Scarica il quotidiano - Consorzio della Quarantina
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1 0 8 2 8<br />
Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma<br />
9 772036 443007<br />
Anno VI - n. 204 - domenica 28 agosto 2011 - E 1,50<br />
Emergenza clima<br />
New York ha paura. L’america<br />
rivive l’incubo di Kathrina.<br />
obama e <strong>il</strong> sindaco <strong>della</strong> Grande<br />
Mela cercano di rassicurare.<br />
Ma i protagonisti di queste ore<br />
sono torce elettriche, acqua f<strong>il</strong>trata<br />
in tutte le borracce e contenitori<br />
di casa, cellulari caricati<br />
al massimo, scorte di cibo per<br />
almeno 72 ore. Nell’attesa <strong>il</strong> cielo<br />
si fa sempre più cupo mentre<br />
raffiche di vento battono i rami<br />
e le finestre delle placide vie<br />
nei pressi di Capitol h<strong>il</strong>l, a Washington.<br />
arriva Irene. poco più<br />
a sud, vicino le rive del fiume<br />
potomac, la Fema, distribuisce<br />
sacchi di sabbia da usare nelle<br />
zone prossime ai corsi d’acqua.<br />
Nei supermercati gli scaffali<br />
svuotati mostrano <strong>il</strong> panico<br />
dei cittadini. «Meglio essere<br />
preparati ed esagerare, che fare<br />
la fine del topo» racconta John<br />
Karpow, mentre riempie <strong>il</strong> bagagliaio<br />
di cibarie ed altri beni<br />
di prima necessità. Qualcuno<br />
più in là batte con foga per sig<strong>il</strong>lare<br />
le finestre, anche se qua<br />
a Washington potrebbe non essercene<br />
<strong>il</strong> bisogno. La preoccupazione<br />
principale rimangono<br />
gli allagamenti e eventuali inondazioni<br />
del potomac o dell’anacostia.<br />
In tanti si stanno preoccupando<br />
di avere batterie cariche<br />
di telefoni portat<strong>il</strong>i, tablets<br />
e laptop, in caso di black out<br />
Bompan a pagina 3<br />
Nell’occhio<br />
ciclone<br />
del<br />
I cittadini di New York alle prese<br />
con l’assedio dell’uragano Irene.<br />
La sua potenza è diminuita ma<br />
resta un pericolo per la costa<br />
orientale. Danni per m<strong>il</strong>iardi<br />
5<br />
Politica Inserto Afghanistan<br />
Tremonti annuncia gli<br />
eurobond. Bersani attacca<br />
la manovra, aderisce allo<br />
sciopero, ma su penati è<br />
costretto a difendersi<br />
Le mani sulla Libia<br />
Andrea Palladino<br />
L’asse Qatar<br />
Francia alla<br />
conquista<br />
del Nord Africa<br />
Terra pubblica in esclusiva<br />
un’anticipazione del libro<br />
Libero. L’imprenditore che<br />
non si piegò al pizzo, edito<br />
da Castelvecchi<br />
17<br />
La guerra, <strong>il</strong> papavero,<br />
la lotta per la terra,<br />
la società civ<strong>il</strong>e.<br />
Un dossier di otto pagine<br />
da staccare e conservare<br />
In fondo per scegliere da che parte stare c’è voluto molto poco.<br />
poche ore dopo aver firmato <strong>il</strong> primo contratto d’acquisto<br />
del petrolio sottratto a Gheddafi <strong>il</strong> governo del Qatar ha<br />
subito riconosciuto la legittimità degli insorti di Bengasi. Un endorsement<br />
arrivato a marzo, secondo solo a quello <strong>della</strong> Francia,<br />
che ha pesato moltissimo nella strana guerra di Libia.<br />
Uno stato minuscolo <strong>il</strong> Qatar, divenuto indipendente <strong>il</strong> 3 settembre<br />
del 1971, pochi anni prima <strong>della</strong> grande crisi energetica.<br />
Già nel 1991 si era schierato contro saddam houssein, appoggiando<br />
le forze intervenute in Iraq nella Guerra del Golfo, diventando<br />
<strong>il</strong> principale alleato <strong>della</strong> Francia di sarkozy.<br />
segue a pagina 2<br />
9<br />
Terra e La7<br />
insieme<br />
per l’ambiente<br />
www.la7.it/ambiente<br />
www.terranews.it<br />
Uranio<br />
Fa un’altra<br />
vittima <strong>il</strong> “tumore<br />
del soldato”<br />
Marco De Vidi<br />
«Mi sto curando un cancro a 28<br />
anni, adesso voglio la verità sul<br />
poligono di salto di Quirra e sulla<br />
mia malattia». Una soldatessa<br />
anonima ha scritto una lettera<br />
al portale Vittimeuranio.com. ha<br />
denunciato di essersi ammalata<br />
con molta probab<strong>il</strong>ità in conseguenza<br />
del suo servizio nel poligono<br />
interforze sardo. La donna<br />
soldato è ora in cura presso<br />
l’ospedale oncologico di Cagliari,<br />
dopo aver scoperto di avere <strong>il</strong><br />
linfoma di hodgkin. per due anni<br />
e mezzo ha prestato servizio<br />
al poligono di perdasdefogu e ha<br />
partecipato a esercitazioni lì e<br />
nella base di Teulada (Ca), dove<br />
si usavano munizioni all’uranio<br />
impoverito.<br />
segue a pagina 4<br />
© hopd/ap/Lapresse
2 domenica 28 agosto 2011<br />
>>Primo<br />
Le mani sulla Libia Dal 2006 i fondi sovrani del piccolo Stato del Golfo persico sono<br />
presenti nell’economia francese. Oggi i due paesi sono alleati di ferro nella guerra di Libia<br />
Qatar e Francia, folgorati<br />
sulla via di Tripoli<br />
Palladino dalla prima<br />
Capitale Doha, un m<strong>il</strong>ione e<br />
mezzo di abitanti, e una valanga<br />
di petrodollari. Il Qatar, nel conflitto<br />
libico, è considerato <strong>il</strong> braccio<br />
armato ed economico <strong>della</strong><br />
coalizione dei paesi volenterosi,<br />
che dal 19 marzo 2011 bombarda<br />
<strong>il</strong> paese nordafricano.<br />
Aerei, m<strong>il</strong>itari e, soprattutto, un<br />
fiume di denaro per finanziare<br />
gli insorti. E poi assistenza, supporto<br />
geopolitico e porte aperte<br />
verso <strong>il</strong> Gotha <strong>della</strong> finanza araba,<br />
quella che conta veramente,<br />
concentrata nel Golfo Persico<br />
guardato a vista dalla flotta<br />
Usa. Con un plus niente male,<br />
<strong>il</strong> canale satellitare al-Jazeera,<br />
vero faro mediatico nell’intero<br />
mondo mussulmano di lingua<br />
araba, pronto a raccontare<br />
in diretta la guerra buona contro<br />
<strong>il</strong> raìs, quel comandante supremo<br />
libico mai amato veramente<br />
dai califfi del petrolio.<br />
Lo stretto asse che si è creato<br />
fin da febbraio tra Francia<br />
e Qatar è stata la vera punta di<br />
diamante <strong>della</strong> coalizione che<br />
ha bombardato la Libia, aprendo<br />
la strada agli insorti. I due paesi<br />
hanno recentemente ammesso<br />
di aver fornito attrezzatura m<strong>il</strong>itare<br />
ai gruppi partiti da Bengasi.<br />
Le Nazioni unite aveva vietato<br />
l’invio di armamenti verso<br />
la Libia, stab<strong>il</strong>endo – poco dopo<br />
l’inizio del conflitto – un embargo<br />
totale, difeso anche dalla<br />
nostra Marina M<strong>il</strong>itare. L’accordo<br />
tra la Francia, <strong>il</strong> Qatar e i ribelli<br />
viola apertamente le normative<br />
generali per l’esportazione<br />
di materiale m<strong>il</strong>itare: un carico,<br />
per essere autorizzato, va accompagnato<br />
con un certificato<br />
end user, r<strong>il</strong>asciato dal governo<br />
importatore. Un sistema in vigore<br />
dal dopo guerra, creato dagli<br />
Stati Uniti per ostacolare la vendita<br />
di armamenti al blocco sovietico.<br />
Nel caso del Qatar e <strong>della</strong><br />
Francia è diffic<strong>il</strong>e capire quale<br />
governo possa aver firmato l’attestazione<br />
per i lanciarazzi forniti<br />
ai ribelli di Bengasi.<br />
La presenza del Qatar, oltre ad<br />
avere una importanza geopolitica<br />
per l’intera area medio<br />
orientale e nord africana, è pe-<br />
Afghanistan Messico<br />
Catena di<br />
attentati nel Sud<br />
del Paese<br />
© FrANCOIS MOrI/AP/LAPrESSE<br />
rò rivelatrice di una rete di interessi<br />
che porta lontano, con<br />
una parte non secondaria riservata<br />
anche all’Italia. I rapporti<br />
economici basati sui ricchissimi<br />
fondi sovrani garantiti<br />
dal petrolio del Golfo sono la<br />
vera arma di influenza geopolitica<br />
del piccolo paese stretto<br />
tra Iran e Arabia Saudita.<br />
Poco più di un anno fa, <strong>il</strong> 17<br />
apr<strong>il</strong>e 2010, <strong>il</strong> fondo sovrano<br />
Qatari Diar annunciò l’acquisto<br />
del 5 per cento delle azioni<br />
del gigante multiut<strong>il</strong>ity france-<br />
se Veolia, al prezzo<br />
record di 646<br />
m<strong>il</strong>ioni di euro.<br />
«L’acquisto riflette<br />
l’ambizione dei<br />
due gruppi di lavorare<br />
insieme<br />
nelle infrastrutture<br />
in medio oriente<br />
e nord Africa»,<br />
spiegava <strong>il</strong> comunicato ufficiale<br />
di Veolia. Un piano di lunga<br />
durata, in un settore estremamente<br />
delicato – e fruttuoso –<br />
firmato pochissimi mesi prima<br />
dell’inizio <strong>della</strong> “primavera araba”<br />
che ha sconvolto gli equ<strong>il</strong>i-<br />
Parigi e Doha<br />
ammettono:<br />
abbiamo armato<br />
i ribelli. Violando<br />
l’embargo e le<br />
norme sul controllo<br />
del traffico d’armi<br />
bri del nord Africa. Un vero investimento<br />
sul futuro.<br />
I fondi sovrani del Qatar erano<br />
entrati nei grossi gruppi finanziari<br />
francesi da diverso tempo.<br />
Il 29 giugno del 2006 <strong>il</strong> Qatar Investment<br />
Authority rivelò, con<br />
una breve nota, l’acquisto del 6<br />
per cento <strong>della</strong> società Lagardere,<br />
colosso che controlla importanti<br />
gruppi editoriali – fu l’acquirente<br />
di Vivendi – e la Eads,<br />
specializzata in aeronautica civ<strong>il</strong>e<br />
e m<strong>il</strong>itare.<br />
Nel 2009 <strong>il</strong> presidenteNickolas<br />
Sarkozy preparò<br />
poi con cura<br />
la visita ufficiale<br />
a Doha, aprendo<br />
le porte alla Total,<br />
all’Areva e alla<br />
Suez per un progetto<br />
di centrali<br />
nucleari. Un’alleanza tutt’altro<br />
che occasionale.<br />
Nel consiglio di amministrazione<br />
di Veolia i fondi sovrani del<br />
Qatar sono rappresentati da Mohd<br />
Alhamadi, manager quarantunenne<br />
con una notevole espe-<br />
Un’autobomba è esplosa vicino alla sede del governatorato di Lashkar<br />
Gah, capoluogo <strong>della</strong> provincia di Helmand, nell’Afghanistan meridionale,<br />
provocando diverse vittime mentre, sempre ieri, un doppio<br />
attentato è stato invece realizzato a Kandahar, capoluogo <strong>della</strong><br />
omonima provincia del Sud, con un b<strong>il</strong>ancio di oltre una ventina di<br />
feriti ancora provvisorio. Sono scoppiati un ordigno e poi un’ autobomba<br />
nell’area denominata Phase 1, ossia nel centro <strong>della</strong> città<br />
rienza in questioni libiche. Ed è<br />
indubbio che nei prossimi mesi<br />
<strong>il</strong> mercato più interessante per<br />
le infrastrutture sarà quello delle<br />
città distrutte dalla guerra.<br />
Nel Cda di Veolia, proprio accanto<br />
al rappresentante dei fondi<br />
del Qatar, principale alleato<br />
<strong>della</strong> Francia nella guerra di Libia,<br />
siede poi l’italianissimo Paolo<br />
Scaroni. Teoricamente dovrebbe<br />
sentire un certo imbarazzo<br />
trovandosi gomito a gomito<br />
con <strong>il</strong> gotha finanziario francese<br />
– <strong>il</strong> principale azionista di Veolia<br />
è la cassa depositi e prestiti<br />
d’Oltralpe – <strong>il</strong> principale concorrente<br />
dell’italiana Eni nel futuro<br />
sfruttamento delle risorse<br />
petrolifere libiche. A ben guardare<br />
<strong>il</strong> tavolo del Cda <strong>della</strong> Veolia<br />
ha l’apparenza di una grande<br />
camera di compensazione, tra i<br />
grandi investitori internazionali<br />
interessati a capitalizzare gli investimenti<br />
futuri nel nord Africa.<br />
Con al centro <strong>il</strong> piccolo stato<br />
del Qatar, forte dei fondi sovrani<br />
e dell’influenza ormai indiscussa<br />
nel mondo arabo.<br />
(1 - segue)<br />
Guerra infinita<br />
Sparito <strong>il</strong> raìs,<br />
appaiono<br />
i contractor<br />
Emergenza umanitaria. Il<br />
presidente del Consiglio nazionale<br />
di transizione libico (Cnt)<br />
Mustafa Jal<strong>il</strong> ha lanciato ieri<br />
l’allarme umanitario per Tripoli:<br />
«Facciamo appello a tutte<br />
le organizzazioni umanitarie e<br />
diciamo loro che Tripoli ha bisogno<br />
di medicine, medicinali<br />
di pronto soccorso e materiale<br />
chirurgico». In molti quartieri<br />
capitale manca anche l’acqua<br />
e l’elettricità e nelle banche c’è<br />
penuria di contante.<br />
Unione Africana. La principale<br />
organizzazione regionale<br />
ha negato per ora <strong>il</strong> riconoscimento<br />
del Consiglio nazionale<br />
di transizione libico. «Ai<br />
governi che salgono al potere<br />
attraverso mezzi non previsti<br />
dallo statuto dell’organizzazione<br />
non sarà consentito<br />
partecipare alle attività<br />
dell’Unione - si legge in un comunicato<br />
divulgato ieri - e in<br />
Libia c’è più di un gruppo che<br />
rivendica autorità».<br />
Sparito <strong>il</strong> raìs. I ribelli libici<br />
non hanno informazioni<br />
su dove si trovino Muammar<br />
Gheddafi e i suoi figli. L’informazione<br />
che dava <strong>il</strong> colonnello<br />
già in Algeria è stata smentita<br />
ieri nel tardo pomeriggio.<br />
«Una bella storia» di contractor.<br />
Per <strong>il</strong> console italiano<br />
a Begasi Guido De Santis<br />
la vicenda dei tre italiani scoperti<br />
nelle carceri di Tripoli sarebbe<br />
«una bella storia molto<br />
semplice, in mano al cattivo e<br />
liberati dal buono». Antonio<br />
Cataldo, Luca Boero e Vittorio<br />
Carella erano detenuti dal<br />
23 luglio. Secondo alcune fonti<br />
sarebbero stati contrattati da<br />
una ricca famiglia libica, per<br />
fornire protezione. «Chiariremo<br />
tutto al rientro», hanno assicurato<br />
i tre dopo essere stati<br />
liberati dagli insorti. Tutta da<br />
chiarire rimane la loro presenza<br />
in Libia.<br />
Arriva la benzina. Il Cnt ha<br />
avviato la distribuzione di<br />
120.000 litri di carburante a<br />
Tripoli per far fronte alle prime<br />
necessità. I ribelli stanno<br />
cercando in queste ore di far<br />
ripartire le raffinerie. Un aiuto<br />
in tal senso era stato promesso<br />
nei giorni scorsi dall’Eni,<br />
in cambio di pagamenti futuri<br />
in petrolio.<br />
L’accordo è stato annunciato<br />
ieri dall’amministratore delegato<br />
Paolo Scaroni.<br />
Il volto<br />
degli stragisti<br />
di Monterrey
piano>><br />
Irene va all’attacco<br />
<strong>della</strong> Grande Mela<br />
Emanuele Bompan<br />
Torce elettriche, acqua f<strong>il</strong>trata<br />
in tutte le borracce<br />
e contenitori di casa, cellulari<br />
caricati al massimo,<br />
scorte di cibo per almeno 72 ore. Il<br />
cielo si fa più cupo mentre raffiche<br />
di vento battono i rami e le finestre<br />
delle placide vie nei pressi di Capitol<br />
H<strong>il</strong>l, a Washington. Arriva Irene.<br />
Poco più a sud, vicino le rive del<br />
fiume Potomac, la Fema, distribuisce<br />
sacchi di sabbia da usare nelle<br />
zone prossime ai corsi d’acqua.<br />
Nei supermercati gli scaffali svuotati<br />
mostrano <strong>il</strong> panico dei cittadini.<br />
«Meglio esagerare, che fare la fine<br />
del topo» racconta John Karpow,<br />
mentre riempie <strong>il</strong> bagagliaio<br />
di cibarie ed altri beni di prima<br />
necessità. Qualcuno più in là batte<br />
con foga per sig<strong>il</strong>lare le finestre, anche<br />
se qua a Washington potrebbe<br />
non essercene <strong>il</strong> bisogno. La preoccupazione<br />
principale rimangono<br />
gli allagamenti e eventuali inondazioni<br />
del Potomac o dell’Anacostia.<br />
In tanti si stanno preoccupando<br />
di avere batterie cariche di telefoni<br />
portat<strong>il</strong>i, tablets e laptop, in caso<br />
di black out prolungati. «La radio<br />
a transistor è ottima per ricevere<br />
notizie, ma per postare informazioni<br />
abbiamo bisogno di Twitter».<br />
La preoccupazione sale.<br />
Nelle ultime 24 ore l’uragano ha<br />
approdato sulla costa a Cape Lookout,<br />
in North Carolina, dove ha<br />
divelto case e sommerso ampie<br />
porzioni <strong>della</strong> zona costiera. Oltre<br />
480 m<strong>il</strong>a persone sono state evacuate,<br />
tantissimi i black out e gli<br />
alberi distrutti. Durante la serata<br />
di ieri ha raggiunto la Capitale<br />
Washington DC, dove ci si aspetta<br />
che continuerà ad imperversare fino<br />
a domenica pomeriggio. Obama<br />
venerdì ha fatto ritorno alla<br />
Casa Bianca con un giorno di anticipo,<br />
lasciando l’amena Martha’s<br />
Vineyard, per monitorare la tempesta<br />
ed evitare di essere bloccato<br />
sull’isola durante una potenziale<br />
crisi nazionale. «Questo urgano<br />
è di portata storica», ha dichiarato<br />
<strong>il</strong> presidente.<br />
All’erta Homeland Security, Fema<br />
ed Esercito che hanno preparato<br />
centinaia di rifugi e interventi<br />
di emergenza pronti a qualsiasi<br />
evenienza. «Fate scorte, tenete<br />
con voi torce elettriche e segui-<br />
te le istruzioni in caso di evacuazione»,<br />
ha ripetuto più volte durante<br />
la giornata <strong>il</strong> Segretario <strong>della</strong><br />
Sicurezza Interna, Janet Napolitano.<br />
«Nelle prossime ore inoltre<br />
potrebbero verificarsi tornado,<br />
violenti ma dalla breve durata».<br />
Risalendo la costa Est alla velocità<br />
di 22 km/h, come un vecchio tre-<br />
Le autorità messicane hanno diffuso gli identikit (nell’immagine) di<br />
tre dei narcok<strong>il</strong>ler ritenuti responsab<strong>il</strong>i <strong>della</strong> strage al Casino Royale<br />
di Monterrey dove, nella notte di giovedi scorso, morirono in un incendio<br />
doloso, 52 persone. Chiunque fornisca indicazioni che consentano<br />
l’arresto dei ricercati riceverà una ricompensa di 30 m<strong>il</strong>ioni<br />
dei pesos (oltre 1.600m<strong>il</strong>a euro). La maggior parte delle vittime <strong>della</strong><br />
strage sono donne. Non tutti i corpi sono stati ancora identificati<br />
no, lento ed inesorab<strong>il</strong>e, Irene dovrebbe<br />
trovarsi questa mattina alle<br />
porte di NY. Con venti che soffiano<br />
dai 100 ai 190 km/h, l’uragano si<br />
prepara a colpire l’area più densamente<br />
popolata degli Usa. Tra NY<br />
e Boston vivono quasi 40 m<strong>il</strong>ioni<br />
di persone. Il sindaco di New York,<br />
Michel Bloomber, non ha perso<br />
Sequestri<br />
Emergency<br />
chiede impegno<br />
per Azzarà<br />
domenica 28 agosto 2011 3<br />
Uragani/1 Il racconto delle ore di un’attesa carica di tensione mentre <strong>il</strong> cielo si incupisce e ci si preoccupa che tutto<br />
funzioni: le p<strong>il</strong>e cariche, le scorte d’acqua e di cibo al loro posto, la radio sintonizzata sul canale giusto. «Meglio esagerare»<br />
Molti fenomeni meteorologicisembrano<br />
diventare sempre<br />
più frequenti e<br />
intensi. È stato un anno record<br />
per tornado, siccità ed allagamenti.<br />
Abbiamo raggiunto al<br />
telefono James B. Elsner, professore<br />
di geografia naturale ed<br />
esperto di uragani <strong>della</strong> Florida<br />
State University.<br />
In che modo stanno cambiando<br />
gli uragani?<br />
Questi fenomeni sono generati<br />
e alimentati dalle acque tiepide<br />
degli oceani tropicali – nell’Atlantico<br />
gli uragani si formano da<br />
perturbazioni provenienti dalle<br />
coste africane. Quindi se gli oceani<br />
si riscaldano a causa del global<br />
warming, aumenta <strong>il</strong> potenziale<br />
energetico che può essere<br />
convertito in forza dei venti. Negli<br />
ultimi 30 anni non abbiamo<br />
visto aumentare <strong>il</strong> numero degli<br />
uragani: ciò che è cambiato<br />
è l’intensità di questi fenomeni,<br />
almeno per quanto concerne gli<br />
studi sull’oceano Atlantico. Sicuramente<br />
si è intensificatala la velocità<br />
dei venti del ciclone, che<br />
viene r<strong>il</strong>evata dalla velocità massima<br />
generata all’interno <strong>della</strong><br />
tempesta. Questo, anche se non<br />
La potenza è un<br />
po’ diminuita ma<br />
non c’è molto da<br />
rallegrarsi date<br />
le dimensioni.<br />
Ma c’è anche<br />
chi minimizza<br />
tempo, dando l’ordine di evacuare<br />
oltre 370,000 persone dalle zone<br />
prossime all’Hudson entro le 17 di<br />
sabato. Ancora ieri, però alla chiusura<br />
<strong>della</strong> MTA, <strong>il</strong> noto sistema di<br />
trasporto pubblico newyorkese, a<br />
migliaia si trovavano ancora nelle<br />
proprie abitazioni. Da Battery<br />
Park City al popolare luna park di<br />
è avvenuto in tutti i casi, è scientificamente<br />
evidente per le tempeste<br />
di maggiori dimensioni.<br />
Stanno quindi diventando più<br />
estesi?<br />
Non abbiamo verificato un aumento<br />
dell’estensione <strong>della</strong><br />
tempesta, né una trasformazione<br />
<strong>della</strong> velocità con cui si<br />
spostano. Irene non è particolarmente<br />
fuori scala o inusuale,<br />
ma ha un’area di azione superiore<br />
del 30-40% alla media<br />
degli ultimi 30 anni. Fa parte di<br />
questi “uragani anabolizzati”.<br />
Inoltre, a differenza di molti altri<br />
uragani, andrà a colpire zo-<br />
Coney Iland e su fino alla promenade<br />
nelle Rockaways, in tanti indugiano<br />
per le strade semideserte.<br />
«Il pericolo inizierà quando vedremo<br />
i ratti uscire dalle fogne» ha<br />
commentato su Twitter Jay.<br />
Il traffico intanto è impazzito<br />
con oltre 850 miglia di metropolitana<br />
ferma e 468 stazioni bloccate,<br />
in quella che per molti sta diventando<br />
un epica fuga da New<br />
York, mentre la città attende. Per<br />
i cittadini italiani che si trovano<br />
nella Grande Mela <strong>il</strong> consolato<br />
italiano invita a seguire le istruzioni<br />
sul sito del Consolato NY<br />
www.consnewyork.esteri.it, e di<br />
rimanere in contatto con <strong>il</strong> dovesiamonelmondo.it.<br />
Cosa succerà<br />
nelle prossime ore con Irene?<br />
Sul tragitto l’uragano troverà acque<br />
sempre più fredde che ne di-<br />
minuiranno la potenza,<br />
inoltre a causa <strong>della</strong><br />
prossimità con aree<br />
asciutte non dovremmo<br />
assistere ad un intensificazione<br />
dei venti.<br />
Ma gli esperti avvertono:<br />
date le dimensioni<br />
riuscirà a mantenere<br />
la sua intensità<br />
ancora per ore, mentre si muove<br />
lungo la costa orientale. Qualcuno<br />
minimizza, «sarà solo tanta<br />
pioggia e vento». Secondo la governatrice<br />
<strong>della</strong> North Carolina<br />
Beverly Perdue «rene è molto meno<br />
peggio del previsto, ma meglio<br />
stare all’erta “lei” è pur sempre un<br />
uragano e richiede rispetto».<br />
Uragani/2 Emergenze ambientali e cambiamenti climatici. Parla James B. Elsner professore<br />
di geografia naturale ed esperto di fenomeni metereologici <strong>della</strong> Florida State University<br />
Crescono di forza<br />
i tornado e le siccità<br />
ne densamente popolate.<br />
Se controlliamo <strong>il</strong> clima controlliamo<br />
gli uragani.<br />
A parte fermare l’effetto serra<br />
come si possono contenere<br />
questi fenomeni?<br />
Ci sono varie teorie di geo-ingegneria,<br />
una possib<strong>il</strong>ità ad esempio<br />
è pompare acqua fredda dalle<br />
profondità degli oceani. Non<br />
certo fac<strong>il</strong>e<br />
Innalzamento dei mari e super<br />
uragani: un futuro cupo<br />
per le città costiere?<br />
Una combinazione di questi due<br />
effetti potrebbe causare disastri<br />
sempre maggiori. e.b.<br />
Dopo un iniziale periodo di riserbo, Emergency ritiene sia <strong>il</strong> momento<br />
di mob<strong>il</strong>itarsi per Francesco Azzarà, rapito in Darfur <strong>il</strong> 14 agosto<br />
scorso e chiede ai cittadini, ai media e alle istituzioni italiane di darsi<br />
da fare per la sua liberazione, esponendo la foto di Francesco sui<br />
palazzi delle istituzioni, partecipando e r<strong>il</strong>anciando iniziative. Dal<br />
23 agosto scorso un grande striscione con la foto di Azzarà è esposta<br />
sul terrazzino di Palazzo Vecchio sede del Comune di Firenze<br />
© JIM LO SCALzO/ANSA
4 domenica 28 agosto 2011 >>Attu<br />
«Voglio la verità sull’uranio»<br />
Il caso Ammalata di cancro dopo aver prestato servizio nella<br />
base di Quirra. La lettera-denuncia di una soldatessa di 28 anni<br />
De Vidi dalla prima<br />
è l’ennesimo caso di una verità<br />
che sta emergendo con fatica<br />
da alcune sentenze. Ultima delle<br />
quali quella emessa pochi giorni<br />
fa dal tribunale di Cagliari, che ha<br />
condannato <strong>il</strong> ministero <strong>della</strong> Difesa<br />
a risarcire i fam<strong>il</strong>iari del soldato<br />
Valery Melis, morto nel 2004<br />
per un linfoma dopo aver partecipato<br />
alle missioni del contingente<br />
internazionale nei Balcani alla<br />
fine degli anni Novanta.<br />
Stando ai dati comunicati dal<br />
ministro La Russa in risposta a<br />
un’interrogazione parlamentare<br />
circa un anno e mezzo fa, i m<strong>il</strong>itari<br />
italiani affetti da patologie neoplastiche<br />
accertati fino al 31 dicembre<br />
2009 sono 2727. Secondo<br />
le statistiche ufficiali i morti sono<br />
78, ma esiste una forte discrepanza<br />
con i dati forniti dalle associazioni,<br />
che parlano di almeno 216<br />
morti. Una spiegazione alla differenza<br />
nel conteggio è data dal fatto<br />
che molti soldati si ammalano<br />
dopo <strong>il</strong> congedo, in quanto queste<br />
malattie hanno tempi di latenza<br />
di anni, e quindi escono dalle<br />
statistiche m<strong>il</strong>itari. Casi di contaminazione<br />
sono stati registrati<br />
tra chi ha partecipato alle varie<br />
missioni all’estero, nei Balcani,<br />
in Libano, Somalia, Iraq e Afghanistan.<br />
Altri siti sotto accusa sono<br />
le basi italiane di Torre Veneri<br />
(Le) e quelle di Teulada e Perdasfedogu<br />
in Sardegna. In particolare,<br />
per la base di cui parla la sol-<br />
Sabaudia ‘Ndrangheta<br />
Sfregiata<br />
dal fidanzatino,<br />
lo perdona<br />
17 dicembre 2008<br />
<strong>il</strong> tribunale di Firenze obbliga <strong>il</strong> ministero <strong>della</strong> Difesa a risarcire con la somma<br />
di 545m<strong>il</strong>a euro <strong>il</strong> m<strong>il</strong>itare Gianbattista Marica, di Orbetello (Gr), affetto da un<br />
linfoma e vittima di possib<strong>il</strong>e contaminazione da uranio impoverito. Il paracadutista<br />
si era ammalato dopo la missione Ibis in Somalia. Marica è scomparso<br />
un mese dopo la sentenza.<br />
dicembre 2009<br />
<strong>il</strong> tribunale civ<strong>il</strong>e di Roma condanna la Difesa al risarcimento dei fam<strong>il</strong>iari di un m<strong>il</strong>itare,<br />
vittima di possib<strong>il</strong>e contaminazione da uranio impoverito. In tutto la somma<br />
per <strong>il</strong> danno non patrimoniale subito è di un m<strong>il</strong>ione e quattrocento m<strong>il</strong>a euro.<br />
gennaio 2010<br />
una sentenza del tribunale di Roma stab<strong>il</strong>isce <strong>il</strong> pagamento nei confronti dei fam<strong>il</strong>iari<br />
del m<strong>il</strong>itare sardo Salvatore Vacca, morto nel 1999 a 23 anni. Il fante <strong>della</strong> brigata<br />
Sassari si era ammalato di leucemia dopo una missione nei Balcani.<br />
agosto 2011<br />
<strong>il</strong> tribunale civ<strong>il</strong>e di Cagliari condanna <strong>il</strong> ministero a risarcire 584m<strong>il</strong>a euro ai fam<strong>il</strong>iari<br />
del m<strong>il</strong>itare Valery Melis, originario di Quartu Sant’Elena (Ca), morto a 27<br />
anni nel 2004 per un linfoma. Aveva partecipato nel 1997 e nel 1999 alle missioni<br />
in Albania e Kosovo, nel contingente internazionale schierato nei Balcani.<br />
datessa nella lettera si è parlato<br />
addirittura di “sindrome di Quirra”,<br />
per i moltissimi casi di tumori<br />
verificatisi. Le Asl di Lanusei e<br />
Cagliari a inizio 2011 hanno presentato<br />
un’indagine, secondo la<br />
quale <strong>il</strong> 65 per cento dei pastori<br />
che hanno lavorato negli allevamenti<br />
presenti nei dintorni <strong>della</strong><br />
base si è ammalato di leucemia.<br />
Sono moltissimi inoltre i casi di<br />
agnelli nati deformi e di animali<br />
con gravi malformazioni. Ci sono<br />
stati almeno 23 casi di tumore tra<br />
i m<strong>il</strong>itari e una quarantina tra i ci-<br />
v<strong>il</strong>i. L’eccezionale gravità <strong>della</strong> situazione<br />
ha portato la procura di<br />
Lanusei (guidata dal procuratore<br />
capo Domenico Fiordalisi) a porre<br />
sotto sequestro, nel gennaio<br />
scorso, alcuni bersagli del poligono<br />
di Quirra, con l’ipotesi di omicidio<br />
plurimo e di omissione di<br />
atti d’ufficio per mancati controlli<br />
sanitari. Inoltre lo scorso marzo<br />
Fiordalisi ha ordinato la riesumazione<br />
di venti allevatori morti tra<br />
<strong>il</strong> 1995 e <strong>il</strong> 2010 a causa di tumori<br />
al sistema linfo-emopoietico.<br />
Gli inquirenti di Lanusei hanno<br />
Lui la sfregia e lei lo perdona. I protagonisti sono poco più che bambini:<br />
lei ha 11 anni, lui 12. Si sono conosciuti sulla spiaggia di Sabaudia.<br />
Il ragazzino, dopo essere stato piantato, le fa un bel taglio sulla<br />
guancia con un vetro trovato nella sabbia. I genitori sono arrivati<br />
a un accordo privato, per cui le cure mediche <strong>della</strong> ragazza saranno<br />
pagate dall’altra famiglia, che si è impegnata a risarcire eventualmente<br />
anche <strong>il</strong> danno.<br />
inoltre, nel mese di apr<strong>il</strong>e, iscritto<br />
nel registro degli indagati l’ex<br />
comandante del poligono Tobia<br />
Santacroce, originario di Chieti.<br />
L’ex colonnello ha ora 66 anni ed<br />
è in pensione con <strong>il</strong> grado di generale.<br />
è accusato di disastro ambientale,<br />
per aver fatto br<strong>il</strong>lare armi<br />
e munizioni a Perdasdefogu<br />
con possib<strong>il</strong>i danni all’ambiente e<br />
alla salute umana e animale.<br />
Fino ad oggi ci sono state quattro<br />
sentenze che hanno condannato<br />
<strong>il</strong> ministero <strong>della</strong> Difesa a risarcimenti<br />
verso le famiglie di m<strong>il</strong>itari<br />
morti, ma «finora nessu-<br />
© CARLo FERRARo/ANSA<br />
na delle vittime ha preso una lira.<br />
Gianbattista Marica ha avviato<br />
la causa da vivo, ha ottenuto<br />
<strong>il</strong> risarcimento e ha fatto in tempo<br />
a morire prima che gli venisse<br />
dato qualcosa», commenta<br />
con amarezza Francesco Palese,<br />
giornalista di Vittimeuranio.com.<br />
Il fatto è che «non si può dimostrare<br />
la causa di un cancro, e infatti<br />
anche le sentenze che hanno<br />
predisposto questi risarcimenti<br />
si fondano su un forte legame<br />
di probab<strong>il</strong>ità. E <strong>il</strong> ministero<br />
<strong>della</strong> Difesa cerca con questi<br />
cav<strong>il</strong>li di portare questi processi<br />
fino alla Cassazione». «Quello<br />
che servirebbe - continua Palese<br />
- è una seria legge assistenziale a<br />
chi si è ammalato durante <strong>il</strong> servizio<br />
m<strong>il</strong>itare. Perché non prevedere<br />
un emendamento nella manovra<br />
che chiude lunedì che preveda<br />
equi risarcimenti alle vittime<br />
m<strong>il</strong>itari ammalatisi nei poligoni<br />
o nelle missioni all’estero?<br />
Del resto norme sim<strong>il</strong>i esistono<br />
per le aziende normali, perché<br />
non per l’esercito?». Quasi in risposta<br />
all’auspicio del giornalista<br />
è arrivata oggi la notizia che<br />
Adriana Poli Bortone, senatrice<br />
presidente del partito Io Sud,<br />
presenterà un emendamento allo<br />
scopo di «Vincolare una parte<br />
delle risorse che si stanno recuperando<br />
dal taglio dei costi <strong>della</strong><br />
politica e dalla lotta agli sprechi<br />
al risarcimento dei m<strong>il</strong>itari italiani<br />
gravemente malati e ai fam<strong>il</strong>iari<br />
di quelli deceduti».<br />
© AP/LAPRESSE<br />
Muore Sgarella,<br />
rapitore preso<br />
dopo 13 anni
alità>><br />
Politica<br />
Giorgio Mottola<br />
Nel giorno in cui Tremonti<br />
assicura che gli<br />
eurobond sono in dirittura<br />
di arrivo, Bersani è<br />
costretto a giocare tra attacco e<br />
difesa. Da un lato, <strong>il</strong> leader del<br />
Pd bolla la manovra come «non<br />
credib<strong>il</strong>e nemmeno per i mercati».<br />
Dall’altro, però, non può non<br />
fare riferimento al caso Penati:<br />
«una vicenda dolorosa», la definisce<br />
<strong>il</strong> segretario dei Democratici.<br />
Stesso palcoscenico ieri<br />
per <strong>il</strong> ministro dell’economia e<br />
per <strong>il</strong> capo del più grande partito<br />
di opposizione. Al Meeting di<br />
Comunione e Liberazione, dove<br />
si sono incrociati per qualche<br />
minuto, hanno però recitato<br />
ruoli diversi. Forte dell’accordo<br />
sottoscritto venerdì sera tra<br />
Pdl e Lega, Tremonti ha indossato<br />
i panni del professore. Alla<br />
platea ciellina ha riservato una<br />
delle sue dissertazioni dotte<br />
sull’Europa e la storia delle crisi<br />
economiche. Un dicorso condito<br />
di riferimenti a Waterloo,<br />
Westfalia e Versa<strong>il</strong>les e citazioni<br />
sparse di De Gasperi Roosvelt<br />
e Church<strong>il</strong>l. Il titolare dell’Economia<br />
ha concesso solo un breve<br />
passaggio all’attualità. «Siamo<br />
ancora in un videogame dove<br />
non c’è ancora <strong>il</strong> game over e<br />
dove i mostri si avvicinano», è<br />
la metafora da linguaggio <strong>quotidiano</strong><br />
ut<strong>il</strong>izzata dal ministro<br />
per definire la situazione attua-<br />
Eloisa Covelli<br />
Manovra da riscrivere<br />
per le opposizioni.<br />
Domani sera scatta <strong>il</strong><br />
termine ultimo per la<br />
consegna degli emendamenti. E<br />
lo sforzo delle ultime ore si concentra<br />
su due articoli in particolare:<br />
<strong>il</strong> 4 e l’8, che trattano rispettivamente<br />
di servizi pubblici essenziali<br />
e lavoro.<br />
Il primo, come denuncia Terra da<br />
settimane scippa <strong>il</strong> popolo italiano<br />
<strong>della</strong> volontà espressa nei referendum<br />
di giugno. Con questo articolo,<br />
infatti, la maggioranza vieta<br />
l’affidamento diretto a società<br />
pubbliche di tutti i servizi locali<br />
ad eccezione dell’acqua. Mentre<br />
gli italiani si sono già espressi<br />
a favore <strong>della</strong> gestione comune<br />
dei servizi pubblici. E’ allo studio<br />
un emendamento che Terra vi ha<br />
già anticipato ieri sulla creazione<br />
di una società multiservizi in ogni<br />
comune per la gestione dei beni<br />
domenica 28 agosto 2011<br />
Politica Tremonti annuncia l’arrivo degli Eurobond. Il leader del Pd attacca <strong>il</strong> governo e aderisce<br />
allo sciopero. Ma sul caso Falck è costretto a difendersi: «Nessuna ombra sul partito»<br />
Bersani tra manovra<br />
e questione morale<br />
le. L’unica salvezza è negli Eurobond,<br />
<strong>il</strong> solo strumento a disposizione,<br />
secondo Tremonti, capace<br />
di far ripartire «i finanziamenti<br />
futuri nella prospettiva di<br />
crescita».<br />
L’intesa con l’opposizione sembra<br />
però al momento lontana.<br />
Pierluigi Bersani, che ha parlato<br />
per qualche minuto in privato<br />
con <strong>il</strong> ministro dell’Economia,<br />
definisce <strong>il</strong> pacchetto anti crisi<br />
«ingiusta, recessiva e non credib<strong>il</strong>e».<br />
Se <strong>il</strong> governo non ha intenzione<br />
di discuterla ed emendarla<br />
in Parlamento, «allora fac-<br />
ciano da soli e noi ci mettiamo<br />
di traverso», chiarisce <strong>il</strong> segretario<br />
del Pd. Il punto di maggiore<br />
contrasto è l’articolo 8 del decreto,<br />
che introduce la contrattazione<br />
aziendale e rende più<br />
fac<strong>il</strong>i i licenziamenti. «Devono<br />
o toglierlo o cambiarlo perché<br />
5<br />
ha altrimenti è un disastro», ha<br />
detto <strong>il</strong> leader democratico, ribadendo<br />
l’adesione allo sciopero<br />
del 6 settembre indetto dalla<br />
Cg<strong>il</strong>.<br />
Ma nel Pd la manovra non è<br />
l’unico argomento del giorno.<br />
Ieri <strong>il</strong> Corriere <strong>della</strong> sera ha pub-<br />
blicato alcune parti<br />
dell’inchiesta <strong>della</strong><br />
Procura su F<strong>il</strong>ippo<br />
Penati, l’ex coordinatore<br />
<strong>della</strong> segreteria<br />
di Bersani. Nelle<br />
carte i pm parlano<br />
di un «direttorio finanziariodemocratico»,<br />
che per quindici<br />
anni avrebbe sfruttato la propria<br />
funzione pubblica «ai fini<br />
di arricchimento privato e di <strong>il</strong>lecito<br />
finanziamento alla politica<br />
a Sesto San Giovanni». «Accuse<br />
sicuramente molto gravi»,<br />
ha spiegato Bersani, che ha però<br />
precisato: «Anche se c’è la<br />
presunzione di innocenza, che<br />
Penati faccia un passo indietro.<br />
E Penati lo ha fatto. Sul partito<br />
non c’è nessuna ombra».<br />
BoVEI/ANSA<br />
PASqUALE<br />
Pierluigi Bersani a Rimini ha polemizzato sull’articolo 8 <strong>della</strong> manovra ©<br />
Decreto Verso un accordo delle opposizioni per la creazione in ogni Comune di un’unica società<br />
multiservizi. Il Pd chiede la soppressione <strong>della</strong> norme che modificano lo statuto dei lavoratori<br />
Lavoro e servizi pubblici<br />
corsa agli emendamenti<br />
pubblici essenziali. Si tratterebbe<br />
di un articolo 15-bis, inserito<br />
quindi nel capitolo dei risparmi<br />
sugli enti locali. L’emendamento<br />
in questione, se approvato, consentirebbe<br />
di risparmiare sui costi<br />
e rendere la gestione di rifiuti,<br />
trasporti, verde urbano (ecc.)<br />
molto più semplice. La novità è<br />
che si sta cercando l’accordo sul<br />
tema con tutte le opposizioni (dal<br />
Pd, all’Idv, dall’Udc all’Api). Terra<br />
ha potuto visionare una bozza<br />
dell’emendamento in calce alla<br />
quale c’è la firma di molti senatori<br />
di diversi partiti.<br />
Alessandra Sgarella Vavassori, l’imprenditrice che venne sequestrata<br />
dalla ‘ndrangheta per nove mesi tra <strong>il</strong> 1997 e <strong>il</strong> 1998, è morta nella<br />
notte tra venerdì e sabato. Poche ore prima l’ultimo dei suoi rapitori,<br />
Francesco Perre, aff<strong>il</strong>iato alla cosca Barbaro, è stato arrestato nel<br />
reggino mentre si prendeva cura <strong>della</strong> sua piantagione di marijuana.<br />
Latitante dal 1999, era stato condannato in via definitiva a 28 anni di<br />
reclusione per <strong>il</strong> sequestro.<br />
L’altro argomento caldo è l’articolo<br />
8 del decreto di Ferragosto, che<br />
ha come titolo “sostegno alla contrattazione<br />
collettiva di prossimità”.<br />
Con questo articolo si amplia<br />
<strong>il</strong> potere <strong>della</strong> contrattazione<br />
aziendale a discapito di quella fatta<br />
su scala nazionale. La parte più<br />
contestata riguarda “la trasformazione<br />
e conversione dei contratti<br />
di lavoro e le conseguenze<br />
del recesso dal rapporto di lavoro”,<br />
argomento sul quale dopo<br />
<strong>il</strong> decreto può intervenire l’accordo<br />
aziendale. Pd e Cg<strong>il</strong> denunciano<br />
che si tratti- di una vera liber-<br />
Scuola<br />
Di Pietro dal blog<br />
«Mancano<br />
30m<strong>il</strong>a prof»<br />
Il segretario<br />
democratico:<br />
«Accuse<br />
molto gravi,<br />
ma Penati ha<br />
fatto un passo<br />
indietro»<br />
tà di licenziare lasciata in mano<br />
ai padroni. Gli unici due tipi di licenziamento<br />
<strong>il</strong>legale rimarrebbero<br />
<strong>il</strong> licenziamento discriminatorio<br />
e quello <strong>della</strong> lavoratrice in<br />
concomitanza del matrimonio.<br />
Con questa norma, ad esempio, si<br />
potrebbe mandare a casa una lavoratrice<br />
incinta (che non sta per<br />
contrarre matrimonio) senza passare<br />
per i vertici dei sindacati.<br />
Di quest’articolo Bersani ha parlato<br />
ieri a Rimini, al raduno Cl,<br />
con <strong>il</strong> ministro Giulio Tremonti e<br />
ha registrato un’apertura. Ma subito<br />
dopo c’è stata una pioggia di<br />
dichiarazioni dei pidiellini in difesa<br />
<strong>della</strong> norma. La maggioranza<br />
ha contestato al leader Pd di<br />
essersi appiattito sulla posizione<br />
<strong>della</strong> Cg<strong>il</strong>, da subito contraria alle<br />
modifiche delle norme sui diritti<br />
dei lavoratori. Per <strong>il</strong> ministro Sacconi<br />
l’articolo 8 resta intoccab<strong>il</strong>e:<br />
«La nuova norma è coerente con<br />
quel patto ( firmato <strong>il</strong> 28 giugno<br />
da tutti i sindacati, ndr) del quale<br />
costituisce un evidente sv<strong>il</strong>uppo<br />
perché riguarda <strong>il</strong> contenuto <strong>della</strong><br />
contrattazione aziendale e territoriale,<br />
ovvero le materie che ad<br />
essa sono delegate».<br />
«Mancano ancora 30m<strong>il</strong>a insegnanti, e 36 m<strong>il</strong>a precari che dovrebbero<br />
essere immessi in ruolo stanno come foglie nell’uragano - lo sostiene<br />
<strong>il</strong> leader Idv, Antonio Di Pietro, nel suo blog - Per accontentare<br />
la solita Lega la ministra Gelmini ha combinato un pateracchio<br />
senza precedenti nella storia <strong>della</strong> scuola italiana». Colpa, secondo<br />
Di Pietro, <strong>della</strong> doppia graduatoria che <strong>il</strong> governo ha introdotto per<br />
agevolare i docenti settentrionali.
6<br />
domenica 28 agosto 2011<br />
Agricoltura<br />
No lobby, no business<br />
La lezione <strong>della</strong> rete ligure<br />
F<br />
are rete per sopravvivere:<br />
è questo <strong>il</strong> principio guida<br />
del <strong>Consorzio</strong> <strong>della</strong> <strong>Quarantina</strong>,<br />
nato in Liguria agli<br />
inizi degli anni ’90. «La preistoria<br />
del <strong>Consorzio</strong> nasce una trentina<br />
d’anni fa, con una mia ricerca<br />
dell’82, quando avevo iniziato a<br />
ricercare nelle vallate interne del<br />
genovesato le qualità di frutta e<br />
verdura, di ortaggi che erano rimaste<br />
e si trovavano ancora nelle<br />
mani dei contadini». Inizia così<br />
Massimo Angelini, dopo anni di<br />
ricerca casa per casa, contadino<br />
per contadino scopre che molte<br />
delle varietà date per disperse<br />
non erano tali e che la montagna<br />
e gli stessi agricoltori possedeva-<br />
no molte più varietà di<br />
quanto supponessero.<br />
Una volta trovate <strong>il</strong><br />
problema era cosa farsene<br />
per fronteggiare<br />
la concorrenza. «La<br />
domanda che mi ponevo<br />
era: come si fa a fare<br />
economia sui monti in<br />
agricoltura quando si<br />
deve fronteggiare la competizione<br />
con la pianura e oggi magari anche<br />
con la Pannonia con la Polonia<br />
piuttosto che con la Bulgaria?<br />
La proposta che ho provato ad avviare<br />
con la gente, con la quale ho<br />
passato questi anni è stata facciamo<br />
una scommessa con le varietà<br />
locali, usiamole come piccolo motore<br />
economico per fare qualcosa<br />
sulla quale non si potesse fare<br />
competizione semplicemente<br />
perché gli altri non ce l’hanno ed è<br />
lì che è nata l’idea del consorzio».<br />
Ne è venuto fuori un consorzio<br />
che raccoglie tutte le varietà di<br />
montagna, quelle di ciclo corto<br />
che si seminano un po’ più tardi e<br />
si raccolgono un po’ prima. <strong>Quarantina</strong>,<br />
infatti significa corto.<br />
L’altra sfida, quella di commercializzarle<br />
senza istituti di marketing<br />
l’hanno vinta così: «Ci siamo detti<br />
troviamo <strong>il</strong> modo perché questo<br />
valore ricada sui produttori e nel<br />
territorio, senza mediazioni. Il che<br />
significa senza processi di certificazione,<br />
che presuppongono che<br />
io pago qualcuno perché dica che<br />
io dico la verità e in qualche modo<br />
presuppongono che se io non pago<br />
<strong>il</strong> certificatore, sono un bugiardo».<br />
Quindi, prosegue Angelini, «abbiamo<br />
incoraggiato i contadini<br />
a fare autocertificazione, a dire<br />
dall’inizio alla fine quello che<br />
fanno, come e quando seminano,<br />
cosa usano durante la coltura,<br />
come quando raccolgono,<br />
che concime hanno usato, che<br />
cosa c’era in quella coltivazione.<br />
Non importa che facciano<br />
biologico o meno, l’importante<br />
è che lo dicano». Il principio è:<br />
>>Green<br />
Agricoltura Autocertificazione e responsab<strong>il</strong>ità. Il network promosso dal <strong>Consorzio</strong> <strong>della</strong><br />
<strong>Quarantina</strong> tutela produttori e consumatori di molte specie vegetali che si credevano estinte<br />
Salvaguardia,<br />
tecnica, ricerca.<br />
Dove, in Italia,<br />
si impara<br />
un nuovo modo<br />
di guardare<br />
alla terra Una rete per riscoprire le varietà vegetali e una scuola sull’uso degli animali in azienda<br />
«da galantuomini diciamo quello<br />
che facciamo e facciamo quello<br />
che diciamo». In questo modo è<br />
stato possib<strong>il</strong>e creare una f<strong>il</strong>iera<br />
fondata sull’autocertificazione<br />
e sul controllo reciproco. Spiega<br />
Angelini: «Qui tutti si conoscono<br />
e si è creata una rete. In 15 anni<br />
è successo 2 volte che qualcuno<br />
abbia fatto delle scorrettezze, si<br />
è saputo e questa persona è stata<br />
Ogni anno frequentano i<br />
suoi corsi dalle 300 alle<br />
400 persone, non solo<br />
agricoltori ma anche<br />
cittadini che vogliono capirne<br />
di più e magari trovare lo spunto<br />
per cambiar vita. Il regno<br />
d’Ivo Bertaina si trova a Cissone,<br />
nel cuore delle Langhe, è qui<br />
che che guida <strong>il</strong> centro Agribio<br />
(www.agribio.it). I suoi genitori,<br />
agricoltori, avrebbero voluto<br />
che <strong>il</strong> figlio facesse qualsiasi<br />
cosa, tranne che <strong>il</strong> contadino.<br />
Lui ha fatto <strong>il</strong> musicista per<br />
vent’anni – è fisarmosicista -,<br />
poi non ha resistito ed è tornato<br />
alla terra, con un nuovo input,<br />
subito svergognata tutti quelli che<br />
lavorano sanno quanto ci vuole a<br />
farsi un bel nome e quanto poco<br />
ci vuole a distruggerlo».<br />
Il consorzio comprende 480 soci:<br />
60 produttori, 70 negozianti e ristoratori,<br />
circa 200 soci sostenitori,<br />
che sono appassionati d’orto<br />
o di mondo rurale e famiglie interessate<br />
a sostenere questo circuito.<br />
Sono tutti soci dello stesso organismo<br />
e questo genera un sorta di<br />
effetto “lobby”: i produttori infatti<br />
vendono solo ai loro soci, negozi<br />
e ristoranti compresi. In questo<br />
modo è possib<strong>il</strong>e stab<strong>il</strong>ire un prezzo<br />
che viene accettato. Spesso più<br />
alto che altrove, ma negozianti e<br />
ristoratori hanno tutto l’interesse<br />
anche a pagare un po’ di più, perché<br />
ne hanno un ottimo ritorno in<br />
immagine. Non solo. Entrare nella<br />
cooperativa non è fac<strong>il</strong>e, bisogna<br />
passare un accurato periodo di<br />
osservazione, e come tutte le cose<br />
diffic<strong>il</strong>i da ottenere, la possib<strong>il</strong>ità<br />
di associarsi è molto ambita<br />
«Molti ristoratori o negozianti<br />
aspettano diversi anni prima di<br />
entrare, li esaminiamo, li visitiamo<br />
diciamo che gliela facciamo un po’<br />
desiderare», conclude Angelini.<br />
Agribio In provincia di Cuneo un’associazione di formazione per <strong>il</strong> biologico e la biodinamica<br />
insegna come trovare l’equ<strong>il</strong>ibrio tra agricoltura e zootecnia: «L’animale è l’anima di una fattoria»<br />
La scuola di Cissone prende<br />
<strong>il</strong> terreno per le corna<br />
quello di rivitalizzare l’agricoltura<br />
in declino proponendosi<br />
come centro di formazione per<br />
la diffusione <strong>della</strong> biodinamica.<br />
Oggi ha 1.000 soci in Piemonte<br />
e strutture collegate in quasi<br />
tutta Italia.<br />
Cos’è Agribio?<br />
è un ente di formazione per<br />
l’agricoltura biologica e biodinamica,<br />
ma in particolare di<br />
biodinamica perché la ritengo<br />
più completa e moderna rispetto<br />
al biologico. La biodinamica<br />
parte dal presupposto che la<br />
terra sta invecchiando è malata<br />
e va guarita, mentre con <strong>il</strong><br />
biologico presuppone sempli-<br />
Pagine a cura di Donatella Pavan<br />
cemente che si possa coltivare<br />
come un tempo. Abbiamo un<br />
ufficio, un punto vendita e una<br />
piccola casa editrice.<br />
Come si svolgono i vostri corsi?<br />
C’è un corso che facciamo da<br />
9 anni, suddiviso, quest’anno,<br />
in 45 seminari settimanali di<br />
16 ore: si parte dalle basi, come<br />
l’allestimento dei preparati biodinamici<br />
e si arriva trattare<br />
singoli argomenti, come l’uso<br />
dell’omeopatia e degli animali<br />
in agricoltura.<br />
L’uso degli animali in agricoltura<br />
è centrale per creare la<br />
giusta sinergia tra regno animale<br />
e vegetale, ma la zoo-<br />
tecnia è in grossa crisi, le rese<br />
sempre minori e i costi sono<br />
sempre più alti: oggi la maggior<br />
parte delle aziende lavora<br />
senza animali. Nella biodinamica<br />
l’animale è l’anima <strong>della</strong><br />
fattoria, non a caso una volta<br />
l’azienda agricola misurava la<br />
sua ricchezza in base agli animali<br />
che possedeva, proprio<br />
perché fornivano nutrimento<br />
alla terra e la rendevano autonoma.<br />
Ora questo non si può<br />
più fare singolarmente ma ci si<br />
può organizzare in più aziende<br />
e collaborare. Non è detto che<br />
un’azienda abbia tutto ma lavorando<br />
insieme si può avere
Economy>><br />
Economia<br />
domenica 28 agosto 2011 7<br />
Negli ultimi dieci anni chiuso<br />
un terzo delle aziende fam<strong>il</strong>iari<br />
I<br />
piccoli contadini? Una<br />
razza in estinzione. I primi<br />
dati del sesto censimento<br />
Istat lo ha messo in cifre.<br />
Negli ultimi dieci anni hanno<br />
chiuso 43,7% delle aziende<br />
con meno di 2 ettari e <strong>il</strong> 50,6%<br />
di quelle inferiori a un ettaro.<br />
A sospendere le attività sono<br />
state innanzitutto quelle a gestione<br />
fam<strong>il</strong>iare, messe a dura<br />
prova dalla normativa agroalimentare,<br />
che impone costi diventati<br />
insostenib<strong>il</strong>i. Eppure, è<br />
stato appena ribadito anche a<br />
Krems, in Austria, al Forum per<br />
la sovranità alimentare, <strong>il</strong> controllo<br />
<strong>della</strong> comunità sul sistema<br />
alimentare passa attraverso<br />
<strong>il</strong> decentramento del sistema di<br />
distribuzione, accorciando la<br />
f<strong>il</strong>iera tra produttori e consumatori.<br />
Non solo, sono proprio le piccole<br />
aziende, quelle a conduzione<br />
fam<strong>il</strong>iare che garantiscono una<br />
maggior cura del territorio.<br />
Come salvare i proprietari di<br />
piccoli appezzamenti? Da anni<br />
in Liguria <strong>il</strong> <strong>Consorzio</strong> <strong>della</strong><br />
quarantina (www.consorzioquarantina.it,,<br />
vedi articolo a<br />
fianco) si batte per una normativa<br />
diversa, che distingua<br />
la grande industria agro-alimentare<br />
dall’attività del piccolo<br />
agricoltore: Massimo Angelini,<br />
storico <strong>della</strong> cultura rurale ne<br />
è <strong>il</strong> fondatore spiega perché è<br />
importante puntare sull’attività<br />
un organismo un po’ più grande,<br />
un po’ più completo…<br />
Chi partecipa ai vostri corsi?<br />
Dai produttori agricoli ai consumatori,<br />
<strong>il</strong> nostro è un corso<br />
unico in Italia e vengono da<br />
tutte le regioni. Costano 70 € a<br />
testa a week-end, più <strong>il</strong> posto<br />
letto. I corsi iniziano <strong>il</strong> venerdì<br />
sera alle 19 e durano fino alle<br />
23, poi sabato tutto <strong>il</strong> giorno<br />
e domenica mattina, questo è<br />
l’orario classico. Abbiamo dalle<br />
15 alle 30 persone a corso.<br />
Negli anni che cambiamenti<br />
hai visto?<br />
Io lavoro qui da 18 anni, dall’inizio<br />
dell’attività l’interesse è cresciuto<br />
molto soprattutto per<br />
l’agricoltura biodinamica più<br />
completa di quella biologica,<br />
ma anche molto più diffic<strong>il</strong>e<br />
perché bisogna pensarci sopra<br />
e usare <strong>il</strong> cervello, una cosa che<br />
non tutti hanno voglia di fare.<br />
La biodinamica ha un portato<br />
molto profondo che va ald<strong>il</strong>à<br />
<strong>della</strong> sola agricoltura, si potrebbe<br />
riassumere nella frase “tutti<br />
dipendiamo da tutto”, non si è<br />
in un compartimento stagno,<br />
Economia Come salvare un’intera fascia produttiva di proprietari che non posseggono<br />
grandi appezzamenti. Le proposte dello storico <strong>della</strong> cultura rurale Massimo Angelini<br />
Se non vengono difese scompariranno molte forme di agricoltura “minore”<br />
del legislatore<br />
Come nasce l’idea di una nuova<br />
proposta di legge?<br />
La prima partita da noi è del<br />
2000 ci siamo battuti perché <strong>il</strong><br />
contadino avesse la possib<strong>il</strong>ità<br />
di vendere le proprie semenze<br />
autoriprodotte, come deroga<br />
alla direttiva europea – la<br />
95/98 - che non solo vietava ai<br />
contadini la vendita del proprio<br />
l’agricoltura fa parte di un organismo.<br />
Già nel 1935 Steiner<br />
diceva che l’agricoltura, l’alimentazione<br />
e la medicina sono<br />
strettamente connesse e se non<br />
si fosse trovata una maniera<br />
perché queste tre discipline<br />
collaborassero sarebbe stato un<br />
disastro per l’essere umano e di<br />
fatto è così. I medici parlano di<br />
tutto tranne che d’alimentazione,<br />
così la scuola e l’agricoltura<br />
stessa tende sempre più a lavorare<br />
per compartimenti stagni.<br />
I vecchi contadini come si<br />
rapportano con te?<br />
è capitato che alcuni arrivassero<br />
sfottendo, per poi smettere<br />
di ridere e iniziare ad applicare<br />
quello che insegniamo. Agribio<br />
ha portato diverse centinaia di<br />
persone a fare agricoltura biodinamica.<br />
La razza contadina<br />
è giustamente in via d’estinzione,<br />
perché sono chiusissimi<br />
e non fanno nulla per evolversi.<br />
Difendono le loro posizioni<br />
e sono molto statici.” E se fosse<br />
la biodinamica l’evoluzione<br />
necessaria alla specie per salvarla?<br />
seme, ma addirittura lo scambio.<br />
Abbiamo fatto pressione,<br />
è nata la Rete dei semi rurali<br />
(www.semirurali.it), nel 2007 è<br />
passata la nostra proposta: ora<br />
i contadini possono in minime<br />
quantità vendere sementi delle<br />
proprie varietà tradizionali.<br />
Questo successo ci ha dato coraggio,<br />
a fine 2007 ho lanciato<br />
l’idea di una proposta di legge<br />
per distinguere l’agricoltura<br />
contadina da quella agroindustriale-industriale.<br />
Con la legge<br />
attuale tutti i contadini sono<br />
impresari agricoli, soggetti alle<br />
medesime normative sanitarie<br />
e fiscali. è un po’ come dire che<br />
<strong>il</strong> signor Dalla Valle è soggetto<br />
alle stesse regole e alle stesse<br />
pressioni di un ciabattino, è<br />
come mettere sullo stesso piano<br />
un’officina e la Fiat, questo<br />
in agricoltura succede. Queste<br />
leggi dal punto di vista sanitario<br />
e fiscale sono fatte per<br />
l’industria agro-alimentare,<br />
che può fac<strong>il</strong>mente sostenere<br />
quanto le si richiede, ma sono<br />
schiaccianti per un piccolo<br />
agricoltore. Senza contare che<br />
visto che nella realtà l’agroindustria<br />
erode la terra la fert<strong>il</strong>ità<br />
i piccoli contadini la rigenerano,<br />
l’agroindustria distrugge la<br />
biodiversità, i contadini la moltiplicano,<br />
l’agroindustria succhia<br />
le acque del terreno, i contadini<br />
proteggono le acque, le<br />
irregimentano. Chiediamo che<br />
i contadini siano distinti dagli<br />
industriali, che abbiano un regime<br />
che permetta loro non di<br />
avere pressioni che li costringo-<br />
C’erano una volta<br />
i piccoli contadini.<br />
Oggi sono in via<br />
d’estinzione.<br />
Ma c’è ancora<br />
speranza, se<br />
cambiano le norme<br />
no a chiudere.<br />
Quali pressioni intende?<br />
Pressioni fiscali e sanitarie: paradossalmente<br />
se io devo fare <strong>il</strong><br />
formaggio devo avere un laboratorio,<br />
se faccio anche <strong>il</strong> miele<br />
un altro laboratorio, se poi<br />
voglio fare erbe officinali un<br />
terzo e così via. Per ogni attività<br />
devo avere un laboratorio<br />
diverso, prima questo si faceva<br />
in cucina, in giorni diversi e in<br />
momenti diversi; non è possib<strong>il</strong>e<br />
che per fare 3 lavorazioni<br />
si debbano avere 3 laboratori e<br />
3 bagni. Un contadino non può<br />
farcela: significa costringerlo a<br />
chiudere.<br />
In molti leggono in questa<br />
igienizzazione estrema una<br />
garanzia di salubrità, lei cosa<br />
risponde?<br />
è ipocrisia: questo culto <strong>della</strong><br />
dea sanità, <strong>della</strong> dea salute, nasce<br />
con la rivoluzione francese<br />
è qualcosa che ci porta a desiderare<br />
un mondo sempre più<br />
ster<strong>il</strong>izzato. Le persone sono<br />
sempre più vulnerab<strong>il</strong>i perché<br />
non sono in grado di farsi gli<br />
anticorpi. Ricordo <strong>il</strong> libro del direttore<br />
di un USL, Giorgio Ferigo,<br />
“Il certificato come sevizia”<br />
( Forum Edizioni ), diceva che<br />
non si era mai registrato negli<br />
ultimi 40 anni un solo problema<br />
di salute per un formaggio o per<br />
un sugo, viceversa noi vediamo<br />
problemi come la mucca pazza<br />
legati all’agroindustria. Parlo<br />
d’ipocrisia, se si va in qualche<br />
modo a schiacciare chi mangia<br />
quello che fa e si favorisce<br />
l’agroindustria che fa prodotti<br />
che possono fare male.<br />
Con <strong>il</strong> cosiddetto “Pacchetto<br />
per l’agricoltura” del 2007,<br />
l’Unione Europea prevede che<br />
la responsab<strong>il</strong>ità di un prodotto<br />
alimentare sia solo di chi l’ha<br />
prodotto, indipendentemente<br />
da chi l’ha seguito in seguito.<br />
La responsab<strong>il</strong>ità del prodotto<br />
è del produttore invece che<br />
cosa si fa, nonostante la stessa<br />
direttiva preveda questo, si dice<br />
che io devo sottopormi all’HCC,<br />
<strong>il</strong> processo di autovalutazione<br />
dei rischi, ma io non lo posso<br />
fare da me perché ci vuole un<br />
certificatore. Il risultato è che i<br />
produttori fanno più carta che<br />
prodotti, devono pagare conti-<br />
nuamente tecnici<br />
e la gente chiude<br />
perché non ce la<br />
fa a pagare <strong>il</strong> veterinario,<br />
<strong>il</strong> tecnico.<br />
Basterebbe che <strong>il</strong><br />
cliente in quanto<br />
adulto fosse libero<br />
di scegliere in base<br />
a quello che io scri-<br />
vo.<br />
A che punto è l’iter <strong>della</strong> proposta?<br />
Questa proposta all’inizio ha<br />
avuto molta difficoltà ad essere<br />
formulata perché doveva incontrare<br />
<strong>il</strong> favore di molte associazioni,<br />
in Italia abbiamo più l’abitudine<br />
a coltivare le differenze<br />
piuttosto che le affinità. Ci<br />
sono voluti quasi due anni per<br />
accordarci: la proposta è stata<br />
presentata ad alcuni parlamentari<br />
ed è stata anche discussa in<br />
Commissione agricoltura, ma<br />
dato che i ministri dell’agricoltura<br />
sono poco interessanti per<br />
<strong>il</strong> governo cambiano con fac<strong>il</strong>ità.<br />
C’era Zaia, l’attuale governatore<br />
del Veneto, con <strong>il</strong> quale<br />
eravamo arrivati a buon punto,<br />
ma è saltato, dopo Galan poi un<br />
altro, non si fa in tempo ad avere<br />
un interlocutore che salta.<br />
Abbiamo raccolto migliaia di<br />
firme e fatto un’audizione nella<br />
commissione del Senato e <strong>della</strong><br />
Camera, chi doveva conoscere<br />
questa proposta l’ha conosciuta.<br />
Lo stesso Commissario<br />
all’agricoltura europea oggi sta<br />
parlando di un’agricoltura per<br />
contadini con norme separate,<br />
c’è una legge interessantissima<br />
<strong>della</strong> provincia di Bolzano che<br />
va in questa direzione e garantisce<br />
a tutti di poter fare le proprie<br />
produzioni n casa. Questa legge<br />
ha passato <strong>il</strong> vaglio dell’Europa<br />
ed è in atto. Abbiamo fatto notare<br />
a tanti che a Bolzano è già<br />
così”. Speriamo che ancora una<br />
volta l’esempio dell’Alto Adige<br />
ci avvicini all’Europa.
8<br />
domenica 28 agosto 2011<br />
>>Reportage>><br />
Quel gioiello dismesso<br />
<strong>della</strong> Sardegna mineraria<br />
Alessandro De Pascale<br />
Arrivare all’Argentiera è<br />
un tuffo nel passato. Un<br />
viaggio nei gloriosi trascorsi<br />
<strong>della</strong> Sardegna<br />
mineraria. In tutta la regione erano<br />
ben 22 i siti estrattivi, oggi tutti<br />
dismessi.<br />
L’Argentiera che si trova nel Nordovest<br />
dell’isola, a 43 ch<strong>il</strong>ometri<br />
da Sassari di cui è frazione, sullo<br />
scarsamente abitato altopiano<br />
<strong>della</strong> Nurra, è uno di questi. Si<br />
tratta di un piccolo v<strong>il</strong>laggio che<br />
prende <strong>il</strong> nome dai caratteristici<br />
promontori di pietra argentata<br />
che si lanciano nel mare. Le prime<br />
lavorazioni risalgono al tempo<br />
dei romani e dei pisani, tanto<br />
che <strong>il</strong> giacimento è uno dei più<br />
antichi dell’intera Sardegna. Il<br />
primo pozzo esplorativo, profondo<br />
80 metri, risale al 1865 e due<br />
anni dopo viene r<strong>il</strong>asciata la prima<br />
concessione.<br />
Da allora di pozzi ne sono stati<br />
creati quattro che scendono nelle<br />
viscere <strong>della</strong> terra fino a 365<br />
metri con diversi strati di gallerie<br />
che hanno bucato in lungo e<br />
in largo tutta l’area. Dalla miniera<br />
si estraeva soprattutto piombo<br />
e zinco argentifero. Quando la<br />
miniera era in attività, l’Argentiera<br />
contava un migliaio residenti<br />
provenienti da tutta Italia ma anche<br />
dal Belgio e dalla Francia. Vivevano<br />
in case basse a livello <strong>della</strong><br />
strada, tutte molto sim<strong>il</strong>i, destinate<br />
alle famiglie. Oppure nell’albergo<br />
dei minatori scapoli. Tutte<br />
strutture realizzate dalla società<br />
che gestiva <strong>il</strong> giacimento.<br />
C’erano scuole, un ospedale, <strong>il</strong><br />
dopolavoro, un cinema teatro, la<br />
piscina, un piccolo spaccio con<br />
tutti i generi di prima<br />
necessità e i vestiti, oltre<br />
a una chiesa dedicata<br />
a Santa Barbara<br />
protettrice dei minatori.<br />
Le condizioni di lavoro<br />
erano massacranti:<br />
turni di 16 ore al giorno,<br />
in cambio di pochi<br />
denari e un unico pasto<br />
al giorno, moneta<br />
di scambio introdotta<br />
da Vittorio Emanuele<br />
III°. Gli scioperi erano<br />
frequenti, come del<br />
resto i minatori che si<br />
ammalavano di s<strong>il</strong>icosi<br />
per la polvere e le<br />
scarse condizioni igieniche.<br />
Poi, dopo un secolo<br />
di sfruttamento le<br />
miniere sarde entrano in crisi.<br />
La generosità <strong>della</strong> natura non è<br />
più quella di prima. Per prendere<br />
piombo e zinco bisogna scavare<br />
sempre più in profondità,<br />
aumentano quindi sia i costi di<br />
gestione che quelli del lavoro. I<br />
prezzi e la borsa di Londra crollano<br />
e così estrarre non è più conveniente.<br />
La miniera dell’Argentiera<br />
chiude definitivamente nel<br />
1963. Come tutte le altre sarde.<br />
L’ultima a dismettere è l’Eni che<br />
nel 1997 smette di estrarre carbone<br />
sull’isola. L’eredità lasciata<br />
è pesantissima. Decine di migliaia<br />
di minatori senza lavoro, territori<br />
devastati e inquinati, infrastrutture<br />
abbandonate.<br />
Soltanto all’Argentiera oggi restano<br />
96 edifici, alcuni dei quali risalgono<br />
all’Ottocento, e circa 40<br />
abitanti irriducib<strong>il</strong>i rimasti a vivere<br />
qui anche nel periodo invernale.<br />
Il paesaggio è bellissimo.<br />
Una delle tre spiagge dell’Argentiera. In alto, la miniera, aperta nel 1867<br />
I turni<br />
di lavoro erano<br />
massacranti:<br />
anche sedici ore<br />
al giorno<br />
in cambio di<br />
paghe misere<br />
e un unico pasto<br />
al giorno<br />
Tre spiagge ciottolate,<br />
colore giallo<br />
paglierino. Falesie,<br />
costa rocciosa<br />
con affioramenti<br />
paleozoici e giacimenti<br />
metalliferi.<br />
Sentieri naturalistici<br />
con vegetazione<br />
spontanea<br />
costituita da macchiamediterranea.<br />
L’archeologia mineraria del<br />
vecchio sito estrattivo.<br />
Se ne devono essere accorte anche<br />
le istituzioni, visto che l’area<br />
è diventata un Parco Geominerario,<br />
<strong>il</strong> primo al mondo di questo<br />
tipo ad ottenere nel 1997 <strong>il</strong> riconoscimento<br />
dell’Unesco. Peccato<br />
che cinquant’anni di degrado<br />
e abbandono, la carenza di fondi<br />
e l’assenza di una cabina di regia<br />
ha fatto trascorrere <strong>il</strong> tempo e si è<br />
fatto poco o nulla.<br />
Nel marzo 2008 sono stati appaltati<br />
i lavori per <strong>il</strong> restauro <strong>della</strong><br />
miniera con l’obiettivo di farne<br />
un museo: spesa prevista 2,1<br />
m<strong>il</strong>ioni di euro, in parte stanziati<br />
dall’Ue, soltanto per recuperare<br />
gli edifici principali. Ma dalla<br />
stessa Regione ammettono che<br />
alla fine diventerà «un museo di<br />
sé stesso», perché in questi decenni<br />
hanno rubato tutto quello<br />
che si poteva rubare. Per San-<br />
dro Mezzolani, esperto di archeologia<br />
mineraria, è possib<strong>il</strong>e riconvertire<br />
<strong>il</strong> settore minerario a<br />
fini turistico-culturali. «La società<br />
regionale Promegisa - ricorda<br />
- ha fatto un calcolo economico,<br />
un calcolo che tra l’altro è anche<br />
abbastanza interessante, che dimostra<br />
che tutte queste testimonianze,<br />
se sapientemente gestite,<br />
possono fornire reddito».<br />
L’appalto per realizzare <strong>il</strong> museo<br />
<strong>della</strong> miniera è stato vinto da<br />
un’impresa locale, la Pau Franceschino<br />
& C. snc, con un ribasso<br />
di quasi 400m<strong>il</strong>a euro. I lavori dovevano<br />
terminare in 18 mesi, visto<br />
che la consegna era prevista<br />
per lo scorso luglio. Ma sono ancora<br />
in alto mare. Per non parlare<br />
del fatto che <strong>il</strong> progetto definitivo<br />
non è vincolante. In pratica<br />
<strong>il</strong> soggetto concorrente può «ampliarli<br />
e integrarli».<br />
C’è poi <strong>il</strong> nuovo Piano urbanistico<br />
comunale di Sassari che fac<strong>il</strong>ita<br />
le modifiche di destinazione<br />
d’uso. Tanto che tuttora alcuni<br />
abitanti temono la trasformazione<br />
del borgo in un residente di<br />
lusso. Già negli anni Settanta una<br />
società immob<strong>il</strong>iare, L’Argentiera<br />
spa, voleva abbattere <strong>il</strong> borgo minerario,<br />
deportare gli abitanti e<br />
costruire un v<strong>il</strong>laggio turistico da<br />
2,4 m<strong>il</strong>ioni di metri cubi. Interviene<br />
la magistratura e l’ammini-<br />
La storia<br />
è stato un<br />
microcosmo<br />
per operai che vi<br />
passavano una vita<br />
di fatiche e stenti.<br />
Oggi potrebbe<br />
tornare a essere<br />
una risorsa. Viaggio<br />
in un museo<br />
a cielo aperto<br />
stratore unico dell’azienda viene<br />
arrestato e condannato a pagare<br />
per abusi ed<strong>il</strong>izi e alterazione di<br />
bellezze naturali, visto che aveva<br />
iniziato a cantierizzare senza<br />
licenza. Nel 2003 la Regione ha<br />
però individuato l’Argentiera come<br />
area compromessa dal punto<br />
di vista ambientale da caratterizzare,<br />
come la zona industriale di<br />
Porto Torres.<br />
Il crono programma imponeva<br />
indagini sul livello di inquinamento,<br />
bonifiche e solo dopo le<br />
opere. Peccato che la caratterizzazione<br />
sia stata fatta solo parzialmente.<br />
Ad esempio sui terreni<br />
dove stanno realizzando un<br />
depuratore da quasi un m<strong>il</strong>ione<br />
di euro. Un particolare che sommato<br />
all’opposizione agli espropri<br />
da parte dei proprietari dei<br />
terreni dove dovevano passare le<br />
condotte fognarie, ha rallentato<br />
di anni i lavori.<br />
Il risultato è che all’Argentiera si<br />
usa tuttora un grande pozzo nero<br />
che <strong>il</strong> Comune di Sassari dovrebbe<br />
svuotare quattro volte la<br />
settimana in inverno, ogni giorno<br />
in estate. Un palliativo in attesa<br />
del depuratore con costi presumib<strong>il</strong>mente<br />
altissimi. Inut<strong>il</strong>e dire<br />
che ad agosto, quando <strong>il</strong> v<strong>il</strong>laggio<br />
è abitato da oltre 300 persone<br />
senza spurgo le fogne vanno<br />
in t<strong>il</strong>t e finiscono direttamente<br />
a mare. Nemmeno ad agosto c’è<br />
una guardia medica e l’acqua potab<strong>il</strong>e<br />
scarseggia, tanto che ogni<br />
abitazione è dotata di un serbatoio<br />
per raccoglierla. Insomma, è<br />
un vero e proprio disastro. Anche<br />
se la bellezza del posto compensa<br />
tutte le storture.<br />
Un luogo di suggestiva bellezza<br />
da conservare e preservare.
Speciale Afghanistan<br />
Alle radici del conflitto successoocciden- Protagonisti nascosti<br />
Dietro la guerra<br />
e <strong>il</strong> papavero <strong>il</strong><br />
nodo <strong>della</strong> terra<br />
Emanuele Giordana<br />
N<br />
el giugno dell’anno scorso<br />
Viktor Ivanov, a capo<br />
del Servizio narcotici<br />
<strong>della</strong> Federazione russa,<br />
spiegò in un forum internazio-<br />
nale sul narcotraffico<br />
che Mosca intendeva<br />
sostenere la creazione<br />
di un archivio <strong>della</strong><br />
proprietà terriera in<br />
Afghanistan. In altre<br />
parole la costruzione<br />
di un catasto. Che<br />
non esiste o esiste<br />
solo in forma ridotta.<br />
Ivanov diceva dunque quel sarebbe<br />
stato opportuno spiegare<br />
diversi anni fa: come si può<br />
mettere mano al problema <strong>della</strong><br />
produzione di oppio se non si<br />
conosce chi possiede e proteg-<br />
In Afghanistan<br />
si è sempre<br />
combattutto<br />
per la sua<br />
proprietà ma<br />
nessuno sa chi<br />
la possiede<br />
Nella storia dell’in-<br />
tale in Afghanistan,<br />
alla cui origine sta<br />
forse <strong>il</strong> concetto di<br />
“esportazione <strong>della</strong><br />
democrazia”, ci sono<br />
diversi elementi già<br />
abbondantemente<br />
analizzati. Ma in<br />
questo Focus sul Paese<br />
dell’Hindukush si<br />
fa caso a due aspetti<br />
particolarmente<br />
importanti quanto<br />
ignorati o sottostimati.<br />
Il contributo di<br />
Giuliano Battiston,<br />
indaga <strong>il</strong> ruolo <strong>della</strong><br />
società civ<strong>il</strong>e o meglio<br />
la percezione<br />
che ne abbiamo noi<br />
e che ne hanno gli<br />
afgani. Emanuele<br />
Giordana affronta<br />
invece <strong>il</strong> nodo <strong>della</strong><br />
terra e <strong>il</strong> suo legame<br />
La società<br />
civ<strong>il</strong>e afgana<br />
si racconta<br />
Giuliano Battiston<br />
hanno sostenuto soprattutto<br />
ge i campi coltivati a papavero?<br />
Apparentemente una banalità<br />
ma così a lungo ignorata che <strong>il</strong><br />
catasto afgano è ancora quello<br />
– monco – cui mise mano con<br />
Negli ultimi decenni si<br />
è assistito a un vero e<br />
proprio “revival globale”<br />
dei dibattiti accademici<br />
le organizzazioni formalmente<br />
istituite, le Ong in primo luogo,<br />
perché percepite come politicamente<br />
neutre prima ancora che<br />
indipendenti, strutturalmente<br />
un riforma, una quarantina<br />
sulla società civ<strong>il</strong>e, oltre che al flessib<strong>il</strong>i, più efficaci nel raggiun-<br />
d’anni fa, re Zaher<br />
Shah. L’ultimo monarca<br />
afgano.<br />
In Afghanistan infatti,<br />
oltre ai “ignori <strong>della</strong><br />
guerra” ci sono anche<br />
dei “signori <strong>della</strong><br />
terra”, proprietari<br />
terrieri che spesso<br />
tentativo di circoscrivere<br />
teoricamente<br />
la ‘società civ<strong>il</strong>e globale’.<br />
Anche nell’ambito<br />
delle politiche<br />
legate allo sv<strong>il</strong>uppo<br />
internazionale e al<br />
peacebu<strong>il</strong>ding è stata<br />
accordata grande ri-<br />
Una ricerca<br />
sul campo per<br />
capire <strong>il</strong> ruolo<br />
che potrebbe<br />
giocare<br />
nel futuro del<br />
Paese asiatico<br />
gere i beneficiari dei<br />
loro progetti. In altri<br />
termini, si è preferito<br />
dare supporto ad<br />
organizzazioni di recente<br />
o nuovo conio,<br />
composte da individui<br />
appartenenti soprattutto<br />
alla classe<br />
sono anche “signori<br />
levanza alle iniziative<br />
media e urbana, con<br />
<strong>della</strong> guerra”. Oppure ci sono dei<br />
volte a “costruire e rafforzare la un mandato fortemente definito,<br />
signori <strong>della</strong> guerra a vario titolo<br />
società civ<strong>il</strong>e”. Nel caso dell’Af- spesso con scarsa rappresentati-<br />
(commander più o meno imporghanistan,<br />
tali politiche si sono vità del corpo sociale e in alcuni<br />
tanti) che, col tempo, sono diventati<br />
signori anche <strong>della</strong> terra. col conflitto<br />
però basate su “una concezione<br />
piuttosto ristretta <strong>della</strong> società<br />
casi legate all’establishment politico<br />
o ai leader locali.<br />
Segue a pagina II civ<strong>il</strong>e”. I paesi donatori, infatti,<br />
Segue a pagina IV<br />
© TOMAS MuNITA/Ap LApreSSe
II<br />
domenica 28 agosto 2011<br />
Dietro <strong>il</strong> conflitto<br />
<strong>il</strong> nodo di una<br />
faida infinita<br />
Gli afgani sono un popolo di pastori e agricoltori ma non di possidenti terrieri.<br />
Solo <strong>il</strong> 2% tra loro ha in mano i terreni irrigui e coltivab<strong>il</strong>i e solo un pugno di “signori<br />
<strong>della</strong> terra” vanta diritti sul quell’ambìto 20% di territorio coltivab<strong>il</strong>e e redditizio<br />
Giordana da pagina II ruolo di agricoltori bisognosi Una realtà poco indagata ep-<br />
che, <strong>il</strong> più delle volte, sono solo pure fondamentale, come ar-<br />
Il rapporto tra terra e guerra, mezzadri, braccianti e landless. gomenta la studiosa Liz Alden<br />
proprietà fondiaria e conflitto, E’ ai loro “padroni” che bisogne- W<strong>il</strong>ey:“...disconoscendo la cen-<br />
potere (m<strong>il</strong>itare) sul territorio e rebbe guardare. E dunque al catralità dei diritti sulla terra come<br />
relazioni sociali, costituiscono altasto - se ci fosse - che certifica centrali in un processo di pace e<br />
cuni degli aspetti meno indagati proprietà e gestione <strong>della</strong> terra di ricostruzione....l’aiuto interna-<br />
<strong>della</strong> storia recente del Paese: lacuna<br />
che finisce per far ignorare,<br />
e/o considerare come seconda-<br />
Proprietari e contadini<br />
senza terra<br />
zionaleha rinforzato la perczione<br />
che <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> rpoprietà<br />
<strong>della</strong> terra è troppo complesso e<br />
rio, <strong>il</strong> problema del possesso <strong>della</strong><br />
sensib<strong>il</strong>e per prenderlo in mano<br />
terra, delle relazioni economiche Il 78% degli afgani vive in aree ora... (dopo <strong>il</strong> 2001 ndr)”. Le cose<br />
tra possidenti, affittuari o conta- rurali (di questi <strong>il</strong> 20% è noma- non sembrano molto cambiate<br />
dini poveri e la catena di relaziode). Otto afgani su dieci insom- col procedere del nuovo assetto<br />
ni sociali connesse (non ultimo <strong>il</strong> ma sono agricoltori o pastori. istituzionale.<br />
ruolo delle donne nei matrimoni<br />
combinati e <strong>il</strong> loro valore come<br />
La maggior parte tra loro sono<br />
landless, coltivano la terra in Ginepraio legislativo<br />
merce di scambio nel mondo ru- regime di mezzadria o sono picrale).<br />
Elementi che in un Paese coli o piccolissimi proprietari. Attualmente la riorganizzazione<br />
eminentemente agricolo conta- Solo <strong>il</strong> 2,2 % degli afgani detie- del settore è affidato alla nuono<br />
in maniera preponderante: la ne <strong>il</strong> 19% del totale <strong>della</strong> terra va Afghanistan Land Authority<br />
proprietà <strong>della</strong> terra e <strong>il</strong> suo con- (652m<strong>il</strong>a kmq), che per <strong>il</strong> 40% è (Ala) che ha diverse gatte da petrollo,<br />
sembrano invece fattori composto da aree incolte e inulare. Il vecchio catasto agrario<br />
tanto importanti quanto sotto t<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i e per <strong>il</strong> 45% è pascolo coprirebbe infatti <strong>il</strong> 30% del terri-<br />
stimati e studiati, salvo rarissi- (per <strong>il</strong> quale i diritti sono regotorio ma non è l’unico problema:<br />
me eccezioni. Eppure proprio <strong>il</strong> lati da una legislazione assai più <strong>il</strong> nodo <strong>della</strong> terra è complicato<br />
“nuovo ordine” economico e so- chiara rispetto a quella vigente dalla legislazione esistente che<br />
ciale, importato in Afghanistan per i terreni irrigui). La proprie- si divide tra diverse regolamen-<br />
con la cacciata dei talebani nel<br />
2001, ha innestato o favorito liberalizzazioni<br />
e alienazioni di<br />
beni pubblici, ut<strong>il</strong>izzo del suolo<br />
(un aspetto strettamente connesso<br />
alla produzione di oppio<br />
e al narcotraffico), speculazione<br />
ed<strong>il</strong>izia e occupazione di terreni<br />
demaniali in assenza quasi tota-<br />
Il 78% degli afgani vive<br />
in aree rurali. La maggior<br />
parte tra loro non coltiva<br />
terra propria: un esercito<br />
di landless, mezzadri<br />
e braccianti che lavorano<br />
campi altrui<br />
tazioni spesso in contraddizione<br />
tra loro: la legge consuetudinaria<br />
(rawaj), che opera attraverso codici<br />
tribali, come <strong>il</strong> pashtunwali<br />
per le tribù pashtun; la legge civ<strong>il</strong>e<br />
(qanoon madani) del 1970 che<br />
include un migliaio di direttive;<br />
la sharia, spesso applicata anche<br />
alle diatribe di proprietà se<br />
le di regole e di archivi di riferi-<br />
<strong>il</strong> codice civ<strong>il</strong>e non copre <strong>il</strong> caso;<br />
mento e in un quadro di scarsa tà privata dunque, inevitab<strong>il</strong>- infine, le leggi statali (nazionali),<br />
attenzione al problema <strong>della</strong> mente, finisce per insistere sulle spesso in contraddizione con gli<br />
legislazione in materia di dirit- poche zone irrigue e pianeg- altri codici, e la nuova Costituzioti<br />
di proprietà. Temi che hanno gianti, un risicato 12-15%, che ne che fissa i diritti fondamentali<br />
ottenuto scarsa considerazione costituiva però una delle aree di proprietà.<br />
nel processo di state-bu<strong>il</strong>ding più redditizie dell’economia pri- A complicare <strong>il</strong> quadro c’è una<br />
(o rebu<strong>il</strong>ding) da parte <strong>della</strong> comaria dell’Afghanistan. Si stima materia da amministrare davvemunità<br />
internazionale e dello che in Afghanistan vi siano cirro complessa: terre del demanio<br />
stesso governo afgano. Quanto ca 1,2 m<strong>il</strong>ioni di aziende agrico- (amlaki dawlati); terre pubbli-<br />
all’oppio in sé, <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> le con una media di 5 ettari di che (maraa), controllate ma non<br />
sua produzione ci sembra solo terra arab<strong>il</strong>e: ma <strong>il</strong> 73% dei con- possedute dallo stato e spesso<br />
in parte risolvib<strong>il</strong>e con strategie tadini possiede meno di 5 ettari oggetto di vendita a privati; ter-<br />
di eradicazione, sostituzione o mentre <strong>il</strong> 5,4% fra loro possiede re private (amlaki shakhsi), terre<br />
monopolio di Stato delle colti- appezzamenti superiori ai 20 comunitarie (mushtarak), ossia<br />
vazioni, che sono i temi su cui si ettari e controlla <strong>il</strong> 30% delle di tutti ma in pratica controllate<br />
incentra <strong>il</strong> dibattito: affrontato terre irrigue e <strong>il</strong> 46% dei terreni dai khan, i dignitari tribali; terre<br />
in sostanza come un problema che sfruttano le precipitazioni: delle fondazioni religiose (waqf),<br />
di contadini poveri che, per sfa- solo l’11% dei terreni irrigui e <strong>il</strong> in gran parte ormai sotto conmarsi,<br />
preferiscono l’oppio alle 3% di quelli che ut<strong>il</strong>izzano actrollo statale.<br />
patate. In gran parte ci sembra que pluviali (sul totale del 15% Il vuoto di potere, <strong>il</strong> prolungarsi<br />
invece che si tratti di un nodo coltivab<strong>il</strong>e), scrive <strong>il</strong> ricercatore del conflitto, l’enorme massa di<br />
che ha a che vedere più con <strong>il</strong> scrive Hector Maletta, è messo sfollati interni e di profughi ver-<br />
possesso <strong>della</strong> terra che co di a coltura da coltivatori diretti. so Pakistan e Iran (che lascian-<br />
do case e terreni ne hanno perso<br />
di fatto <strong>il</strong> possesso) e le varie<br />
legislazioni (consuetudinaria,<br />
civ<strong>il</strong>e, religiosa) hanno finito per<br />
favorire le appropriazioni indebite<br />
da parte dei “signori <strong>della</strong><br />
guerra”, che fossero già o meno<br />
“signori <strong>della</strong> terra”. L’appropriazione<br />
– storia recentissima<br />
persino nella capitale su terreni<br />
demaniali - dipendeva (e ancora<br />
dipende) dall’uso o dalla minaccia<br />
<strong>della</strong> forza, in una situazione<br />
caratterizzata dall’enorme frag<strong>il</strong>ità<br />
delle già debolissime classi<br />
contadine, in molti casi e per<br />
anni profughe all’estero, dall’incertezza<br />
sui diritti di proprietà e<br />
sullo sfruttamento delle acque,<br />
dal collasso di infrastrutture e<br />
canalizzazioni, dall’indebitamento<br />
cronico, dall’impossib<strong>il</strong>ità<br />
di ottenere <strong>il</strong> riconoscimento<br />
dei propri diritti dopo le confische<br />
a opera di comandanti m<strong>il</strong>itari,<br />
dalla debolezza dello Stato<br />
e del sistema giudiziario. Un<br />
quadro sovrastato dall’assenza<br />
Non esiste un vero<br />
e proprio catasto rurale.<br />
Quello abbozzato<br />
dall’ultimo re copre solo<br />
<strong>il</strong> 30% <strong>della</strong> superficie<br />
di un Paese grande<br />
due volte l’Italia<br />
di una minima base archivistica<br />
(catasto dei terreni, registro dei<br />
beni immob<strong>il</strong>i etc).<br />
Riforma e ribellione<br />
La questione del rapporto tra<br />
terra e conflitto viene da lontano.<br />
Prestando attenzione ai soli<br />
avvenimenti del XX secolo, è la<br />
riforma agraria di Muhammad<br />
Daud, presidente <strong>della</strong> neonata<br />
repubblica afgana (1973-78), <strong>il</strong><br />
primo tentativo serio di regolare<br />
<strong>il</strong> problema <strong>della</strong> land tenure: in<br />
sostanza la riforma consisteva<br />
nella definizione di un tetto alla<br />
proprietà terriera oltre <strong>il</strong> quale si<br />
procedeva alla confisca. Un nodo<br />
che nemmeno grandi riformatori<br />
monarchici come Amanullah<br />
Khan (che aveva proclamato nel<br />
1919 l’indipendenza dell’Afgha-<br />
>>Speciale<br />
nistan e promulgato la prima<br />
Costituzione) avevano toccato<br />
e che costituiva del resto per la<br />
monarchia afgana la base di una<br />
pace sociale garantita dalla sostanziale<br />
intangib<strong>il</strong>ità dei diritti<br />
dei landolord. Fallita con Daud, la<br />
riforma venne ripresa dai governi<br />
f<strong>il</strong>osovietici insediatisi già prima<br />
dell’invasione dell’Armata rossa<br />
nel 1979.<br />
Quella di Nur Muhammad Taraki<br />
(poi proseguita da Hafizullah<br />
Amin, l’uomo che “chiederà”<br />
l’intervento sovietico) fu imposta<br />
con la forza e senza fissare<br />
una ricompensa agli espropriati,<br />
mentre <strong>il</strong> governo decideva la<br />
cancellazione retroattiva fino a<br />
cinque anni dell’indebitamento<br />
dei mezzadri. Ma nelle campagne<br />
la riforma, che già ai tempi<br />
di Daud era stata fortemente<br />
osteggiata, trovava fortemente<br />
contrari proprietari e mullah<br />
già oppositori <strong>della</strong> ventata di<br />
modernismo che, iniziata con la<br />
repubblica, era stata portata alle<br />
estreme conseguenze dai governi<br />
comunisti: la riforma riduceva<br />
<strong>il</strong> loro potere e quello delle<br />
fondazioni islamiche e metteva
Afghanistan>><br />
inoltre in discussione le regole<br />
consuetudinarie su cui si basava<br />
da secoli la forza dei kahn, i capi<br />
tribali custodi <strong>della</strong> tradizione.<br />
Alla base c’era dunque, oltre<br />
all’aspetto ideologico anti comunista<br />
e alla condanna di tutta<br />
una serie di innovazioni di carattere<br />
socioculturale (dalle politiche<br />
di genere alla diffusione dei<br />
programmi di educazione, tutte<br />
forme che sottraevano a khan e<br />
mullah, almeno in parte, <strong>il</strong> controllo<br />
sociale), un problema di<br />
controllo e proprietà <strong>della</strong> terra.<br />
Com’è noto, la reazione soprattutto<br />
nelle campagne (<strong>il</strong> luogo<br />
dello scontro sul controllo territoriale),<br />
fu uno dei motivi – su<br />
cui per altro <strong>il</strong> dibattito degli storici<br />
è ancora molto vivace – che<br />
portarono Mosca a decidere la<br />
svolta interventista. “La ribellione,<br />
accompagnata da quella<br />
dovuta alla radicale riforma nel<br />
settore educativo – scrive la W<strong>il</strong>ey<br />
– portò all’occupazione sovietica”.<br />
Parafrasando la studiosa, si<br />
potrebbe dire che, indubbiamente,<br />
la riforma e la conseguente<br />
ribellione furono effettivamente<br />
uno dei motivi chiave che poi fe-<br />
Non si può ridurre<br />
<strong>il</strong> nodo dell’oppio<br />
e <strong>della</strong> sua produzione a<br />
un problema di contadini<br />
poveri. Eradicare<br />
o sostituire le coltivazioni<br />
serve a poco<br />
cero decidere a Mosca l’intervento.<br />
Uno dei motivi. E forse non<br />
<strong>il</strong> principale (è nota la teoria sul<br />
timore che gli americani stessero<br />
accerchiando l’Urss da Sud con<br />
un programma – di cui non c’era<br />
alcuna prova – che li voleva creatori<br />
di una sorta di scudo miss<strong>il</strong>istico<br />
in Afghanistan). Certo però<br />
la terra, non meno dell’avversione<br />
all’ideologia laica e progressisti<br />
dei nuovi governi modernisti,<br />
giocò un ruolo fondamentale.<br />
La ribellione alla riforma, fortemente<br />
osteggiata dalle leadership<br />
religiose e tribali che<br />
guidavano la rivolta, finì per<br />
trovare l’appoggio persino per<br />
degli strati più poveri <strong>della</strong> popolazione<br />
che in realtà dalla riforma<br />
agraria avrebbero avuto<br />
tutto da guadagnare. Fu l’insieme<br />
di diversi elementi a gio-<br />
care a favore delle ragioni dei<br />
proprietari. La studiosa italiana<br />
Elisa Giunchi lo spiega così: “Si<br />
andavano a toccare i tre p<strong>il</strong>astri<br />
<strong>della</strong> società, zar, zan e zamin”<br />
(donne, oro, terra). E si andava<br />
a turbare un equ<strong>il</strong>ibrio consolidato,<br />
ignorando “...i rapporti di<br />
reciprocità che univano le varie<br />
componenti del mondo rurale: <strong>il</strong><br />
proprietario terriero era, spesso,<br />
anche <strong>il</strong> capo tribù...non vi erano<br />
due classi sociali separate e<br />
contrapposte, proprietari e contadini,<br />
ma gruppi uniti da legami<br />
di solidarietà clanico-tribale o<br />
clientelare”. Giocò anche l’ost<strong>il</strong>ità<br />
a “qualsiasi tipo di interferenza<br />
esterna” (un tema che ricorre<br />
ciclicamente e ancora oggi è <strong>il</strong><br />
perno <strong>della</strong> propaganda talebana<br />
ndr) mentre si ignorava l’esistenza<br />
di “terreni comunitari<br />
registrati sotto <strong>il</strong> nome dei khan,<br />
l’inadeguatezza dei documenti<br />
scritti e <strong>il</strong> nomadismo. La conseguenza<br />
fu – conclude Giunchi<br />
- che <strong>il</strong> mondo contadino, invece<br />
di approfittare di queste riforme,<br />
insorse in difesa dei suoi oppressori.”<br />
Oppressi e oppressori finirono<br />
così per andare d’accordo<br />
La domanda da porsi è:<br />
chi possiede la terra dove<br />
fiorisce <strong>il</strong> papavero?<br />
Appartiene ai “signori<br />
<strong>della</strong> terra” che<br />
spesso sono anche<br />
“signori <strong>della</strong> guerra”<br />
in nome di una tradizione m<strong>il</strong>lenaria<br />
che era stata minata nel<br />
giro di pochi anni.<br />
è anche su questo sentimento<br />
che giocherà poi la nascita del<br />
movimento di mujaheddin che,<br />
oltre che al Corano, si ispirerà<br />
alla tradizione locale, diventando<br />
<strong>il</strong> baluardo <strong>della</strong> difesa di antichi<br />
principi consuetudinari e<br />
identitari.<br />
Conlusioni<br />
Per tornare all’oppio, con cui abbiamo<br />
iniziato, <strong>il</strong> problema <strong>della</strong><br />
sua produzione non può dunque<br />
essere trattato solo come<br />
un’emergenza criminale o una<br />
questione “agricola” di sostituzione<br />
delle coltivazioni, come se<br />
non fosse la proprietà ad orientare<br />
<strong>il</strong> sistema delle colture. Il che<br />
domenica 28 agosto 2011 III<br />
sembrerebbe una tesi assai più<br />
logica <strong>della</strong> teoria che va per la<br />
maggiore, secondo cui si tratta<br />
semplicemente di una scelta dei<br />
contadini sulla base dell’andamento<br />
del mercato.<br />
Tutti gli elementi fin qui menzionati<br />
appaiono far parte dunque<br />
di una stessa f<strong>il</strong>iera: di una catena<br />
che ricongiunge i suoi anelli<br />
attraverso gli anni del conflitto<br />
e <strong>della</strong> pace “armata” che ancora<br />
comanda nelle campagne le<br />
relazioni economiche. Non di<br />
meno, e come evidentemente<br />
racconta una letteratura scarna<br />
e che appare quasi occasionale,<br />
né la comunità internazionale<br />
né <strong>il</strong> governo afgano sembrano<br />
aver preso in seria considerazione<br />
un problema che appare<br />
come un’emergenza (la riforma<br />
agraria, le controversie sulla proprietà,<br />
l’archivio delle proprietà)<br />
che si trascina da sei lustri e che<br />
è stata – e probab<strong>il</strong>mente continua<br />
ad essere – una delle tensioni<br />
latenti del conflitto. E che, se<br />
è vero che la maggior parte dei<br />
dissidi tra comunità dipende dai<br />
contenziosi sulla terra, continua<br />
probab<strong>il</strong>mente ad alimentarlo.<br />
© AbdUL KhALEq/AP LAPrESSE
IV<br />
domenica 28 agosto 2011<br />
La società civ<strong>il</strong>e<br />
afgana e <strong>il</strong> suo<br />
lungo cammino<br />
Una ricerca sul campo frutto di tre mesi di lavoro racconta in un lungo dossier come<br />
noi la consideriamo e come gli afgani si percepiscono. Decine di interviste assemblate<br />
a un’attenta analisi tentano di descrivere una realtà ancora sotto stimata o ignorata<br />
Battiston da pagina IV dell’ AIHRC: “In molti casi, <strong>il</strong> fatto sono le organizzazioni di donne,<br />
che le organizzazioni <strong>della</strong> so- che si sono mob<strong>il</strong>itate contro l’ap-<br />
“Il termine società civ<strong>il</strong>e – spiecietà civ<strong>il</strong>e siano dipendenti dai provazione <strong>della</strong> legge di famiglia<br />
ga Mirwais Wardak del CPAU di donor e dalle organizzazioni non sciita, contro le ambiguità del<br />
Kabul - è appropriato per descri- governative internazionali impli- processo di riconc<strong>il</strong>iazione e revere<br />
le organizzazioni che opeca che seguano le agende dei loro clamando la salvaguardia dei dirano<br />
in Afghanistan. L’errore sta finanziatori. Ciò indebolisce lo ritti delle donne. Sono gruppi che<br />
piuttosto nel credere - come è status delle organizzazioni del- possiedono <strong>il</strong> potenziale neces-<br />
stato fatto finora - che la sociela società civ<strong>il</strong>e e fa perdere loro sario per produrre cambiamenti<br />
tà civ<strong>il</strong>e sia rappresentata solo sovranità e indipendenza”. Il suo significativi”<br />
dalle Ong, perché vorrebbe dire collega Nader Nadery spiega che: La preferenza accordata alle as-<br />
attribuirgli un ruolo eccessivo. Il “Le organizzazioni di tipo formasociazioni che sottoscrivono la<br />
fenomeno delle Ong è nato negli le, come quelle di aiuto umanita- strategia dei paesi donatori è <strong>il</strong><br />
anni Ottanta e Novanta, e in quel rio con uno statuto definito, sono risultato di alcune caratteristiche<br />
periodo <strong>il</strong> loro compito era for- un fenomeno piuttosto recente, generali. Quella che è stata definire<br />
servizi di base. Ancora oggi inaugurato negli anni Ottanta nita “l’interpretazione burocra-<br />
molte Ong continuano a limitarsi del secolo scorso, ed hanno avuto tica” <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e, infatti,<br />
a questo, affidandosi a finanzia- una forte espansione soprattutto non riguarda solo l’Afghanistan,<br />
menti esterni, realizzando pro- a partire dal 2001-2. Si tratta di ed è piuttosto un fenomeno cagetti<br />
decisi altrove e dimentican- associazioni molto strutturate, ratteristico del connubio stab<strong>il</strong>ido<br />
l’aspetto dell’advocacy sui temi che forniscono servizi di diversa to a partire dagli anni Novanta,<br />
socialmente r<strong>il</strong>evanti. Oltre alle natura, e tendenzialmente non nelle politiche allo sv<strong>il</strong>uppo, tra<br />
Ong esistono molti altri gruppi”. sono gruppi di base, né sono l’agenda <strong>della</strong> good governance<br />
“Con tutti i m<strong>il</strong>ioni di dollari che molto attivi nella mob<strong>il</strong>itazione e la progressiva ri-affermazione<br />
arrivano in Afghanistan, con un su questioni di r<strong>il</strong>evanza sociale. del discorso sulla società civ<strong>il</strong>e:<br />
governo debole, con un settore Per essere più precisi, potremmo sulla spinta dell’ideologia neoli-<br />
privato che non capisce davvero dividere questa categoria in due berista, si è cercato di liberare <strong>il</strong><br />
cosa significhi sv<strong>il</strong>uppo e che la- sottogruppi: uno che si occupa, ramo esecutivo dello Stato dalla<br />
vora esclusivamente per sé - dice<br />
Seema Ghani del Khorasan orphanage<br />
di Kabul - le Ong sono<br />
state le uniche organizzazioni su<br />
cui la comunità internazionale<br />
ha potuto fare affidamento, soprattutto<br />
all’inizio. Il guaio è che<br />
questa attenzione le ha snaturate:<br />
stanno diventando sempre di<br />
“L’errore sta<br />
nel credere - come è<br />
stato fatto finora - che<br />
sia rappresentata solo<br />
dalle Ong perché ciò<br />
attribuisce loro<br />
un peso eccessivo”<br />
sua responsab<strong>il</strong>ità sociale e dalla<br />
sua responsività nei confronti dei<br />
cittadini, trasferendo funzioni e<br />
servizi dalla macchina burocratica<br />
statale, considerata inefficace<br />
ed elefantiaca, alle Ong, giudicate<br />
più “snelle” e capaci di attuare<br />
politiche di compensazione<br />
sociale senza sollevare obiezioni<br />
più dei semplici project-imple-<br />
di carattere politico. Con la privamentors,<br />
lavorano come delle appunto, di fornire servizi, assetizzazione dei sistemi di welfare<br />
aziende, aspettando che i donor condando le indicazioni di budget state e dei servizi delle infrastrut-<br />
annuncino nuovi progetti. Per definite dai paesi donatori, riemture, alle Ong sono stati dunque<br />
questo sono molto critica verso piendo quel vuoto nella fornitura assegnati compiti operativi e di<br />
le Ong che si orientano in base di servizi che non è colmato né supplenza, soprattutto nei casi<br />
alle richieste dei paesi donatori dal settore pubblico né da quello in cui la debolezza statale era<br />
piuttosto che ai bisogni <strong>della</strong> gen- privato. In linea generale, in que- particolarmente grave. E a parte.<br />
Le Ong sono legate alle strasti anni hanno assicurato servizi tire dagli anni Novanta, con l’aftegie<br />
e alle politiche dei donor, anche importanti, ma non hanfermazione dell’interventismo<br />
che non necessariamente conono rafforzato la società civ<strong>il</strong>e in umanitario, anche diverse funscono<br />
<strong>il</strong> paese o hanno compiuto quanto tale. Esistono però anche zioni di peacebu<strong>il</strong>ding sono state<br />
le indagini necessarie. Le cose altri gruppi, anch’essi strutturati, trasferite al settore privato e alla<br />
dovrebbero andare al contrario: che lavorano su tematiche social- società civ<strong>il</strong>e. Una tendenza che<br />
bisognerebbe creare dei gruppi mente e politicamente r<strong>il</strong>evanti, in Afghanistan viene considera-<br />
di pressione forti, consapevoli del per cambiare lo stato delle cose ta ormai inappropriata, perché<br />
proprio ruolo, capaci di compiere attraverso azioni collettive. Sono “deve essere tenuto a mente che<br />
indagini empiriche, che poi vada- soprattutto piattaforme, network le organizzazioni <strong>della</strong> società cino<br />
dai donor dicendo: ‘bene, voi di gruppi, più che singole assov<strong>il</strong>e non devono mai agire come<br />
avete i soldi, ma noi conosciamo ciazioni. Anche se realizzano i un’alternativa allo Stato nell’im-<br />
i bisogni <strong>della</strong> gente’. Le Ong non programmi dei paesi donatori, plementare i servizi”.<br />
fanno così, e non sono per niente non dimenticano mai l’aspetto<br />
attive. Tranne che nell’accaparrar- dell’advocacy generale. Un esem- La semplice equazione tra sociesi<br />
i soldi”. Aggiunge Seema Samar pio particolarmente significativo tà civ<strong>il</strong>e e organizzazioni non go-<br />
vernative è frutto dell’applicazione<br />
miope di una griglia analitica<br />
che identifica come società civ<strong>il</strong>e<br />
solo le forme associative fam<strong>il</strong>iari<br />
dal punto di vista occidentale,<br />
soprattutto le Ong di soccorso ed<br />
emergenza, e che marginalizza<br />
altre forme locali di associazionismo.<br />
Il fenomeno rientra però<br />
- come abbiamo visto - in una<br />
tendenza più generale, come dimostrano<br />
tutti i principali documenti<br />
di strategia allo sv<strong>il</strong>uppo<br />
elaborati dal governo afgano in<br />
partnership con i paesi donatori.<br />
In questi documenti, è stato<br />
notato, allo Stato viene affidato<br />
<strong>il</strong> compito di creare le condizioni<br />
favorevoli alla libera circolazione<br />
delle merci, subappaltando <strong>il</strong><br />
welfare sociale a una schiera di<br />
attori privati e alle Ong, e formalizzando<br />
le funzioni meramente<br />
manageriali dell’apparato statale.<br />
A ciò vanno aggiunti almeno altri<br />
tre fattori:<br />
a) <strong>il</strong> fatto che “in un contesto caratterizzato<br />
da una forte fram-<br />
Esiste un’evidente<br />
e marcata<br />
preferenza verso quelle<br />
associazioni<br />
che sottoscrivono<br />
le strategie<br />
dei Paesi donatori<br />
mentazione politica (al livello<br />
locale, nazionale e regionale), era<br />
diffic<strong>il</strong>e individuare quali attori<br />
potessero avere la necessaria<br />
autorità e legittimità per agire<br />
come interlocutori per stab<strong>il</strong>ire<br />
gli accordi di aiuto allo sv<strong>il</strong>uppo”,<br />
subito dopo l’intervento m<strong>il</strong>itare<br />
del 2001.<br />
b) <strong>il</strong> fatto che nei casi di postconflitto,<br />
o di conflitto a bassa<br />
intensità, gli imperativi urgenti<br />
<strong>della</strong> ricostruzione possono ridurre<br />
la possib<strong>il</strong>ità di mo<strong>della</strong>re<br />
i programmi di sv<strong>il</strong>uppo sulle<br />
realtà locali, anteponendo la<br />
più fac<strong>il</strong>e trasferib<strong>il</strong>ità di lezioni<br />
tecnocratiche e organizzative<br />
al complicato radicamento di<br />
strategie politico-culturali (strategie<br />
necessarie per garantire<br />
un buon funzionamento <strong>della</strong><br />
società civ<strong>il</strong>e).<br />
>>Speciale<br />
c) <strong>il</strong> mo<strong>della</strong>mento derivato dalla<br />
prominenza dell’agenda <strong>della</strong> sicurezza<br />
su quello dello sv<strong>il</strong>uppo<br />
e dell’assistenza umanitaria. Un<br />
aspetto che merita qualche dettaglio<br />
ulteriore.<br />
Sicurezza e aiuti umanitari<br />
In Afghanistan, la promiscuità tra<br />
aiuto allo sv<strong>il</strong>uppo, sostegno alla<br />
società civ<strong>il</strong>e, operazioni m<strong>il</strong>itari<br />
e interessi di politica estera dei<br />
paesi donatori è particolarmente<br />
evidente. La novità non sta tanto<br />
nella politicizzazione degli aiuti,<br />
sia b<strong>il</strong>aterali sia mult<strong>il</strong>aterali, che<br />
nel paese centroasiatico - come<br />
altrove - sono sempre stati legati<br />
a obiettivi di politica estera, ma<br />
nella tendenza dei donatori, subito<br />
dopo la caduta del regime talebano,<br />
a canalizzare gli aiuti allo<br />
sv<strong>il</strong>uppo e umanitari attraverso<br />
le agenzie dell’Onu e le Ong, a<br />
causa dell’assenza di uno Stato<br />
funzionante, di una leadership<br />
politica riconoscib<strong>il</strong>e e dell’iniziale<br />
r<strong>il</strong>uttanza degli stessi donor<br />
a impegnarsi nello state-bu<strong>il</strong>ding.<br />
Una tendenza che ha contribuito<br />
a mo<strong>della</strong>re la mappa associativa
Afghanistan>><br />
del paese, contestualmente alla<br />
duplice e contraddittoria strategia<br />
adottata dai governi occidentali<br />
per stab<strong>il</strong>izzarlo e indebolire<br />
<strong>il</strong> sostegno alle forze antigovernative:<br />
da un lato la componente<br />
m<strong>il</strong>itare, dall’altra gli aiuti allo<br />
sv<strong>il</strong>uppo; da un lato gli obiettivi<br />
del contro-terrorismo, dall’altro<br />
quelli del peacebu<strong>il</strong>ding e <strong>della</strong><br />
sicurezza umana delle comunità<br />
locali. In questo modo, si è<br />
proceduto secondo un doppio<br />
e contraddittorio binario, dando<br />
luogo a uno degli aspetti più<br />
controversi del coinvolgimento<br />
<strong>della</strong> comunità internazionale in<br />
Afghanistan, ovvero l’incoerenza<br />
tra obiettivi <strong>della</strong> sicurezza, dello<br />
sv<strong>il</strong>uppo, <strong>della</strong> liberalizzazione e<br />
<strong>della</strong> pace, in altri termini <strong>il</strong> “fare<br />
la guerra mentre si costruisce la<br />
pace”.<br />
Lo dimostrano alcuni dati: l’Afghanistan<br />
ospita la più ampia e<br />
costosa forza di peacekeeping<br />
internazionale istituita dalle<br />
Nazioni Unite. Dei complessivi<br />
286.4 m<strong>il</strong>iardi di dollari investiti<br />
in Afghanistan dal 2002 al 2009,<br />
alle operazioni m<strong>il</strong>itari nel paese<br />
La promiscuità tra<br />
sostegno allo sv<strong>il</strong>uppo,<br />
operazioni m<strong>il</strong>itari e<br />
interessi dei donor salta<br />
all’occhio. I fondi vanno<br />
a organizzazioni che<br />
garantiscono servizi<br />
sono andati 242.9 m<strong>il</strong>iardi di dollari,<br />
l’84.6% del totale. L’ammontare<br />
dei fondi relativi al settore<br />
<strong>della</strong> sicurezza e delle attività di<br />
contro-narcotici è estremamente<br />
diffic<strong>il</strong>e da tracciare, ma si stima<br />
che raggiungano almeno 16.1 m<strong>il</strong>iardi<br />
di dollari (5.6%). Agli aiuti<br />
allo sv<strong>il</strong>uppo è destinato <strong>il</strong> 9.4%<br />
(26.7 m<strong>il</strong>iardi) <strong>della</strong> somma totale,<br />
al peacekeeping mult<strong>il</strong>aterale<br />
(Unama ed Eupol) lo 0.3% (0,80<br />
m<strong>il</strong>iardi). Le spese registrate per<br />
le operazioni m<strong>il</strong>itari delle truppe<br />
staniere sono cresciute chiaramente<br />
dal 2003 e poi ancora<br />
dal 2006, raggiungendo un picco<br />
di 63.1 m<strong>il</strong>iardi di dollari nel<br />
2009, più di dieci volte <strong>il</strong> totale<br />
degli investimenti internazionali<br />
negli aiuti allo sv<strong>il</strong>uppo in quello<br />
stesso anno. A dimostrare la crescente<br />
securitizzazione delle po-<br />
litiche di assistenza, anche i casi<br />
dei controversi PRT (Provincial<br />
Reconstruction Team), insieme<br />
ai dati <strong>della</strong> geografia <strong>della</strong> distribuzione<br />
degli aiuti, che riflettono<br />
gli obiettivi politici e m<strong>il</strong>itari dei<br />
donor: più di metà del b<strong>il</strong>ancio<br />
agli aiuti stanziati dagli Stati<br />
Uniti, per esempio, è concentrato<br />
nelle quattro province meridionali<br />
più insicure del paese,<br />
che non sono necessariamente le<br />
più bisognose. Come spiega Aziz<br />
Rafiee (ACSF, Kabul): “L’agenda<br />
<strong>della</strong> comunità internazionale<br />
e dei paesi occidentali è dettata<br />
dalla sicurezza. Il guaio è che si<br />
tratta <strong>della</strong> loro sicurezza, non di<br />
quella degli afgani. A rimetterci è<br />
l’Afghanistan nel suo complesso,<br />
perché l’agenda <strong>della</strong> sicurezza<br />
ha finito per sostituire quella <strong>della</strong><br />
ricostruzione e dello sv<strong>il</strong>uppo<br />
del paese”. Aggiunge Ghulam<br />
Muhammad Masoomi, giornalista<br />
di Kandahar: “Le ragioni per<br />
unirsi ai movimenti antigovernativi<br />
non mancano: la gente non<br />
ha visto alcuna ricostruzione; i<br />
contadini sono accusati di sostenere<br />
i Talebani, e spesso arrestati,<br />
i loro campi distrutti dai<br />
© GEMUNU AMARASINGhE/AP LAPRESSE<br />
Forti finanziamenti<br />
per l’attività bellica<br />
e percentuali minuscole<br />
ad attività umanitarie<br />
o di ricostruzione. La<br />
geografia ineguale <strong>della</strong><br />
distribuzione di risorse<br />
bombardamenti, gli innocenti<br />
uccisi. La gente di qui non conosce<br />
le ragioni di tanta sofferenza:<br />
si vedono bombardare, senza capire<br />
quali colpe abbiano. Per loro<br />
gli stranieri non portano la pace,<br />
sono quelli che uccidono gli innocenti,<br />
che demoliscono le case.<br />
Altro che ricostruzione e aiuto<br />
alla società civ<strong>il</strong>e”. E, spiega Mohammed<br />
Anwar Imtiyaz (ADA,<br />
Kandahar): “Abbiamo spiegato<br />
molte volte ai rappresentanti del<br />
PRT che è sbagliato mischiare <strong>il</strong><br />
lavoro umanitario con i m<strong>il</strong>itari.<br />
Negli ultimi tempi, pare che abbiano<br />
finalmente capito meglio<br />
che è controproducente sia per<br />
noi sia per loro”.<br />
In Afghanistan <strong>il</strong> flusso di aiuti<br />
allo sv<strong>il</strong>uppo ha storicamente generato<br />
uno Stato debole, rentier,<br />
domenica 28 agosto 2011 V<br />
sostanzialmente dipendente dalle<br />
risorse esterne, ulteriormente<br />
indebolito dalla tendenza a lavorare<br />
“intorno” allo Stato piuttosto<br />
che attraverso di esso. La<br />
securitizzazione degli aiuti, poi,<br />
non solo ha mo<strong>della</strong>to in modo<br />
significativo obiettivi e pratiche<br />
delle politiche di emergenza e<br />
ricostruzione, ma a sua volta ha<br />
nutrito una società civ<strong>il</strong>e rentier,<br />
un assortimento di Ong finanziate<br />
dai paesi donatori, configurando<br />
un particolare modello<br />
di relazioni tra Stato e società<br />
civ<strong>il</strong>e che accorda priorità alle<br />
organizzazioni che forniscono<br />
servizi, piuttosto che a quelle che<br />
promuovono la discussione pubblica<br />
o la mob<strong>il</strong>itazione sociale,<br />
o che reclamano la responsività<br />
dello Stato. Non si tratta di criticare<br />
le attività di questo tipo di<br />
organizzazioni, ma di chiedere<br />
loro di dimostrare una consapevolezza<br />
politica dell’arena in cui<br />
operano, e di elaborare programmi<br />
che sostengano quanti cercano<br />
un’alternativa al conflitto,<br />
evitando di soddisfare soltanto<br />
gli obiettivi dei paesi donatori.<br />
“Sono molto diffidente verso le<br />
Ong che lavorano soltanto per<br />
realizzare progetti decisi altrove,<br />
e che al di là di questo non hanno<br />
alcuna visione <strong>della</strong> società e di<br />
come vorrebbero che diventasse.<br />
Sfortunatamente - dice Shinkai<br />
Kharokha<strong>il</strong>, parlamentare,<br />
già membro di AWEC - sono la<br />
maggioranza, anche se esistono<br />
persone con altri valori e obiettivi,<br />
che non pensano soltanto a<br />
ottenere soldi dai paesi donatori,<br />
e che lavorano a titolo anche volontario<br />
nei v<strong>il</strong>laggi, nei distretti.<br />
Sarebbe sbagliato ignorarle”<br />
Quest’orientamento tecnicostrumentale<br />
sostiene la società<br />
civ<strong>il</strong>e soltanto come subappaltatrice<br />
di servizi in linea con le priorità<br />
di sv<strong>il</strong>uppo concordate da<br />
governo afgano e paesi donatori,<br />
come mero “canale per l’assistenza<br />
all’emergenza e allo sv<strong>il</strong>uppo”.<br />
E insieme alla priorità accordata<br />
agli obiettivi m<strong>il</strong>itari rispetto a<br />
quelli dello sv<strong>il</strong>uppo ha trasformato<br />
la “società civ<strong>il</strong>e in un progetto<br />
piuttosto che in un processo”,<br />
hanno lamentato molti degli<br />
intervistati nel corso <strong>della</strong> ricerca.<br />
Inoltre, l’ha depoliticizzata in<br />
almeno due sensi: in primo luogo,<br />
dimenticando che ha anche un<br />
ruolo politico, in quanto sfera<br />
per l’impegno personale diretto<br />
dei cittadini, per la deliberazione<br />
collettiva sugli affari pubblici; in<br />
secondo luogo nascondendo la<br />
natura già politicizzata del terreno<br />
su cui opera, un terreno in cui,<br />
per dirla con Gramsci, una molteplicità<br />
di attori, interni ed esterni,<br />
portatori di valori e ideologie diverse,<br />
si contendono l’egemonia.<br />
Spiega assai bene Abdul Rashid<br />
Reshad, di AWEC, Maimana:<br />
“Proprio perché anch’io ne faccio<br />
parte, so che tutte le Ong, che<br />
siano nazionali o internazionali,<br />
per poter lavorare non possono<br />
permettersi di criticare in modo<br />
esplicito governo e strutture statali,<br />
da cui dipendono, se non<br />
finanziariamente, sicuramente<br />
per la realizzazione dei progetti.<br />
Ma senza libertà di critica
VI<br />
domenica 28 agosto 2011<br />
non c’è crescita <strong>della</strong> società<br />
civ<strong>il</strong>e. Da parte delle Ong internazionali<br />
non ho mai sentito pronunciare<br />
nessuna seria critica, da<br />
queste parti. Questo significa che<br />
manca una visione politica degna<br />
di questo nome”.<br />
Le conseguenze <strong>della</strong> preferenza<br />
accordata alle Ong come fornitrici<br />
di servizi, a scapito del rafforzamento<br />
<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e nel suo<br />
complesso sono diverse: si è tolto<br />
spazio e r<strong>il</strong>evanza a forme di associazionismo<br />
e luoghi di discussione<br />
pubblica, come i consigli di<br />
v<strong>il</strong>laggio (jirga e shura) e i gruppi<br />
culturali, più rappresentativi<br />
ma meno riconoscib<strong>il</strong>i secondo<br />
i parametri sanciti dal concetto<br />
normativo di società civ<strong>il</strong>e, perché<br />
informali o solo debolmente<br />
strutturati; la società civ<strong>il</strong>e nel<br />
suo complesso è stata sostanzialmente<br />
esclusa dalla formulazione<br />
delle politiche nazionali; è stata limitata<br />
la creazione di uno spazio<br />
comune, un’arena per la deliberazione<br />
pubblica, per l’esercizio<br />
<strong>della</strong> cittadinanza attiva: quella<br />
sfera pubblica dove raggiungere<br />
un consenso normativo (legittimo<br />
perché condiviso) a partire da<br />
una pluralità di interessi e posizioni<br />
spesse confliggenti.<br />
Non è un caso dunque che in<br />
alcune delle interviste realizzate<br />
nel corso <strong>della</strong> ricerca, alla<br />
società civ<strong>il</strong>e sia stato attribuito<br />
come compito principale proprio<br />
quello di creare una spazio di discussione<br />
pubblica, che esiste al<br />
livello locale, ma fatica a imporsi<br />
a livello nazionale, quello spazio<br />
tra società e Stato che, sostiene<br />
Habermas, “garantisce la critica<br />
discussione pubblica di questioni<br />
di interesse generale”. Allo stesso<br />
tempo, è stata spesso sottolineata<br />
la distanza che corre tra le<br />
organizzazioni che si limitano a<br />
fornire servizi di diversa natura, e<br />
quelle che invece cercano di coagulare<br />
interessi e partecipazione<br />
per formare una “voce” che sia<br />
sufficientemente forte da essere<br />
udita nell’ambito pubblico, nazionale<br />
e internazionale.<br />
Il rapporto con la comunità<br />
internazionale<br />
Quanto ai principali attori internazionali,<br />
la maggior parte degli<br />
intervistati imputa loro di agire<br />
senza una strategia coordinata,<br />
con i singoli paesi coinvolti<br />
nell’aiuto allo sv<strong>il</strong>uppo che perseguono<br />
agende legate ai propri<br />
interessi specifici, piuttosto che<br />
al benessere dell’Afghanistan;<br />
di avere la tendenza a imporre i<br />
propri orientamenti sulla controparte<br />
locale, percepita come<br />
mera esecutrice di progetti, anziché<br />
costruire percorsi condivisi.<br />
La comunità internazionale<br />
dovrebbe invece considerare<br />
la società civ<strong>il</strong>e afgana nel suo<br />
complesso, trattarla come un<br />
interlocutore serio e affidab<strong>il</strong>e;<br />
adottare equ<strong>il</strong>ibrate strategie di<br />
sostegno che siano fondate sulla<br />
reale conoscenza del paese e<br />
<strong>della</strong> sua composizione sociale,<br />
così da evitare <strong>il</strong> rischio di minare<br />
la legittimità delle associazioni<br />
locali; diversificare <strong>il</strong> sostegno<br />
alla società civ<strong>il</strong>e dalle politiche<br />
di aiuto umanitario, evitando di<br />
ridurla a semplice distributrice<br />
di servizi; prima ancora di equ<strong>il</strong>ibrate<br />
strategie di sostegno finanziario,<br />
dovrebbe esercitare pressioni<br />
sul governo afgano, affinché<br />
consolidi <strong>il</strong> quadro istituzionale<br />
all’interno del quale opera la società<br />
civ<strong>il</strong>e. Perché la possib<strong>il</strong>ità<br />
di influenzare le politiche statali<br />
non dipende solo dalla forza<br />
<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e e dall’accesso<br />
che ha presso gli organi statali,<br />
ma dalla stessa capacità statale<br />
di elaborare ed eseguire politiche<br />
innovative. E perché “dietro al peacebu<strong>il</strong>ding<br />
c’è lo state-bu<strong>il</strong>ding,<br />
la costruzione di un’autorità politica<br />
legittima”. In questo senso, è<br />
stato giustamente suggerito che<br />
piuttosto che sulla sconfitta dei<br />
movimenti antigovernativi o sul<br />
negoziato politico tra due attori<br />
(governo afgano e movimenti<br />
ribelli) entrambi con scarso appoggio<br />
tra la popolazione, ci si<br />
dovrebbe concentrare sulla creazione<br />
di uno spazio politico attraverso<br />
<strong>il</strong> quale la società civ<strong>il</strong>e<br />
possa esprimersi e articolare un<br />
progetto di società alternativo.<br />
Uno spazio fatto di un sistema<br />
istituzionale funzionante, di un<br />
apparato giuridico regolato, di<br />
un adeguato ambiente politico,<br />
di media indipendenti. Dice<br />
Fawzia Farhat (CCA, Mazar-e-<br />
Sharif): “Sono poche le organizzazioni<br />
internazionali che hanno<br />
piani concreti, ben definiti, adatti<br />
alla situazione locale. In genere<br />
manca un approccio strategico<br />
generale. Inoltre, a volte ci chiedono<br />
soltanto di eseguire i loro<br />
piani. Vengono con delle proposte<br />
già pronte e ci dicono, ‘ecco,<br />
La maggior parte<br />
degli intervistati<br />
accusa la comunità<br />
internazionale di agire<br />
senza una strategia<br />
condivisa. Così ogni<br />
Paese lavora per sé<br />
fate questo’. E’ un atteggiamento<br />
del tutto sbagliato, perché sono<br />
le associazioni locali quelle che<br />
sanno ciò di cui c’è più bisogno<br />
e conoscono i modi migliori per<br />
farlo. A volte c’è l’impressione<br />
che ci prendano per dei semplici<br />
fax, a cui spedire i progetti”. Ancora<br />
Nader Nadery: “Il rapporto<br />
con la comunità internazionale<br />
dipende molto dalla forza e dal<br />
coordinamento che riesce a darsi<br />
la società civ<strong>il</strong>e: nei casi in cui<br />
quest’ultima prende l’iniziativa,<br />
la comunità internazionale tende<br />
a sostenerla politicamente o<br />
finanziariamente, come è accaduto<br />
nel caso del dibattito sulla<br />
legge di famiglia sciita. Ma quando<br />
manca <strong>il</strong> coordinamento, o<br />
quando si affrontano questioni<br />
politicamente delicate come nel<br />
caso <strong>della</strong> legge sull’amnistia, la<br />
comunità internazionale tende<br />
a def<strong>il</strong>arsi, a rimanere in s<strong>il</strong>enzio,<br />
evitando di appoggiare le battaglie<br />
<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e”.<br />
Alla comunità internazionale<br />
viene inoltre richiesto di rinunciare<br />
all’appoggio, diretto e indiretto,<br />
concesso a quegli attori<br />
politico-m<strong>il</strong>itari che fin qui hanno<br />
impedito <strong>il</strong> rafforzamento<br />
<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e; gli si chiede di<br />
adottare un principio di coerenza<br />
tra dichiarazioni pubbliche e<br />
provvedimenti concreti; di applicare<br />
anche al proprio interno un<br />
serio monitoraggio sulla corretta<br />
distribuzione dei fondi destinati<br />
all’Afghanistan; di saper distinguere<br />
con maggiore attenzione<br />
le organizzazioni che si battono<br />
effettivamente per <strong>il</strong> miglioramento<br />
delle condizioni del paese<br />
da quelle che mirano alla soddisfazione<br />
di interessi egoistici e<br />
parziali; di sostituire i progetti di<br />
breve durata con programmi di<br />
lunga scadenza, attraverso i quali<br />
costruire percorsi esemplari, basati<br />
sulla collaborazione reciproca<br />
e sulla continuità, dove partecipazione<br />
non si riferisca soltanto<br />
alla condivisione di informazioni,<br />
alla consultazione, alla raccolta di<br />
dati, ma alla sovranità condivisa,<br />
alla trasparenza reciproca e alla<br />
possib<strong>il</strong>ità che anche gli afgani<br />
possano orientare le agende politiche<br />
di r<strong>il</strong>evanza nazionale.<br />
I rappresentanti <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e<br />
incontrati chiedono ai paesi<br />
donatori di rinunciare progressivamente<br />
al ruolo protettivo<br />
nei loro confronti, e di poter decidere<br />
quali politiche siano più<br />
appropriate per <strong>il</strong> futuro dell’Afghanistan.<br />
Nel corso degli anni,<br />
è cresciuta infatti la richiesta di<br />
ottenere di nuovo la sovranità<br />
su tempi, modalità e strumenti<br />
per la propria affermazione. Le<br />
istituzioni realmente legittime - è<br />
Tra governo e società<br />
civ<strong>il</strong>e c’è diffidenza. Ma<br />
più da parte dell’esecutivo<br />
che non dall’altra.<br />
Molte associazioni sono<br />
disposte a lavorare per<br />
rafforzare le istituzioni<br />
stato notato - non possono che<br />
risultare da processi politici e sociali<br />
autoctoni, mentre la percezione<br />
che <strong>il</strong> potere sia eterodiretto<br />
disincentiva la partecipazione<br />
pubblica. In conclusione Mirwais<br />
Wardak: “Un consiglio che mi<br />
sentirei di dare alla comunità<br />
internazionale è di aumentare la<br />
percentuale di fondi la cui gestione<br />
passa per <strong>il</strong> governo afgano, e<br />
>>Speciale<br />
allo stesso tempo di usare criteri<br />
di trasparenza più rigidi, per verificare<br />
che i soldi vengano spesi<br />
effettivamente nel paese. Più in<br />
generale, suggerirei di cominciare<br />
a restituire sovranità al governo<br />
e alla società civ<strong>il</strong>e afgana”.<br />
Il rapporto con <strong>il</strong> governo<br />
Secondo quanto emerge da questa<br />
e altre ricerche, pur guardati<br />
con sospetto dal governo e percepiti<br />
come antagonisti, i rappresentanti<br />
<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e<br />
sarebbero comunque disposti a<br />
lavorare al rafforzamento delle<br />
istituzioni statali e governative,<br />
nel rispetto delle reciproche sfere<br />
di competenza. In una situazione<br />
come quella dell’Afghanistan,<br />
è stato spesso ripetuto, la funzione<br />
<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e non può<br />
limitarsi a essere “normativa per<br />
<strong>il</strong> potere”, tradursi soltanto nello<br />
scrutinio delle debolezze e opacità<br />
del governo, a cui chiedere<br />
trasparenza e correttezza procedurale;<br />
deve svolgere anche una<br />
funzione di supporto, di integrazione,<br />
di confronto aperto, di stimolo<br />
alla crescita.
Afghanistan>><br />
Per molti infatti <strong>il</strong> compito <strong>della</strong><br />
società civ<strong>il</strong>e, che comunque<br />
deve rimanere indipendente dal<br />
governo, “non è solo di criticare.<br />
La società civ<strong>il</strong>e ha una responsab<strong>il</strong>ità<br />
più ampia. In alcuni casi<br />
<strong>il</strong> suo lavoro è lo stesso del governo...<strong>il</strong><br />
governo e la società civ<strong>il</strong>e<br />
sono ugualmente importanti e<br />
non possono esistere l’uno senza<br />
l’altro...”.Secondo quanto sostenuto<br />
nell’ambito di una conferenza<br />
da Seema Samar, tra le fondatrici<br />
<strong>della</strong> Ong “Shuhada” e ora portavoce<br />
dell’Afghanistan Independent<br />
Human Rights Commission,<br />
“la governance democratica richiede<br />
l’istituzione di legami stab<strong>il</strong>i<br />
ed effettivi tra <strong>il</strong> governo e tutti<br />
i membri <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e...la<br />
società civ<strong>il</strong>e offre una piattaforma<br />
sulla quale le istituzioni statali<br />
e i membri <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e possono<br />
interagire e consultarsi l’un<br />
l’altro...La società civ<strong>il</strong>e agisce non<br />
solo per r<strong>il</strong>anciare <strong>il</strong> potere dello<br />
Stato, ma anche per aumentarne<br />
la credib<strong>il</strong>ità legale. La società civ<strong>il</strong>e<br />
riconosce l’autorità statale e lo<br />
stato di diritto e sottolinea <strong>il</strong> bisogno<br />
di promuovere i principi istituzionalizzati<br />
per costruire una<br />
società prospera...la società civ<strong>il</strong>e<br />
dunque non è ost<strong>il</strong>e al governo,<br />
ma gli mette pressione affinché<br />
diventi responsab<strong>il</strong>e e attui riforme<br />
democratiche...rivelando casi<br />
di abuso del potere ufficiale e pratiche<br />
negative, aumenta le aspettative<br />
pubbliche verso lo Stato ed<br />
esercita su questo una pressione<br />
politica affinché crei meccanismi<br />
per migliorare le proprie perfor-<br />
“Non siamo ost<strong>il</strong>i ma<br />
facciamo pressione sui<br />
politici affinché diventino<br />
più responsab<strong>il</strong>i e attuino<br />
riforme. Denunciamo ma<br />
siamo anche pronti<br />
a dare suggerimenti”<br />
mance...”. Le posizioni di Seema<br />
Samar, secondo la quale gli attori<br />
<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e “devono studiare<br />
e valutare la vita, le credenze, le<br />
tradizioni, la cultura e gli orientamenti<br />
degli afgani e poi, sulla base<br />
dei risultati e dell’interpretazione,<br />
definire programmi di sv<strong>il</strong>uppo”,<br />
da realizzare anche in collaborazione<br />
con <strong>il</strong> governo e le istituzioni<br />
statali, sono condivise da molti<br />
© ROMANO MARTINIS/LETTERA22<br />
tra quelli che hanno partecipato<br />
alla ricerca. Al governo infatti<br />
viene chiesto di riconoscere nella<br />
società civ<strong>il</strong>e non un antagonista,<br />
ma un soggetto che, pur seguendo<br />
traiettorie e metodi diversi, punta<br />
a un obiettivo comune a quello<br />
del governo: garantire la stab<strong>il</strong>ità<br />
dell’Afghanistan: “Noi diamo dei<br />
suggerimenti al governo, perché<br />
riteniamo che sia importante<br />
avere un governo che funzioni, un<br />
buon governo, e un governo può<br />
lavorare meglio in un contesto<br />
in cui anche i cittadini e la società<br />
civ<strong>il</strong>e facciano la loro parte”,<br />
dice Niamatullah ‘Hamdard’ del<br />
CSHRN di Jalalabad. Aggiunge<br />
Samira Hamidi (AWN, Kabul):<br />
“Il rapporto è diffic<strong>il</strong>e. Il governo<br />
ritiene che la società civ<strong>il</strong>e sia<br />
portata sempre a ragionare in termini<br />
negativi e a creare problemi,<br />
la società civ<strong>il</strong>e crede invece che<br />
<strong>il</strong> governo sia incapace, che non<br />
si sforzi abbastanza per lavorare<br />
insieme. E’ estremamente importante<br />
migliorare questo rapporto.<br />
Durante un mio recente viaggio<br />
in Pakistan, ho notato che alcune<br />
organizzazioni <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e<br />
ricevono dei fondi governativi,<br />
mentre qui in Afghanistan a volte<br />
neanche parliamo con <strong>il</strong> governo.<br />
La situazione deve cambiare: <strong>il</strong><br />
governo deve comprendere l’importanza<br />
del ruolo svolto dalla<br />
società civ<strong>il</strong>e, che a sua volta deve<br />
imparare a capire i problemi del<br />
governo, che di per sé non è molto<br />
stab<strong>il</strong>e, perché sopravvive grazie<br />
all’assistenza e ai fondi <strong>della</strong><br />
comunità internazionale. E’ <strong>il</strong> momento<br />
di cominciare a cambiare<br />
la cultura <strong>della</strong> critica reciproca,<br />
e di favorire la comprensione, <strong>il</strong><br />
coordinamento e l’assistenza reciproca.<br />
Come Afghan Women<br />
Network abbiamo lavorato con <strong>il</strong><br />
governo per la jirga di pace: è stato<br />
diffic<strong>il</strong>e, ma alla fine abbiamo<br />
trovato sostegno e siamo riusciti<br />
a coordinarci. Dovremmo continuare<br />
lungo questa strada”.<br />
A dispetto di alcune iniziative<br />
sporadiche, finora l’apertura <strong>della</strong><br />
società civ<strong>il</strong>e non sembra essere<br />
stato accolta dal governo, che<br />
continua ad attribuirle un ruolo<br />
accessorio, cerimoniale: ne tiene<br />
conto soltanto in occasioni pubbliche<br />
di particolare r<strong>il</strong>evanza,<br />
quando la presenza di rappresentanti<br />
delle associazioni locali<br />
serve a dimostrare alla comunità<br />
internazionale <strong>il</strong> rispetto degli impegni<br />
presi. Nelle altre occasioni,<br />
sostengono alcuni degli intervistati,<br />
<strong>il</strong> coinvolgimento avviene<br />
seguendo un criterio selettivo ambiguo,<br />
legato alle conoscenze personali<br />
piuttosto che a protocolli<br />
formali o istituzionalizzati. Un<br />
metodo che dimostra la r<strong>il</strong>uttanza<br />
ad attribuire alla società civ<strong>il</strong>e<br />
una patente di legittimità come<br />
interlocutore, e la diffidenza ver-<br />
“Giornali e Tv<br />
dovrebbero essere<br />
strumento di espressione<br />
<strong>della</strong> cittadinanza<br />
e occasione per far<br />
conoscere i problemi<br />
dimenticati o ignorati”<br />
so la creazione di meccanismi di<br />
coinvolgimento certi e realmente<br />
praticab<strong>il</strong>i. Il governo afgano è<br />
sembrato interessarsi soprattutto<br />
alle attività delle organizzazioni<br />
funzionali ai propri programmi di<br />
sv<strong>il</strong>uppo, e ha eretto invece una<br />
barriera, più o meno permeab<strong>il</strong>e<br />
a seconda dei casi, con <strong>il</strong> resto<br />
dei soggetti che compongono la<br />
società civ<strong>il</strong>e, lamenta la maggior<br />
parte degli intervistati. Molti di<br />
coloro che hanno partecipato alla<br />
ricerca sottolineano comunque<br />
come la situazione vari a seconda<br />
delle province, con alcuni rappresentanti<br />
governativi più permeab<strong>il</strong>i<br />
alle istanze <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e<br />
rispetto ad altri.<br />
Il ruolo dei media<br />
Il compito che molti degli intervistati<br />
attribuiscono alla società<br />
civ<strong>il</strong>e - un ponte tra la società e <strong>il</strong><br />
governo - si riflette nell’importanza<br />
che viene accordata ai media.<br />
I media dovrebbero essere strumento<br />
di espressione dei cittadini,<br />
occasione di dialogo, meccanismo<br />
attraverso <strong>il</strong> quale far conoscere le<br />
realtà e i problemi dimenticati del<br />
domenica 28 agosto 2011 VII<br />
paese alle istituzioni governative<br />
centrali e periferiche. Inoltre, in<br />
modo sim<strong>il</strong>e a quanto spetta alla<br />
società civ<strong>il</strong>e, non dovrebbero mai<br />
rinunciare a chiedere la trasparenza<br />
del governo nella gestione<br />
degli affari pubblici, dando conto<br />
di eventuali casi di malgoverno<br />
e sollecitando i rappresentanti<br />
istituzionali, mediante la pressione<br />
pubblica, a comportamenti<br />
corretti e responsab<strong>il</strong>i. Le esigenze<br />
commerciali non dovrebbero<br />
condizionare eccessivamente la<br />
tutela e la promozione degli interessi<br />
collettivi, mentre <strong>il</strong> governo<br />
dovrebbe consentire la libera<br />
espressione delle opinioni, evitando<br />
censure e pressioni dirette o indirette.<br />
Molti degli intervistati vedono<br />
nei media, soprattutto nelle<br />
radio - accessib<strong>il</strong>i alla maggioranza<br />
<strong>della</strong> popolazione - un mezzo<br />
indispensab<strong>il</strong>e per favorire la diffusione<br />
delle idee su cui lavora la<br />
società civ<strong>il</strong>e; un veicolo adatto a<br />
spiegare l’importanza <strong>della</strong> partecipazione<br />
collettiva alle questioni<br />
di interesse comune e per far maturare<br />
la consapevolezza dei cittadini<br />
sui diritti umani. Ai media,<br />
se correttamente usati, viene inoltre<br />
riconosciuto un ruolo cruciale<br />
nella riaffermazione di un senso<br />
civico compromesso da decenni<br />
di guerra, oltre che di una cultura<br />
di pace capace di trascendere le<br />
divisioni etniche e territoriali ancora<br />
presenti in Afghanistan. Tra<br />
gli intervistati c’è piena consapevolezza<br />
che “ottenere e scambiare<br />
informazioni sulle questioni pubbliche<br />
è un altro metodo efficace<br />
che la società civ<strong>il</strong>e può usare per<br />
sv<strong>il</strong>uppare una governance democratica...”,<br />
e che <strong>il</strong> libero scambio<br />
di informazioni è “uno strumento<br />
essenziale per combattere la<br />
corruzione e l’abuso di potere...”,<br />
perché rende “lo Stato responsivo,<br />
così che venga incontro ai bisogni<br />
<strong>della</strong> gente”.<br />
Uno sguardo dall’interno<br />
Se la comunità internazionale<br />
tende a identificare come società<br />
civ<strong>il</strong>e prevalentemente le Ong<br />
strutturate, dalla ricerca emerge<br />
l’esigenza di rivedere questa equazione.<br />
Le Ong, è stato più volte<br />
ribadito, costituiscono solo una<br />
parte di una ben più complessa<br />
topografia dell’associazionismo<br />
afgano. Secondo la maggior parte<br />
degli intervistati, in Afghanistan<br />
la società civ<strong>il</strong>e “non è un gruppo<br />
omogeneo; include uno spettro<br />
molto ampio di organizzazioni<br />
formali e informali, associazioni,<br />
movimenti e gruppi sociali”. Se è<br />
vero che esiste una “società civ<strong>il</strong>e<br />
prodotta”, mo<strong>della</strong>ta dai partner<br />
internazionali, è altrettanto vero<br />
che, al di là di questa e all’interno<br />
di essa, esiste una galassia variegata,<br />
piuttosto attiva e diffusa, di<br />
gruppi che rivendicano pienamente<br />
la capacità di trovare percorsi<br />
di autonomia progettuale,<br />
a dispetto delle condizioni di sicurezza<br />
e dello scarso sostegno<br />
ricevuto. Un panorama composto<br />
da gruppi diversi, spesso<br />
informali o poco strutturati, che<br />
a volte non seguono alcuno statuto<br />
definito se non la volontà di<br />
aggregazione attiva.
VIII<br />
domenica 28 agosto 2011<br />
E che continuano a coagulare<br />
in modo collettivo risorse e capacità<br />
individuali, a dispetto <strong>della</strong><br />
dis<strong>il</strong>lusione sulla mancata ricostruzione<br />
del paese e sul mancato<br />
coinvolgimento da parte del<br />
governo. E nonostante lo schiacciamento<br />
subito tra i vari attori<br />
politico-m<strong>il</strong>itari, inclusa la comunità<br />
internazionale.<br />
Seguendo le opinioni raccolte,<br />
<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e afgana fanno<br />
parte infatti tutte le persone e i<br />
gruppi che assumono un ruolo<br />
attivo nella società, che lavorano<br />
con assiduità e continuità su alcune<br />
tematiche di r<strong>il</strong>evanza comune;<br />
tutti coloro che si sentono<br />
responsab<strong>il</strong>i e in virtù di questa<br />
responsab<strong>il</strong>ità attivano dei progetti<br />
di interesse collettivo; tutti<br />
coloro che sono coinvolti nel lavoro<br />
umanitario e nel rafforzare<br />
le istituzioni democratiche. Il<br />
concetto di società civ<strong>il</strong>e che ne<br />
esce è di tipo inclusivo, indica<br />
delle forme di associazionismo<br />
dai confini porosi, che variano nel<br />
grado di autonomia e formalità,<br />
composte da soggetti legati dalle<br />
attività che svolgono e dagli obiettivi<br />
che le animano più che dalla<br />
struttura che si danno. Le attività<br />
e gli obiettivi con cui si identificano<br />
i gruppi appartenenti alla<br />
società civ<strong>il</strong>e sono poco rigidi, e<br />
rimandano alla priorità accordata<br />
all’interesse collettivo sul profitto<br />
personale, alla ricerca del dialogo<br />
costruttivo e condiviso piuttosto<br />
che all’imposizione del proprio<br />
punto di vista mediante la forza<br />
o in virtù di uno status autoritario<br />
acquisito. Si tratta dunque di un<br />
insieme “sfocato” di associazioni e<br />
La società civ<strong>il</strong>e afgana<br />
è conscia del suo ruolo,<br />
dei suoi progressi<br />
ma anche dei limiti:<br />
mancanza<br />
di coordinamento<br />
e strumenti di analisi<br />
singoli individui, che contraddice<br />
l’assioma del conflict fetish, secondo<br />
<strong>il</strong> quale nei paesi in guerra “la<br />
violenza è <strong>il</strong> problema e l’unica<br />
lente attraverso cui guardare alla<br />
vita delle persone”.<br />
I partecipanti alla ricerca intendono<br />
la società civ<strong>il</strong>e come un<br />
insieme piuttosto eterogeneo di<br />
gruppi culturali e giovan<strong>il</strong>i, media<br />
indipendenti, associazioni per i<br />
diritti umani, sindacati, organizzazioni<br />
di donne, strutture tradizionali,<br />
avvocati, religiosi, attivisti<br />
e semplici cittadini. In una situazione<br />
di estrema vulnerab<strong>il</strong>ità e<br />
precarietà, rivendicano <strong>il</strong> ruolo<br />
fondamentale svolto fin qui, avendo<br />
organizzato incontri e dibattiti,<br />
campagne di opinione e di informazione,<br />
e in senso più generale<br />
avendo promosso la coesione so-<br />
Acronimi<br />
ACBAR Agency Coordinating Body for Afghan Relief<br />
ACSF Afghan Civ<strong>il</strong> Society Forum<br />
ADA Afghan Development Association<br />
AHRO Afghan Human Rights Organization<br />
AIHRC Afghanistan Independent Human Rights Commission<br />
ARCS Afghan Red Crescent Society<br />
AREU Afghan Research and Evaluation Unit<br />
ARM Afghanistan Rights Monitor<br />
ciale tra comunità diverse. Oltre<br />
a questo, alcuni rivendicano la<br />
lunga tradizione afgana di attività<br />
riconducib<strong>il</strong>i all’idea di società civ<strong>il</strong>e,<br />
che si sarebbe espressa in forme<br />
diverse da quelle più fam<strong>il</strong>iari<br />
alla comunità internazionale ma<br />
non meno efficaci né importanti.<br />
Per alcuni, bisogna distinguere tra<br />
<strong>il</strong> termine ‘società civ<strong>il</strong>e’, adottato<br />
recentemente, e le attività a cui si<br />
riferisce, radicate anche in Afghanistan.<br />
Altri, pur consapevoli che<br />
<strong>il</strong> termine società civ<strong>il</strong>e porta con<br />
sé connotazioni storico-culturali<br />
che ne influenzano la stessa ricezione,<br />
rivendicano la necessaria<br />
maturità per mo<strong>della</strong>re sulla<br />
realtà afgana in modo originale<br />
e produttivo un concetto che rimane<br />
estraneo alla maggioranza<br />
<strong>della</strong> popolazione. Ajmal Samadi<br />
(ARM, Kabul) riassume così:<br />
>>Speciale Afghanistan>><br />
AWEC Afghan Women’s Educational Center<br />
AWN Afghan Women’s Network<br />
CCA Cooperation Center for Afghanistan<br />
CDC Community Development Counc<strong>il</strong><br />
CHA Coordination of Humanitarian Assistance<br />
CPAU Cooperation for Peace and Unity<br />
CSDC Civ<strong>il</strong> Society Development Center<br />
CSHRN Civ<strong>il</strong> Society Human Rights Network<br />
“Quello di società civ<strong>il</strong>e non è un<br />
concetto nuovo. L’Afghanistan ne<br />
ha avuto esperienza in passato.<br />
Non abbiamo vissuto in anarchia.<br />
Ci sono state diverse espressioni<br />
istituzionali e <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e.<br />
La realtà dunque è che si può<br />
parlare di società civ<strong>il</strong>e in Afghanistan<br />
da decenni, forse da secoli.<br />
Certo, nel periodo post-talebano<br />
si è diffusa una nuova terminologia,<br />
ma <strong>il</strong> fatto che si faccia ricorso<br />
a parole nuove non significa che<br />
siano inedite le attività a cui si<br />
riferisce. Qualcuno pensa che società<br />
civ<strong>il</strong>e significhi promozione<br />
di una visione secolare e dei diritti<br />
delle donne e dell’uguaglianza di<br />
genere, ma già negli anni Sessanta<br />
c’erano donne che sedevano nel<br />
parlamento afgano; inoltre, <strong>il</strong> secolarismo<br />
come idea politica già<br />
circolava nel paese sotto <strong>il</strong> regime<br />
comunista. Ai tempi dei sovietici<br />
si parlava di internazionalismo,<br />
oggi gli Stati Uniti hanno portato<br />
con sé tutta una serie di nuovi<br />
termini, ma non sono così nuovi<br />
come sembrano”.<br />
Sulla base <strong>della</strong> consapevolezza<br />
maturata negli ultimi anni<br />
sul proprio ruolo e le proprie responsab<strong>il</strong>ità,<br />
gli intervistati non<br />
nascondono, oltre ai progressi<br />
raggiunti, i limiti che condizionano<br />
l’efficacia <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e:<br />
la mancanza di coordinamento,<br />
la frag<strong>il</strong>ità delle proposte, la difficoltà<br />
a identificare priorità e<br />
obiettivi precisi e a individuare<br />
gli strumenti più adatti con cui<br />
tradurre efficacemente orientamenti<br />
etici e posizioni normative<br />
nel quadro politico-legislativo,<br />
senza perdere autonomia.<br />
CSO Civ<strong>il</strong> Society Organization<br />
CSSC Civ<strong>il</strong> Society Support Centers<br />
FCCS Foundation for Culture and Civ<strong>il</strong> Society<br />
HAWCA Humanitarian Assistance for the Women and<br />
Ch<strong>il</strong>dren of Afghanistan<br />
ICNL International Center for Not-for-Profit Law<br />
I-PACS Initiative to Promote Afghan Civ<strong>il</strong> Society<br />
IWA Integrity Watch Afghanistan<br />
© BRENNAN LINSLEy/AP LAPRESSE<br />
* Questo testo è una sintesi <strong>della</strong> ricerca<br />
“La società civ<strong>il</strong>e afgana. Uno<br />
sguardo dall’interno” che è parte del<br />
progetto sulla società civ<strong>il</strong>e afgana<br />
promosso dal network italiano “Afgana”,<br />
realizzato con <strong>il</strong> contributo<br />
finanziario del Ministero degli Affari<br />
Esteri/Cooperazione italiana e<br />
con l’assistenza logistica di Intersos.<br />
è frutto di tre mesi di lavoro sul<br />
campo in 8 delle 34 province afgane<br />
nel corso del 2010. Per esigenze di<br />
lettura sono state eliminate le note e<br />
gran parte delle interviste cui corrisponde<br />
gran parte dei virgolettati.<br />
Giuliano Battiston, è ricercatore e<br />
giornalista freelance: oltre ad aver<br />
viaggiato a lungo in Afghanistan, realizzando<br />
reportage, è autore di due<br />
libri-intervista: Zygmunt Bauman.<br />
Modernità e globalizzazione,<br />
e Per un’altra globalizzazione<br />
(Edizioni dell’Asino).<br />
LAOA Legal Aid Organization of Afghanistan<br />
MRRD Ministry of Rural Rehab<strong>il</strong>itation & Development<br />
NSP National Solidarity Program<br />
SDO Sanayee Development Organization<br />
SWABAC South-West Afghanistan Balochistan Association<br />
for Coordination<br />
TLO The Liaison Office<br />
USAID US Agency for International Development
Invito alla lettura>><br />
domenica 28 agosto 2011 I<br />
L’anniversario Il 29 agosto del 1991 i k<strong>il</strong>ler di Cosa nostra uccisero l’imprenditore palermitano che si rifiutò di pagare<br />
<strong>il</strong> pizzo. Nel giorno del ventennale, esce la biografia Libero, scritta dalla moglie Pina e da Chiara Caprì, edita da Castelvecchi<br />
L’uomo che disse no alla mafia<br />
Libero Grassi, venti anni dopo<br />
I<br />
l 29 agosto di vent’anni fa<br />
veniva ucciso a Palermo Libero<br />
Grassi. Fu <strong>il</strong> primo in<br />
Italia a ribellarsi pubblicamente<br />
contro <strong>il</strong> pizzo. Ruppe <strong>il</strong><br />
muro di s<strong>il</strong>enzio con una provocazione<br />
coraggiosa e devastante.<br />
Pubblicò sul Giornale di Sic<strong>il</strong>ia<br />
una lettera indirizzata al suo<br />
estortore: «Non siamo disponib<strong>il</strong>i<br />
a dare contributi e ci siamo<br />
messi sotto <strong>il</strong> controllo <strong>della</strong><br />
polizia», scrisse 8 mesi prima<br />
di essere uccisa. Non arrivarono<br />
però né gli applausi né<br />
le attestazioni di stima. Il giorno<br />
dopo davanti la sua fabbrica,<br />
la Sigma, che contava 100<br />
dipendenti e che dopo qualche<br />
anno è fallita, era pieno di carabinieri,<br />
giornalisti e telecamere.<br />
La città e la gran parte degli imprenditori,<br />
però, non erano con<br />
lui. «Grassi sta demolendo l’immagine<br />
dell’imprenditoria sic<strong>il</strong>iana»,<br />
accusò l’allora presidente<br />
dell’Associazione degli industriali<br />
palermitana, che definì<br />
quella lettera una «tammurriata»,<br />
un casino inut<strong>il</strong>e. Anche<br />
se isolato dai concittadini, divenne<br />
subito ingombrante per<br />
i mandanti del «Geometra Anzalone»,<br />
lo pseudonimo dietro<br />
<strong>il</strong> quale si celavano Antonio e<br />
Gaetano Avitab<strong>il</strong>e. La famiglia<br />
mafiosa dei Madonia ne ordinò<br />
la morte. Dopo otto mesi, <strong>il</strong><br />
29 agosto del 1991, Libero Grassi<br />
fu raggiunto alle spalle da<br />
quattro colpi di pistola, esplosi<br />
da un k<strong>il</strong>ler del clan, Francesco<br />
Madonia.<br />
Non potevano dunque che essere<br />
molto amare le parole <strong>il</strong> gior-<br />
Ultima foto di Libero e Pina Grassi insieme<br />
no del funerale che pronunciò<br />
la moglie di Libero, Pina Grassi:<br />
«Certamente lo Stato italiano è<br />
corrotto e inefficiente in molte<br />
sue strutture e in molti uomini.<br />
Tuttavia nell’immediato, uno<br />
Stato migliore non ci salverebbe<br />
dalla mafiosità <strong>della</strong> gente Sic<strong>il</strong>ia<br />
che, potenti e non, queste insufficienze<br />
e corruzioni tollera<br />
e genera». Vent’anni dopo, Pina<br />
Grassi è meno pessimista, crede<br />
che ci sia spazio per la speranza:<br />
«Ci sono oggi realtà - ha<br />
detto lo scorso gennaio in una<br />
delle cerimonie per <strong>il</strong> ventennale<br />
<strong>della</strong> lettera al “Caro estortore”<br />
- che contrastano Cosa nostra<br />
senza retorica, senza pretendere<br />
finanziamenti pubblici,<br />
convinti di costruire un futuro<br />
vivib<strong>il</strong>e ed etico a favore di uno<br />
Stato con cui vogliamo convivere<br />
ma non da paria».<br />
Una di queste realtà è “Addio<br />
pizzo”, costituita da un gruppo<br />
di giovani, che a partire dal<br />
2004 hanno cominciato ad appiccicare<br />
sui muri <strong>della</strong> città<br />
adesivi con la scritta «Un in-<br />
8 mesi prima di essere ucciso, la lettera al «Caro estortore»<br />
di LIBERO GRASSI<br />
Volevo avvertire <strong>il</strong> nostro ignoto<br />
estortore di risparmiare le telefonate<br />
dal tono minaccioso e<br />
le spese per l’acquisto di micce,<br />
bombe e proiett<strong>il</strong>i, in quanto non<br />
siamo disponib<strong>il</strong>i a dare contributi<br />
e ci siamo messi sotto la protezione<br />
<strong>della</strong> polizia. Ho costruito<br />
questa fabbrica con le mie mani,<br />
lavoro da una vita e non intendo<br />
chiudere … Se paghiamo i 50 m<strong>il</strong>ioni,<br />
torneranno poi alla carica<br />
chiedendoci altri soldi, una retta<br />
mens<strong>il</strong>e, saremo destinati a chiudere<br />
bottega in poco tempo. Per<br />
questo abbiamo detto no al “Geometra<br />
Anzalone” e diremo no a<br />
tutti quelli come lui.<br />
La “Sigma” è un’azienda sana, a<br />
conduzione fam<strong>il</strong>iare. Da anni<br />
produciamo biancheria da uo-<br />
mo: pigiami, boxer, slip e vestaglie di<br />
target medio-alto che esportiamo in<br />
tutta Europa. Abbiamo 100 addetti:<br />
90 donne e 10 uomini. Il nostro giro<br />
d’affari è pari a 7 m<strong>il</strong>iardi annui.<br />
Evidentemente è stato proprio l’ottimo<br />
stato di salute dell’impresa ad<br />
attirare la loro attenzione.<br />
La prima volta mi chiesero i soldi<br />
per i “poveri amici carcerati”, i “picciotti<br />
chiusi all’Ucciardone”. Quello<br />
fu <strong>il</strong> primissimo contatto. Dissi subito<br />
di no. Mi rifiutai di pagare. Così<br />
iniziarono le telefonate minatorie:<br />
“Attento al magazzino”, “guardati<br />
tuo figlio”, “attento a te”. Il mio<br />
interlocutore si presentava come <strong>il</strong><br />
geometra Anzalone, voleva parlare<br />
con me. Gli risposi di non disturbarsi<br />
a telefonare. Minacciava di incendiare<br />
<strong>il</strong> laboratorio. Non avendo intenzione<br />
di pagare una tangente alla<br />
mafia, decisi di denunciarli.<br />
Il 10 gennaio 1991 scrissi una lettera<br />
al “Giornale di Sic<strong>il</strong>ia” che iniziava<br />
così: “Caro estortore...”. La mattina<br />
successiva qui in fabbrica c’erano<br />
dei carabinieri, dieci televisioni<br />
e un mucchio di giornalisti. A polizia<br />
e carabinieri consegnai 4 chiavi<br />
dell’azienda chiedendo loro protezione.<br />
Mentre la fabbrica era sorvegliata<br />
dalla polizia entrarono due<br />
tipi strani. Dissero di essere “ispettori<br />
di sanità”. Fuori però c’era l’auto<br />
<strong>della</strong> polizia e avevano grande<br />
premura. Volevano parlare a tutti i<br />
costi con <strong>il</strong> titolare. Scesi e dissi loro<br />
che <strong>il</strong> titolare riceve solo per appuntamento<br />
e al momento era impegnato<br />
in una riunione. Se ne andarono.<br />
Li descrissi alla polizia e<br />
loro si accorsero che altri imprenditori<br />
avevano fornito le medesime<br />
descrizioni<br />
(…) Dovrebbero essere proprio le<br />
Nelle pagine<br />
seguenti<br />
<strong>il</strong> primo e <strong>il</strong><br />
terzo capitolo<br />
del libro<br />
“Libero.<br />
L’imprenditore<br />
che non si<br />
piegò al pizzo”,<br />
edito da<br />
Castelvecchi,<br />
scritto da<br />
Chiara Caprì e Pina Grassi<br />
associazioni a proteggere gli imprenditori.<br />
Come? È fac<strong>il</strong>e. Si potrebbero<br />
fare delle assicurazioni<br />
collettive. Così, anche se la mafia<br />
minaccia di dar fuoco al magazzino<br />
si può rispondere picche. Ma<br />
anche a queste mie proposte <strong>il</strong> direttore<br />
dell’Associazione industriali<br />
di Palermo, dottor Viola, ha detto<br />
no, sostenendo che costerebbe troppo.<br />
Non credo però si tratti di un<br />
problema finanziario, è necessaria<br />
una volontà politica. L’unico sostegno<br />
alla mia azione, a parte le forze<br />
di polizia, è venuta dalla Confesercenti<br />
palermitana.<br />
(...) Non ho mai avuto paura ed ora<br />
mi sento garantito da ciò che ho<br />
fatto. La decisione scandalosa del<br />
giudice istruttore di Catania, Luigi<br />
Russo (del 4 apr<strong>il</strong>e 1991) che ha<br />
stab<strong>il</strong>ito con una sentenza che non è<br />
reato pagare la “protezione” ai boss<br />
tero popolo che paga <strong>il</strong> pizzo,<br />
è un popolo senza dignità». E<br />
proprio insieme a una delle giovani<br />
fondatrici dell’associazione,<br />
Chiara Caprì, studentessa di<br />
medicina, Pina Grassi ha deciso<br />
di scrivere la biografia di Libero<br />
a vent’anni dall’omicidio. “Libero,<br />
l’imprenditore che non si<br />
piegò al pizzo” è <strong>il</strong> titolo del libro,<br />
edito da Castelvecchi nella<br />
collana Rx diretta da Alessandro<br />
Zardetto. Centoventiquattro<br />
pagine in cui Caprì e<br />
Pina Grassi raccontano la giovinezza,<br />
l’amore, l’impegno politico,<br />
le convinzioni etiche e civ<strong>il</strong>i<br />
dell’uomo che da solo scelse<br />
di sfidare Cosa nostra. La<br />
biografia verrà presentata domani<br />
sera a Palermo al Kursaal<br />
Tonnara dal giornalista del Fatto<br />
Gianni Barbacetto, Sandro<br />
Ruotolo, Tano Grasso e IvanLo<br />
Bello, <strong>il</strong> presidente di Confindustria<br />
Sic<strong>il</strong>ia, che lo scorso anno<br />
ha espulso dalla sua organizzazione<br />
più di trenta imprenditori<br />
per non aver rispettato <strong>il</strong> codice<br />
etico, che<br />
impone la denuncia<br />
nel caso<br />
in cui si subiscano<br />
estorsioni.<br />
Le fotografie<br />
riprodotte in<br />
queste pagine sono<br />
tratte dall’archivio<br />
privato <strong>della</strong><br />
Famiglia Grassi,<br />
che si ringrazia<br />
per la gent<strong>il</strong>e<br />
concessione<br />
mafiosi, è sconvolgente. In questo<br />
modo infatti è stato legittimato<br />
con <strong>il</strong> verdetto dello Stato<br />
<strong>il</strong> pagamento delle tangenti.<br />
Così come la resa delle istituzioni<br />
e le collusioni. Proprio ora che<br />
qualcosa si stava muovendo per<br />
<strong>il</strong> verso giusto.<br />
(...) E quelli che come me hanno<br />
invece cercato di ribellarsi? Ora<br />
più che mai le Associazioni imprenditoriali<br />
che non si impegnano<br />
sinceramente su questo<br />
fronte vanno messe con le spalle<br />
al muro. La risposta infatti deve<br />
essere collettiva per spersonalizzare<br />
al massimo la vicenda.<br />
Questa lettera fu pubblicata <strong>il</strong> 10<br />
gennaio del 1991 sul Giornale di Sic<strong>il</strong>ia.<br />
Dopo 8 mesi, <strong>il</strong> 29 agosto 1991,<br />
Libero Grassi venne ucciso sotto casa<br />
da un k<strong>il</strong>ler del clan Madonia.
II<br />
domenica 28 agosto 2011<br />
LIbero neL nome<br />
Libero. Non un nome, ma un aggettivo,<br />
diceva lui, che fin dall’inizio<br />
lo inquadra al di sopra <strong>della</strong><br />
normalità, al di sopra delle consuetudini.<br />
Ma qual è quell’uomo che non<br />
vuole essere libero? E la libertà non si<br />
svende, si possiede.<br />
Libero Grassi nasce a Catania <strong>il</strong> 21 luglio<br />
1924. Il padre Arturo è un catanese,<br />
uomo dal carattere diffic<strong>il</strong>e e scostante,<br />
molto alto, dal prof<strong>il</strong>o secco e puro, che<br />
ostenta la distanza paterna dai figli tipica<br />
del secolo decimonono in cui è nato<br />
e cresciuto. La madre Luigia Macchia, di<br />
origini abruzzesi è, al contrario, sempre<br />
felice e allegra, esibisce una serenità impenetrab<strong>il</strong>e<br />
qualsiasi cosa possa accadere<br />
sia ai figli che al resto del mondo. Non<br />
perde mai però una certa aura di signor<strong>il</strong>ità<br />
che sembra precederla in ogni suo<br />
gesto. Possiede la semplicità e la perfezione<br />
del prof<strong>il</strong>o di Alida Valli, e questo<br />
le conferisce un fascino particolare. Calma<br />
e sorridente, ama vestire all’ultima<br />
moda, sfoggiare delle to<strong>il</strong>ette innovative<br />
ed estremamente raffinate, incorniciate<br />
sempre da un cappello da forme e colori<br />
all’ultima moda. Ama occuparsi dei suoi<br />
due figli: Giuseppe, detto Pippo, <strong>il</strong> maggiore<br />
e Libero, <strong>il</strong> piccolo di casa, <strong>il</strong> più<br />
vezzeggiato e coccolato. Luigia fa parte di<br />
quella schiera di donne <strong>della</strong> media e alta<br />
borghesia imprenditoriale che passano <strong>il</strong><br />
proprio tempo a organizzare cene di beneficenza,<br />
eventi culturali e non solo; non<br />
manca mai ad esempio alle Feste sportive<br />
di Palermo che comprendono anche<br />
la Targa Florio, in cui più di una volta fa<br />
da madrina e assegna le coppe ai vincitori;<br />
la «gara di canotti automob<strong>il</strong>i», ossia<br />
i motoscafi; le gare ciclistiche; ippiche e<br />
ancora le battaglie di fiori che riempiono<br />
la brezza <strong>della</strong> città di profumi di zagara<br />
e limoni. Una delle sue feste preferite è<br />
<strong>il</strong> Carnevale per cui fa confezionare degli<br />
abiti per entrambi i figli. Libero per i<br />
suoi lineamenti più femminei viene spesso<br />
travestito da damina, con un lungo e<br />
pomposo abitino di satin e pizzo e una<br />
parrucca di boccoli d’oro. Pippo, invece,<br />
che è più alto, interpreta <strong>il</strong> cavaliere o <strong>il</strong><br />
principe. In occasione di un Carnevale a<br />
Libero viene cucito un vestito da grappolo<br />
d’uva, con cui si mette a dura prova la<br />
sua compostezza essendo riempito, dalla<br />
testa alla cinta, di acini di vetro.<br />
Nel 1931 <strong>il</strong> padre diventa dirigente <strong>della</strong><br />
Croff di Palermo e la famiglia si trasferisce<br />
nel capoluogo sic<strong>il</strong>iano in un grande<br />
appartamento in Via Dante, strada in cui<br />
all’epoca la «Palermo bene», la Palermo<br />
che conta qualcosa in città, si riunisce.<br />
Appena un anno dopo, però, traslocano<br />
in un palazzo signor<strong>il</strong>e di Via Alfonso<br />
Borrelli, vicino Piazza Croci. La madre<br />
di Libero piange per un mese e si dispera<br />
perché si sono spostati «in campagna»,<br />
e questo macchia la sua condizione di<br />
grandama <strong>della</strong> città.<br />
Palermo è in quegli anni ricca d’arte, di<br />
intellighenzia, di poeti, di scrittori e di<br />
speranze. In quel periodo nasce <strong>il</strong> Gruppo<br />
dei Quattro, una scuola artistica formata<br />
da Nino Franchina, Lia Noto Pasqualino,<br />
Renato Guttuso e Giovanni Barbera. Si<br />
respira un’aria di serenità e prospettiva in<br />
cui ognuno pensa di poter portare a termine,<br />
(sotto l’autorizzazione del Regime,<br />
ovviamente) i propri progetti di vita.<br />
La famiglia Grassi trascorre le vacanze<br />
o nelle campagne catanesi o esplorando<br />
le località di mare <strong>della</strong> provincia di Palermo.<br />
Altre volte i genitori preferiscono<br />
lasciare i figli con i nonni e partire alla<br />
volta di panorami e Paesi più esotici,<br />
Libero Grassi nasce a Catania<br />
<strong>il</strong> 21 luglio 1924. Il padre<br />
Arturo è un catanese, uomo dal<br />
carattere diffic<strong>il</strong>e e scostante,<br />
molto alto, dal prof<strong>il</strong>o secco e<br />
puro, che ostenta la distanza<br />
paterna dai figli tipica del secolo<br />
decimonono in cui<br />
è nato e cresciuto<br />
come nell’estate 1937 in cui si recano<br />
a Tripoli, dove si d<strong>il</strong>ettano in gite su<br />
cammelli e in visite negli splendidi siti<br />
archeologici romani.<br />
Libero cresce nella sua città adottiva<br />
che ha imparato ad amare. Dopo una<br />
br<strong>il</strong>lante carriera alle scuole elementari<br />
e medie, tra assembramenti e Sabati<br />
Fascisti frequenta <strong>il</strong> Vittorio Emanuele,<br />
liceo classico storico <strong>della</strong> città di fronte<br />
alla Cattedrale di Palermo. Sono questi gli<br />
anni in cui sv<strong>il</strong>uppa una concreta ost<strong>il</strong>ità<br />
al Regime, assumendo e manifestando<br />
«pacifici» atteggiamenti antifascisti.<br />
Libero trascorre l’adolescenza tra i libri<br />
e lo sport. Grazie al suo corpo robusto e<br />
muscoloso e alla sua fibra tenace e combattiva<br />
si dedica al basket, al tennis e alla<br />
scherma, disciplina quest’ultima in cui<br />
eccelle. La passione <strong>della</strong> vela, diventata<br />
oggi una tradizione nella famiglia Grassi,<br />
gli sarà invece trasmessa in seguito da sua<br />
moglie Pina. Allo scoppio <strong>della</strong> Seconda<br />
Guerra Mondiale la famiglia decide di<br />
trasferirsi a Roma dalla nonna materna,<br />
perché nella capitale i bombardamenti<br />
sarebbero stati limitati. Libero vuole intraprendere<br />
gli studi universitari iscrivendosi<br />
alla facoltà di scienze politiche. Un<br />
desiderio infranto presto dalla guerra:<br />
sebbene nella grande città i raid aerei siano<br />
meno intensi, l’arruolamento è invece<br />
più frequente. I tedeschi, nel rastrellare<br />
quante più forze possib<strong>il</strong>i tra i vecchi alleati<br />
italiani, richiamano anche Libero. Lui<br />
da sempre è antim<strong>il</strong>itarista: odia le parate<br />
m<strong>il</strong>itari, le sf<strong>il</strong>ate dei bal<strong>il</strong>la, non vuole<br />
combattere, sparare contro suoi sim<strong>il</strong>i,<br />
uccidere uomini diversi solo per <strong>il</strong> colore<br />
<strong>della</strong> propria uniforme. Decide allora di<br />
scappare: riesce a nascondersi in un convento<br />
di carmelitani. Libero, laico fino<br />
all’ultima fibra, si traveste da seminarista<br />
Pina e Libero sul terrazzo di casa, nell’estate del 1991<br />
e inizia a condurre una vita riservata, sotto<br />
le ombrose e serene luci del chiostro di<br />
Santa Maria <strong>della</strong> Minerva. Quando gli<br />
americani entrano a Roma abbandona <strong>il</strong><br />
s<strong>il</strong>enzioso convento, perché se non avesse<br />
preso i voti sarebbe stato processato<br />
per non essere andato in guerra, per aver<br />
disertato. Ma dalla vita vuole tutt’altro<br />
che le placide comodità <strong>della</strong> preghiera.<br />
>>Invito alla<br />
Libero in fabbrica dopo la denuncia alla polizia <strong>della</strong> tentata estorsione<br />
Nei sogni di gioventù Libero vorrebbe intraprendere<br />
la carriera diplomatica, viaggiare,<br />
conoscere nuove realtà, servire <strong>il</strong><br />
proprio Stato, personalmente. Invece, al<br />
finir <strong>della</strong> guerra, nel 1945, con la famiglia<br />
torna a Palermo dove riprende gli studi<br />
interrotti e si laurea così in giurisprudenza.<br />
Durante questi anni partecipa a<br />
molti tornei di scherma e inizia a gioca-
lettura>><br />
Manifestazione del Partito radicale a piazza Politeama, Palermo<br />
re nella squadra palermitana di basket.<br />
La guerra ha cambiato tutti. Quello che<br />
si pensava di poter fare prima ora sembra<br />
superfluo. Chi ha combattuto e ucciso è<br />
soffocato dai ricordi di morte e sterminio,<br />
dall’odore di putrefazione, è perseguitato<br />
dai volti delle persone care che non ci<br />
sono più. Chi è nato e cresciuto sotto <strong>il</strong><br />
fascismo e per questo ha lottato, si sen-<br />
te smarrito e colpevole, ha ancora nella<br />
testa <strong>il</strong> frastuono dei bombardamenti e<br />
la percezione che da un momento all’altro<br />
risuoneranno le sirene del-l’allarme<br />
bombe. Si cerca di tornare a una, anche<br />
se diffic<strong>il</strong>e, normalità. E la base di una vita<br />
normale è fatta anche dal lavoro.<br />
La carriera legale a Libero sembra troppo<br />
aleatoria. Sente <strong>il</strong> bisogno di cose con-<br />
Il sapore del sole si confonde<br />
con quello del mare, che però<br />
Palermo, un tempo chiamata<br />
Panormus, ‘città tutto porto’,<br />
ha es<strong>il</strong>iato lontano, confinandolo<br />
a una striscia indefinita<br />
sulla linea dell’orizzonte.<br />
Qualche volta del mare<br />
si sente solo <strong>il</strong> profumo<br />
crete, di produrre con le proprie mani<br />
oggetti per la vita quotidiana. L’economia<br />
sta riprendendo <strong>il</strong> suo corso, soprattutto<br />
in Lombardia, e così con <strong>il</strong> fratello Pippo<br />
parte per <strong>il</strong> Nord con in testa <strong>il</strong> sogno di<br />
diventare imprenditore: poca esperienza,<br />
ma tanta voglia di fare. In breve tempo,<br />
grazie all’aiuto di un amico m<strong>il</strong>anese conosciuto<br />
negli anni <strong>della</strong> guerra, mette su<br />
una fabbrica di cucirini, di spagnolette a<br />
Gallarate, nascosta cittadina tra Biella,<br />
M<strong>il</strong>ano e Torino. L’inizio è davvero al di<br />
sopra di ogni migliore aspettativa! Vendono<br />
tantissimo e senza nessun problema.<br />
La fortuna del principiante, o forse quella<br />
voglia di fare, quella sensazione di avere <strong>il</strong><br />
mondo ai propri piedi e di poter realizzare<br />
qualsiasi cosa, come solo a vent’anni si<br />
può fare, riescono a dare la spinta giusta<br />
e l’ottimismo per andare avanti (senza in<br />
realtà avere delle solide basi di partenza).<br />
Quando però riaprono le «vere» fabbriche<br />
di cucirini i fratelli Grassi sono costretti<br />
a chiudere. Non riescono, infatti,<br />
più a competere con i veterani del settore.<br />
Il f<strong>il</strong>o da cucire che producono è fatto<br />
di soli due f<strong>il</strong>amenti attorcigliati mentre<br />
quello realizzato negli stab<strong>il</strong>imenti più<br />
all’avanguardia è composto da tre. A quel<br />
punto Libero e Pippo hanno due sole possib<strong>il</strong>ità:<br />
risistemare gli impianti dell’industria<br />
e riprendere a lavorare o andare via.<br />
In quel periodo la nostalgia <strong>della</strong> propria<br />
terra è diventata quasi insopportab<strong>il</strong>e: la<br />
mancanza del mare, di quel lento e incessante<br />
scorrere delle onde, così fam<strong>il</strong>iare e<br />
così tranqu<strong>il</strong>lizzante, pesa in particolare<br />
sul-l’animo di Libero. Forse quella è la<br />
scint<strong>il</strong>la che negli anni Cinquanta fa decidere<br />
ai due di tornare a Palermo. Una<br />
volta in Sic<strong>il</strong>ia non perdono, però, la loro<br />
vocazione di imprenditori e creano perciò<br />
la Mima, industria manifatturiera di<br />
domenica 28 agosto 2011 III<br />
biancheria femmin<strong>il</strong>e, con più di 250 maestranze,<br />
con sede nei vecchi locali <strong>della</strong><br />
Ceramica Florio. L’azienda diventa dopo<br />
poco tempo la seconda fabbrica in Italia<br />
per produzione di biancheria femmin<strong>il</strong>e.<br />
Pippo si occupa <strong>della</strong> parte commerciale,<br />
va in giro per l’Italia con <strong>il</strong> catalogo facendo<br />
<strong>il</strong> rappresentante, e in questi suoi giri<br />
conosce la sua futura moglie, Armanda, di<br />
Ferrara. Libero organizza e segue la lavorazione<br />
rimanendo in fabbrica a Palermo:<br />
la raffinatezza nello scegliere le stoffe e i<br />
disegni dei capi l’ha ereditata dalla madre<br />
Luigia, dal padre ha invece preso la determinazione<br />
e l’esuberanza commerciale. È<br />
questo l’inizio <strong>della</strong> sua carriera di industriale<br />
nell’isola.<br />
Capitolo Primo<br />
Una moglIe dI troPPo<br />
…Il sole di Palermo<br />
Nasce dal notturno<br />
Ondeggiare delle lapidi dell’anima<br />
Arde fuochi astrali<br />
Sale e maree di popolo.<br />
Sole di Palermo<br />
Sole del Sud<br />
Così lontano cammina<br />
Con passi di tigre<br />
Cresce tra le foglie ed <strong>il</strong> vento.<br />
Tutto è rumore<br />
Economia di penne.<br />
Rotola nell’utero<br />
Della terra<br />
Piange con dita bruciate<br />
Eterna<br />
Inerte nenia<br />
Nei cuori palpitanti.<br />
Sole di Palermo, PAOLO SERRA<br />
Quando si arriva a Palermo la prima<br />
cosa che colpisce è la luce: è<br />
una luce diversa che si insinua tra<br />
i vicoli del centro storico, che diventa<br />
rosa al tramonto, quando sta per<br />
arrivare l’estate. È una luce generosa che<br />
riempie gli occhi di un sole caldo e inaspettato.<br />
Desta e allo stesso tempo intorpidisce,<br />
porta con sé una lontana elegia<br />
<strong>della</strong> lentezza, induce ad aspettare, a<br />
rimanere in attesa di un attimo particolare<br />
ancora da vivere. Il sapore del sole si<br />
confonde con quello del mare, che però<br />
Palermo, un tempo chiamata Panormus,<br />
‘città tutto porto’, ha es<strong>il</strong>iato lontano,<br />
confinandolo a una striscia indefinita<br />
sulla linea dell’orizzonte. Qualche volta<br />
del mare si sente solo <strong>il</strong> profumo: ogni<br />
tanto, quando soffia la brezza al tramonto,<br />
chiudendo gli occhi arriva quel<br />
sapore di sale che ad ogni palermitano<br />
accende ricordi e riesce per un secondo<br />
a fermare <strong>il</strong> tempo e a portare indietro la<br />
memoria a quando tutto è iniziato.<br />
Palermo un tempo era piena di spiagge e<br />
stab<strong>il</strong>imenti balneari. C’era quello dei fratelli<br />
Carini, chiamato Stab<strong>il</strong>imento delle<br />
Sirene, al Foro Italico di fronte a Porta Felice.<br />
Particolare era non solo la vicinanza<br />
alla città ma anche la struttura: aveva al<br />
centro una terrazza in legno coperta e ai<br />
lati due bracci su cui si sv<strong>il</strong>uppavano le<br />
cabine. Nelle inserzioni pubblicitarie del<br />
tempo si leggeva: «Costruito sul mare, per<br />
comodità dei suoi ospiti che tra una tazza<br />
di tè e un bicchierino Triple, si estasiano<br />
e sognano davanti l’incantevole cobalto<br />
del cielo e del mare». Il tratto di costa in<br />
cui tuttavia sorgevano più strutture<br />
Estratto tratto da “Libero. L’imprenditore<br />
che non si piegò al pizzo”<br />
di Chiara Caprì e Pina Maisano Grassi,<br />
(C) 2011 Alberto Castelvecchi Editore srl
IV domenica 28 agosto 2011<br />
>>Invito alla lettura>><br />
era quello compreso fra <strong>il</strong> porticciolo<br />
di Sant’Erasmo e le coste di Romagnolo,<br />
Sperone, Bandita e Acqua dei Corsari. Sul<br />
litorale Romagnolo c’era <strong>il</strong> Risorgimento<br />
Italiano, un «grande Stab<strong>il</strong>imento balneare<br />
per sole donne e marito e moglie, fornito<br />
di acqua di Sc<strong>il</strong>lato», come reclamizzato<br />
in un calendario pubblicitario del 1899.<br />
Tra tutte le strutture del litorale questa<br />
era sicuramente la più bella ed elegante.<br />
Accanto allo stab<strong>il</strong>imento c’era un locale:<br />
la Taverna del Tiro, così chiamata perché<br />
in prossimità <strong>della</strong> stessa si trovava <strong>il</strong> tiro<br />
al piccione dove, prima dell’avvento degli<br />
animalisti, i gent<strong>il</strong>uomini si esercitavano a<br />
sparare ai volat<strong>il</strong>i.<br />
Sul marciapiede antistante l’attuale bar Da<br />
Ilardo, i venditori di calia e semenza disponevano<br />
i loro prodotti cosparsi di sale per<br />
farli essiccare. Con i raggi solari <strong>il</strong> sale br<strong>il</strong>lava<br />
creando così uno splendido effetto che<br />
faceva dell’orizzonte una striscia lucente.<br />
Un giorno di agosto dell’estate del 1941<br />
Pina con sua madre e sua sorella Nora, di<br />
due anni più grande, si reca proprio alla<br />
Taverna del Tiro per incontrare un’amica<br />
<strong>della</strong> madre, la signora Recagni. Con lei<br />
c’è la figlia Anna, compagna di classe <strong>della</strong><br />
sorella di Pina e di un giovanotto, alto, con<br />
una folta capigliatura bruna, un naso importante<br />
ma proporzionato per quel volto,<br />
dal fisico sportivo e dallo sguardo altero e<br />
supponente, con occhi che sanno di piacere,<br />
e anche molto. Il suo nome è Libero<br />
Grassi. Questi «è ingrizzato», come si diceva<br />
allora, con la sorella di Anna, sono cioè<br />
fidanzatini. Vuoi per l’età, vuoi per le arie<br />
che Libero si dà, muovendosi, parlando e<br />
soprattutto ignorando le due tredicenni, la<br />
prima impressione di Pina è quella di «un<br />
enorme pallone gonfiato, per carità molto<br />
molto bello, ma che si dava troppe arie».<br />
Un f<strong>il</strong>o leggero di trucco, capelli corti, un<br />
abitino bianco all’ultima moda. Se non fosse<br />
per i capelli canuti e qualche ruga io e Pina<br />
potremmo sembrare addirittura coetanee.<br />
La sua vitalità, <strong>il</strong> suo ottimismo appaiono<br />
gli stessi di quando aveva vent’anni. Però,<br />
in realtà, lei ne ha 83, io neanche 25. Tante<br />
generazioni ci dividono, eppure ci siamo<br />
trovate così fac<strong>il</strong>mente, per una splendida<br />
sincronicità. È da pochi giorni passato <strong>il</strong> 29<br />
agosto del 2010, <strong>il</strong> diciannovesimo anniversario<br />
<strong>della</strong> morte di Libero Grassi. Durante<br />
l’estate avevo visto un documentario sulla<br />
sua vita e sulla sua famiglia che ha scatenato<br />
la mia curiosità: volevo sapere di più<br />
sull’uomo che si nascondeva dietro l’eroe<br />
antimafia, comprendere <strong>il</strong> legame con la<br />
sua famiglia e con la sua compagna di vita.<br />
Decido allora di andare a trovare Pina: lei<br />
mi stava aspettando, attendeva cioè che<br />
qualcuno dei suoi «nipoti» acquisiti di Addiopizzo2<br />
le chiedesse di ripercorrere le<br />
tappe <strong>della</strong> sua vita con Libero. Iniziamo<br />
così a incontrarci con cadenza quasi settimanale<br />
nella sua casa di Via D’Annunzio.<br />
Incominciano lunghe chiacchierate tra<br />
«nonna» e «nipote», sempre più intime e<br />
personali. Ci scambiamo le opinioni sulla<br />
vita politica presente, mettendola a confronto<br />
con quella del passato; ridiamo dei<br />
nostri amori trascorsi e delle piccole disavventure<br />
ad essi legate. In questi splendidi<br />
momenti mi rende partecipe delle sue memorie,<br />
le affida a me che in questo breve<br />
tempo sono diventata la sua «nipote» preferita,<br />
quella che le si accoccola accanto e<br />
si ferma ad ascoltare. Tra un bicchiere di<br />
passito e qualche oliva saporita, divertita<br />
per quei ricordi lontani, Pina prosegue <strong>il</strong><br />
suo racconto:<br />
Dopo praticamente dieci anni da quel primo<br />
incontro, che aveva suscitato diverse e<br />
contrastanti impressioni, lo rividi. Ci ritrovammo<br />
dopo l’età ingrata dell’adolescenza,<br />
quando la guerra era finalmente alle spal-<br />
Un giovanissimo Libero sulla spiaggia di Mondello<br />
le. Ci trovavamo a casa<br />
di amici, dove spesso si<br />
incontra <strong>il</strong> proprio compagno<br />
di vita. La mia migliore<br />
amica, Beatrice, ma<br />
da tutti chiamata Bice, si<br />
era sposata nel 1950 a soli<br />
ventidue anni con un prestante<br />
giocatore di basket<br />
<strong>della</strong> squadra <strong>della</strong> città<br />
di Palermo, Aldo Salatiello.<br />
Lui aveva conosciuto<br />
Libero perché giocavano insieme a basket.<br />
Questi era diventato alto più di un metro e<br />
ottanta, <strong>il</strong> suo carattere si era ingent<strong>il</strong>ito e<br />
aveva perso quell’aria arrogante e sfrontata<br />
che lo contraddistingueva a diciassette<br />
anni. Dopo <strong>il</strong> viaggio di nozze, Aldo e Bice<br />
organizzarono una festicciola con gli amici<br />
nella loro nuova casa, alla quale sia io<br />
che Libero venimmo invitati. Fu amore a<br />
prima vista. L’intesa intellettuale, <strong>il</strong> rispetto,<br />
la passione e l’affetto furono, con alterne<br />
vicende, perché litigavamo spesso, sempre<br />
gli stessi da quel primo momento fino all’ultimo<br />
saluto davanti all’ascensore quella<br />
mattina del 29 agosto 1991.<br />
Pina ha ventisei anni,<br />
Libero quattro di più.<br />
Tutti sono contrari a<br />
quell’unione, persino<br />
la sorella di lei,<br />
la quale dovrebbe<br />
essere, per le sue<br />
idee progressiste,<br />
più «moderna»<br />
Pina ha ventisei anni, Libero quattro di più.<br />
Tutti sono contrari a quell’unione, persino<br />
la sorella di lei, la quale dovrebbe essere,<br />
per le sue idee progressiste, più «moderna».<br />
Libero è sicuramente un buon partito:<br />
gent<strong>il</strong>e e premuroso e, da come guarda e<br />
ammira Pina, davvero innamorato. Ha anche<br />
una buona posizione sociale ed economica.<br />
È, però, divorziato e per quegli anni si<br />
tratta di un pessimo requisito: dunque un<br />
uomo da tenere alla larga. Mentre viveva a<br />
Roma Libero si è, infatti, invaghito di un’indossatrice.<br />
Labbra carnose, slanciata, dai<br />
capelli morbidi e castani, <strong>il</strong> puer<strong>il</strong>e sogno<br />
di ogni uomo. Facendosi<br />
prendere dal fuoco <strong>della</strong><br />
passione, forse dettata<br />
dalla giovane età, decide<br />
di sposarla. La mo<strong>della</strong> è<br />
molto credente e la sua<br />
famiglia pretende <strong>il</strong> matrimonio<br />
religioso. Viene<br />
organizzata una pomposa<br />
cerimonia in chiesa,<br />
richiesta dalla moderata<br />
notorietà <strong>della</strong> sposa e<br />
dagli impulsi di magnificenza <strong>della</strong> stessa.<br />
L’iniziale passione presto scema nella routine<br />
quotidiana e non essendoci alla base un<br />
amore vero, interessi comuni, affinità spirituali,<br />
i due novelli sposini decidono di separarsi.<br />
Ma all’epoca la legge sul divorzio è<br />
ancora lontana. Viene intrapreso quindi un<br />
procedimento legale presso la Sacra Rota.<br />
Per un anno e più gli avvocati delle due<br />
parti cercano prove a sostegno <strong>della</strong> tesi<br />
che Libero, non essendo credente, è stato<br />
costretto a contrarre <strong>il</strong> matrimonio religioso,<br />
un espediente per annullare l’unione.<br />
Si interrogano i parenti stretti <strong>della</strong> sposa,<br />
ma soprattutto quelli del «non credente»,<br />
per sondare un’effettiva e duratura mancanza<br />
di credo. Scendono pure in Sic<strong>il</strong>ia,<br />
a Palermo e poi a Catania, per interrogare<br />
gli amici e i conoscenti. Tutti da ogni parte<br />
confermano che Libero è ateo (per fortuna<br />
<strong>il</strong> periodo del falso ritiro in convento viene<br />
ignorato). Arriva così l’annullamento che<br />
porta la libertà ai due – ormai ex – sposi,<br />
una profumata parcella all’avvocato svizzero<br />
del signor Grassi e la clausola per Libero<br />
di non potersi più sposare in chiesa.<br />
«Con Libero andavamo al cinema, a teatro<br />
e poi ci amavamo dentro la sua macchina,<br />
una vecchia Saab all’ultima moda.<br />
Era di una scomodità incredib<strong>il</strong>e, ma non<br />
avevamo altro posto». E da quegli abbracci<br />
scomodi ma intensi stava nascendo un<br />
figlio. Dopo la proposta di matrimonio da<br />
parte di Libero, la tranqu<strong>il</strong>lità <strong>della</strong> famiglia<br />
Maisano si perde ogni giorno di più: Pina,<br />
«prima cocca <strong>della</strong> mamma» diventa la delusione,<br />
<strong>il</strong> problema, <strong>il</strong> pensiero del padre.<br />
«Mi continuavano a ripetere che avrei dovuto<br />
fare come mia sorella Nora, che le famiglie<br />
per bene fanno così», mi confessa.<br />
Nora, infatti, aveva conosciuto, all’Istituto<br />
Zoo Prof<strong>il</strong>attico, Carmelo, imponente<br />
uomo di Canicattì e se l’era sposato con<br />
un grandioso matrimonio in bianco e<br />
merletti nella Bas<strong>il</strong>ica di Assisi. Il padre<br />
di Pina per scoraggiare la propria figlia<br />
dall’unirsi in matrimonio con un divorziato,<br />
(con quanto ribrezzo pronunciava<br />
questa parola!), si appella al buon nome<br />
dei Maisano. Rincara la dose affermando<br />
che «mai e poi mai queste cose erano accadute<br />
nella nostra famiglia». Tralasciando,<br />
però, l’esperienza del fratello minore<br />
del padre, Nicola, che aveva «infangato <strong>il</strong><br />
nome <strong>della</strong> stirpe quando si era ripetutamente<br />
lasciato travolgere dalla passione<br />
per una donna africana, con moglie e figli<br />
a casa. Ma essendo un uomo, sciocchezzuole,<br />
corbellerie, per dirla tutta, cose da<br />
uomini, errori di gioventù», commenta lei<br />
oggi divertita al ricordo.<br />
Così Pina per non sentire più i discorsi<br />
accorati del padre, l’ultimo anno di università<br />
è costretta a prendere una stanza<br />
in un pensionato per signorine retto dalla<br />
suore laiche Paoline, chiamato Casa<br />
<strong>della</strong> Gioventù in Piazza Ignazio Florio<br />
55. Frequenta la facoltà di architettura di<br />
Palermo, negli anni in cui vi insegnano<br />
professori <strong>il</strong>luminati del calibro di Edoardo<br />
Caracciolo e Sellerio. E durante questi<br />
primi anni universitari, prima di rincontrare<br />
Libero, si infatua di Gigi, un collega<br />
di studi più grande di dieci anni, di origine<br />
palermitana ma che aveva passato l’adolescenza<br />
a fare avanti e indietro tra M<strong>il</strong>ano e<br />
la Sic<strong>il</strong>ia. «Gigi aveva deciso di frequentare<br />
a Palermo la mia stessa facoltà lasciando<br />
però una fidanzata più grande e più esperta<br />
di me ad aspettarlo a M<strong>il</strong>ano. Io ne ero<br />
follemente innamorata ma mi sembrava<br />
interessato e indifferente allo stesso momento».<br />
A tutta questa complicata liaison<br />
si aggiunge anche Piero, figlio di un notaio<br />
delle Madonie, che ha a sua volta perso<br />
la testa per Pina. Un singolare triangolo<br />
amoroso in cui lei insegue Gigi, inseguita<br />
allo stesso tempo da Piero, ai cui inviti lei<br />
cede solo per far ingelosire <strong>il</strong> primo ma<br />
con scarsi risultati. Oggi lei sorride quando<br />
ricorda questi episodi, che sono nulla<br />
se paragonati all’amore provato per Libero,<br />
che fino alla fine le ha detto: «So che<br />
amarti è la cosa più bella che abbia fatto<br />
in questi ultimi 30 anni».<br />
Capitolo Terzo<br />
Estratto tratto da “Libero. L’imprenditore<br />
che non si piegò al pizzo”<br />
di Chiara Caprì e Pina Maisano Grassi,<br />
(C) 2011 Alberto Castelvecchi Editore srl<br />
le autrici<br />
CHIARA CAPRÌ<br />
È nata a Palermo nel 1986, studentessa<br />
di Medicina e Chirurgia, è socio<br />
fondatore del Comitato Addiopizzo di<br />
Palermo.<br />
PINA MAISANO GRASSI<br />
È nata a Palermo <strong>il</strong> 29 settembre 1928.<br />
Laureata in architettura, nel 1956<br />
sposa Libero Grassi. Nel 1992 per la<br />
XI legislatura, è candidata dai Verdi al<br />
Senato ed è eletta a Torino nel collegio<br />
Fiat - Mirafiori.
A cura di Francesco Em<strong>il</strong>io Borrelli<br />
Info: Italia_notizie@yahoo.it<br />
Estate calda Lo sciopero alla ferrovia circolare è solo l’ultimo atto di una stagione di disagi per cittadini e turisti<br />
domenica 28 agosto 2011 21<br />
Vesuviana chiusa: la città si blocca<br />
Francesco Servino<br />
In periodo di crisi viene da<br />
chiedersi se sia <strong>il</strong> caso di mandare<br />
in t<strong>il</strong>t mezza provincia<br />
di Napoli per <strong>il</strong> pagamento<br />
di una mens<strong>il</strong>ità slittato semplicemente<br />
di una settimana: i dipendenti<br />
<strong>della</strong> vesuviana entrano in<br />
sciopero, e per come si configura<br />
sembrano non avere nulla da invidiare<br />
agli esosi calciatori che hanno<br />
fatto saltare la prima giornata<br />
di campionato con le loro astruse<br />
pretese. Ferme tre linee, la Napoli-<br />
Sarno-Ottaviano, la Torre Annunziata-Poggiomarino<br />
e la Napoli-<br />
San Giorgio (via Centro Direzionale).<br />
Un occhio di riguardo è stato<br />
tenuto per i turisti, che nonostante<br />
ritardi e soppressioni hanno<br />
avuto la possib<strong>il</strong>ità di spostarsi<br />
sulla linea Napoli-Sorrento (in alternativa,<br />
erano disponib<strong>il</strong>i i pullman).<br />
Decine di migliaia di utenti<br />
si sono trovati di fronte a stazioni<br />
con i cancelli chiusi, con le catene<br />
e i lucchetti, di fronte a laconici<br />
avvisi che indicavano lo sciopero<br />
a partire da Sabato 27 Agosto.<br />
Alla stazione di Pompei Santuario<br />
la gente arriva, realizza che<br />
non può partire e fa ritorno indietro.<br />
Qualcuno, però, ha necessità<br />
di spostarsi, e allora si affanna a<br />
chiedere passaggi in auto o informazioni<br />
per sapere quali pullman<br />
deve prendere. Chiusa anche la<br />
stazione di Poggiomarino, importante<br />
snodo tra le linee: i dipendenti<br />
<strong>della</strong> vesuviana si affacciano<br />
dal loro stanzino non appena<br />
Organo ufficiale d’informazione<br />
<strong>della</strong> Federazione dei Verdi<br />
Reg. Trib. di Roma n. 34 del 7/2/2005<br />
Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv.<br />
in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 c. 1 DCB - Roma<br />
La testata fruisce dei contributi<br />
di cui alla legge 7/10/ 1990 n. 250<br />
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Chiuso in redazione alle ore 19.00<br />
mi vedono arrivare. Mi osservano<br />
diffidenti, poi con molta reticenza<br />
(perché i giornalisti “non comprendono<br />
le loro ragioni”) mi spiegano<br />
che <strong>il</strong> mancato pagamento<br />
degli stipendi è quasi l’ultimo dei<br />
problemi, e che comunque non la<br />
prima volta che accade. Pertanto<br />
lo sciopero è giustificato. Chiedo<br />
di poter entrare all’interno <strong>della</strong><br />
stazione per scattare qualche fotografia<br />
ai treni fermi, mi dicono<br />
che non è possib<strong>il</strong>e farlo. Mi dirigo<br />
comunque verso i binari, faccio<br />
<strong>il</strong> giro a lungo. Incontro decine<br />
di immigrati con zaini enormi addosso<br />
che bivaccano in attesa che<br />
qualche treno, non si sa mai, riesca<br />
a partire.<br />
Un ragazzo dell’Est Europa, visib<strong>il</strong>mente<br />
spaesato e sudato, mi si<br />
avvicina e mi chiede come arrivare<br />
a Napoli. Di pullman, a Poggio-<br />
Monnezza L’emergenza rifiuti non risparmia né <strong>il</strong> centro né la periferia del capoluogo campano<br />
Nuove discariche crescono<br />
Giuseppe Parente<br />
In un’afosa settimana, con<br />
una temperatura vicina ai<br />
36 gradi e con una umidità<br />
superiore al 40%, nella città<br />
di Napoli, riesplode con inaudita<br />
forza, l’emergenza rifiuti, in<br />
virtù <strong>della</strong> quale, “democraticamente”<br />
compaiono, nei quartieri<br />
periferici come in quelli del<br />
centro, nuove discariche a cielo<br />
aperto. Senza trascurare la<br />
zona di Coroglio nonostante in<br />
quell’area siano in piena attività<br />
i lidi balneari e la Città <strong>della</strong><br />
scienza, vere e proprie attrattive<br />
per turisti e per i cittadini napoletani,<br />
Tutto questo mentre <strong>il</strong><br />
sindaco Luigi De Magistris e <strong>il</strong><br />
presidente <strong>della</strong> Provincia Luigi<br />
Cesaro, litigano ferocemente<br />
per la Coppa America.<br />
In questi giorni, come denunciano<br />
<strong>il</strong> capogruppo alla VI municipalità<br />
dei Verdi Antonio Rescigno<br />
ed <strong>il</strong> commissario regionale Fran-<br />
Terra Napoli<br />
marino, non ne passano. Mi chiede<br />
un passaggio per Ottaviano,<br />
ma gli spiego che anche quella<br />
stazione è chiusa. Allora lo faccio<br />
salire in macchina e lo accompagno<br />
a Pompei. Nel frattempo,<br />
<strong>il</strong> treno che i turisti attendevano<br />
alla stazione di V<strong>il</strong>la dei Misteri<br />
non è partito: ne approfitto per<br />
chiedere spiegazioni alla biglietteria,<br />
per capire meglio le modalità<br />
di questo sciopero. “Qualche<br />
treno passa, qualcun altro no”<br />
mi risponde sib<strong>il</strong>lino un dipendente:<br />
“Alcuni treni non passano<br />
proprio, altri subiscono dei ritardi”.<br />
Dei ritardi voluti? Non mi risponde.<br />
Perché non ci sono motivazioni<br />
tecniche alla base (in<br />
una stazione era scritto che <strong>il</strong><br />
blocco è dovuto alla “manutenzione”):<br />
i ritardi sono dovuti alla<br />
volontà dei conducenti, che in<br />
cesco Borrelli, c’è stato un rifiorire<br />
di discariche abusive, che in<br />
certi casi sono finanche diventati<br />
luogo dove abbandonare cani e<br />
gatti, come avveniva nella discarica<br />
<strong>il</strong>legale di Via Dorando Pietri,<br />
nel quartiere Ponticelli alle spalle<br />
dell’area adibita a mercato rionale,<br />
nella nottata di giovedì. Solo<br />
grazie all’intervento dei Verdi<br />
è stato possib<strong>il</strong>e evitare che<br />
un incendio potesse sprigionare<br />
nell’aria fumi tossici e nocivi per<br />
la collettività.<br />
Ad onor del vero, l’incendio di<br />
giovedì sera è già <strong>il</strong> quarto capitato<br />
nella zona orientale, dall’inizio<br />
questo modo non garantiscono<br />
nemmeno le idonee garanzie di<br />
sicurezza ai viaggiatori.<br />
è <strong>il</strong> capriccio finale di un’estate<br />
costellata di disagi che si sono<br />
notevolmente acuiti: treni<br />
sporchi, vagoni roventi, corse<br />
soppresse e ritardi ingiustificati.<br />
Perfino deragliamenti. Un<br />
servizio che diventa sempre più<br />
scadente, una situazione a cui la<br />
Regione (a cui appartiene l’Eav,<br />
società che gestisce la Circumvesuviana)<br />
non pone rimedio.<br />
Quanto a lungo durerà lo sciopero?<br />
“A oltranza”. E così un servizio<br />
di fondamentale importanza<br />
per la collettività diventa vittima<br />
di dipendenti che non hanno<br />
voglia di lavorare e delle bizze<br />
di chi viene pagato con qualche<br />
giorno di ritardo (ma, per fortuna,<br />
viene pagato).<br />
Viaggiatori alla stazione di Pompei<br />
di agosto: in un quartiere dove vivono<br />
oltre 30m<strong>il</strong>a abitanti, dove<br />
centinaia di persone grazie al Pala<br />
argine svolgono attività sportiva<br />
e dove, grazie al Parco De F<strong>il</strong>ippo,<br />
centinaia di famiglia portano<br />
i propri figli a respirare un po’<br />
d’aria buona. Area che meriterebbe<br />
un maggior controllo da parte<br />
delle forze dell’ordine ed una più<br />
attenta pulizia da parte dell’Asia.<br />
Anche <strong>il</strong> coordinatore cittadino<br />
di Futuro e libertà, Ugo Chirico,<br />
in una nota diffusa alla stampa<br />
e completata da un reportage<br />
fotografico, ha dichiarato: «A Coroglio,<br />
vicino agli uffici dell’Arin,<br />
Festival<br />
Sal da Vinci<br />
per l’Augustfest<br />
Ilenia De Rosa<br />
Vico Equense si trasformerà<br />
nella capitale <strong>della</strong> birra.<br />
Il “Vico Augustfest” comincia<br />
venerdì 26 e prevede<br />
una serie di appuntamenti,<br />
tra cui l’attesissimo concerto<br />
di Sal da Vinci previsto<br />
per domenica 28. Sarà una<br />
tre giorni dedicata alla birra<br />
e al divertimento ispirata<br />
all’ “Oktoberfest”, rinomata<br />
festa tedesca. Sarà un evento<br />
caratterizzato da gastronomia,<br />
bancarelle, musica<br />
e attrazioni. Ad organizzarla<br />
è l’Associazione Centro<br />
equano formazione professionale,<br />
in collaborazione<br />
con l’Ascom e con <strong>il</strong> patrocinio<br />
del Comune, con<br />
l’obiettivo di trasformare la<br />
città in una piccola Monaco<br />
ed attrarre visitatori e turisti.<br />
Punta di diamante <strong>della</strong><br />
kermesse, Sal da Vinci col<br />
concerto, tappa del suo “Live<br />
tour 2011”, di domenica<br />
nel Chiostro <strong>della</strong> Santissima<br />
Trinità. E’ necessario <strong>il</strong><br />
biglietto (si può acquistare<br />
on-line sul sito www.teatromio.it<br />
al costo di 25 euro).<br />
a poche centinaia di metri dagli<br />
stab<strong>il</strong>imenti balneari e dalla Città<br />
<strong>della</strong> scienza vi è una vera e propria<br />
discarica a cielo aperto, con<br />
rifiuti di ogni genere, in un’area<br />
dedicata al parcheggio delle auto.<br />
Per questo sarebbe auspicab<strong>il</strong>e<br />
che l’assessore all’igiene, <strong>il</strong><br />
sindaco De Magistris, la giunta,<br />
<strong>il</strong> consiglio comunale si dessero<br />
da fare per risolvere, nel più breve<br />
tempo possib<strong>il</strong>e, i veri problemi<br />
<strong>della</strong> città, anziché continuare<br />
ad inseguire complicate chimere,<br />
sicuramente in questo determinato<br />
periodo irraggiungib<strong>il</strong>i<br />
per la nostra città».<br />
L’intervento dei Verdi<br />
impedisce <strong>il</strong> rogo<br />
rituale dei rifiuti<br />
nell’ennesimo<br />
sito ut<strong>il</strong>izzato per<br />
scaricare immondizia.<br />
De Magistris sotto tiro
domenica 28 agosto 2011 23<br />
Focus volta vedrà un acceleratore di particelle al servizio degli studi sul cambiamento climatico<br />
Vento solare e atmosfera<br />
Nello spazio i segreti del cielo<br />
Alessio Nannini<br />
I<br />
n che modo l’atmosfera<br />
terrestre subisce l’influenza<br />
dell’universo? E anzitutto,<br />
è possib<strong>il</strong>e una correlazione<br />
fra <strong>il</strong> clima e ciò che investe<br />
<strong>il</strong> nostro pianeta nel suo peregrinare<br />
nel cosmo e intorno<br />
al Sole? A queste due domande<br />
sta cercando una risposta <strong>il</strong><br />
progetto Cloud, acronimo molto<br />
indovinato (in inglese sta infatti<br />
per “nuvola”) per Cosmic<br />
Leaving Outdoor Droplets, che<br />
gli scienziati del Cern di Ginevra<br />
stanno portando avanti ormai<br />
dal 2006. A sei anni di distanza,<br />
è possib<strong>il</strong>e tirare un<br />
primo b<strong>il</strong>ancio, sebbene i lavori<br />
siano destinati a proseguire,<br />
e lo facciamo con Teodoro<br />
Georgatis, biometeorologo del<br />
Cnr con <strong>il</strong> quale andiamo ad affrontare<br />
la questione degli effetti<br />
sull’ambiente delle radia-<br />
zioni provenienti<br />
dallo spazio.<br />
Partiamo proprio<br />
dal principio, e<br />
cioè dall’ipotesi<br />
che ci sia un rapporto<br />
fra ciò che<br />
accade nei nostri<br />
cieli e le particelleextraterrestri<br />
che investono<br />
<strong>il</strong> nostro pianeta.<br />
Come nasce questa idea?<br />
Nasce perché fondamentalmente<br />
<strong>il</strong> clima non è altro che<br />
la partizione dell’energia solare<br />
sulla superficie terrestre<br />
mediante determinati processi<br />
di tipo energetico: per esempio<br />
l’aumento <strong>della</strong> temperatura<br />
oppure l’evaporazione delle acque.<br />
Tutti questi sono processi<br />
di trasformazione dell’energia<br />
solare. Le nubi, in particolare,<br />
svolgono una funzione modulatrice<br />
<strong>della</strong> quantità di ingresso<br />
<strong>della</strong> radiazione solare sulla<br />
superficie. Ovvero agisce come<br />
un f<strong>il</strong>tro: le nubi basse, ossia i<br />
grandi cumuli, quando sono<br />
presenti tendono a raffreddare<br />
perché bloccano l’ingresso<br />
<strong>della</strong> radiazione solare; quando<br />
ci troviamo invece in presenza<br />
di nubi alte, come i cirri<br />
e gli stratocirri, che sono molto<br />
più sott<strong>il</strong>i, la quota di radiazione<br />
passa quasi interamente.<br />
La conseguenza in questo caso<br />
è di effetto serra, in quanto poi<br />
retro-riflettono la radiazione.<br />
Dunque, a seconda del tipo di<br />
nuvola, si hanno effetti climatici<br />
diversi, e quante più nuvole<br />
si formano, tanto più incidono<br />
sulla quota totale di radia-<br />
Incontro con<br />
<strong>il</strong> bioclimatologo<br />
Georgatis: “Sarà<br />
un primo passo<br />
importante per<br />
capire come <strong>il</strong><br />
cosmo influisce<br />
nella formazione<br />
delle nubi”<br />
Focus I ricercatori del Cern di Ginevra stanno lavorando al progetto Cloud, che per la prima<br />
zione entrata o<br />
retroriflessa.<br />
Dunque un<br />
aspetto importante<br />
è quella<br />
alla base <strong>della</strong><br />
formazione delle nuvole. Come<br />
avviene?<br />
Affinché si formi una nube si<br />
ha bisogno di tre elementi: ovviamente<br />
occorre <strong>il</strong> vapore, poi<br />
è necessario un abbassamento<br />
di temperatura che permetta<br />
la condensazione di questo<br />
vapore. Infine ce n’è un terzo,<br />
molto importante, senza del<br />
quale la condensazione non<br />
sarebbe possib<strong>il</strong>e: è <strong>il</strong> nucleo<br />
di condensazione, che può essere<br />
una qualunque cosa: una<br />
particella, uno ione carico, e<br />
soprattutto ciò che abbiamo<br />
molto presente in atmosfera,<br />
gli aerosol.<br />
E come incide, se incide, lo<br />
spazio nella formazione delle<br />
nuvole?<br />
Per via dei raggi cosmici, che<br />
sono particelle cariche che arrivano<br />
sulla Terra anche a livello<br />
galattico, dunque da altri<br />
sistemi solari, che impattano<br />
con ciò che è presente in atmosfera<br />
dando luogo a delle ionizzazioni<br />
che possono contribuire<br />
a formare aerosol, e quindi<br />
a dare vita alle nubi. Diciamo<br />
che in presenza di flussi di<br />
raggi cosmici dovremmo avere<br />
>>Scienza>><br />
un aumento di condensazione.<br />
Sotto l’espressione “raggi cosmici”<br />
si intende tutto, dalle<br />
radiazioni solari alle particelle<br />
provenienti da galassie<br />
remote?<br />
Sì, si intende ogni cosa: le particelle<br />
in questione sono generate<br />
da molti fenomeni,<br />
dall’esplosione di una supernova<br />
alle galassie più remote... tutto<br />
ciò che permea lo spazio può<br />
arrivare a noi. Ma è fondamentale<br />
sottolineare l’importanza<br />
dell’attività solare che, avendo<br />
al suo interno reazioni termonucleari<br />
come ogni stella,<br />
emette flussi di particelle conosciuti<br />
come vento solare. O anche<br />
le macchie solari, anch’esse<br />
legate all’attività magnetica del<br />
Sole e che hanno una variab<strong>il</strong>ità<br />
circa undecennale e modulano<br />
<strong>il</strong> campo magnetico solare e<br />
l’intensità del vento solare.<br />
Come agisce <strong>il</strong> vento solare<br />
sulla Terra?<br />
Attualmente è in studio un’ipotesi<br />
secondo la quale durante<br />
i periodi di forte vento solare,<br />
questo proteggerebbe la Terra<br />
dai raggi cosmici, andando<br />
di fatto a formare un guscio<br />
protettivo per deviare le particelle<br />
di provenienza galattica.<br />
Quindi, in presenza di un’attività<br />
solare di questo tipo, si<br />
potrebbero registrare temperature<br />
più elevate a causa del-<br />
la minore formazione di nubi.<br />
E c’è una corrispondenza?<br />
Per poter parlare di corrispondenza<br />
dovremmo avere un<br />
meccanismo di tipo statistico.<br />
Possiamo dire che una teoria<br />
di questo tipo potrebbe trovare<br />
qualche consonanza. Ma sono<br />
processi di conoscenza in<br />
divenire.<br />
Questo è anche uno dei risultati<br />
che <strong>il</strong> progetto Cloud<br />
si prefigge di raggiungere. In<br />
che modo?<br />
Il progetto Cloud è tecnicamente<br />
la creazione di una camera<br />
dove sia possib<strong>il</strong>e avere dei fasci<br />
di alta energia. Per questo si<br />
sta svolgendo al Cern, che è <strong>il</strong><br />
posto ideale in virtù delle tecnologie<br />
presenti: lì, usando un<br />
acceleratore di particelle, si<br />
vuole riscontrare la formazione<br />
di nuclei che in qualche modo<br />
diano poi origine alle nubi.<br />
A circa cinque anni dall’avvio<br />
dei lavori, si è avuto qualche<br />
riscontro?<br />
Sì, <strong>il</strong> progetto sta dando risultati<br />
che sembrano confermare<br />
questa possib<strong>il</strong>ità. Ma, ald<strong>il</strong>à<br />
<strong>della</strong> speculazione scientifica,<br />
se vogliamo trasferire <strong>il</strong> discorso<br />
a livello climatologico,<br />
è necessario ancora altro tempo,<br />
perché anche se stab<strong>il</strong>iamo<br />
che i raggi possano effettivamente<br />
dare un significati-<br />
vo contributo alla formazione<br />
delle nuvole, abbiamo ancora<br />
una conoscenza lacunosa<br />
per quanto riguarda le stesse<br />
nubi. C’è ancora tantissimo<br />
da studiare. Basti ricordare<br />
che fino a non molto tempo fa<br />
le osservazioni sulla formazione<br />
e sulle caratteristiche delle<br />
nubi erano offerte da un osservatore<br />
diretto, cioè un aviere<br />
che usciva e registrava su<br />
un brogliaccio ciò che vedeva<br />
ed esprimendo così un’analisi<br />
delle coperture. E prima ancora<br />
erano stati gli abati nei conventi<br />
a misurare tali fenomeni.<br />
Oggi abbiamo certamente più<br />
strumenti, ma la rete di osservazioni<br />
è diversa da continente<br />
a continente. Le nostre osservazioni<br />
sul clima sono buone<br />
in Europa e negli Stati Uniti,<br />
ma non altrove, per esempio in<br />
Africa. Da noi la distanza media<br />
delle stazioni meteorologiche<br />
è di dieci ch<strong>il</strong>ometri, in altre<br />
parti del mondo questa distanza<br />
varia anche per migliaia<br />
di ch<strong>il</strong>ometri. C’è omogeneità<br />
di protocolli, ma non di rete<br />
e, occorre dirlo, di soldi.<br />
Quindi <strong>il</strong> risultato del progetto<br />
Cloud sarà una base teorica<br />
per futuri spunti.<br />
Sarà di grande importanza fenomenologica,<br />
ovvero potrà<br />
dirci come funzionano le nubi.<br />
Ma da qui a darci una statistica,<br />
<strong>il</strong> passo sarà più lungo.
12<br />
domenica 28 agosto 2011<br />
Lunedì<br />
Leonardo<br />
Di Caprio,<br />
ladro di sogni<br />
Domani sera all’Arena capitolina<br />
l’opera di Christopher<br />
Nolan con Leonardo Di Caprio,<br />
un ab<strong>il</strong>issimo “ladro di<br />
sogni” capace di penetrare<br />
nella mente dei suoi bersagli.<br />
Science fiction, action movie<br />
e melodramma. Tutto tranne<br />
<strong>il</strong> sogno. Inception ha vinto 4<br />
premi Oscar su 8 nomination<br />
(miglior fotografia, miglior sonoro,<br />
miglior montaggio sonoro,<br />
migliori effetti speciali).<br />
Costata 160 m<strong>il</strong>ioni di dollari,<br />
a metà strada tra i mondi<br />
fittizi e matematici di Matrix<br />
e quelli labirintici e falsamente<br />
onirici di Shutter<br />
Island, la pellicola raggiunge<br />
<strong>il</strong> suo scopo di spettacolare<br />
intrattenimento visivo<br />
che richiede una partecipazione<br />
soprattutto cerebrale a<br />
chi guarda.<br />
Piazza Vittorio<br />
Stasera all’Arena<br />
capitolina lo<br />
splendido f<strong>il</strong>m di<br />
Tom Hooper. Una<br />
pellicola intensa e<br />
meravigliosamente<br />
interpretata sul<br />
rapporto di cura<br />
tra un medico<br />
e <strong>il</strong> suo sovrano<br />
Alessia Mazzenga<br />
è<br />
la storia di Giorgio VI, secondogenito di re<br />
Giorgio V e padre dell’attuale regina, costretto<br />
suo malgrado a diventare sovrano<br />
d’Ingh<strong>il</strong>terra, in seguito all’abdicazione<br />
del fratello Eduardo VIII, “indegnamente” impegnato<br />
in una relazione sentimentale con una<br />
donna divorziata, l’americana Wallis Simpson,<br />
e oppresso da un’“inadeguata” e imbarazzante<br />
forma di balbuzie. Il discorso del re del regista<br />
inglese Tom Hooper (Elizabeth I; John Adams),<br />
vincitore di ben quattro Oscar, e prima ancora<br />
premiato dalla Screen Actors Gu<strong>il</strong>d, <strong>il</strong><br />
sindacato degli attori Usa, che gli ha<br />
assegnato <strong>il</strong> premio per <strong>il</strong> miglior cast,<br />
dopo che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m aveva già collezionato<br />
nomination (14) ai Bafta.<br />
Gli attori sono veramente bravi, in cima<br />
a tutti la coppia Colin Firth (un<br />
tormentato e travagliato re Giorgio<br />
>>Immagina>><br />
Il discorso di un Re<br />
e quello di un uomo<br />
Indaga un<br />
efficace e<br />
commovente<br />
rapporto di cura<br />
tra dottore<br />
e paziente<br />
V) e Geoffrey Rush (<strong>il</strong> carismatico e anticonformista<br />
logopedista australiano, Lionel Logue) in<br />
questo biopic raffinato e visivamente ammaliante,<br />
che più che raccontare un pezzo di storia di<br />
una nazione (quello tragico dell’entrata in guerra<br />
contro la Germania nazista alle soglie del Secondo<br />
conflitto mondiale), indaga un efficace e<br />
commovente rapporto di cura tra un medico e<br />
<strong>il</strong> suo paziente, che solo secondariamente è <strong>il</strong> re<br />
d’Ingh<strong>il</strong>terra, e <strong>il</strong> conseguente sentimento di sincera<br />
riconoscenza che ne deriva.<br />
La regia è sempre equ<strong>il</strong>ibrata nel seguire<br />
da vicino (letteralmente, è sempre<br />
“incollata” al suo protagonista) la<br />
nascita recalcitrante e la giusta intensificazione<br />
di un rapporto umano<br />
valido, sincero e mai consolatorio,<br />
che alla fine si trasforma in un’intensa<br />
e duratura amicizia. Geoffrey<br />
Rusch (attore già premio Oscar per <strong>il</strong><br />
bellissimo Shine) è inflessib<strong>il</strong>e e “caldo”<br />
al tempo stesso, mentre Colin<br />
Firth è meravigliosamente sensib<strong>il</strong>e<br />
nel riuscire a trasmettere la difficoltà<br />
ma anche <strong>il</strong> coraggio di una sfida che<br />
<strong>il</strong> suo personaggio vive soprattutto in<br />
prima persona.<br />
Ed è per questo che <strong>il</strong> discorso finale<br />
che finalmente <strong>il</strong> re, non più balbuziente,<br />
riuscirà a fare alla Nazione risuona<br />
così dolcemente privato e commovente<br />
sulle note <strong>della</strong> settima Sinfonia<br />
di Beethoven: «Siamo stati costretti<br />
ad un conflitto perché ci viene<br />
richiesto di affrontare la sfida di<br />
un principio che se dovesse prevalere<br />
sarebbe fatale per ogni ordine civ<strong>il</strong>e<br />
nel mondo. Tale principio, spoliato di<br />
ogni travestimento è sicuramente la<br />
mera primitiva dottrina che la ragione<br />
è del più forte... E’ impensab<strong>il</strong>e pensare<br />
di rifiutare tale sfida!».<br />
Top Five Cinema<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
Appuntamenti<br />
Vangi. Sculture e disegni<br />
Forte dei Marmi, V<strong>il</strong>la<br />
Bertelli, fino al 17/09<br />
Il ventre di Napoli<br />
Napoli, Museo Madre,<br />
fino al 13/09<br />
Materia prima<br />
M<strong>il</strong>ano, Pac,<br />
fino al 11/09<br />
PIAZZA VITTORIO/ROMA<br />
Notti di cinema<br />
Schermo Atac<br />
Il Discorso del re<br />
di T. Hooper - h. 20,30<br />
Sepolto<br />
di R. Cortes - h. 22,30<br />
Schermo d’Essai<br />
We want sex<br />
di N. Cole - h. 20,30<br />
Il truffacuori<br />
di P. Chaume<strong>il</strong> - h. 22,30<br />
Corpo celeste<br />
L’albero<br />
Body e soul<br />
13 Assassini<br />
Grease