COPERTINA di Dario Luciano Merlo MILANO ‐ <strong>Il</strong> numero degli immigrati in Italia cresce senza sosta. Sono quasi tre milioni e settecentomila i cittadini stra‐ nieri residenti in Italia nel 2006, in au‐ mento del 16,1% rispetto al 2005 e da soli rappresentano il 6,2% della popolazione italiana. Un Paese che attira un tale numero di immigrati non può solo garantire condi‐ zioni migliori rispetto ai Paesi di prove‐ nienza, ma probabilmente opportunità e qualità di vita superiori in termini asso‐ luti. Una situazione alla quale stanno contribuendo gli stessi lavoratori immi‐ grati, producendo circa il 6,1% del PIL. Nonostante questo molti rimangono gli interrogativi, da un lato chi manifesta preoccupazione per lʹaumento della cri‐ minalità legata al forte flusso di clande‐ stini che si accompagna agli immigrati regolari, dallʹaltra chi critica la corsa al ribasso che si potrebbe scatenare a causa degli immigrati che pur di lavorare accet‐ tano salari bassissimi e condizioni di <strong>lavoro</strong> al limite della legalità, preferiti rispetto ai lavoratori italiani abituati a ben altro trattamento. <strong>Il</strong> problema della criminalità, benché reale, riguarda le politiche di sicurezza interna e non è chiudendo le frontiere che si può risolvere la situazione, se non con gravi ripercussioni a livello economi‐ co, bisogna invece comprendere se la domanda di <strong>lavoro</strong> immigrato si scontra o sovrappone con la domanda italiana, creando difficoltà ai lavoratori italiani. Una prima osservazione su base demo‐ LA VIGNETTA Gli immigrati in soccorso delle imprese Secondo la ricerca di “Unioncamere”, il 34% delle imprese italiane dichiara di avere difficoltà a reperire manodopera grafica mette in risalto come lʹetà media della popolazione immigrata, pari a 30,8 anni, contro una media italiana di 43,2, sia un forte elemento di contrasto allʹine‐ vitabile invecchiamento della popolazio‐ ne, che sta progressivamente diminuen‐ do la percentuale di forza <strong>lavoro</strong> disponi‐ bile, ma è soprattutto lʹosservazione dei dati Istat riguardo al tipo di occupazione che mostra come molti immigrati accetta‐ no di buon grado lavori socialmente sva‐ «La vera soluzione sarebbe guardare ai lavoratori stranieri come unʹopportunità, riformando il mercato del <strong>lavoro</strong> per consentire loro un migliore inserimento» di Flaminia Sparacino lutati e comunque si collocano nella fa‐ scia bassa del mercato, mentre solo il 5,3% trova un <strong>lavoro</strong> corrispondente ad una qualifica medio‐alta, in buona parte infermieri, la cui disponibilità in Italia è sempre molto scarsa, quindi il <strong>lavoro</strong> immigrato non incide sulle possibilità di trovare <strong>lavoro</strong> dei giovani laureati e solo parzialmente sul resto dei lavoratori. Una ulteriore conferma sta nella ricerca condotta da Unioncamere, secondo cui se circa il 34% delle imprese in Italia dichia‐ ra di avere difficoltà a reperire manodo‐ pera in qualche settore, soltanto il 18% prevede di risolvere queste difficoltà ricorrendo a personale immigrato. La vera soluzione sarebbe guardare ai lavoratori stranieri come unʹopportunità, riformando il mercato del <strong>lavoro</strong> per consentire loro un migliore inserimento e stimolare le capacità imprenditoriali che dimostrano di avere, con più di duecen‐ tomila immigrati imprenditori nel 2005. Una riforma assolutamente necessaria riguarda il superamento della contratta‐ zione nazionale utile forse, come ricorda Tito Boeri in un recente articolo su “lavoce.info”, nella fase di avvicinamen‐ to allʹeuro per contrastare le svalutazioni competitive che tanto male avevano fatto al nostro Paese, ma ora il passaggio a una contrattazione a livello di azienda non farebbe che inserire nella nostra econo‐ mia principi meritocratici, ai quali non potrà che seguire un aumento della pro‐ duttività nel lungo periodo. Questo permetterebbe anche agli immi‐ grati più validi di essere premiati per il loro impegno e di integrarsi nel migliore dei modi. Alcune grandi aziende, a parti‐ re da Fiat, hanno provato a rompere la prassi consolidata da decenni offrendo un aumento ai dipendenti prima della conclusione del contratto, ma la paura è che si tratti di una mossa di marketing una‐tantum e non di un nuovo corso che prevederà ulteriori aumenti, eventual‐ mente mirati ai dipendenti più produtti‐ vi, se il trend attuale delle vendite conti‐ nuerà a favorire la grande azienda. <strong>Il</strong> resto delle aziende italiane non potran‐ no che adeguarsi e superare uno degli aspetti più anacronistici del mercato del <strong>lavoro</strong> italiano.
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