Il lavoro nobilita l'uomo - Acido Politico
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COPERTINA<br />
‐ La difesa incondizionata della<br />
libertà economica è invece l’oppo‐<br />
sto credo, secondo il quale il mer‐<br />
cato vede e provvede; ovvero ba‐<br />
sterebbe consentire alla domanda e<br />
all’offerta di <strong>lavoro</strong> di incrociarsi<br />
liberamente, spostando la produ‐<br />
zione e (se possibile) i lavoratori<br />
annessi un po’ qui e un po’ là, for‐<br />
mando le competenze di un tal tipo<br />
piuttosto che di un altro, per rag‐<br />
giungere in ogni caso un rassicu‐<br />
rante equilibrio.<br />
L’assurdità di tale teoria è eviden‐<br />
te, nonostante gli economisti liberi‐<br />
sti e vari esponenti del centrodestra<br />
continuino a supportarla. Le realtà<br />
in cui questo modello di mercato,<br />
privo di qualsivoglia regola o valore, ha<br />
condotto allo sfruttamento e all’impo‐<br />
verimento di intere popolazioni sono<br />
tragicamente numerose. In passato,<br />
solidi argini al libero mercato sono stati<br />
posti dal movimento operaio e dai sin‐<br />
dacati, le cui conquiste non solo hanno<br />
costituito elementi decisivi di progresso<br />
e giustizia, ma sulla cui base sono an‐<br />
che stati edificati vari sistemi di welfare<br />
europei. Ora che la forza delle orga‐<br />
nizzazioni collettive dei lavoratori sta<br />
calando, sono sempre più numerosi i<br />
fenomeni privi di una chiara definizio‐<br />
ne dei confini, che divengono poi pro‐<br />
prio quelli in cui si concentrano le più<br />
grandi ingiustizie e vessazioni: il <strong>lavoro</strong><br />
flessibile (per i critici, sempre<br />
“precario”), il <strong>lavoro</strong> nero, il <strong>lavoro</strong> nei<br />
paesi in via di sviluppo o del terzo<br />
mondo. La mancanza di principi, regole<br />
e limiti condivisi fa sì che in quei casi il<br />
mercato del <strong>lavoro</strong> diventi una giungla<br />
in balia di razziatori, le cui prede sono<br />
proprio i segmenti più deboli della po‐<br />
polazione: giovani, donne, immigrati,<br />
cittadini di paesi poveri.<br />
La libertà economica così intesa non<br />
declina la “libertà”, ma ne rappresenta<br />
solo una misera speculazione, e chi la<br />
propone non è illuminato da tale nobile<br />
principio, ma solo avidamente mosso<br />
dalla difesa dei propri privilegi. D’altra<br />
parte, anche alcuni fra i più importanti<br />
“padri spirituali” del liberalismo hanno<br />
esposto i pregi del mercato concorren‐<br />
ziale, senza trascurare però di eviden‐<br />
ziarne i potenziali rischi. Infatti, è vero<br />
che “essere protetti contro la concor‐<br />
renza significa essere protetti nell’ozio,<br />
nell’apatia mentale, significa avere ri‐<br />
sparmiata la necessità di essere attivi e<br />
intelligenti quanto gli altri”, cionono‐<br />
stante John Stuart Mill riconosce anche<br />
che “la causa più profonda dei mali e<br />
delle iniquità che riempiono il mondo<br />
della produzione [...] è la soggezione<br />
del <strong>lavoro</strong> al capitale” (in Principi di<br />
economia politica, 1848). E così Einau‐<br />
di, che definendo il “liberismo” scrisse<br />
che “laissez faire, laissez passer non<br />
vuol dire che lo stato debba lasciar pas‐<br />
sare il male, tollerare il danno dei più a<br />
vantaggio dei pochi” (in Piccolo dizio‐<br />
nario politico, 1945).<br />
Ma ricordiamo anche Adam Smith, a<br />
cui è stato attribuito il famoso/<br />
famigerato concetto della “mano invisi‐<br />
bile” del mercato capace di autoregolar‐<br />
si, il quale invece teneva in gran consi‐<br />
derazione le sue potenziali ricadute sul<br />
benessere dei cittadini, in particolare<br />
dei più bisognosi (sia nella sua Ricchez‐<br />
za delle nazioni che nella Teoria dei<br />
sentimenti morali prevale l’idea che lo<br />
sviluppo economico sia un obiettivo<br />
desiderabile solo se serve a promuove‐<br />
re lo sviluppo civile).<br />
Senza paura del mercato e della concor‐<br />
renza, ma nemmeno senza intercessioni<br />
nei confronti dei prepotenti che ne vor‐<br />
rebbero diventare padroni, ci avventu‐<br />
riamo nella valutazione del mondo del<br />
<strong>lavoro</strong> italiano.<br />
IL MONDO DEL<br />
LAVORO ITALIANO<br />
D<br />
efinire in maniera concisa le<br />
peculiarità del “<strong>lavoro</strong>” in<br />
Italia è un compito arduo. A