di Lama del Pozzo, il vil<strong>la</strong>ggio preistorico di Follerato, quindi quello<br />
coevo nel<strong>la</strong> località di SS. Trinità ad oriente di Laterza e da Massafra, di luogo in luogo, terminava<br />
a mare, presso Brindisi .<br />
La re<strong>la</strong>tiva vicinanza alle colonie magno-greche dell’arco jonico presto determinò un fenomeno di<br />
osmosi che infine si risolse a favore del<strong>la</strong> più evoluta sfera greca come testimoniano i numerosi<br />
ritrovamenti ed in partico<strong>la</strong>re una grossa pietra scoperta e custodita da Luigi Miani, appartenente<br />
alle mura di <strong>Ginosa</strong> e risalente al 549 a.C.<br />
Il <strong>Gli</strong>onna ed il Tuseo, due storici locali, narrano di avanzi di blocchi quadrilunghi, non cementati,<br />
rinvenuti “<strong>su</strong>l<strong>la</strong> spianata dell’attuale paese” e di due tracce di strade, che da questi si dipartivano<br />
verso <strong>la</strong> zona del castello.<br />
Uno studio accurato per <strong>la</strong> carta dell’abitato, rive<strong>la</strong> per il nucleo edificato più antico una<br />
conformazione p<strong>la</strong>nimetrica, chiaramente di tipo pseudo-ippodameo, raffrontata al vincolo forte<br />
costituito dalle curve di livello del<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, con maglia urbana rego<strong>la</strong>re e con una so<strong>la</strong> strada più<br />
<strong>la</strong>rga, assiale rispetto alle altre, che collegava l’acropoli all’agorà, cioè le aree dove sono<br />
attualmente il castello e <strong>la</strong> vil<strong>la</strong> comunale.<br />
Poiché <strong>Ginosa</strong>, a differenza di Taranto e Metaponto, non <strong>su</strong>bì le conseguenze delle sconfitte di<br />
Pirro e di Annibale, l’impianto greco si conservò intatto in epoca romana, anzi dal<strong>la</strong> disposizione di<br />
isole limitrofe si può immaginare <strong>la</strong> consistenza del nuovo tes<strong>su</strong>to.<br />
La città ricevette, dai vincitori romani, un forte incremento edilizio e demografico.<br />
L’impianto greco si conservò intatto in epoca romana, ed i Romani dettero notevole incremento<br />
demografico, ed edilizio, anche con l’inserimento delle famiglie fuggite dal<strong>la</strong> distrutta Metaponto.<br />
Come colonia romana, as<strong>su</strong>nse il carattere di oppidum fortificato, con mura e edifici pubblici, terme<br />
e templi, dedicati a Giano.<br />
Il <strong>Gli</strong>onna ricorda, fra i monumenti notevoli, i sepolcri, tanto comuni fra i reparti genusini, che si<br />
presentano nei due tipi: sepolcri italo-greci e sepolcri romani.<br />
<strong>Gli</strong> italo-greci, molto infossati nel terreno, contenenti vasi fittili, medaglie e oggetti vari. I sepolcri<br />
romani quasi a fior di terra (sempre secondo <strong>Gli</strong>onna) contenevano solo <strong>la</strong>me arrugginite, rozzi vasi<br />
di creta e qualche moneta romana, che sono stati scoperti e derubati da vandali.<br />
I sepolcri sono in pietra tufacea, a forma di pi<strong>la</strong>, col coperchio privo di iscrizioni.<br />
Fra i vasi e piatti fittili trovati fino ad oggi nel territorio ginosino, oltre ai pochi ricordati dal<br />
<strong>Gli</strong>onna, vi sono quelli, in gran numero descritti recentemente e catalogati da Ange<strong>la</strong> Capurso<br />
(1985), fra i quali, kylix di tipo jonico, oinochoe trilobato, skyphos attici ed apuli, brocchette apule,<br />
olpe apule, pissidi stamnoidi, piatti apuli, coppette bianche apule, coppette baccel<strong>la</strong>te apule,<br />
lekythos, unguentari, crateri a campana lucani e apuli, hydric, cpichysis, oinochoe dello stile di<br />
Gnathia, ollette acrome, oscillum, lucerne, ecc.<br />
Dell’epoca romana furono trovati, nelle varie tombe, lucerne, anfore, <strong>la</strong>crimali, monete di varie<br />
epoche (una di Mamerzio).<br />
Nel 1862, nelle fondazioni di una casa, a 5 m di profondità, fu trovato un sepolcro in mattoni<br />
contenente oggetti di bronzo, “calderotti” con coppini, coppe, brocche, un paio di elmi<br />
(contrassegnati da una testa di oca), alcune armature.<br />
Il Tuseo (1957) afferma il rinvenimento “quasi a fior di terra”, di tombe di soldati romani,<br />
contenenti <strong>la</strong>me, bracciali di bronzo, armature, vasi e monete di varie epoche: dalle romulee alle<br />
conso<strong>la</strong>ri, dalle urbiche a quelle di imperatori (addirittura qualcuna coniata da famiglie).<br />
I nuclei originari protostorici e messapici si conservarono per secoli e sotto vari domini, come<br />
ri<strong>su</strong>lta da reperti di ruderi di un Pa<strong>la</strong>gio (Pa<strong>la</strong>tium), di una zona che fu dimora di schiavi, di una<br />
pietra con incisi termini che dimostrano che <strong>Ginosa</strong> in epoca imperiale poteva nominare i propri
consoli, e inoltre i resti di un acquedotto in contrada Dattoli e un edificio del<strong>la</strong> contrada detta Terra<br />
del Molino. Nel<strong>la</strong> <strong>gravina</strong> però non restano testimonianze romane all’infuori di qualche rudere di<br />
chiesa paleocristiana, che testimonia il tramonto di un'epoca.<br />
Nul<strong>la</strong> rimane di romano nel<strong>la</strong> <strong>gravina</strong> tranne qualche irriconoscibile chiesa paleocristiana di scavo,<br />
a rilevare il tramonto di un’epoca ed il sorgere di un’altra.<br />
La prima chiesa, secondo il Tuseo, fu quel<strong>la</strong> in una grotta al limite del vecchio paese “sotto lo<br />
scrimolo del<strong>la</strong> curva del<strong>la</strong> salita del ponte”, dedicata a S. Pietro o a S. Primo.<br />
Di altri luoghi di culto non si conosce né il nome né il luogo, ciò che fa pensare, secondo Bozza e<br />
Capone (1976), che erano parecchi se nel secondo secolo divenne “sede episcopale” e conservò<br />
questo privilegio fino allo scisma di Fozio e, forse, fino al IX secolo, quando fu distrutta.<br />
La scomparsa di alcuni vil<strong>la</strong>ggi minori venne provocata da persecuzioni cristiane. Fu allora che<br />
parecchi sostenitori del<strong>la</strong> nuova fede si rifugiarono nel<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, “essendo questa meno esposta e<br />
più atta al<strong>la</strong> difesa”.<br />
Oltre <strong>la</strong> caduta dell’impero romano restarono le chiese rurali di S. Agata e di S. Felice, edificate<br />
probabilmente verso il 500, e <strong>su</strong>lle quali seguirono, nel 600, quelle di S. Leone (oltre <strong>la</strong> località di<br />
Girifalco) e quel<strong>la</strong> di S. Maria Dattoli.<br />
Dopo che il governo del<strong>la</strong> Puglia passò in mano degli imperatori d’Oriente, seguirono le<br />
devastazioni dei Barbari scesi dal<strong>la</strong> Peniso<strong>la</strong> e quel<strong>la</strong> dei mercenari governativi, che determinarono<br />
un’imponente fuga verso <strong>la</strong> città di Genusium (vera e propria). Poi, più che l’attività degli eserciti,<br />
le persecuzioni iconoc<strong>la</strong>ste dettero un impulso notevole allo sviluppo del<strong>la</strong> città, come testimonia<br />
una epigrafe di Simmaco (388-526) e infine i resti dell’insediamento basiliano.<br />
Le correnti migratorie dei monaci bizantini, inferiori a quelle tramandate dalle leggende,<br />
determinate dalle scorrerie mu<strong>su</strong>lmane e dalle persecuzioni iconoc<strong>la</strong>ste si ebbero in due periodi<br />
storici, nel VII e nel IX secolo, e si estesero dal<strong>la</strong> Sicilia e dal<strong>la</strong> Terra d’Otranto.<br />
<strong>Ginosa</strong>, situata nell’area di confluenza delle due correnti, venne interessata da entrambe.<br />
I greppi tufacei, già tagliati a terrazza con stradette e rozze scalinate, furono crivel<strong>la</strong>ti di cripte e<br />
abituri, cenobi e <strong>la</strong>ure.<br />
I religiosi, di provenienza greca, contribuirono a migliorarne, trasformando le grotte in ambienti più<br />
civili, più comodi, profittando delle loro conoscenze architettoniche e artistiche. Vennero attuate<br />
ripartizioni degli ambienti a seconda delle esigenze; nel tenero tufo delle grotte furono scavati<br />
giacitoi, sedili, vaschette, mangiatoie, nicchie per posare le <strong>la</strong>mpade e per porvi oggetti vari,<br />
lucernari e cisterne troncoconiche; nei soffitti, a doppio spiovente o piatti, furono ricavati anelli per<br />
appendere le lucerne e altre cose; gli ingressi furono arcuati a tutto sesto ed a sesto acuto.<br />
Le chiese, di cui restano validi e numerosi esempi, denunciano un impianto p<strong>la</strong>nimetrico semplice<br />
pseudo-rettango<strong>la</strong>re, sottolineato da <strong>su</strong>bsellia e una copertura a capanna, in cui, talvolta, sono<br />
imitate le travature lignee, come in Santa Sofia, ma non mancano tipi che ripropongono l’impianto<br />
orientale a croce greca iscritta, come <strong>la</strong> Santa Dominica, in cui quattro pi<strong>la</strong>stri centrali ripartiscono<br />
l’invaso in tre navi absidate.<br />
Il santuario, in qualche caso è delimitato da un muro, in cui sono tagliati i tre ingressi tradizionali;<br />
gli altari aderiscono alle pareti o sono staccati da queste, a seconda del<strong>la</strong> diversa liturgia <strong>la</strong>tina o<br />
greca.<br />
Nelle grotte-cripte vennero dipinti i santi, con affreschi talvolta di partico<strong>la</strong>re fattura e colori vividi,<br />
blu, rosso, giallo, nero riproponendo l’iconografia cristiana d’Oriente.<br />
Nell’839 si ebbe l’invasione dei Saraceni, che distrussero Taranto e pure <strong>Ginosa</strong>, oltre ad altre<br />
cittadine viciniori.<br />
Il popolo, in preda al terrore, per le frequenti incursioni dei pirati, si sparse per ogni dove e,<br />
ritornata <strong>la</strong> pace, col governo normanno, le popo<strong>la</strong>zioni ritornarono alle loro grotte dei vil<strong>la</strong>ggi di<br />
Casale e Rivolta, e costruirono anche in muratura di tufo ripristinando ed ampliando gli antichi<br />
abituri con l’innesto di avancorpi murari voltati a botte estradossata a gradoni. L’opera di<br />
terrazzamento raggiunse <strong>la</strong> sommità dell’alveo del torrente, con numerose abitazioni, non solo di
scavo, ma anche in muratura di tufo, rese più confortevoli mediante arredi fissi, camini, ripostigli<br />
ecc.<br />
Durante il governo di Roberto il Guiscardo, per arginare le velleità dei Saraceni, <strong>Ginosa</strong> divenne un<br />
castrum fortificato e nel 1080 fu pure munita di un Castello a pianta trapezoidale, con due piani<br />
sormontati da tre torri mer<strong>la</strong>te.<br />
Un ponte levatoio con tre arcate costituiva l’accesso. Bozza e Capone (1970) scrissero che “sotto il<br />
pianoro retrostante, vi erano le carceri a forma di cono tronco, <strong>su</strong>ccessivamente adibite a cisterna e<br />
nelle quali venivano gettati i prigionieri”. Presso il ponte era l’antica porta del paese, distante “20<br />
passi dal<strong>la</strong> Chiesa Matrice”, da cui prese nome il Demanio di Porta o Universale che apparteneva ai<br />
cittadini.<br />
La costruzione del Castello, in una posizione dominante l’intero abitato, determinò un fenomeno<br />
urbanistico frequente nel medioevo detto castellizzazione, cioè l’edificazione intorno ad esso di<br />
nuove abitazioni in muratura disposte a schiera, e già interessanti per alcune soluzioni<br />
architettoniche e per alcuni motivi decorativi a carattere eminentemente artigianale.<br />
Altri poli di attrazione dell’agglomerato nei primi secoli del secondo millennio, oltre alle chiese<br />
basiliane, in partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> Dominica, parrocchia del Casale, Santa Sofia, parrocchia del<strong>la</strong> Rivolta e<br />
San Leonardo, furono alcune grancie di Benedettini , un monastero di cui si ha notizia nel 1198<br />
DAI Registri Vaticani e un ospedale edificato dai Cavalieri Teutonici, tra il 1222 ed il 1230, avente<br />
accanto <strong>la</strong> chiesa di Santa Maria del Piano.<br />
Con il Principato di Taranto, <strong>su</strong>cceduto a un periodo svevo, in epoca angioina, <strong>Ginosa</strong> fu unita nel<br />
trifeudo <strong>Ginosa</strong>-Castel<strong>la</strong>neta-Massafra, proprietà del barone Oddone di Soliac, ma nel 1296 venne<br />
reinserita nel Principato di Taranto e governata da Filippo d’Acaia, e, dal 1332 da <strong>su</strong>o figlio<br />
Roberto, e <strong>su</strong>ccessivamente, in seguito al<strong>la</strong> <strong>su</strong>a morte (1364), da <strong>su</strong>o fratello Filippo II. Questi<br />
venne sostituito, quindi, dal nipote Giacomo Del Balzo, che, essendo troppo giovane, passò<br />
l’amministrazione al Duca d’Andria, e infine incamerato dal Regio Fisco.<br />
Nel periodo angioino non ci furono appariscenti novità urbanistiche tranne i primi sporadici<br />
insediamenti fuori <strong>la</strong> Gravina e l’abbandono delle <strong>su</strong>e chiese rupestri: Dominica, S. Marco e S.<br />
Caterina (nel secolo XV).<br />
Fatalmente mimetizzati da trasformazioni e rifacimenti posteriori, attualmente è quasi impossibile<br />
distinguere nel contesto edilizio ginosino, episodi che conservino i caratteri angioini.<br />
Al periodo angioino seguirono le Signorie locali ed il governo degli Aragonesi, i quali si fecero<br />
promotori di un inventario dal quale si apprende che intorno al 1489 <strong>Ginosa</strong> era costituita da 400<br />
famiglie di popo<strong>la</strong>ni, 20 di artigiani e da una dozzina di borghesi, inoltre vi erano 10 sacerdoti per<br />
36 chiese di cui alcune scavate nel masso tufaceo ed altre in muratura.<br />
Dopo vari avvicendamenti il Fisco riprese possesso di <strong>Ginosa</strong> consegnando<strong>la</strong> nel 1556 tramite il<br />
Re Carlo V , ad Antonio Doria che <strong>la</strong> <strong>la</strong>sciò in eredità al figlio Giambattista.<br />
Con il governo dei Doria <strong>Ginosa</strong> conobbe un vistoso incremento demografico-urbanistico, segnato<br />
fra altro dal<strong>la</strong> trasformazione dei Castelli di <strong>Ginosa</strong> e di Girifalco in pa<strong>la</strong>zzi signorili e dal<strong>la</strong><br />
costruzione del<strong>la</strong> Chiesa Matrice. Questa magnifica chiesa fu terminata nel 1590, dopo 36 anni di<br />
<strong>la</strong>voro da parte di operai francesi che erano al seguito di Giambattista. La Chiesa Matrice fu<br />
dedicata a S. Martino di Tours, ed è di tipo tardo romanico “con tracce di gotico, all’interno, con tre<br />
navate, di cui, quel<strong>la</strong> centrale, absidata. La facciata è liscia, divisa in tre scomparti da due paraste e<br />
<strong>la</strong> copertura è a doppio spiovente. Un rosone e due finestre <strong>la</strong>terali a feritoia servono per <strong>la</strong> luce. Il<br />
portale è costituito da due colonne scana<strong>la</strong>te, sormontate da capitelli cinquecenteschi che reggono<br />
l’architrave, <strong>su</strong> cui poggia una lunetta cieca, con tracce di pittura a fresco. Le colonne dovevano<br />
poggiare <strong>su</strong> altrettanti leoni, che in seguito vennero sostituiti perché fatiscenti, con più semplici<br />
basamenti squadrati di cemento. La torre campanaria è quadrango<strong>la</strong>re, a tre piani, terminante a<br />
forma di piramide a base quadrata” (Bozza e Capone, 1976).
Con <strong>la</strong> costruzione del<strong>la</strong> Chiesa Matrice, nel 1554, ebbe inizio il grande esodo del<strong>la</strong> gente che<br />
abbandonando gli abituri in grotta si insediarono in costruzioni in pietra intorno al<strong>la</strong> chiesa.<br />
La città, anziché espandersi come era sempre avvenuto, lungo l’alveo dell’antico torrente, trovò<br />
quindi nuovi motivi che ne determinarono un diverso indirizzo. Anche le chiese scavate nel<strong>la</strong> roccia<br />
furono abbandonate per <strong>la</strong> nuova e <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione trasferì in questa il culto per i <strong>su</strong>oi santi prediletti.<br />
La prima piazza del<strong>la</strong> città fu uno spazio irrego<strong>la</strong>re a diverse pendenze, in<strong>su</strong>fficiente a giustificarne<br />
l’appel<strong>la</strong>tivo, denominata Vecchia, di poco posteriore al<strong>la</strong> Chiesa Matrice e <strong>su</strong>l<strong>la</strong> quale si affacciava<br />
<strong>la</strong> distrutta chiesetta di S. Antonio, <strong>su</strong>l cui <strong>su</strong>olo, nel 1776, fu edificata quel<strong>la</strong> esistente, dal<strong>la</strong> pianta<br />
semplice, rettango<strong>la</strong>re, ad una so<strong>la</strong> navata e avente a <strong>la</strong>to un pa<strong>la</strong>zzo dall’ampio portale.<br />
Verso il 1600, fu demolito il monastero dei Teutonici, ma in seguito, ne fu dato uno ai Cappuccini<br />
nel 1620 e un altro agli Agostiniani nel 1639, e poiché furono costruiti al di fuori dell’abitato<br />
dell’epoca, comportarono un ulteriore spostamento urbanistico dal castello e dal<strong>la</strong> chiesa verso di<br />
essi disegnando l’asse del<strong>la</strong> nuova espansione.<br />
Il convento degli Agostiniani ancora esiste anche se trasformato nelle <strong>su</strong>e peculiarità distributive di<br />
edificio religioso<br />
Fu nel 1596 che, morendo Giambattista, il feudo passò al figlio Antonio, ma l’amministrazione<br />
venne as<strong>su</strong>nta dal<strong>la</strong> moglie Margherita Grillo, che <strong>la</strong> tenne fino al 1629, cioè per 20 anni, vendendo<br />
il feudo al<strong>la</strong> sorel<strong>la</strong> di Antonio, Geronima, e a <strong>su</strong>o marito, Filippo Spino<strong>la</strong> de los Balbases. Il Regio<br />
Fisco, nel 1632, riconobbe i Barebases come Marchesi di <strong>Ginosa</strong>, i quali, morendo, <strong>la</strong>sciarono in<br />
eredità al figlio Gioacchino, che costruì dei pa<strong>la</strong>zzi di stile spagnolo.<br />
Nel XVIII secolo, poche sono le abitazioni che, ancora, sorgono nel Casale e nel<strong>la</strong> Rivolta complice<br />
un terremoto datato 1783.<br />
Verso <strong>la</strong> fine del Settecento, l’agglomerato di <strong>Ginosa</strong> arrivò a comprendere ventisei isole.<br />
Nel 1813, quando <strong>la</strong> città contava quattromi<strong>la</strong> abitanti, vi erano tre case a più piani e l’abitato<br />
raggiungeva l’ex Convento degli Agostiniani. Successivamente si estese a maglie rego<strong>la</strong>ri , verso<br />
<strong>su</strong>d-ovest, lungo il Corso Vittorio Emanuele II.<br />
Poiché <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione abbandonava sempre più le dimore del<strong>la</strong> Gravina, lo stesso clero si spostò<br />
dal<strong>la</strong> parrocchia di San Martino, che rimase chiusa per quarant’anni, e si sistemò in quel<strong>la</strong> di<br />
Sant’Agostino, più centrale rispetto alle nuove abitazioni, che nel 1820, oltrepassavano il Convento<br />
dei Cappuccini.<br />
Dopo <strong>la</strong> caduta di Murat, <strong>su</strong>l pianoro soprastante <strong>la</strong> Piazza Vecchia, sorsero alcuni pa<strong>la</strong>zzi gentilizi<br />
ancora esistenti , di gusto ottocentesco nelle facciate. Poiché avevano di fronte un vecchio locale<br />
adibito a Casa di Giustizia, i padroni di questi edifici ne ottennero <strong>la</strong> demolizione e nel 1819 al <strong>su</strong>o<br />
posto fu fatta erigere <strong>la</strong> Torre dell’Orologio.<br />
La piazza fu denominata Nuova per distinguer<strong>la</strong> dall’altra.<br />
Il ponte di S. Leonardo, che sormonta <strong>la</strong> Gravina con sei arcate a tutto sesto e permette con <strong>la</strong> Via<br />
Puglia il collegamento con il circondario, fu costruito in quest’epoca nel<strong>la</strong> prima metà<br />
dell’Ottocento.<br />
A metà secolo ri<strong>su</strong>lta che, sebbene ancora parecchia gente dimorasse nelle grotte, il nuovo tes<strong>su</strong>to<br />
urbano ri<strong>su</strong>ltava già completo fino al<strong>la</strong> Piazzetta che nel 1853 fu <strong>la</strong>stricata, insieme alle due strade<br />
principali, che a questa pervengono risalendo dal castello.<br />
Nel 1857, un incendio distrusse <strong>la</strong> chiesa di Sant’Agostino e violente piogge fecero franare alcune<br />
terrazze e numerosi massi nel<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, travolgendo abitazioni e chiese e, sempre nello stesso anno,<br />
un disastroso terremoto sconvolse letteralmente tutto l’agglomerato rendendolo un cumulo di<br />
rovine. Questi avvenimenti furono determinanti a che <strong>la</strong> gente si trasferisse, quasi tutta, nel<strong>la</strong> parte<br />
nuova, mantenendo l’uso degli ambienti scavati o in muratura rimasti in piedi, solo per cantine ed<br />
ovili.<br />
Il <strong>Gli</strong>onna scrive che in questi tempi <strong>la</strong> città si presentava, ormai, specie lungo il corso, già esteso<br />
per un terzo di miglio e <strong>la</strong>rgo 32 palmi, con tutte le case imbiancate, quasi tutte ad un piano, coperte<br />
a volta con finestre e balconi in ferro, osservando che non mancavano scuole e biblioteche private.
A partire dal 1860, le pertinenze dei conventi, furono via via ridotti a strade o lottizzati per<br />
fabbricati: nuove case e nuovi pa<strong>la</strong>zzi sorsero nel rione Cappuccini dietro <strong>la</strong> Vil<strong>la</strong> Comunale, lungo<br />
l’Arteria principale per Taranto.<br />
Il piazzale antistante il convento e <strong>la</strong> chiesa dei Cappuccini, fu attrezzato con verde e fu adibito al<br />
pubblico passeggio.<br />
Nel 1872 fu aperto il teatro Alcanices.<br />
In quest’epoca, ri<strong>su</strong>ltava già del tutto coperta l’intera altura del Capitolo col rione Populicchio,<br />
probabilmente in conseguenza del frequente fenomeno del<strong>la</strong> cattura delle nuove aree a mezzo di due<br />
o più strade lungo le quali venivano ad alzarsi le nuove abitazioni e, <strong>su</strong>ccessivamente tutte le altre.<br />
Nel 1894 le costruzioni <strong>su</strong>peravano il sito del<strong>la</strong> Casa del Contadino (costruita in epoca fascista).<br />
Nell’ultimo ventennio del XIX secolo ed all’inizio del XX, furono fatte le ultime partizioni di terre.<br />
Nel ‘900 il progresso scientifico accompagnò l’incremento urbanistico, poiché <strong>Ginosa</strong> fu collegata<br />
con <strong>la</strong> stazione ferroviaria da una nuova strada, nel 1925 fu dotata di illuminazione elettrica, nel<br />
1929 di acquedotto e nel 1932 di fognatura .<br />
LA GINOSA RUPESTRE<br />
Il vil<strong>la</strong>ggio di Rivolta<br />
In generale, col nome di Rivolta si intende tutta <strong>la</strong> località, abbraccianti quindi non solo il vil<strong>la</strong>ggio<br />
vero e proprio, ma anche tutto il tratto dell’alveo e il greppo prospiciente (sinistro), <strong>su</strong>l quale si<br />
trovano molte altre grotte trogloditiche e anche alcune importanti chiese, come quel<strong>la</strong> di S. Sofia e<br />
quel<strong>la</strong> di S. Barbara.<br />
Il vil<strong>la</strong>ggio vero e proprio, visto di fronte, da una certa distanza o dal margine <strong>su</strong>periore del greppo<br />
sinistro, appare come un fantastico e <strong>su</strong>ggestivo complesso di fori, rego<strong>la</strong>ri e irrego<strong>la</strong>ri, più o meno<br />
grandi, di aspetto non uniforme, che rappresentano gli ingressi di altrettante abitazioni trogloditiche.<br />
Da lontano si ha l’impressione, a prima vista, di un complesso scavato nel<strong>la</strong> non troppo dura<br />
calcarenite secondo un piano prestabilito. Ma guardando bene <strong>la</strong> fotografia panoramica dell’intero<br />
vil<strong>la</strong>ggio si nota già <strong>la</strong> notevole varietà dei “fori”: di dimensioni diverse, grandi e piccoli, quadrati e<br />
rettango<strong>la</strong>ri allungati, a parte <strong>su</strong>periore piana o arcuata, con fori minori o “finestrelle” <strong>la</strong>terali.<br />
<strong>Gli</strong> ingressi, spesso rovinati e alterati, sono in media <strong>la</strong>rghi m. 1,26 (minimo 0,90, massimo 3,60);<br />
l’altezza è di m. 1,60 - 2,40. Vi sono delle eccezioni, ma lo stato ma<strong>la</strong>ndato, gli interventi attraverso<br />
i secoli, specialmente nell’epoca più recente, non consentono di stabilire certi limiti con assoluta<br />
precisione; e non sempre si riesce a stabilire l’ubicazione delle “cucine” e delle stalle.<br />
Le stradette, davanti ai cinque piani delle grotte appaiono di una certa rego<strong>la</strong>rità; ciò infatti, non<br />
corrisponde al<strong>la</strong> realtà quando ci si reca <strong>su</strong>l posto. I piani stradali presentano quelle irrego<strong>la</strong>rità che<br />
erano state imposte dal<strong>la</strong> natura del terreno del greppo primitivo.<br />
Non è facile, generalmente, interpretare le funzioni delle varie parti delle grotte, perché le strutture<br />
generali, come le alcove, o i giacitoi, i sedili, i limiti dei vani originali, ecc., sono stati distrutti o resi<br />
irriconoscibili dai pastori, dai contadini <strong>su</strong>ccedutisi, dai produttori di vino, per adattarle alle loro<br />
esigenze, anche come depositi di attrezzi o di letamai, e completarono l’opera i vandali incoscienti,<br />
che cancel<strong>la</strong>rono anche ogni traccia di affreschi nelle grotte-cripte. Difatti, nelle grotte-chiese,<br />
ancora esistenti sebbene ridotte a ruderi, i pochi affreschi sono ridotti in condizioni penose, se non<br />
addirittura scomparsi del tutto.<br />
L’interno delle grotte è variabilissimo: non si può par<strong>la</strong>re di strutture uguali o quasi. Certe grotte<br />
appaiono semplici, altre più o meno complesse, con pareti divisorie anche costruite di recente,<br />
diritte o irrego<strong>la</strong>ri, anche circo<strong>la</strong>ri, con nicchie più o meno numerose, anelli intagliati nel<strong>la</strong> roccia,<br />
che possono essere più o meno alti <strong>su</strong>lle pareti o addirittura <strong>su</strong>l soffitto, vicini a mangiatoie o ad<br />
abbeveratoi, sedili e abbeveratoi distrutti, mensole, vasche, fori di ogni grandezza, per l’inserzione<br />
di pali, ecc.
Le grotte destinate al culto, infine, presentano i ruderi di strutture partico<strong>la</strong>ri, mentre gli eventuali<br />
affreschi sono ormai del tutto scomparsi, salvo che in alcune chiese fuori del vil<strong>la</strong>ggio Rivolta.<br />
Molti sono i crolli che attraverso i secoli sono avvenuti e pertanto si è reso difficile il<br />
riconoscimento e l’interpretazione delle varie strutture, partico<strong>la</strong>rmente in località Casale.<br />
Numerose sono le alterazioni attribuibili alle varie genti che si sono insediate, anche in tempi<br />
re<strong>la</strong>tivamente recenti. L’intervento di studiosi specializzati nel<strong>la</strong> materia specifica potrà ottenere<br />
interessanti elementi per una migliore conoscenza del<strong>la</strong> vita delle popo<strong>la</strong>zioni antiche del paleolitico<br />
fin quasi ai nostri giorni.<br />
Le complicazioni del<strong>la</strong> disposizione delle varie grotte, sia orizzontalmente che verticalmente, con<br />
frequenti passaggi fra di loro, rendevano pressoché impossibile un chiaro disegno del<strong>la</strong> <strong>su</strong>ccessione<br />
reale di certe grotte.<br />
Le chiese rupestri<br />
Le chiese rupestri di <strong>Ginosa</strong>, attestate dalle fonti e tutte da tempo abbandonate e profanate, ri<strong>su</strong>ltano<br />
attualmente o in rovina o addirittura scomparse. Quelle <strong>su</strong>perstiti mostrano impianti <strong>la</strong>tini, assiali e<br />
longitudinali - testimonianza culturale di una ben più incisiva presenza monastica benedettina nel<br />
luogo (monasteri di San Giovanni da Matera e del<strong>la</strong> Santa Parasceve) rispetto a quel<strong>la</strong> italo-greca<br />
ed elementi strutturali e decorativi spesso commisti, bizantini e romanici e talvolta gotici. Esse sono<br />
ad una o a più navate. Le chiese ad au<strong>la</strong> unica presentano <strong>la</strong> zona presbiteriale sottolineata da una<br />
<strong>su</strong>bsellia e l’altare, quando esiste, emergente dal<strong>la</strong> parete di fondo. La struttura delle volte va dal<strong>la</strong><br />
più semplice forma piana o lievemente a carena o a falde costolonate a quel<strong>la</strong> più complessa<br />
imitante <strong>la</strong> capriata lignea. Le chiese a due o a tre navate, in genere tutte absidate, sono delimitate in<br />
campate da pi<strong>la</strong>stri. In quelle a tre navate l’abside centrale accoglie l’altare e quelle <strong>la</strong>terali fungono<br />
da prothesis e diaconicon. Il naòs è distinto dal bema da un dislivello o da un muretto con funzione<br />
di iconostasi. I soffitti sono piatti o voltati a ve<strong>la</strong> o a crociera.<br />
I dipinti, spesso palinsesti con figurazioni de<strong>su</strong>nte da piccole icone o da libri miniati, sono<br />
accompagnati da tituli in greco o in <strong>la</strong>tino. <strong>Gli</strong> affreschi campiscono in genere <strong>la</strong> lunetta<br />
dell’ingresso, <strong>la</strong> zona presbiteriale e l’iconostasi. Sull’altare è raffigurata quasi sempre <strong>la</strong> Deèsis col<br />
Pantocrator, tra <strong>la</strong> Vergine e San Giovanni Battista. Solo in una chiesa al posto del Precursore è<br />
presente San Bartolomeo. Le figurazioni di gusto bizantino - i cui moduli persistono nel<strong>la</strong> tradizione<br />
oltre il periodo storico di appartenenza e sono riproposti fino al XIV-XV secolo – sono fortemente<br />
contornate e rese mediante l’utilizzo di pochi colori.<br />
Queste offrono santi in abiti liturgici o di foggia orientale , statici, ieratici, accostati gli uni agli altri,<br />
talvolta senza nesso alcuno. Ottenute con una gamma cromatica più varia e luminosa, le<br />
rappresentazioni di gusto <strong>la</strong>tino mostrano santi vestiti al<strong>la</strong> moda cortigiana e scene drammatiche<br />
del<strong>la</strong> Passione.<br />
SANT’AGOSTINO<br />
Ancorché diruta ed alterata in epoca non lontana con tagli ed innesti di strutture in blocchi, <strong>la</strong> chiesa<br />
di Sant’Agostino mostra un disegno di pianta del tipo a due navi, qui distinte in sei campate voltate<br />
a ve<strong>la</strong> da pi<strong>la</strong>stri.<br />
Il <strong>su</strong>o perimetro è movimentato da arcate e da una nicchia con probabile funzione di abside. La<br />
chiesa, peraltro non definita nell’ultima campata del<strong>la</strong> navata destra, non conserva <strong>su</strong>lle pareti<br />
testimonianze di decorazione pittorica. Pone rilievo in essa solo un’iscrizione graffita sopra un<br />
pi<strong>la</strong>stro.
SAN MARCO<br />
La chiesa di San Marco, divisa in due parti e abitata fino a tempi non lontani, denuncia un impianto<br />
p<strong>la</strong>nimetrico quadrango<strong>la</strong>re triabsidato. Due agili pi<strong>la</strong>stri, raccordati da archi a tutto sesto sotto il<br />
soffitto piatto separano il naòs dal bema e delimitano il diaconicon e <strong>la</strong> prothesis, L’ingresso è<br />
riquadrato nel<strong>la</strong> parete di fondo di un arco parabolico.<br />
Una finestra a feritoia si apre, per <strong>la</strong> luce e per l’aria, nel<strong>la</strong> conca del diaconicon, nel mezzo di una<br />
guasta Deèsis.<br />
Tutto il corredo iconografico del<strong>la</strong> chiesa è di gusto bizantino tardo. Figure di santi si notano <strong>su</strong>lle<br />
pareti <strong>la</strong>terali d’una cappel<strong>la</strong> girata a tutto tondo, accanto all’entrata e <strong>su</strong> quelle del<strong>la</strong> zona più<br />
strettamente cultuale.<br />
SANTA CROCE<br />
Di non facile accesso ed invasa da terriccio, <strong>la</strong> chiesa del<strong>la</strong> Santa Croce consiste in un’au<strong>la</strong> ad<br />
impianto longitudinale, con abside concava, cappelle <strong>la</strong>terali profonde, girate a tutto tondo e soffitto<br />
rozzamente a carena.<br />
In essa si ammirano affreschi di gusto bizantino tardo. Tra due angeli affrontati in un motivo<br />
decorativo a girali con foglioline lobate, di sicuro pregio è nell’abside <strong>la</strong> Deèsis. Il Cristo<br />
Pantocrator, con nimbo crociato, benedice al<strong>la</strong> greca e regge un volumen, <strong>su</strong> cui si legge: EGO<br />
SUM ET PRIMUS ET NOVISSIMUS, tra <strong>la</strong> Vergine e San Bartolomeo, contrassegnati,<br />
rispettivamente, dalle scritte: MATER DOMINI e S[ANCTVS] BARTHOLOMEVS. Nel<strong>la</strong> prima<br />
cappel<strong>la</strong> di destra, <strong>su</strong>l<strong>la</strong> parete sinistra, è raffigurato San Nico<strong>la</strong> con <strong>la</strong> scritta esegetica:<br />
[SANCTUS] [NICOL]AVS. Nel<strong>la</strong> prima cappel<strong>la</strong> di sinistra, dal<strong>la</strong> parete destra, compare il volto di<br />
San Pietro e, da quel<strong>la</strong> di fondo, emergono le sembianze di un altro santo e di una santa.<br />
SANTA CATERINA<br />
La chiesa di Santa Caterina, ridotta in stato di estremo degrado e attualmente utilizzata come ovile,<br />
denuncia un impianto p<strong>la</strong>nimetrico a due navate absidate, ripartite da pi<strong>la</strong>stri in sei campate<br />
raccordate da archi a tutto sesto sotto il soffitto piatto. Le pareti <strong>la</strong>terali sono movimentate da arcate.<br />
Il livello di calpestio del<strong>la</strong> chiesa, ora in cemento, ri<strong>su</strong>lta notevolmente abbassato. Tracce di<br />
affreschi di gusto greco si notano <strong>su</strong>l<strong>la</strong> parete di fondo e nell’interno del<strong>la</strong> prima conca absidale.<br />
SANTA LUCIA<br />
La chiesa di Santa Lucia, ancora aperta al culto nel 1766, è già abbandonata nel 1854. Essa consiste<br />
in una lunga au<strong>la</strong> rettango<strong>la</strong>re semipogea, con <strong>la</strong> zona presbiteriale sottolineata da <strong>su</strong>bsellia e con<br />
quattro bracci ortogonali voltati. Ciascun vano <strong>la</strong>terale ha, nel<strong>la</strong> parete terminale, un arcosolium ed<br />
il primo, a destra, comunica con un angusto ambiente, ad uso di sacrestia, con <strong>su</strong>bselliae <strong>la</strong>terali. Il<br />
soffitto del<strong>la</strong> chiesa è a due falde e porta anelli reggilucerne.<br />
L’ingresso arcuato, in origine, è, ora, ristretto con blocchi tufacei. Vi sono tracce di affreschi di<br />
gusto greco, appena rilevabili, <strong>su</strong> quasi tutte le pareti.<br />
SANTA SOFIA<br />
La chiesa di Santa Sofia è ancora aperta al culto nel 1766 ed è già abbandonata nel 1854. Essa<br />
conserva ancora <strong>la</strong> zona terminale, sottolineata da <strong>su</strong>bsellia e voltata a carena a simu<strong>la</strong>re un tetto<br />
ligneo con due costoloni piatti ortogonali, di cui quello trasversale, incrociandosi con una finta trave<br />
di bordo, a sinistra si conclude sopra una finestra cieca e a destra terminava sopra un calice litico,<br />
recentemente distrutto.<br />
Il presbiterio, che accoglie un altare <strong>la</strong>tino e che si apre con un arco gotico, è coperto da una volta<br />
ribassata diagonalmente costolonata, sorretta anteriormente da due colonnine con capitelli a libro.<br />
All’esterno, a destra, un piccolo vano, adibito a sacrestia, mostra in una nicchia policentrica un<br />
piano a sedere, sorretto da quattro blocchi. Opera tarda è <strong>la</strong> Crocifissione <strong>su</strong>ll’altare. Sotto il Cristo,<br />
inchiodato ad una croce a T, con tre angioli che raccolgono il sangue in altrettanti calici, sono
appresentati, con le scritte esegetiche, M[ARIA] SALOME a sinistra, sorretta da due pie donne,<br />
M[ARIA] di MAGDALA ai piedi e San Giovanni a destra. Bizantina è <strong>la</strong> figura di S[ANCTA]<br />
SOP[H]IA, dipinta <strong>su</strong>l<strong>la</strong> parete sinistra, ora esterna e appena emergente da sotto quel<strong>la</strong> di una Santa<br />
Domenica recentissima.<br />
SAN VITO VECCHIO<br />
La chiesa di San Vito Vecchio, già abbandonata nel 1766, è interdetta al culto nel 1782.<br />
I <strong>su</strong>oi resti danno un’au<strong>la</strong> quadrango<strong>la</strong>re con un vano per l’altare eccentrico ed un soffitto piatto.<br />
L’ingresso <strong>su</strong>l<strong>la</strong> via omonima è riquadrato nel<strong>la</strong> parete di fondo di un arcone rialzato.<br />
Il corredo pittorico del<strong>la</strong> chiesa è di gusto greco. Brani di figure di santi sono rilevabili <strong>su</strong>l<strong>la</strong> parete<br />
destra. Nel<strong>la</strong> lunetta dell’ingresso, come rive<strong>la</strong> <strong>la</strong> scritta esegetica in un tondo, era raffigurato<br />
[SANC-TVS] VITVS.<br />
SANTA BARBARA<br />
La chiesa di Santa Barbara consiste in un’au<strong>la</strong> dall’insolita iconografia ovale.<br />
L’ingresso al luogo sacro, girato a tutto tondo, è tagliato nel<strong>la</strong> parete di fondo da un arcone<br />
lievemente sguanciato.<br />
Il soffitto è rozzamente piano. Appartiene al<strong>la</strong> chiesa, forse con funzione di sacrestia, anche un<br />
ambiente attiguo, che mostra simili peculiarità architettoniche.<br />
<strong>Gli</strong> affreschi sono tutti di gusto bizantino. Resti delle immagini di due santi, non identificabili,<br />
fiancheggiano l’ingresso del<strong>la</strong> chiesa e tracce di una composizione si notano <strong>su</strong>ll’interna parete<br />
sinistra. Sul<strong>la</strong> faccia, rivolta all’ingresso, di un pi<strong>la</strong>stro parastatico è raffigurata in una cornice<br />
dipinta, con copricapo al<strong>la</strong> turca, manto e veste ricamata e con il titùlus in due tondi, S[AN]C[T]A<br />
B[ARB]ARA, che con <strong>la</strong> mano destra stringe <strong>su</strong>l petto una picco<strong>la</strong> croce.<br />
SAN BIAGIO<br />
La chiesa di San Biagio ancora si serve con molta divozione e con molta frequenza del popolo nel<br />
1766. Abbandonata verso <strong>la</strong> fine del secolo XVIII, e, ora, ridotta ad ovile.<br />
Essa consiste in un’au<strong>la</strong> con copertura piana, sostenuta dal <strong>la</strong>to sinistro da una finta trave di bordo<br />
emergente e da quello destro da due arcate tompagnate con blocchi tufacei.<br />
La parete di fondo reca una <strong>su</strong>bsellia. Vi sono resti illeggibili di affreschi dal<strong>la</strong> gamma cromatica<br />
scura <strong>su</strong> tutti gli spazi.<br />
All’esterno, <strong>su</strong>l<strong>la</strong> fronte nel<strong>la</strong> quale s’apriva l’ingresso del<strong>la</strong> chiesa, è raffigurato, in una cornice<br />
arcuata dipinta e a tinte vivaci, il santo tito<strong>la</strong>re, con <strong>la</strong> scritta esplicativa [SANCTUS] BLASIUS.<br />
SANTA DOMENICA<br />
La chiesa di Santa Domenica, in gran parte crol<strong>la</strong>ta, si legge, nei resti, a tre navi absidate orientate,<br />
con quattro gotici pi<strong>la</strong>stri compositi - di cui uno esistente - con colonnine ango<strong>la</strong>ri portanti capitelli<br />
dentati a tamburo o a libro.<br />
Specchiature arcuate corrono lungo tutto il perimetro. Le coperture, profi<strong>la</strong>te a tetto a due falde<br />
nel<strong>la</strong> prima campata di ogni navata, sono, nelle altre, a crociere rialzate, con concio chiave<br />
sporgente. L’ingresso s’ipotizza aperto al centro del<strong>la</strong> parete, che delimitava <strong>la</strong> navata destra.<br />
Nel bema, separato, mediante iconostasi, dal naòs <strong>la</strong> crociera del diaconicon mostra, nel colmo, un<br />
rosone a raggi e quel<strong>la</strong> centrale in una delle botti, una croce greca inscritta in una ghiera. Il corredo<br />
iconografico, distrutto nell’estate del 1982 da un ignoto neo-iconoc<strong>la</strong>sta, era greco e <strong>la</strong>tino. L’abside<br />
centrale mostrava una Deèsis con un rozzo Pantocrator, tra <strong>la</strong> Vergine e San Giovanni Battista, che<br />
benediceva e reggeva nel<strong>la</strong> mano sinistra un volumen chiuso.<br />
Nel restante del<strong>la</strong> conca del<strong>la</strong> prothesis vi era parte di una figura sacra.<br />
Un’altra Deèsis era raffigurata <strong>su</strong>l<strong>la</strong> lunetta dell’arcata mediana del<strong>la</strong> navata sinistra, di fronte<br />
all’entrata. Il Pantocrator benedicente, tra <strong>la</strong> Vergine e il Precursore, mostrava un volumen aperto,<br />
<strong>su</strong> cui si leggeva: EGO SUM a ET w PRIMUS ET NOVISSIMU S [QUI] SE-QVITUR ME [NON
MORIETUR]. Il Cristo e <strong>la</strong> Vergine avevano le scritte esegetiche in greco: XP[I TO]C e M[HTH]<br />
P [EOJ Y e il Battista in <strong>la</strong>tino: SANCTVS J0[HANNESI]. Sotto <strong>la</strong> lunetta vi erano le immagini<br />
degli apostoli Filippo e Giacomo benedicenti e brani di quel<strong>la</strong> di Giovanni, con le scritte esegetiche:<br />
SANCTVS PH<strong>IL</strong>IP[P]US, SANCTUS IACOBUS e SANCTUS J0[HANNESI]. Vi erano tracce di<br />
affreschi anche <strong>su</strong>l muretto dell’iconostasi.<br />
Il pi<strong>la</strong>stro mostrava sopra una faccia il volto di Santa Caterina, con resti del<strong>la</strong> scritta S[AN]C[T A<br />
ECATRINA, sovrapposto a quello di un’altra santa.<br />
SS. MEDICI<br />
La chiesa dei SS. Medici è ancora aperta al culto nel 1766 ed è già abbandonata nel 1782. Questa<br />
chiesa svolge un disegno di pianta semplice, quadrango<strong>la</strong>re, con un pi<strong>la</strong>stro scentrato, portante due<br />
semiarchi a sostegno del soffitto profi<strong>la</strong>to a falde. L’ingresso s’apriva arcuato a tutto sesto, come<br />
quelli dei due vani in linea, a sinistra e di altri, diruti e sepolti nel terreno, a destra.<br />
Sopra una parete, al <strong>la</strong>to del vano d’entrata, con resti d’una scritta in <strong>la</strong>tino <strong>su</strong>l<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> cornice e<br />
con <strong>la</strong> data 1528, è dipinto un Ecce Homo, dal volto ormai perso.<br />
Il pi<strong>la</strong>stro porta, <strong>su</strong>l<strong>la</strong> faccia che fronteggia l’ingresso, un incavo per l’acqua benedetta, coronato da<br />
minifigure e dal<strong>la</strong> scritta esplicativa ABLUTTIO SCELERU[M] e, <strong>su</strong> quel<strong>la</strong> <strong>la</strong>terale sinistra, resti<br />
dell’immagine d’un santo.<br />
Un motivo floreale precede <strong>la</strong> figura del Cristo, contorna, più avanti, una rozza nicchia con due<br />
escavazioni identiche tra loro, decora i semiarchi e sormonta l’acquasantiera.<br />
L’affresco dei santi tito<strong>la</strong>ri con i due donatori, tagliato da una parete, forse opposta, a quel<strong>la</strong> del<br />
Cristo e collocato dapprima sopra un altare nel<strong>la</strong> nuova chiesa del<strong>la</strong> Santa Croce, poi detta dei SS.<br />
Medici, si trova inserito nel<strong>la</strong> parete destra di quel<strong>la</strong> ora detta di San Martino. La raffigurazione dei<br />
SS. Medici, che richiama, stilisticamente, quel<strong>la</strong> dell’Ecce Homo e quel<strong>la</strong> di San Martino vescovo<br />
nel<strong>la</strong> Chiesa Matrice, porta <strong>su</strong>l<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> cornice dipinta, parte d’una scritta, che si legge: ... I<br />
FECIT LUCA DE GEORGIO DE....<br />
SAN SALVATORE<br />
La chiesa di San Salvatore svolge un disegno di pianta semplice, con <strong>la</strong> zona presbiteriale<br />
qualificata, a sinistra, da un vano di cappel<strong>la</strong> voltato, da una pseudonicchia ad arco scemo ricavato<br />
nel<strong>la</strong> parete di fondo e da una <strong>su</strong>bsellia. Il soffitto è piano.<br />
<strong>Gli</strong> affreschi sono di gusto bizantino tardo. Sul piedritto destro dell’arco, che divide,<br />
trasversalmente, <strong>la</strong> chiesa, sono riprodotte le immagini benedicenti del Salvatore e di San Nico<strong>la</strong>.<br />
Racchiuse nel<strong>la</strong> pseudonicchia restano le figure sbiadite di una tarda Deèsis.<br />
SAN LEONARDO VECCHIO<br />
La chiesa di San Leonardo Vecchio, ampliata con l’innesto di un avancorpo murario e riaperta al<br />
culto nel 1764, è <strong>su</strong>ccessivamente intito<strong>la</strong>ta a Santa Maria Mater Domini.<br />
Del<strong>la</strong> chiesa in rupe si osservano il presbiterio, voltato a carena e sottolineato da <strong>su</strong>bsellia e l’attigua<br />
sacrestia. Un dipinto di gusto greco di San Nico<strong>la</strong> benedicente, con <strong>la</strong> scritta esegetica <strong>la</strong>tina in due<br />
tondi S[ANC-TUS] NICOLAUS, è disposto, a guisa di pietra tombale, nel<strong>la</strong> prima delle due arcate<br />
di sinistra del<strong>la</strong> parte nuova.<br />
Sull’altare medioevale, dietro quello recante <strong>la</strong> sig<strong>la</strong> in rilievo M. M. D. (MARIA MATER<br />
DOMINI), è raffigurata, in una cornice dipinta sormontata da un cartiglio con <strong>la</strong> scritta A, D.<br />
(ANNO DOMINI) 1764, una tarda Deesis, col Cristo, fra <strong>la</strong> Vergine e San Giovanni Battista, che<br />
regge un libro con <strong>la</strong> mano sinistra e benedice.<br />
Sul<strong>la</strong> stessa parete si notano, a sinistra, i resti di una composizione e, a destra, una figurazione<br />
settecentesca del<strong>la</strong> Buona Morte.
La farmacia rupestre<br />
Giovanni Gigli, studioso appassionato del<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, <strong>la</strong>sciò un dattiloscritto col titolo: “Farmacia dei<br />
Monaci Basiliani scoperta in una antica grotta delle Murge di <strong>Ginosa</strong>” (senza data).<br />
L'esistenza di alcune grotte, di cui si è fatto cenno innanzi, di numerosi resti di affreschi bizantini,<br />
con le loro immagini ieratiche, sta a dimostrare che anche a <strong>Ginosa</strong>, come a Massafra ed a Matera,<br />
devono esserci state immigrazioni di monaci Basiliani durante il movimento iconoc<strong>la</strong>stico<br />
propugnato da Leone III l'Isaurico nel 725-726 contro il culto <strong>su</strong>perstizioso delle immagini.<br />
Durante una campagna di studio, un gruppo di ampie grotte lungo <strong>la</strong> zona degradante delle Murge,<br />
verso Est ha richiamato l’attenzione degli studiosi. Alcune ricerche hanno evidenziato che <strong>la</strong><br />
località è chiamata "il Paradiso" (Paradiso è detta anche <strong>la</strong> zona di San Marco a Massafra) (vedi<br />
"<strong>Gli</strong> affreschi Bizantini di Massafra", Guida redatta da Espedito Jacovelli / pag. 27, edita a cura<br />
del<strong>la</strong> Pro Loco di Massafra il 1960), e che in una delle grotte del<strong>la</strong> zona, a quanto raccontavano<br />
vecchi ginosini, molti anni fa fu prelevato, di notte, un tesoro consistente in monete d'oro.<br />
Quel che maggiormente ha stupito, è stata però un'apertura a picco <strong>su</strong>l<strong>la</strong> roccia tufacea, del<strong>la</strong><br />
grandezza di un portello ed all'altezza di circa otto metri dal piano delle grotte. Con una lunga sca<strong>la</strong><br />
a pioli, attraverso il portello, si è riusciti ad accedere in un vano quadrango<strong>la</strong>re, ricavato nel<strong>la</strong><br />
roccia, con tetto e pavimento pianeggianti e con le pareti scavate in piccole nicchie, a guisa di<br />
scaffali e scansie, di mi<strong>su</strong>re varie per altezza e <strong>la</strong>rghezza. Il tutto ancora perfettamente conservato e<br />
senza alcun danneggiamento da parte del<strong>la</strong> mano dell'uomo. L'inaccessibilità ha salvato per secoli<br />
dal<strong>la</strong> distruzione indiscriminata dei vandali e dei cercatori di inesistenti tesori questo ricordo<br />
dell'antichità, che, opiniamo, debba considerarsi un'antica farmacia con le <strong>su</strong>e nicchie per<br />
depositarvi le varie specie di erbe medicinali, gli unguenti, gli sciroppi, gli elisir...<br />
E’ possibile che si tratti di un'antica farmacia sia per <strong>la</strong> disposizione, forma, grandezza e numero<br />
delle nicchie, sia per <strong>la</strong> presenza nelle vicinanze di sistemi di canali di raccolta delle acque piovane,<br />
necessario per <strong>la</strong> macerazione e manipo<strong>la</strong>zione delle erbe, sia anche perché una grotta analoga, con<br />
eguale disposizione di incavi nel<strong>la</strong> roccia, esiste nel<strong>la</strong> <strong>gravina</strong> di Massafra, <strong>la</strong> cosiddetta “Farmacia<br />
del Mago Gregurio” che sembra essere una farmacia di Monaci Basiliani.<br />
A <strong>Ginosa</strong> <strong>la</strong> tradizione non fa paro<strong>la</strong> di maghi e quindi pensiamo che <strong>la</strong> grotta, adibita a farmacia,<br />
era annessa a qualche cenobio basiliano, tenuto presente il numero delle antiche chiese scavate nel<strong>la</strong><br />
roccia tufacea circostante <strong>la</strong> <strong>gravina</strong> di <strong>Ginosa</strong>, nelle quali sono ancora visibili i resti di affreschi<br />
bizantini, sebbene deturpati dal<strong>la</strong> malevole mano dell'uomo, dall'abbandono e dall'incalzare<br />
ineluttabile del tempo.<br />
La camera del<strong>la</strong> farmacia mi<strong>su</strong>ra una lunghezza di m. 4, una <strong>la</strong>rghezza di m. 3,60 ed un'altezza di<br />
m. 2,60; <strong>la</strong> parete più ricca di nicchie è quel<strong>la</strong> esposta ad Ovest.<br />
È noto che i frati del medioevo esercitarono <strong>la</strong>rgamente ed abusivamente <strong>la</strong> medicina e <strong>la</strong> farmacia,<br />
dati i legami stretti esistenti in quei tempi ed in quelli precedenti fra medicina e religione. Nel<br />
periodo del Medioevo ricco di guerre e di sconvolgimenti, e nei monasteri che viene tenuta viva <strong>la</strong><br />
fiacco<strong>la</strong> del<strong>la</strong> Scienza e con <strong>la</strong> Scienza anche <strong>la</strong> Medicina e <strong>la</strong> Farmacia. Noi oggi immaginiamo<br />
questi frati nel loro ruvido saio, umili nel<strong>la</strong> preghiera e nel <strong>la</strong>voro manuale, parchi nel mangiare,<br />
riposare le loro stanche membra <strong>su</strong>i duri giacigli delle nude celle, dopo l'intenso faticoso <strong>la</strong>voro<br />
quotidiano, che alle tre virtù del<strong>la</strong> povertà, castità ed obbedienza, aggiungevano quelle dell'umiltà e<br />
del<strong>la</strong> carità, in quanto accoglievano tutti, dando ospitalità e fornendo aiuto materiale e spirituale ai<br />
bisognosi ed agli amma<strong>la</strong>ti. Ed immaginiamo gli umili frati anche intenti a costruire chiese nelle<br />
grotte esistenti e scavandole nel masso, intonacando le pareti e rendendole lisce per effigiarle in un<br />
secondo momento.<br />
Pensiamo un po' a questo paziente <strong>la</strong>voro eseguito dai monaci Basiliani nello scavare chiese nel<br />
masso tufaceo prospiciente <strong>la</strong> Gravina, dando forma di basilica al masso, nel fare capitelli e<br />
colonnati, colonne, scana<strong>la</strong>ture, nicchie, volte lisce come se fossero intonacate.
TIPOLOGIE COSTRUTTIVE<br />
STRUTTURE VERTICALI<br />
Per <strong>la</strong> realizzazione delle strutture verticali degli edifici del centro storico è stato adoperato un unico<br />
materiale, il tufo, per le murature di qualsiasi epoca e fino ai giorni nostri.<br />
Questo materiale viene adoperato per realizzare murature a sacco in conci squadrati, con<br />
riempimento di pietroni e terra. Spesso i fi<strong>la</strong>ri basamentali sono realizzati in conci squadrati di<br />
carparo. In alcuni casi il tufo è utilizzato in scheggioni anziché in conci squadrati.<br />
STRUTTURE ORIZZONTALI<br />
È interessante <strong>la</strong> notevole differenziazione fra le tecniche costruttive presenti nelle diverse aree del<br />
centro storico. Talvolta sono presenti contemporaneamente più tecniche costruttive: volte a<br />
padiglione, so<strong>la</strong>i in legno, volte a ve<strong>la</strong>, volte a schifo e volte a stel<strong>la</strong>.<br />
Le strutture orizzontali più diffuse nel centro storico sono comunque le volte a botte in tufo.<br />
COPERTURE<br />
Un elemento costruttivo di fondamentale importanza dal punto di vista ambientale e paesistico è <strong>la</strong><br />
copertura degli edifici. Essa rappresenta l’elemento del lessico che corona l’edificio e nelle viste da<br />
lontano, come quelle dall’altro <strong>la</strong>to del<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, diviene visibile più degli elementi decorativi e<br />
formali delle facciate.<br />
Le coperture tipiche degli edifici del centro storico sono quelle a terrazzo e quelle con i coppi.<br />
Queste due tipologie rappresentano <strong>la</strong> metà delle coperture del centro storico di <strong>Ginosa</strong>.<br />
Le coperture con i coppi si impostano <strong>su</strong> so<strong>la</strong>i in legno (in questo caso, sopra gli arcarecci, trova<br />
posto <strong>la</strong> “incannucciata”), oppure <strong>su</strong> volte realizzate in conci di tufo squadrati.<br />
STRALCIO RELAZIONE P.R.G.<br />
Premessa<br />
Il territorio comunale di <strong>Ginosa</strong> si estende per circa 187 Km2 al confine con <strong>la</strong> Regione Basilicata e<br />
comprende una zona collinare interna ed una zona pianeggiante che affaccia <strong>su</strong>l mare Ionio con un<br />
fronte di circa sei chilometri e confine ad est con il Comune di Castel<strong>la</strong>neta, ad ovest con <strong>la</strong><br />
provincia di Matera e a nord con l’agro di Laterza.<br />
I1 comune di <strong>Ginosa</strong> è interessato da due insediamenti urbani, uno nel<strong>la</strong> zona collinare a monte che<br />
svolge il ruolo di capoluogo (<strong>Ginosa</strong> Centro) e l’altro <strong>su</strong>l<strong>la</strong> costa (<strong>Ginosa</strong> Marina).<br />
La popo<strong>la</strong>zione totale del Comune che assomma a 21.907 abitanti (ultimo dato ISTAT) insediati in<br />
gran parte nel<strong>la</strong> zona urbana e nel territorio agricolo circostante <strong>Ginosa</strong>-città (circa il 77%) e <strong>la</strong><br />
rimanente parte nel<strong>la</strong> zona urbana di <strong>Ginosa</strong> Marina e nel territorio agricolo circostante (23% circa).<br />
0.2 Valori ambientali e vincoli<br />
Il territorio comunale è caratterizzato da situazioni naturali di partico<strong>la</strong>re interesse ambientale che<br />
vanno opportunamente tute<strong>la</strong>te in quanto rappresentano una risorsa naturale da conservare e<br />
valorizzare. In partico<strong>la</strong>re tali valori sono costituiti da:<br />
<strong>la</strong> Gravina che <strong>la</strong>mbisce nord-est del capoluogo che oltre a valori paesaggistici, racchiude una serie<br />
di antichi insediamenti in grotte lungo le pareti del<strong>la</strong> <strong>gravina</strong> in un paesaggio naturale ed<br />
antropizzato di singo<strong>la</strong>re bellezza;<br />
il Centro Storico e alcuni edifici monumentali (il Castello, <strong>la</strong> Torre dell’Orologio) che testimoniano<br />
le antiche origini e l’evoluzione del<strong>la</strong> città e del<strong>la</strong> <strong>su</strong>a cultura attraverso i secoli;
<strong>la</strong> fascia costiera <strong>su</strong>llo Jonio (sia <strong>la</strong> fascia dei 300 ml che <strong>la</strong> fascia boscata lungo il litorale),<br />
lunga circa 6 km; essa è caratterizzata da una profonda spiaggia in sabbia bianca e una retrostante<br />
fascia pinetata; in essa è ubicato anche una torre di interesse storico-monumentale (Torre Mattoni);<br />
il fiume Ga<strong>la</strong>so che sfocia nello Jonio;<br />
il <strong>la</strong>go Salinel<strong>la</strong>: invaso d’acqua nei pressi del Ga<strong>la</strong>so che ospita una significativa ovifauna ed un<br />
ecosistema da proteggere;<br />
i boschi di pini impiantati lungo <strong>la</strong> fascia costiera e <strong>la</strong> Pineta Regina;<br />
il fiume Bradano per quel<strong>la</strong> parte più a monte con <strong>la</strong> quale confina con il territorio di <strong>Ginosa</strong>.<br />
Nel territorio ginosino sono inoltre individuate due ampie zone, una a monte, l’altra a valle,<br />
interessate da un vincolo idrogeologico e zone boscate nel<strong>la</strong> Marina interessate da vincoli forestali.<br />
Alcune aree del capoluogo, in parte già edificate, sono interessate inoltre da un vincolo geologico<br />
che interessa <strong>la</strong> zona a <strong>su</strong>d-est e <strong>la</strong> zona ad ovest dell’abitato. Per quest’ultimo è stato redatto da<br />
parte del Genio Civile di Taranto uno studio specifico che si allega.<br />
Si segna<strong>la</strong> inoltre <strong>la</strong> presenza di una perimetrazione del<strong>la</strong> Soprintendenza ai Beni A.A.A.S. di<br />
vincolo ai sensi del D.M. 1/8/85. Il perimetro ingloba tutta <strong>la</strong> fascia costiera e l’abitato per una<br />
profondità di circa un chilometro. In merito all’efficacia di tale vincolo esistono sentenza del TAR e<br />
pareri del<strong>la</strong> stessa Soprintendenza.<br />
Si precisa che tale perimetrazione, sommariamente individuata, comprende oltre a zone costiere e<br />
zone pinetate, anche l’intero centrò abitato ed aree più lontane dal mare, prive di vegetazione e<br />
senza alcun valore ambientale da conservare.<br />
0.3 Sistema infrastrutturale comunicazioni viarie e reti tecnologiche<br />
Il territorio è interessato da una arteria interregionale (La Statale Jonica) attualmente in fase di<br />
al<strong>la</strong>rgamento, che collega Taranto e Bari con <strong>la</strong> Ca<strong>la</strong>bria, interessata da notevoli flussi turistici e<br />
commerciali. La statale costituisce inoltre un <strong>su</strong>pporto infrastrutturale, insieme al<strong>la</strong> ferrovia che si<br />
snoda paralle<strong>la</strong> al<strong>la</strong> costa a circa tre chilometri di distanza, degli insediamenti industriali del<strong>la</strong> zona<br />
industriale di Taranto, del Basento e di tutti i comuni costieri.<br />
Il collegamento trasversale, fra zona a monte e zona a mare del territorio comunale é assicurato<br />
dal<strong>la</strong> S.P. 580; altri assi stradali collegano il capoluogo ai centri vicini di Bernalda, Montescaglioso,<br />
Matera, Castel<strong>la</strong>neta e Laterza.<br />
Il capoluogo non è servito da linea ferroviaria i trasporti pubblici extraurbani sono assolti da linee di<br />
autopullmann regionali. La marina è servita invece da una stazione ferroviaria del<strong>la</strong> linea Taranto-<br />
Reggio Ca<strong>la</strong>bria.<br />
Sufficienti le opere idriche principali elettriche e telefoniche. In fase di realizzazione <strong>la</strong> rete del<br />
metano nel capoluogo.<br />
Nel centro urbano non sono riscontrabili gravi carenze per le reti idrico¬fognanti, che comunque si<br />
vanno colmando. Mentre in parte non servite ri<strong>su</strong>ltano le zone periferiche abusive.<br />
0.4 <strong>Gli</strong> insediamenti urbani<br />
Il centro abitato, lontano da Taranto circa 40 chilometri, sorge <strong>su</strong> un altopiano, situato a 240 m.s.m.,<br />
attorno al quale corrono due profonde gravine dalle pareti ripide, che offrono vedute<br />
partico<strong>la</strong>rmente <strong>su</strong>ggestive e <strong>su</strong>lle cui pareti si vedono ancora antiche e numerose grotte.<br />
<strong>Ginosa</strong> Marina è invece un centro abitato a poche centinaia di metri dal mare, di recente<br />
formazione, che ha <strong>su</strong>bito un notevole sviluppo turistico ¬residenziale negli ultimi decenni.<br />
Ambedue gli insediamenti sono comunque strettamente legati alle attività del territorio agricolo<br />
circostante, anche se attualmente nel capoluogo si sono sviluppate attività artigianali e commerciali<br />
e nel<strong>la</strong> Marina attività di servizio al turismo.<br />
La struttura urbana del capoluogo ha antiche origini, mentre il nucleo abitato del<strong>la</strong> Marina ha origini<br />
recenti e solo negli ultimi anni ha as<strong>su</strong>nto valenza di insediamento urbano.
A fronte di un notevole sviluppo economico-sociale negli ultimi anni, l’attività edilizia in ambedue i<br />
centri si è notevolmente incrementata secondo meccanismi “spontanei” di crescita edilizia<br />
disordinata priva di una pianificazione urbanistica.<br />
Le problematiche emergenti in sede di pianificazione urbanistica sono pertanto legate al<strong>la</strong> qualità<br />
insediativa esistente nelle zone di espansione abusiva e al<strong>la</strong> <strong>su</strong>a possibilità di recupero urbanistico in<br />
un disegno organico e completo che conferisca connotazioni urbane ad un tes<strong>su</strong>to disorganico ed<br />
improvvisato.<br />
Le future possibilità di espansione residenziale e produttiva legate dimensionalmente al calcolo del<br />
fabbisogno sono condizionate, oltre che dagli insediamenti abusivi, anche dalle specifiche<br />
condizioni geomorfologiche e ambientali del territorio urbano.<br />
In partico<strong>la</strong>re per il capoluogo <strong>la</strong> presenza del<strong>la</strong> Gravina da un <strong>la</strong>to e del torrente Gravinel<strong>la</strong><br />
dall’altro impongono uno sviluppo lineare che tenda, contemporaneamente, ad alleggerire l’unico<br />
asse longitudinale di collegamento urbano esistente e ad incrementare <strong>la</strong> dotazione di parcheggi,<br />
verde pubblico ed attrezzature pubbliche.<br />
Per <strong>Ginosa</strong> Marina il territorio è pianeggiante ed è caratterizzato, lungo <strong>la</strong> linea costiera, da una<br />
doppia fascia di spiaggia sabbiosa e zona pinetata da proteggere e valorizzare e le presenze ad est<br />
del<strong>la</strong> Pineta Regina e ad ovest del Salinel<strong>la</strong> e del Ga<strong>la</strong>sso. L’abusivismo edilizio non ha arrecato<br />
gravi danni al<strong>la</strong> spiaggia e al<strong>la</strong> pineta sviluppandosi prevalentemente in maniera estensiva<br />
nell’entroterra fra il nucleo esistente e <strong>la</strong> statale.<br />
0.5 I servizi e le attrezzature urbane<br />
La situazione delle attrezzature urbane per il Capoluogo non presenta gravi carenze per quanto<br />
riguarda scuole, attrezzature pubbliche, mentre ri<strong>su</strong>lta fortemente deficitaria per <strong>la</strong> quasi totale<br />
assenza di parcheggi adeguati e verde pubblico.<br />
Per <strong>la</strong> Marina <strong>la</strong> funzione di verde pubblico è assolta dalle pinete esistenti; ma anche qui mancano<br />
<strong>su</strong>fficienti aree a parcheggio (soprattutto <strong>la</strong> zona centrale verso il mare), e attrezzature di interesse<br />
comune; da riorganizzare le attrezzature balneari, mentre sono da incentivare le attrezzature al<br />
turismo.<br />
1.2. Finalità del P.R.G.<br />
Con il P.R.G. si intende riconsiderare <strong>la</strong> crescita attuale in termini qualitativi oltre che quantitativi, e<br />
programmare non solo il nuovo sviluppo, ma anche il recupero urbanistico ed il completamento<br />
organico dell’edilizia abusiva.<br />
Obiettivo prioritario del PRG appare anche <strong>la</strong> salvaguardia e valorizzazione del territorio, dei <strong>su</strong>oi<br />
valori ambientali, paesaggistici, naturali e storico ¬architettonici.<br />
Nel Comune di <strong>Ginosa</strong> sono infatti presenti aree con notevole interesse ambientale (<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, <strong>la</strong><br />
fascia costiera, il fiume Ga<strong>la</strong>so, il <strong>la</strong>go Salinel<strong>la</strong>) oltre che storico (il centro storico e gli<br />
insediamenti naturalistici (le pinete e gli arenili). I valori esistenti vanno tute<strong>la</strong>ti e recuperati quale<br />
prezioso patrimonio culturale e sociale; essi costituiscono anche una risorsa economica che<br />
opportunamente valorizzata può incidere positivamente nel<strong>la</strong> riorganizzazione e pianificazione<br />
dell’uso del territorio.<br />
Uno degli obiettivi per <strong>la</strong> zona urbanizzata è invece una realistica previsione di urbanizzazione da<br />
completare o realizzare, quali piazze strade e parcheggi pubblici, che svuotino le strade interne e le<br />
piazze dal<strong>la</strong> presenza delle auto, verde pubblico attrezzato, attrezzature pubbliche, in un disegno<br />
organico che riqualifichi l’esistente e indirizzi in maniera control<strong>la</strong>ta e integrata il nuovo sviluppo.<br />
Con il nuovo P.R.G. si vuole inoltre indirizzare le potenzialità edificatorie ancora insoddisfatte<br />
verso un modello insediativo diverso da quello proposto dal precedente P. di F., sia a livello di<br />
insieme urbano, sia a livello di tipologia edilizia. Si cerca, cioè, di rispondere in maniera più<br />
adeguata alle reali esigenze abitative espresse dal<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione che in gran parte, per tradizione,
ma anche per necessità obiettive, non ha ancora accettato forme abitative quali gli condominiali<br />
pluripiano, e che da sempre ha utilizzato <strong>la</strong> piazza e <strong>la</strong> strada come luogo di incontro sociale.<br />
Una partico<strong>la</strong>re attenzione va posta al<strong>la</strong> Marina (ove l’abusivismo è forse ancor più incontrol<strong>la</strong>to<br />
del<strong>la</strong> zona urbana), proprio perchè in essa esistono una serie di potenzialità produttive a livello<br />
turistico che finora sono state disattese o sviluppate in maniera approsimativa, non dimenticando<br />
che, oltre che un centro turistico, <strong>Ginosa</strong> Marina è anche una zona residenziale che a tutt’oggi non<br />
ha avuto un vero assetto e una infrastrutturazione adeguata alle esigenze dei <strong>su</strong>oi abitanti.<br />
2. Criteri generali di redazione del P.R.G.<br />
Nel<strong>la</strong> e<strong>la</strong>borazione del P.R.G. sono stati seguiti i seguenti criteri generali:<br />
Ambiente<br />
Rispetto assoluto di tutte quelle che sono le peculiari caratteristiche di ambiti di interesse<br />
paesaggistico, architettonico, naturalistico, archeologico nel rispetto delle indicazioni del<strong>la</strong> l.r.<br />
n056/80 e 1. n0431 /85. In partico<strong>la</strong>re, rispetto assoluto del<strong>la</strong> Gravina, degli insediamenti rupestri,<br />
del centro storico, delle zone pinetate, del fiume Ga<strong>la</strong>so, del <strong>la</strong>go Salinel<strong>la</strong> e dell’arenile. Per <strong>la</strong><br />
fascia costiera e <strong>la</strong> foce del Ga<strong>la</strong>so si dovranno predisporre analisi e studi di impatto ambientale per<br />
poter procedere correttamente all’utilizzo e valorizzazione di tali aree.<br />
Dimensionamento<br />
Il P.R.G. è dimensionato secondo le effettive necessità del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione del Comune proiettate in<br />
un periodo di quindici anni. Nel calcolo del fabbisogno si tiene conto di tutti i fenomeni che<br />
influenzano direttamente o indirettamente il fabbisogno sia nel settore residenziale che in quello<br />
produttivo e turistico nel rispetto di quanto stabilito nell’art. 51 lettera a) e b) del<strong>la</strong> legge regionale<br />
n056/80, nonché del<strong>la</strong> delibera regionale di calcolo del fabbisogno ai sensi del<strong>la</strong> stessa Lr. n056/80.<br />
La zona turistica è dimensionata in rapporto alle capacità ricettive dell’ambiente; lo sviluppo<br />
insediativo è ampiamente contenuto entro i limiti del<strong>la</strong> stessa legge n056/80 (art.51 lettera d) ed e)),<br />
avendo come obiettivo il massimo sviluppo compatibile con le vocazioni del territorio e <strong>la</strong><br />
riqualificazione dell’insediamento esistente attraverso un adeguato livello di attrezzature e<br />
urbanizzazioni.<br />
Le zone artigianali e industriali sono dimensionate tenendo conto delle attività esistenti nel territorio<br />
e del loro possibile sviluppo anche in re<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> presenza di infrastrutture, al<strong>la</strong> eventuale<br />
interferenza con le caratteristiche ambientali. Si tiene anche conto dei riferimenti per il calcolo del<br />
fabbisogno indicato nel<strong>la</strong> L.r. n056/80.<br />
Normativa tecnica di attuazione<br />
Per le zone esistenti si tende ad una normativa che da una parte tuteli quelle aree o immobili di<br />
interesse monumentale o ambientale da conservare, o recuperare, e dall’altra preveda <strong>la</strong><br />
ristrutturazione dell’abitato. Ciò nei limiti massimi consentiti dalle leggi vigenti per i singoli<br />
interventi o, attraverso <strong>la</strong> redazione piani partico<strong>la</strong>reggiati che prevedano operazioni sostanziali di<br />
ristrutturazione urbanistica, anche con eventuali aumenti di volumetria <strong>la</strong>ddove necessario.<br />
Il tutto naturalmente compatibilmente con le necessarie prescrizioni a livello igienico-ambientale e<br />
secondo un nuovo Rego<strong>la</strong>mento Edilizio che definisca gli aspetti qualitativi ed architettonici degli<br />
edifici.<br />
Viabilità<br />
Per le zone urbane centrali si prevede il decongestionamento delle aree centrali dal traffico<br />
individuando una viabilità tangenziale e nuovi parcheggi integrati nel verde pubblico.<br />
Tipologie<br />
Nelle nuove zone di espansione si tenderà a proporre tipologie residenziali che ripropongono<br />
soprattutto le soluzioni unifamiliari o plurifamiliari basse (non <strong>su</strong>periori ai tre livelli.<br />
Solo per l’edilizia economica popo<strong>la</strong>re, per ridurre al massimo i costi di acquisizione e di<br />
realizzazione, si consentiranno anche edifici di media altezza (3-4 piani).
Verde attrezzato<br />
Un discorso analogo è stato condotto per quanto riguarda il verde attrezzato: nelle zone A+B<br />
esistono attrezzature per 23.860 mq., da sommare ai 26.648 mq. esistenti nelle ex zone C. In totale<br />
si hanno 50.508 mq., che non sono <strong>su</strong>fficienti a soddisfare <strong>la</strong> domanda di verde al 2006, pari a<br />
184.968 mq<br />
Pertanto il fabbisogno da soddisfare nelle zone A e B è di: mq.(184.968-50.508) = mq.134.460, così<br />
<strong>su</strong>ddivisi:<br />
Zona A+B Abusiva Zona C<br />
Parco di quartiere 36.112 mq. 14.648 mq<br />
Gioco libero 23.164 mq. 5.859 mq<br />
Gioco 0-11 anni 15.201 mq. 3.296 mq<br />
Sport oltre li anni 27.255 mq. 9.155 mq<br />
TOTALE 101.502 mq 32.958 mq<br />
Attualmente lo standards di verde attrezzato è pari a 3,0 mq/ab
da via Matera a via Montescaglioso: <strong>la</strong> zona presenta anch’essa situazioni di abusivismo che<br />
interessano in prevalenza <strong>la</strong> parte alta in prossimità dell’incrocio delle via Matera e via del Cignano<br />
con qualche propaggine iso<strong>la</strong>ta lungo <strong>la</strong> via del Cignano al di là del torrente Gravinel<strong>la</strong>. <strong>Gli</strong><br />
insediamenti sparsi vanno pertanto recuperati e collegati con lo sviluppo urbano del<strong>la</strong> zona Orti;<br />
da via Matera al<strong>la</strong> strada di Roccavetere: è una ampia fascia che, ad eccezione del primo e<br />
dell’ultimo tratto (già edificati abusivamente) ri<strong>su</strong>lta sostanzialmente inedificata e non urbanizzata,<br />
interessata da forti dislivelli altimetrici e da una situazione geologica che impone in alcune zone una<br />
serie di opere preliminari di consolidamento dei terreni.<br />
Nel<strong>la</strong> formu<strong>la</strong>zione del progetto di massima del P.R.G., dopo una prima indicazione che escludeva<br />
quest’ultima fascia per le problematiche geomorfologiche esistenti, l’Amministrazione Comunale<br />
ha indicato una ipotesi di sviluppo che compattasse maggiormente l’espansione intorno al centro<br />
urbano esistente riconsiderando tutte e tre i settori disponibili per l’espansione, anche per <strong>la</strong><br />
presenza di una nuova viabilità in fase di realizzazione da parte del<strong>la</strong> Amministrazione Provinciale<br />
che potrebbe costituire il <strong>su</strong>pporto al<strong>la</strong> nuova espansione.<br />
Sul<strong>la</strong> base di queste analisi preliminari sono state prese in considerazione tutte le aree libere<br />
comprese nel<strong>la</strong> fascia che va da via Pescarel<strong>la</strong>, via Matera, via Montescaglioso fino al<strong>la</strong> statale per<br />
<strong>Ginosa</strong> Marina.<br />
Questa fascia sarà servita dal<strong>la</strong> nuova tangenziale in costruzione e dai tronchi idrico-fognanti già<br />
previsti che correranno in parallelo al torrente Gravinel<strong>la</strong>; <strong>la</strong> strada avrà funzione di collegamento<br />
veloce di tutta l’attuale viabilità di accesso al paese a <strong>su</strong>d-ovest e a nord, raccordando<br />
trasversalmente il sistema viario esistente. Tale strada è evidentemente, per le situazioni di acclività,<br />
di complessa realizzazione, dovendo prevedere tratti in trincea e rilevato. Tuttavia appare<br />
indispensabile per consentire un alleggerimento del traffico nel<strong>la</strong> zona centrale che, in proiezione,<br />
ri<strong>su</strong>lterà ancora più intenso per l’incremento dovuto al<strong>la</strong> nuova popo<strong>la</strong>zione insediata lungo <strong>la</strong><br />
dorsale di espansione nord-<strong>su</strong>d. L’ipotesi di scavalcamento del<strong>la</strong> Gravina con un viadotto per<br />
ricollegarsi a1<strong>la</strong> 580 Laterza, appare opportuno, ma non indispensabile; tale possibilità, individuata<br />
dal PRG, va valutata in sede esecutiva con studi di fattibilità tecnico-economico e ambientale<br />
(analisi costi¬benefici e valutazione di impatto ambientale).<br />
La realizzazione del<strong>la</strong> tangenziale riveste un ruolo fondamentale nel<strong>la</strong> futura organizzazione<br />
funzionale del<strong>la</strong> città, consentendo di alleggerire dal traffico esterno e dal traffico locale l’attuale<br />
via Basilicata, via Roma e via Matteotti; con <strong>la</strong> nuova arteria sarà infatti possibile raggiungere <strong>la</strong><br />
zona Orti o del Cignano dal<strong>la</strong> zona di via Martiri d’Ungheria e dal<strong>la</strong> zona di Cavese senza<br />
attraversare il centro urbano.<br />
La circonval<strong>la</strong>zione per il traffico pesante prevista dall’ANAS ad est del paese che raccorda <strong>la</strong> SS<br />
580 (dal<strong>la</strong> Cavecon al<strong>la</strong> statale per Marina di <strong>Ginosa</strong>) libererà invece il centro urbano dal passaggio<br />
del traffico veloce di attraversamento restituendo finalmente una maggiore vivibilità a via Roma e<br />
via Matteotti.<br />
In sostanza il modello di crescita proposto media l’attuale concentricità con una artico<strong>la</strong>zione<br />
lineare del nuovo sviluppo, connettendo fra di loro tutte le zone periferiche esistenti e le zone di<br />
futura espansione; realizzando così un maggiore equilibrio fra le varie parti del<strong>la</strong> Città ed un<br />
migliore funzionamento dei sistema dei trasporti.<br />
In partico<strong>la</strong>re alle nuove zone di espansione lungo <strong>la</strong> fascia ad ovest dell’abitato sono state attribuite<br />
differenti caratterizzazioni in rapporto alle tipologie insediative in atto e alle caratteristiche<br />
vocazionali e ambientali.<br />
In genere per l’area perimetrata lo studio del Genio Civile <strong>su</strong>ggerisce, ai fini delle possibilità<br />
edificatorie, un preventivo intervento “di stabilizzazione e consolidamento in grande del terreno e<br />
poi, localmente, effettuare approfondite indagini geotecniche, verifiche di stabilità del pendio <strong>su</strong> cui<br />
insisteranno gli edifici ed eventualmente congrue opere di sostegno. Per le aree ad alto rischio, che<br />
presentano segni attuali di instabilità, si <strong>su</strong>ggeriscono massicci interventi di consolidamento
mediante drenaggi, model<strong>la</strong>mento del<strong>la</strong> <strong>su</strong>perficie topografica ed opere di sostegno con paratie e<br />
pali e, dove sarà il caso, con pozzi ancorati”.<br />
Al<strong>la</strong> luce di quanto evidenziato, l’edificazione delle aree comprese nel vincolo può essere presa in<br />
considerazione, così come richiesto dal<strong>la</strong> delibera di G.M. n0352/89, a condizione che in fase<br />
attuativa si proceda preliminarmente ad approfondite indagini geotecniche e geologiche e<br />
<strong>su</strong>ccessivamente alle opere di consolidamento generalizzato del settore perimetrato. In<br />
considerazione delle difficoltà delle zone definite “ad alto fischio” ri<strong>su</strong>lta opportuno comunque<br />
escludere <strong>la</strong> possibilità in linea generale di nuovi interventi edilizi privati e di riservare queste aree<br />
al verde pubblico (ad esclusione di quelle aree residenziali di modesta ampiezza già previste dal P.<br />
di F. ed in fase di completamento). Per le zone perimetrate dal vincolo geologico l’intervento dovrà<br />
essere sempre condizionato a quanto <strong>su</strong>ggerito nello studio del Genio Civile e si dovrà provvedere<br />
al<strong>la</strong> previsione delle opportune opere di consolidamento. Ciò soprattutto per alcune aree che,<br />
essendo già tipizzate dal P. di F., ricadono in zone a rischio di instabilità.<br />
Ad esclusione delle aree a rischio geologico, per le quali sono previste solo sistemazioni a verde (ad<br />
eccezione delle aree già tipizzate dal P. di F. e in fase attuativa), tutta <strong>la</strong> fascia compresa fra <strong>la</strong><br />
costruenda provinciale ed il paese è investita dalle nuove previsioni insediative, alternando zone<br />
residenziali a zone a servizi; queste ultime localizzate in funzione strategica rispetto alle aree da<br />
servire.<br />
Preso atto (così come evidenziato nel<strong>la</strong> Del. G.M. n0 162 del 18/2/93) che il torrente Gravinelle non<br />
ri<strong>su</strong>lta essere oggetto di vincolo ,nè ai sensi dei<strong>la</strong> legge 431/85, (in quanto non riportato nell’elenco<br />
delle acque pubbliche), nè ai sensi del<strong>la</strong> legge 56/80, il P.R.G. tende quindi al<strong>la</strong> integrazione urbana<br />
di tutti gli insediamenti abusivi sorti lungo gli assi stradali a nord-ovest, ovest e <strong>su</strong>d del centro<br />
abitato esistente (via Matera, via Palombaio, via del Cignano, via Roccavetere e via per Bernarda,<br />
SS.580) prevedendo uno sviluppo continuo di residenze e servizi <strong>su</strong>pportati infrastrutturalmente dal<br />
nuovo asse di scorrimento veloce, ri<strong>su</strong>lta indispensabile ai fini di un futuro snellimento del traffico<br />
lungo <strong>la</strong> dorsale nord-<strong>su</strong>d.<br />
4.2.1. Zone esistenti<br />
Sul<strong>la</strong> base delle analisi condotte è ri<strong>su</strong>ltato necessario per il centro urbano:<br />
salvaguardare <strong>la</strong> parte antica del centro storico e del<strong>la</strong> <strong>gravina</strong> con interventi di recupero e vincolo<br />
delle zone più importanti (<strong>la</strong> <strong>gravina</strong>, <strong>la</strong> zona del Castello, gli insediamenti rupestri); a seguito<br />
anche di un approfondito studio storico-urbanistico che si allega al<strong>la</strong> presente re<strong>la</strong>zione.<br />
consentire, ai fini di un organico completamento e ristrutturazione delle zone già edificate, <strong>la</strong><br />
demolizione e ricostruzione, o <strong>la</strong> sopraelevazione nel rispetto degli allineamenti p<strong>la</strong>nimetrici e<br />
altimetrici prevalenti; ciò sempre nel rispetto dei valori ambientali e architettonici esistenti; a tale<br />
scopo sono state individuate le varie zone da normare in maniera differenziata in rapporto al<strong>la</strong><br />
situazione del<strong>la</strong> organicità dell’edilizia e del<strong>la</strong> situazione urbanistica in generale;<br />
elevare l’indice di fabbricabilità fondiaria nel centro abitato (ad esclusione delle aree di interesse<br />
monumentale ed ambientale) al massimo consentito dalle leggi vigenti per consentire un organico<br />
completamento del tes<strong>su</strong>to edilizio nel rispetto delle tipologie prevalenti. Al fine di incentivare <strong>la</strong><br />
realizzazione di parcheggi, le N.T.A. escludono dal computo il volume eccedente o <strong>la</strong> <strong>su</strong>perficie<br />
coperta destinata a garage;<br />
eliminare le incongruenze del Piano Quadro a <strong>su</strong>o tempo approvato re<strong>la</strong>tivamente ad aree di<br />
modesta dimensione cosiddette “bianche” non precisamente normate dal P.Q., ed adeguare allo<br />
stato dei luoghi <strong>la</strong> previsione di aree destinate a servizi dal P.diF. (in gran parte inficiata<br />
dall’abusivismo). Ciò al fine di completare organicamente l’esistente assicurando<br />
contemporaneamente <strong>la</strong> dotazione di standards in aree di dimensioni più adeguate (così come<br />
richiesto dal<strong>la</strong> delibera di G.M. 162/93);<br />
incentivare anche con premi di cubatura <strong>la</strong> ristrutturazione urbanistica ed edilizia nel caso di<br />
interventi (piani partico<strong>la</strong>reggiati) estesi all’interno iso<strong>la</strong>to che tendano a migliorare <strong>la</strong> situazione
attuale. A tale scopo il P.R.G. prevede per le maglie delle zone B <strong>la</strong> possibilità di raggiungere in<br />
queste aree indici <strong>su</strong>periori, qualora se ne ravveda <strong>la</strong> necessità urbanistica o architettonica;<br />
realizzazione di nuova viabilità tangenziale ad ovest dell’abitato prolungando <strong>la</strong> strada provinciale<br />
in costruzione e previsione dì una circonval<strong>la</strong>zione ad est dell’abitato per l’alleggerimento del<br />
traffico nell’area centrale e il collegamento delle nuove zone residenziali e produttive;<br />
realizzazioni di adeguate previsioni di servizi ed attrezzature pubbliche per il centro urbano e per le<br />
zone abusive esistenti.<br />
4.2.2. Zone di espansione residenziale ed edilizia economico popo<strong>la</strong>re<br />
Per le zone indicate dal P.P.C. come zona di espansione si prevede:<br />
ciascuna maglia individuata dal P.R.G. dovrà costituire comparto edificatorio; gli utili e gli oneri<br />
saranno pertanto divisi proporzionalmente alle proprietà all’interno del<strong>la</strong> maglia;<br />
l’E.E.P. sarà assicurata destinando il 40% del nuovo fabbisogno di residenze; <strong>la</strong> loro ubicazione, (da<br />
definire in sede di P.Z. o P.P.A.) avverrà nell’ambito delle zone di espansione C1-C2, in parte<br />
percentualizzata nell’ambito dei comparti e in parte localizzata puntualmente in alcune maglie C1 e<br />
C2. La perimetrazione dei comparti, in sede di P.Z. può escludere le aree non specificatamente<br />
destinate al<strong>la</strong> residenza e le aree destinate a standards delle zone B.<br />
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