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uaderni - Scuola Medica Ospedaliera

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GESTIONE CLINICA E FOLLOW-UP<br />

A LUNGO TERMINE DEL CARCINOMA<br />

TIROIDEO DIFFERENZIATO<br />

I ENRICO PAPINI<br />

CLAUDIO PANUNZI<br />

RINALDO GUGLIELMI<br />

ROBERTA RINALDI<br />

ISABELLA RAPONI<br />

GUIDO PISICCHIO<br />

DIPARTIMENTO<br />

MEDICO-CHIRURGICO<br />

PER LE MALATTIE<br />

ENDOCRINE,<br />

METABOLICHE<br />

E DIGESTIVE<br />

OSPEDALE REGINA<br />

APOSTOLORUM<br />

ROMA<br />

■ INDICI PROGNOSTICI, STAGING E<br />

SOPRAVVIVENZA DEL CARCINOMA TI-<br />

ROIDEO<br />

Carcinomi papillifero (PTC) e follicolare<br />

(FTC) rappresentano l’assoluta<br />

maggioranza delle neoplasie maligne tiroidee,<br />

costituendo l’85 - 90% dei tumori<br />

diagnosticati (Hay, 1990).<br />

Sulla base del comportamento biologico<br />

relativamente benigno (mortalità<br />

a 30 anni pari al 6% per il PTC ed al<br />

15% per il FTC) (Mazzaferri, 1997) è<br />

stata raggiunta una sostanziale standardizzazione<br />

della terapia: lobectomia<br />

ed istmectomia per PTC e FTC minimamente<br />

invasivo < 1.5 cm; tiroidectomia<br />

totale nelle neoplasie > 1.5 cm,<br />

non extracapsulari e senza evidenza<br />

clinica di metastasi (Van De Velde,<br />

1988).<br />

Permangono tuttavia controversie<br />

circa la aggressività del trattamento<br />

chirurgico iniziale, l’opportunità della<br />

radicalizzazione nei casi riscontrati occasionalmente<br />

e la successiva gestione<br />

clinica.<br />

La tiroidectomia totale extracapsulare<br />

seguita da dissezione cervicale radicale<br />

ipsilaterale di principio è ormai<br />

abbandonata.<br />

Questo intervento, infatti, pur essendo<br />

demolitivo non è spesso in gra-<br />

do di rimuovere la totalità dei linfonodi<br />

di 1 a stazione e non si associa a significativo<br />

miglioramento della prognosi<br />

(Rosai, 1992).<br />

Secondo taluni Autori (Rosai, 1992),<br />

la maggioranza dei carcinomi differenziati<br />

potrebbe essere trattata con una<br />

terapia relativamente conservativa (lobectomia<br />

o tiroidectomia subtotale non<br />

seguite da terapia radiometabolica),<br />

mentre secondo altri (Mazzaferri 1993;<br />

Clark, 1994; DeGroot, 1995) la maggioranza<br />

dei pazienti dovrebbe subire una<br />

tiroidectomia totale seguita da ablazione<br />

radiometabolica dei residui tiroidei.<br />

A favore del trattamento meno invasivo<br />

valgono statistiche di sopravvivenza<br />

che dimostrano l’influenza delle modalità<br />

di trattamento sulla frequenza<br />

delle recidive ma anche il loro scarso<br />

impatto sulla sopravvivenza a lungo<br />

termine (Carcangiu, 1985).<br />

La terapia più aggressiva presenta,<br />

tuttavia, chiari vantaggi: stadiazione<br />

iniziale più affidabile, possibilità di evidenziare<br />

metastasi iodiocaptanti in modo<br />

precoce (con efficace siderazione di<br />

esse), semplificazione del follow-up postchirurgico,<br />

migliore sensibilità della<br />

tireoglobulina come marker di recidiva,<br />

minori recidive e maggiore sopravvivenza<br />

nelle lesioni a maggior rischio<br />

(Mazzaferri, 1994).<br />

36 QUADERNI SMORRL

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