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E arrivò.<br />

Il momento più atteso, soprattutto dai critici.<br />

La reinterpretazione del finale della Turandot per mano di Alessandro<br />

Malerba.<br />

Ombra dolente, non farci del male!<br />

Ombra sdegnosa, perdona!... perdona!...<br />

Liù... dolcezza!<br />

Dormi!<br />

Oblia!<br />

Liù!...<br />

Poesia!<br />

Due battute dopo quei versi, a metà del terzo atto, durante la prima<br />

rappresentazione che ebbe luogo al Teatro alla Scala di Milano il 25<br />

aprile 1926, il direttore Arturo Toscanini, interruppe l’esecuzione. E<br />

profondamente commosso, sussurrò al pubblico: "Qui termina la rappresentazione,<br />

perché a questo punto il Maestro è morto".<br />

Giunto con l’esecuzione in quel medesimo punto, in cui il suo avo<br />

fermò l’orchestra in onore del compianto Giacomo Puccini, Alessandro<br />

Malerba fece una lunga pausa, come preludio al finale da lui composto.<br />

Era il momento clou dell’Opera di Puccini. Il bacio tra Turandot e<br />

Calaf, il Principe Ignoto.<br />

Alessandro Malerba riuscì ad intessere una melodia dolcissima. I<br />

violini disegnavano note che si elevavano in cielo, fino a sorreggere le<br />

stelle. Un tema musicale che accentuava il cedimento della Principessa,<br />

anziché soffermarsi sul suo orgoglio ferito; che trasformava Turandot<br />

da glaciale Principessa in donna innamorata.<br />

Nel comporre il nuovo finale, si era lasciato trasportare dalle sue<br />

emozioni, dai suoi sentimenti, quelli che aveva sempre nutrito per<br />

Sandra. Aveva lasciato che le note venissero giù come lacrime, an-<br />

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