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Scarica il quotidiano - Consorzio della Quarantina

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1 0 8 2 8<br />

Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma<br />

9 772036 443007<br />

Anno VI - n. 204 - domenica 28 agosto 2011 - E 1,50<br />

Emergenza clima<br />

New York ha paura. L’america<br />

rivive l’incubo di Kathrina.<br />

obama e <strong>il</strong> sindaco <strong>della</strong> Grande<br />

Mela cercano di rassicurare.<br />

Ma i protagonisti di queste ore<br />

sono torce elettriche, acqua f<strong>il</strong>trata<br />

in tutte le borracce e contenitori<br />

di casa, cellulari caricati<br />

al massimo, scorte di cibo per<br />

almeno 72 ore. Nell’attesa <strong>il</strong> cielo<br />

si fa sempre più cupo mentre<br />

raffiche di vento battono i rami<br />

e le finestre delle placide vie<br />

nei pressi di Capitol h<strong>il</strong>l, a Washington.<br />

arriva Irene. poco più<br />

a sud, vicino le rive del fiume<br />

potomac, la Fema, distribuisce<br />

sacchi di sabbia da usare nelle<br />

zone prossime ai corsi d’acqua.<br />

Nei supermercati gli scaffali<br />

svuotati mostrano <strong>il</strong> panico<br />

dei cittadini. «Meglio essere<br />

preparati ed esagerare, che fare<br />

la fine del topo» racconta John<br />

Karpow, mentre riempie <strong>il</strong> bagagliaio<br />

di cibarie ed altri beni<br />

di prima necessità. Qualcuno<br />

più in là batte con foga per sig<strong>il</strong>lare<br />

le finestre, anche se qua<br />

a Washington potrebbe non essercene<br />

<strong>il</strong> bisogno. La preoccupazione<br />

principale rimangono<br />

gli allagamenti e eventuali inondazioni<br />

del potomac o dell’anacostia.<br />

In tanti si stanno preoccupando<br />

di avere batterie cariche<br />

di telefoni portat<strong>il</strong>i, tablets<br />

e laptop, in caso di black out<br />

Bompan a pagina 3<br />

Nell’occhio<br />

ciclone<br />

del<br />

I cittadini di New York alle prese<br />

con l’assedio dell’uragano Irene.<br />

La sua potenza è diminuita ma<br />

resta un pericolo per la costa<br />

orientale. Danni per m<strong>il</strong>iardi<br />

5<br />

Politica Inserto Afghanistan<br />

Tremonti annuncia gli<br />

eurobond. Bersani attacca<br />

la manovra, aderisce allo<br />

sciopero, ma su penati è<br />

costretto a difendersi<br />

Le mani sulla Libia<br />

Andrea Palladino<br />

L’asse Qatar<br />

Francia alla<br />

conquista<br />

del Nord Africa<br />

Terra pubblica in esclusiva<br />

un’anticipazione del libro<br />

Libero. L’imprenditore che<br />

non si piegò al pizzo, edito<br />

da Castelvecchi<br />

17<br />

La guerra, <strong>il</strong> papavero,<br />

la lotta per la terra,<br />

la società civ<strong>il</strong>e.<br />

Un dossier di otto pagine<br />

da staccare e conservare<br />

In fondo per scegliere da che parte stare c’è voluto molto poco.<br />

poche ore dopo aver firmato <strong>il</strong> primo contratto d’acquisto<br />

del petrolio sottratto a Gheddafi <strong>il</strong> governo del Qatar ha<br />

subito riconosciuto la legittimità degli insorti di Bengasi. Un endorsement<br />

arrivato a marzo, secondo solo a quello <strong>della</strong> Francia,<br />

che ha pesato moltissimo nella strana guerra di Libia.<br />

Uno stato minuscolo <strong>il</strong> Qatar, divenuto indipendente <strong>il</strong> 3 settembre<br />

del 1971, pochi anni prima <strong>della</strong> grande crisi energetica.<br />

Già nel 1991 si era schierato contro saddam houssein, appoggiando<br />

le forze intervenute in Iraq nella Guerra del Golfo, diventando<br />

<strong>il</strong> principale alleato <strong>della</strong> Francia di sarkozy.<br />

segue a pagina 2<br />

9<br />

Terra e La7<br />

insieme<br />

per l’ambiente<br />

www.la7.it/ambiente<br />

www.terranews.it<br />

Uranio<br />

Fa un’altra<br />

vittima <strong>il</strong> “tumore<br />

del soldato”<br />

Marco De Vidi<br />

«Mi sto curando un cancro a 28<br />

anni, adesso voglio la verità sul<br />

poligono di salto di Quirra e sulla<br />

mia malattia». Una soldatessa<br />

anonima ha scritto una lettera<br />

al portale Vittimeuranio.com. ha<br />

denunciato di essersi ammalata<br />

con molta probab<strong>il</strong>ità in conseguenza<br />

del suo servizio nel poligono<br />

interforze sardo. La donna<br />

soldato è ora in cura presso<br />

l’ospedale oncologico di Cagliari,<br />

dopo aver scoperto di avere <strong>il</strong><br />

linfoma di hodgkin. per due anni<br />

e mezzo ha prestato servizio<br />

al poligono di perdasdefogu e ha<br />

partecipato a esercitazioni lì e<br />

nella base di Teulada (Ca), dove<br />

si usavano munizioni all’uranio<br />

impoverito.<br />

segue a pagina 4<br />

© hopd/ap/Lapresse


2 domenica 28 agosto 2011<br />

>>Primo<br />

Le mani sulla Libia Dal 2006 i fondi sovrani del piccolo Stato del Golfo persico sono<br />

presenti nell’economia francese. Oggi i due paesi sono alleati di ferro nella guerra di Libia<br />

Qatar e Francia, folgorati<br />

sulla via di Tripoli<br />

Palladino dalla prima<br />

Capitale Doha, un m<strong>il</strong>ione e<br />

mezzo di abitanti, e una valanga<br />

di petrodollari. Il Qatar, nel conflitto<br />

libico, è considerato <strong>il</strong> braccio<br />

armato ed economico <strong>della</strong><br />

coalizione dei paesi volenterosi,<br />

che dal 19 marzo 2011 bombarda<br />

<strong>il</strong> paese nordafricano.<br />

Aerei, m<strong>il</strong>itari e, soprattutto, un<br />

fiume di denaro per finanziare<br />

gli insorti. E poi assistenza, supporto<br />

geopolitico e porte aperte<br />

verso <strong>il</strong> Gotha <strong>della</strong> finanza araba,<br />

quella che conta veramente,<br />

concentrata nel Golfo Persico<br />

guardato a vista dalla flotta<br />

Usa. Con un plus niente male,<br />

<strong>il</strong> canale satellitare al-Jazeera,<br />

vero faro mediatico nell’intero<br />

mondo mussulmano di lingua<br />

araba, pronto a raccontare<br />

in diretta la guerra buona contro<br />

<strong>il</strong> raìs, quel comandante supremo<br />

libico mai amato veramente<br />

dai califfi del petrolio.<br />

Lo stretto asse che si è creato<br />

fin da febbraio tra Francia<br />

e Qatar è stata la vera punta di<br />

diamante <strong>della</strong> coalizione che<br />

ha bombardato la Libia, aprendo<br />

la strada agli insorti. I due paesi<br />

hanno recentemente ammesso<br />

di aver fornito attrezzatura m<strong>il</strong>itare<br />

ai gruppi partiti da Bengasi.<br />

Le Nazioni unite aveva vietato<br />

l’invio di armamenti verso<br />

la Libia, stab<strong>il</strong>endo – poco dopo<br />

l’inizio del conflitto – un embargo<br />

totale, difeso anche dalla<br />

nostra Marina M<strong>il</strong>itare. L’accordo<br />

tra la Francia, <strong>il</strong> Qatar e i ribelli<br />

viola apertamente le normative<br />

generali per l’esportazione<br />

di materiale m<strong>il</strong>itare: un carico,<br />

per essere autorizzato, va accompagnato<br />

con un certificato<br />

end user, r<strong>il</strong>asciato dal governo<br />

importatore. Un sistema in vigore<br />

dal dopo guerra, creato dagli<br />

Stati Uniti per ostacolare la vendita<br />

di armamenti al blocco sovietico.<br />

Nel caso del Qatar e <strong>della</strong><br />

Francia è diffic<strong>il</strong>e capire quale<br />

governo possa aver firmato l’attestazione<br />

per i lanciarazzi forniti<br />

ai ribelli di Bengasi.<br />

La presenza del Qatar, oltre ad<br />

avere una importanza geopolitica<br />

per l’intera area medio<br />

orientale e nord africana, è pe-<br />

Afghanistan Messico<br />

Catena di<br />

attentati nel Sud<br />

del Paese<br />

© FrANCOIS MOrI/AP/LAPrESSE<br />

rò rivelatrice di una rete di interessi<br />

che porta lontano, con<br />

una parte non secondaria riservata<br />

anche all’Italia. I rapporti<br />

economici basati sui ricchissimi<br />

fondi sovrani garantiti<br />

dal petrolio del Golfo sono la<br />

vera arma di influenza geopolitica<br />

del piccolo paese stretto<br />

tra Iran e Arabia Saudita.<br />

Poco più di un anno fa, <strong>il</strong> 17<br />

apr<strong>il</strong>e 2010, <strong>il</strong> fondo sovrano<br />

Qatari Diar annunciò l’acquisto<br />

del 5 per cento delle azioni<br />

del gigante multiut<strong>il</strong>ity france-<br />

se Veolia, al prezzo<br />

record di 646<br />

m<strong>il</strong>ioni di euro.<br />

«L’acquisto riflette<br />

l’ambizione dei<br />

due gruppi di lavorare<br />

insieme<br />

nelle infrastrutture<br />

in medio oriente<br />

e nord Africa»,<br />

spiegava <strong>il</strong> comunicato ufficiale<br />

di Veolia. Un piano di lunga<br />

durata, in un settore estremamente<br />

delicato – e fruttuoso –<br />

firmato pochissimi mesi prima<br />

dell’inizio <strong>della</strong> “primavera araba”<br />

che ha sconvolto gli equ<strong>il</strong>i-<br />

Parigi e Doha<br />

ammettono:<br />

abbiamo armato<br />

i ribelli. Violando<br />

l’embargo e le<br />

norme sul controllo<br />

del traffico d’armi<br />

bri del nord Africa. Un vero investimento<br />

sul futuro.<br />

I fondi sovrani del Qatar erano<br />

entrati nei grossi gruppi finanziari<br />

francesi da diverso tempo.<br />

Il 29 giugno del 2006 <strong>il</strong> Qatar Investment<br />

Authority rivelò, con<br />

una breve nota, l’acquisto del 6<br />

per cento <strong>della</strong> società Lagardere,<br />

colosso che controlla importanti<br />

gruppi editoriali – fu l’acquirente<br />

di Vivendi – e la Eads,<br />

specializzata in aeronautica civ<strong>il</strong>e<br />

e m<strong>il</strong>itare.<br />

Nel 2009 <strong>il</strong> presidenteNickolas<br />

Sarkozy preparò<br />

poi con cura<br />

la visita ufficiale<br />

a Doha, aprendo<br />

le porte alla Total,<br />

all’Areva e alla<br />

Suez per un progetto<br />

di centrali<br />

nucleari. Un’alleanza tutt’altro<br />

che occasionale.<br />

Nel consiglio di amministrazione<br />

di Veolia i fondi sovrani del<br />

Qatar sono rappresentati da Mohd<br />

Alhamadi, manager quarantunenne<br />

con una notevole espe-<br />

Un’autobomba è esplosa vicino alla sede del governatorato di Lashkar<br />

Gah, capoluogo <strong>della</strong> provincia di Helmand, nell’Afghanistan meridionale,<br />

provocando diverse vittime mentre, sempre ieri, un doppio<br />

attentato è stato invece realizzato a Kandahar, capoluogo <strong>della</strong><br />

omonima provincia del Sud, con un b<strong>il</strong>ancio di oltre una ventina di<br />

feriti ancora provvisorio. Sono scoppiati un ordigno e poi un’ autobomba<br />

nell’area denominata Phase 1, ossia nel centro <strong>della</strong> città<br />

rienza in questioni libiche. Ed è<br />

indubbio che nei prossimi mesi<br />

<strong>il</strong> mercato più interessante per<br />

le infrastrutture sarà quello delle<br />

città distrutte dalla guerra.<br />

Nel Cda di Veolia, proprio accanto<br />

al rappresentante dei fondi<br />

del Qatar, principale alleato<br />

<strong>della</strong> Francia nella guerra di Libia,<br />

siede poi l’italianissimo Paolo<br />

Scaroni. Teoricamente dovrebbe<br />

sentire un certo imbarazzo<br />

trovandosi gomito a gomito<br />

con <strong>il</strong> gotha finanziario francese<br />

– <strong>il</strong> principale azionista di Veolia<br />

è la cassa depositi e prestiti<br />

d’Oltralpe – <strong>il</strong> principale concorrente<br />

dell’italiana Eni nel futuro<br />

sfruttamento delle risorse<br />

petrolifere libiche. A ben guardare<br />

<strong>il</strong> tavolo del Cda <strong>della</strong> Veolia<br />

ha l’apparenza di una grande<br />

camera di compensazione, tra i<br />

grandi investitori internazionali<br />

interessati a capitalizzare gli investimenti<br />

futuri nel nord Africa.<br />

Con al centro <strong>il</strong> piccolo stato<br />

del Qatar, forte dei fondi sovrani<br />

e dell’influenza ormai indiscussa<br />

nel mondo arabo.<br />

(1 - segue)<br />

Guerra infinita<br />

Sparito <strong>il</strong> raìs,<br />

appaiono<br />

i contractor<br />

Emergenza umanitaria. Il<br />

presidente del Consiglio nazionale<br />

di transizione libico (Cnt)<br />

Mustafa Jal<strong>il</strong> ha lanciato ieri<br />

l’allarme umanitario per Tripoli:<br />

«Facciamo appello a tutte<br />

le organizzazioni umanitarie e<br />

diciamo loro che Tripoli ha bisogno<br />

di medicine, medicinali<br />

di pronto soccorso e materiale<br />

chirurgico». In molti quartieri<br />

capitale manca anche l’acqua<br />

e l’elettricità e nelle banche c’è<br />

penuria di contante.<br />

Unione Africana. La principale<br />

organizzazione regionale<br />

ha negato per ora <strong>il</strong> riconoscimento<br />

del Consiglio nazionale<br />

di transizione libico. «Ai<br />

governi che salgono al potere<br />

attraverso mezzi non previsti<br />

dallo statuto dell’organizzazione<br />

non sarà consentito<br />

partecipare alle attività<br />

dell’Unione - si legge in un comunicato<br />

divulgato ieri - e in<br />

Libia c’è più di un gruppo che<br />

rivendica autorità».<br />

Sparito <strong>il</strong> raìs. I ribelli libici<br />

non hanno informazioni<br />

su dove si trovino Muammar<br />

Gheddafi e i suoi figli. L’informazione<br />

che dava <strong>il</strong> colonnello<br />

già in Algeria è stata smentita<br />

ieri nel tardo pomeriggio.<br />

«Una bella storia» di contractor.<br />

Per <strong>il</strong> console italiano<br />

a Begasi Guido De Santis<br />

la vicenda dei tre italiani scoperti<br />

nelle carceri di Tripoli sarebbe<br />

«una bella storia molto<br />

semplice, in mano al cattivo e<br />

liberati dal buono». Antonio<br />

Cataldo, Luca Boero e Vittorio<br />

Carella erano detenuti dal<br />

23 luglio. Secondo alcune fonti<br />

sarebbero stati contrattati da<br />

una ricca famiglia libica, per<br />

fornire protezione. «Chiariremo<br />

tutto al rientro», hanno assicurato<br />

i tre dopo essere stati<br />

liberati dagli insorti. Tutta da<br />

chiarire rimane la loro presenza<br />

in Libia.<br />

Arriva la benzina. Il Cnt ha<br />

avviato la distribuzione di<br />

120.000 litri di carburante a<br />

Tripoli per far fronte alle prime<br />

necessità. I ribelli stanno<br />

cercando in queste ore di far<br />

ripartire le raffinerie. Un aiuto<br />

in tal senso era stato promesso<br />

nei giorni scorsi dall’Eni,<br />

in cambio di pagamenti futuri<br />

in petrolio.<br />

L’accordo è stato annunciato<br />

ieri dall’amministratore delegato<br />

Paolo Scaroni.<br />

Il volto<br />

degli stragisti<br />

di Monterrey


piano>><br />

Irene va all’attacco<br />

<strong>della</strong> Grande Mela<br />

Emanuele Bompan<br />

Torce elettriche, acqua f<strong>il</strong>trata<br />

in tutte le borracce<br />

e contenitori di casa, cellulari<br />

caricati al massimo,<br />

scorte di cibo per almeno 72 ore. Il<br />

cielo si fa più cupo mentre raffiche<br />

di vento battono i rami e le finestre<br />

delle placide vie nei pressi di Capitol<br />

H<strong>il</strong>l, a Washington. Arriva Irene.<br />

Poco più a sud, vicino le rive del<br />

fiume Potomac, la Fema, distribuisce<br />

sacchi di sabbia da usare nelle<br />

zone prossime ai corsi d’acqua.<br />

Nei supermercati gli scaffali svuotati<br />

mostrano <strong>il</strong> panico dei cittadini.<br />

«Meglio esagerare, che fare la fine<br />

del topo» racconta John Karpow,<br />

mentre riempie <strong>il</strong> bagagliaio<br />

di cibarie ed altri beni di prima<br />

necessità. Qualcuno più in là batte<br />

con foga per sig<strong>il</strong>lare le finestre, anche<br />

se qua a Washington potrebbe<br />

non essercene <strong>il</strong> bisogno. La preoccupazione<br />

principale rimangono<br />

gli allagamenti e eventuali inondazioni<br />

del Potomac o dell’Anacostia.<br />

In tanti si stanno preoccupando<br />

di avere batterie cariche di telefoni<br />

portat<strong>il</strong>i, tablets e laptop, in caso<br />

di black out prolungati. «La radio<br />

a transistor è ottima per ricevere<br />

notizie, ma per postare informazioni<br />

abbiamo bisogno di Twitter».<br />

La preoccupazione sale.<br />

Nelle ultime 24 ore l’uragano ha<br />

approdato sulla costa a Cape Lookout,<br />

in North Carolina, dove ha<br />

divelto case e sommerso ampie<br />

porzioni <strong>della</strong> zona costiera. Oltre<br />

480 m<strong>il</strong>a persone sono state evacuate,<br />

tantissimi i black out e gli<br />

alberi distrutti. Durante la serata<br />

di ieri ha raggiunto la Capitale<br />

Washington DC, dove ci si aspetta<br />

che continuerà ad imperversare fino<br />

a domenica pomeriggio. Obama<br />

venerdì ha fatto ritorno alla<br />

Casa Bianca con un giorno di anticipo,<br />

lasciando l’amena Martha’s<br />

Vineyard, per monitorare la tempesta<br />

ed evitare di essere bloccato<br />

sull’isola durante una potenziale<br />

crisi nazionale. «Questo urgano<br />

è di portata storica», ha dichiarato<br />

<strong>il</strong> presidente.<br />

All’erta Homeland Security, Fema<br />

ed Esercito che hanno preparato<br />

centinaia di rifugi e interventi<br />

di emergenza pronti a qualsiasi<br />

evenienza. «Fate scorte, tenete<br />

con voi torce elettriche e segui-<br />

te le istruzioni in caso di evacuazione»,<br />

ha ripetuto più volte durante<br />

la giornata <strong>il</strong> Segretario <strong>della</strong><br />

Sicurezza Interna, Janet Napolitano.<br />

«Nelle prossime ore inoltre<br />

potrebbero verificarsi tornado,<br />

violenti ma dalla breve durata».<br />

Risalendo la costa Est alla velocità<br />

di 22 km/h, come un vecchio tre-<br />

Le autorità messicane hanno diffuso gli identikit (nell’immagine) di<br />

tre dei narcok<strong>il</strong>ler ritenuti responsab<strong>il</strong>i <strong>della</strong> strage al Casino Royale<br />

di Monterrey dove, nella notte di giovedi scorso, morirono in un incendio<br />

doloso, 52 persone. Chiunque fornisca indicazioni che consentano<br />

l’arresto dei ricercati riceverà una ricompensa di 30 m<strong>il</strong>ioni<br />

dei pesos (oltre 1.600m<strong>il</strong>a euro). La maggior parte delle vittime <strong>della</strong><br />

strage sono donne. Non tutti i corpi sono stati ancora identificati<br />

no, lento ed inesorab<strong>il</strong>e, Irene dovrebbe<br />

trovarsi questa mattina alle<br />

porte di NY. Con venti che soffiano<br />

dai 100 ai 190 km/h, l’uragano si<br />

prepara a colpire l’area più densamente<br />

popolata degli Usa. Tra NY<br />

e Boston vivono quasi 40 m<strong>il</strong>ioni<br />

di persone. Il sindaco di New York,<br />

Michel Bloomber, non ha perso<br />

Sequestri<br />

Emergency<br />

chiede impegno<br />

per Azzarà<br />

domenica 28 agosto 2011 3<br />

Uragani/1 Il racconto delle ore di un’attesa carica di tensione mentre <strong>il</strong> cielo si incupisce e ci si preoccupa che tutto<br />

funzioni: le p<strong>il</strong>e cariche, le scorte d’acqua e di cibo al loro posto, la radio sintonizzata sul canale giusto. «Meglio esagerare»<br />

Molti fenomeni meteorologicisembrano<br />

diventare sempre<br />

più frequenti e<br />

intensi. È stato un anno record<br />

per tornado, siccità ed allagamenti.<br />

Abbiamo raggiunto al<br />

telefono James B. Elsner, professore<br />

di geografia naturale ed<br />

esperto di uragani <strong>della</strong> Florida<br />

State University.<br />

In che modo stanno cambiando<br />

gli uragani?<br />

Questi fenomeni sono generati<br />

e alimentati dalle acque tiepide<br />

degli oceani tropicali – nell’Atlantico<br />

gli uragani si formano da<br />

perturbazioni provenienti dalle<br />

coste africane. Quindi se gli oceani<br />

si riscaldano a causa del global<br />

warming, aumenta <strong>il</strong> potenziale<br />

energetico che può essere<br />

convertito in forza dei venti. Negli<br />

ultimi 30 anni non abbiamo<br />

visto aumentare <strong>il</strong> numero degli<br />

uragani: ciò che è cambiato<br />

è l’intensità di questi fenomeni,<br />

almeno per quanto concerne gli<br />

studi sull’oceano Atlantico. Sicuramente<br />

si è intensificatala la velocità<br />

dei venti del ciclone, che<br />

viene r<strong>il</strong>evata dalla velocità massima<br />

generata all’interno <strong>della</strong><br />

tempesta. Questo, anche se non<br />

La potenza è un<br />

po’ diminuita ma<br />

non c’è molto da<br />

rallegrarsi date<br />

le dimensioni.<br />

Ma c’è anche<br />

chi minimizza<br />

tempo, dando l’ordine di evacuare<br />

oltre 370,000 persone dalle zone<br />

prossime all’Hudson entro le 17 di<br />

sabato. Ancora ieri, però alla chiusura<br />

<strong>della</strong> MTA, <strong>il</strong> noto sistema di<br />

trasporto pubblico newyorkese, a<br />

migliaia si trovavano ancora nelle<br />

proprie abitazioni. Da Battery<br />

Park City al popolare luna park di<br />

è avvenuto in tutti i casi, è scientificamente<br />

evidente per le tempeste<br />

di maggiori dimensioni.<br />

Stanno quindi diventando più<br />

estesi?<br />

Non abbiamo verificato un aumento<br />

dell’estensione <strong>della</strong><br />

tempesta, né una trasformazione<br />

<strong>della</strong> velocità con cui si<br />

spostano. Irene non è particolarmente<br />

fuori scala o inusuale,<br />

ma ha un’area di azione superiore<br />

del 30-40% alla media<br />

degli ultimi 30 anni. Fa parte di<br />

questi “uragani anabolizzati”.<br />

Inoltre, a differenza di molti altri<br />

uragani, andrà a colpire zo-<br />

Coney Iland e su fino alla promenade<br />

nelle Rockaways, in tanti indugiano<br />

per le strade semideserte.<br />

«Il pericolo inizierà quando vedremo<br />

i ratti uscire dalle fogne» ha<br />

commentato su Twitter Jay.<br />

Il traffico intanto è impazzito<br />

con oltre 850 miglia di metropolitana<br />

ferma e 468 stazioni bloccate,<br />

in quella che per molti sta diventando<br />

un epica fuga da New<br />

York, mentre la città attende. Per<br />

i cittadini italiani che si trovano<br />

nella Grande Mela <strong>il</strong> consolato<br />

italiano invita a seguire le istruzioni<br />

sul sito del Consolato NY<br />

www.consnewyork.esteri.it, e di<br />

rimanere in contatto con <strong>il</strong> dovesiamonelmondo.it.<br />

Cosa succerà<br />

nelle prossime ore con Irene?<br />

Sul tragitto l’uragano troverà acque<br />

sempre più fredde che ne di-<br />

minuiranno la potenza,<br />

inoltre a causa <strong>della</strong><br />

prossimità con aree<br />

asciutte non dovremmo<br />

assistere ad un intensificazione<br />

dei venti.<br />

Ma gli esperti avvertono:<br />

date le dimensioni<br />

riuscirà a mantenere<br />

la sua intensità<br />

ancora per ore, mentre si muove<br />

lungo la costa orientale. Qualcuno<br />

minimizza, «sarà solo tanta<br />

pioggia e vento». Secondo la governatrice<br />

<strong>della</strong> North Carolina<br />

Beverly Perdue «rene è molto meno<br />

peggio del previsto, ma meglio<br />

stare all’erta “lei” è pur sempre un<br />

uragano e richiede rispetto».<br />

Uragani/2 Emergenze ambientali e cambiamenti climatici. Parla James B. Elsner professore<br />

di geografia naturale ed esperto di fenomeni metereologici <strong>della</strong> Florida State University<br />

Crescono di forza<br />

i tornado e le siccità<br />

ne densamente popolate.<br />

Se controlliamo <strong>il</strong> clima controlliamo<br />

gli uragani.<br />

A parte fermare l’effetto serra<br />

come si possono contenere<br />

questi fenomeni?<br />

Ci sono varie teorie di geo-ingegneria,<br />

una possib<strong>il</strong>ità ad esempio<br />

è pompare acqua fredda dalle<br />

profondità degli oceani. Non<br />

certo fac<strong>il</strong>e<br />

Innalzamento dei mari e super<br />

uragani: un futuro cupo<br />

per le città costiere?<br />

Una combinazione di questi due<br />

effetti potrebbe causare disastri<br />

sempre maggiori. e.b.<br />

Dopo un iniziale periodo di riserbo, Emergency ritiene sia <strong>il</strong> momento<br />

di mob<strong>il</strong>itarsi per Francesco Azzarà, rapito in Darfur <strong>il</strong> 14 agosto<br />

scorso e chiede ai cittadini, ai media e alle istituzioni italiane di darsi<br />

da fare per la sua liberazione, esponendo la foto di Francesco sui<br />

palazzi delle istituzioni, partecipando e r<strong>il</strong>anciando iniziative. Dal<br />

23 agosto scorso un grande striscione con la foto di Azzarà è esposta<br />

sul terrazzino di Palazzo Vecchio sede del Comune di Firenze<br />

© JIM LO SCALzO/ANSA


4 domenica 28 agosto 2011 >>Attu<br />

«Voglio la verità sull’uranio»<br />

Il caso Ammalata di cancro dopo aver prestato servizio nella<br />

base di Quirra. La lettera-denuncia di una soldatessa di 28 anni<br />

De Vidi dalla prima<br />

è l’ennesimo caso di una verità<br />

che sta emergendo con fatica<br />

da alcune sentenze. Ultima delle<br />

quali quella emessa pochi giorni<br />

fa dal tribunale di Cagliari, che ha<br />

condannato <strong>il</strong> ministero <strong>della</strong> Difesa<br />

a risarcire i fam<strong>il</strong>iari del soldato<br />

Valery Melis, morto nel 2004<br />

per un linfoma dopo aver partecipato<br />

alle missioni del contingente<br />

internazionale nei Balcani alla<br />

fine degli anni Novanta.<br />

Stando ai dati comunicati dal<br />

ministro La Russa in risposta a<br />

un’interrogazione parlamentare<br />

circa un anno e mezzo fa, i m<strong>il</strong>itari<br />

italiani affetti da patologie neoplastiche<br />

accertati fino al 31 dicembre<br />

2009 sono 2727. Secondo<br />

le statistiche ufficiali i morti sono<br />

78, ma esiste una forte discrepanza<br />

con i dati forniti dalle associazioni,<br />

che parlano di almeno 216<br />

morti. Una spiegazione alla differenza<br />

nel conteggio è data dal fatto<br />

che molti soldati si ammalano<br />

dopo <strong>il</strong> congedo, in quanto queste<br />

malattie hanno tempi di latenza<br />

di anni, e quindi escono dalle<br />

statistiche m<strong>il</strong>itari. Casi di contaminazione<br />

sono stati registrati<br />

tra chi ha partecipato alle varie<br />

missioni all’estero, nei Balcani,<br />

in Libano, Somalia, Iraq e Afghanistan.<br />

Altri siti sotto accusa sono<br />

le basi italiane di Torre Veneri<br />

(Le) e quelle di Teulada e Perdasfedogu<br />

in Sardegna. In particolare,<br />

per la base di cui parla la sol-<br />

Sabaudia ‘Ndrangheta<br />

Sfregiata<br />

dal fidanzatino,<br />

lo perdona<br />

17 dicembre 2008<br />

<strong>il</strong> tribunale di Firenze obbliga <strong>il</strong> ministero <strong>della</strong> Difesa a risarcire con la somma<br />

di 545m<strong>il</strong>a euro <strong>il</strong> m<strong>il</strong>itare Gianbattista Marica, di Orbetello (Gr), affetto da un<br />

linfoma e vittima di possib<strong>il</strong>e contaminazione da uranio impoverito. Il paracadutista<br />

si era ammalato dopo la missione Ibis in Somalia. Marica è scomparso<br />

un mese dopo la sentenza.<br />

dicembre 2009<br />

<strong>il</strong> tribunale civ<strong>il</strong>e di Roma condanna la Difesa al risarcimento dei fam<strong>il</strong>iari di un m<strong>il</strong>itare,<br />

vittima di possib<strong>il</strong>e contaminazione da uranio impoverito. In tutto la somma<br />

per <strong>il</strong> danno non patrimoniale subito è di un m<strong>il</strong>ione e quattrocento m<strong>il</strong>a euro.<br />

gennaio 2010<br />

una sentenza del tribunale di Roma stab<strong>il</strong>isce <strong>il</strong> pagamento nei confronti dei fam<strong>il</strong>iari<br />

del m<strong>il</strong>itare sardo Salvatore Vacca, morto nel 1999 a 23 anni. Il fante <strong>della</strong> brigata<br />

Sassari si era ammalato di leucemia dopo una missione nei Balcani.<br />

agosto 2011<br />

<strong>il</strong> tribunale civ<strong>il</strong>e di Cagliari condanna <strong>il</strong> ministero a risarcire 584m<strong>il</strong>a euro ai fam<strong>il</strong>iari<br />

del m<strong>il</strong>itare Valery Melis, originario di Quartu Sant’Elena (Ca), morto a 27<br />

anni nel 2004 per un linfoma. Aveva partecipato nel 1997 e nel 1999 alle missioni<br />

in Albania e Kosovo, nel contingente internazionale schierato nei Balcani.<br />

datessa nella lettera si è parlato<br />

addirittura di “sindrome di Quirra”,<br />

per i moltissimi casi di tumori<br />

verificatisi. Le Asl di Lanusei e<br />

Cagliari a inizio 2011 hanno presentato<br />

un’indagine, secondo la<br />

quale <strong>il</strong> 65 per cento dei pastori<br />

che hanno lavorato negli allevamenti<br />

presenti nei dintorni <strong>della</strong><br />

base si è ammalato di leucemia.<br />

Sono moltissimi inoltre i casi di<br />

agnelli nati deformi e di animali<br />

con gravi malformazioni. Ci sono<br />

stati almeno 23 casi di tumore tra<br />

i m<strong>il</strong>itari e una quarantina tra i ci-<br />

v<strong>il</strong>i. L’eccezionale gravità <strong>della</strong> situazione<br />

ha portato la procura di<br />

Lanusei (guidata dal procuratore<br />

capo Domenico Fiordalisi) a porre<br />

sotto sequestro, nel gennaio<br />

scorso, alcuni bersagli del poligono<br />

di Quirra, con l’ipotesi di omicidio<br />

plurimo e di omissione di<br />

atti d’ufficio per mancati controlli<br />

sanitari. Inoltre lo scorso marzo<br />

Fiordalisi ha ordinato la riesumazione<br />

di venti allevatori morti tra<br />

<strong>il</strong> 1995 e <strong>il</strong> 2010 a causa di tumori<br />

al sistema linfo-emopoietico.<br />

Gli inquirenti di Lanusei hanno<br />

Lui la sfregia e lei lo perdona. I protagonisti sono poco più che bambini:<br />

lei ha 11 anni, lui 12. Si sono conosciuti sulla spiaggia di Sabaudia.<br />

Il ragazzino, dopo essere stato piantato, le fa un bel taglio sulla<br />

guancia con un vetro trovato nella sabbia. I genitori sono arrivati<br />

a un accordo privato, per cui le cure mediche <strong>della</strong> ragazza saranno<br />

pagate dall’altra famiglia, che si è impegnata a risarcire eventualmente<br />

anche <strong>il</strong> danno.<br />

inoltre, nel mese di apr<strong>il</strong>e, iscritto<br />

nel registro degli indagati l’ex<br />

comandante del poligono Tobia<br />

Santacroce, originario di Chieti.<br />

L’ex colonnello ha ora 66 anni ed<br />

è in pensione con <strong>il</strong> grado di generale.<br />

è accusato di disastro ambientale,<br />

per aver fatto br<strong>il</strong>lare armi<br />

e munizioni a Perdasdefogu<br />

con possib<strong>il</strong>i danni all’ambiente e<br />

alla salute umana e animale.<br />

Fino ad oggi ci sono state quattro<br />

sentenze che hanno condannato<br />

<strong>il</strong> ministero <strong>della</strong> Difesa a risarcimenti<br />

verso le famiglie di m<strong>il</strong>itari<br />

morti, ma «finora nessu-<br />

© CARLo FERRARo/ANSA<br />

na delle vittime ha preso una lira.<br />

Gianbattista Marica ha avviato<br />

la causa da vivo, ha ottenuto<br />

<strong>il</strong> risarcimento e ha fatto in tempo<br />

a morire prima che gli venisse<br />

dato qualcosa», commenta<br />

con amarezza Francesco Palese,<br />

giornalista di Vittimeuranio.com.<br />

Il fatto è che «non si può dimostrare<br />

la causa di un cancro, e infatti<br />

anche le sentenze che hanno<br />

predisposto questi risarcimenti<br />

si fondano su un forte legame<br />

di probab<strong>il</strong>ità. E <strong>il</strong> ministero<br />

<strong>della</strong> Difesa cerca con questi<br />

cav<strong>il</strong>li di portare questi processi<br />

fino alla Cassazione». «Quello<br />

che servirebbe - continua Palese<br />

- è una seria legge assistenziale a<br />

chi si è ammalato durante <strong>il</strong> servizio<br />

m<strong>il</strong>itare. Perché non prevedere<br />

un emendamento nella manovra<br />

che chiude lunedì che preveda<br />

equi risarcimenti alle vittime<br />

m<strong>il</strong>itari ammalatisi nei poligoni<br />

o nelle missioni all’estero?<br />

Del resto norme sim<strong>il</strong>i esistono<br />

per le aziende normali, perché<br />

non per l’esercito?». Quasi in risposta<br />

all’auspicio del giornalista<br />

è arrivata oggi la notizia che<br />

Adriana Poli Bortone, senatrice<br />

presidente del partito Io Sud,<br />

presenterà un emendamento allo<br />

scopo di «Vincolare una parte<br />

delle risorse che si stanno recuperando<br />

dal taglio dei costi <strong>della</strong><br />

politica e dalla lotta agli sprechi<br />

al risarcimento dei m<strong>il</strong>itari italiani<br />

gravemente malati e ai fam<strong>il</strong>iari<br />

di quelli deceduti».<br />

© AP/LAPRESSE<br />

Muore Sgarella,<br />

rapitore preso<br />

dopo 13 anni


alità>><br />

Politica<br />

Giorgio Mottola<br />

Nel giorno in cui Tremonti<br />

assicura che gli<br />

eurobond sono in dirittura<br />

di arrivo, Bersani è<br />

costretto a giocare tra attacco e<br />

difesa. Da un lato, <strong>il</strong> leader del<br />

Pd bolla la manovra come «non<br />

credib<strong>il</strong>e nemmeno per i mercati».<br />

Dall’altro, però, non può non<br />

fare riferimento al caso Penati:<br />

«una vicenda dolorosa», la definisce<br />

<strong>il</strong> segretario dei Democratici.<br />

Stesso palcoscenico ieri<br />

per <strong>il</strong> ministro dell’economia e<br />

per <strong>il</strong> capo del più grande partito<br />

di opposizione. Al Meeting di<br />

Comunione e Liberazione, dove<br />

si sono incrociati per qualche<br />

minuto, hanno però recitato<br />

ruoli diversi. Forte dell’accordo<br />

sottoscritto venerdì sera tra<br />

Pdl e Lega, Tremonti ha indossato<br />

i panni del professore. Alla<br />

platea ciellina ha riservato una<br />

delle sue dissertazioni dotte<br />

sull’Europa e la storia delle crisi<br />

economiche. Un dicorso condito<br />

di riferimenti a Waterloo,<br />

Westfalia e Versa<strong>il</strong>les e citazioni<br />

sparse di De Gasperi Roosvelt<br />

e Church<strong>il</strong>l. Il titolare dell’Economia<br />

ha concesso solo un breve<br />

passaggio all’attualità. «Siamo<br />

ancora in un videogame dove<br />

non c’è ancora <strong>il</strong> game over e<br />

dove i mostri si avvicinano», è<br />

la metafora da linguaggio <strong>quotidiano</strong><br />

ut<strong>il</strong>izzata dal ministro<br />

per definire la situazione attua-<br />

Eloisa Covelli<br />

Manovra da riscrivere<br />

per le opposizioni.<br />

Domani sera scatta <strong>il</strong><br />

termine ultimo per la<br />

consegna degli emendamenti. E<br />

lo sforzo delle ultime ore si concentra<br />

su due articoli in particolare:<br />

<strong>il</strong> 4 e l’8, che trattano rispettivamente<br />

di servizi pubblici essenziali<br />

e lavoro.<br />

Il primo, come denuncia Terra da<br />

settimane scippa <strong>il</strong> popolo italiano<br />

<strong>della</strong> volontà espressa nei referendum<br />

di giugno. Con questo articolo,<br />

infatti, la maggioranza vieta<br />

l’affidamento diretto a società<br />

pubbliche di tutti i servizi locali<br />

ad eccezione dell’acqua. Mentre<br />

gli italiani si sono già espressi<br />

a favore <strong>della</strong> gestione comune<br />

dei servizi pubblici. E’ allo studio<br />

un emendamento che Terra vi ha<br />

già anticipato ieri sulla creazione<br />

di una società multiservizi in ogni<br />

comune per la gestione dei beni<br />

domenica 28 agosto 2011<br />

Politica Tremonti annuncia l’arrivo degli Eurobond. Il leader del Pd attacca <strong>il</strong> governo e aderisce<br />

allo sciopero. Ma sul caso Falck è costretto a difendersi: «Nessuna ombra sul partito»<br />

Bersani tra manovra<br />

e questione morale<br />

le. L’unica salvezza è negli Eurobond,<br />

<strong>il</strong> solo strumento a disposizione,<br />

secondo Tremonti, capace<br />

di far ripartire «i finanziamenti<br />

futuri nella prospettiva di<br />

crescita».<br />

L’intesa con l’opposizione sembra<br />

però al momento lontana.<br />

Pierluigi Bersani, che ha parlato<br />

per qualche minuto in privato<br />

con <strong>il</strong> ministro dell’Economia,<br />

definisce <strong>il</strong> pacchetto anti crisi<br />

«ingiusta, recessiva e non credib<strong>il</strong>e».<br />

Se <strong>il</strong> governo non ha intenzione<br />

di discuterla ed emendarla<br />

in Parlamento, «allora fac-<br />

ciano da soli e noi ci mettiamo<br />

di traverso», chiarisce <strong>il</strong> segretario<br />

del Pd. Il punto di maggiore<br />

contrasto è l’articolo 8 del decreto,<br />

che introduce la contrattazione<br />

aziendale e rende più<br />

fac<strong>il</strong>i i licenziamenti. «Devono<br />

o toglierlo o cambiarlo perché<br />

5<br />

ha altrimenti è un disastro», ha<br />

detto <strong>il</strong> leader democratico, ribadendo<br />

l’adesione allo sciopero<br />

del 6 settembre indetto dalla<br />

Cg<strong>il</strong>.<br />

Ma nel Pd la manovra non è<br />

l’unico argomento del giorno.<br />

Ieri <strong>il</strong> Corriere <strong>della</strong> sera ha pub-<br />

blicato alcune parti<br />

dell’inchiesta <strong>della</strong><br />

Procura su F<strong>il</strong>ippo<br />

Penati, l’ex coordinatore<br />

<strong>della</strong> segreteria<br />

di Bersani. Nelle<br />

carte i pm parlano<br />

di un «direttorio finanziariodemocratico»,<br />

che per quindici<br />

anni avrebbe sfruttato la propria<br />

funzione pubblica «ai fini<br />

di arricchimento privato e di <strong>il</strong>lecito<br />

finanziamento alla politica<br />

a Sesto San Giovanni». «Accuse<br />

sicuramente molto gravi»,<br />

ha spiegato Bersani, che ha però<br />

precisato: «Anche se c’è la<br />

presunzione di innocenza, che<br />

Penati faccia un passo indietro.<br />

E Penati lo ha fatto. Sul partito<br />

non c’è nessuna ombra».<br />

BoVEI/ANSA<br />

PASqUALE<br />

Pierluigi Bersani a Rimini ha polemizzato sull’articolo 8 <strong>della</strong> manovra ©<br />

Decreto Verso un accordo delle opposizioni per la creazione in ogni Comune di un’unica società<br />

multiservizi. Il Pd chiede la soppressione <strong>della</strong> norme che modificano lo statuto dei lavoratori<br />

Lavoro e servizi pubblici<br />

corsa agli emendamenti<br />

pubblici essenziali. Si tratterebbe<br />

di un articolo 15-bis, inserito<br />

quindi nel capitolo dei risparmi<br />

sugli enti locali. L’emendamento<br />

in questione, se approvato, consentirebbe<br />

di risparmiare sui costi<br />

e rendere la gestione di rifiuti,<br />

trasporti, verde urbano (ecc.)<br />

molto più semplice. La novità è<br />

che si sta cercando l’accordo sul<br />

tema con tutte le opposizioni (dal<br />

Pd, all’Idv, dall’Udc all’Api). Terra<br />

ha potuto visionare una bozza<br />

dell’emendamento in calce alla<br />

quale c’è la firma di molti senatori<br />

di diversi partiti.<br />

Alessandra Sgarella Vavassori, l’imprenditrice che venne sequestrata<br />

dalla ‘ndrangheta per nove mesi tra <strong>il</strong> 1997 e <strong>il</strong> 1998, è morta nella<br />

notte tra venerdì e sabato. Poche ore prima l’ultimo dei suoi rapitori,<br />

Francesco Perre, aff<strong>il</strong>iato alla cosca Barbaro, è stato arrestato nel<br />

reggino mentre si prendeva cura <strong>della</strong> sua piantagione di marijuana.<br />

Latitante dal 1999, era stato condannato in via definitiva a 28 anni di<br />

reclusione per <strong>il</strong> sequestro.<br />

L’altro argomento caldo è l’articolo<br />

8 del decreto di Ferragosto, che<br />

ha come titolo “sostegno alla contrattazione<br />

collettiva di prossimità”.<br />

Con questo articolo si amplia<br />

<strong>il</strong> potere <strong>della</strong> contrattazione<br />

aziendale a discapito di quella fatta<br />

su scala nazionale. La parte più<br />

contestata riguarda “la trasformazione<br />

e conversione dei contratti<br />

di lavoro e le conseguenze<br />

del recesso dal rapporto di lavoro”,<br />

argomento sul quale dopo<br />

<strong>il</strong> decreto può intervenire l’accordo<br />

aziendale. Pd e Cg<strong>il</strong> denunciano<br />

che si tratti- di una vera liber-<br />

Scuola<br />

Di Pietro dal blog<br />

«Mancano<br />

30m<strong>il</strong>a prof»<br />

Il segretario<br />

democratico:<br />

«Accuse<br />

molto gravi,<br />

ma Penati ha<br />

fatto un passo<br />

indietro»<br />

tà di licenziare lasciata in mano<br />

ai padroni. Gli unici due tipi di licenziamento<br />

<strong>il</strong>legale rimarrebbero<br />

<strong>il</strong> licenziamento discriminatorio<br />

e quello <strong>della</strong> lavoratrice in<br />

concomitanza del matrimonio.<br />

Con questa norma, ad esempio, si<br />

potrebbe mandare a casa una lavoratrice<br />

incinta (che non sta per<br />

contrarre matrimonio) senza passare<br />

per i vertici dei sindacati.<br />

Di quest’articolo Bersani ha parlato<br />

ieri a Rimini, al raduno Cl,<br />

con <strong>il</strong> ministro Giulio Tremonti e<br />

ha registrato un’apertura. Ma subito<br />

dopo c’è stata una pioggia di<br />

dichiarazioni dei pidiellini in difesa<br />

<strong>della</strong> norma. La maggioranza<br />

ha contestato al leader Pd di<br />

essersi appiattito sulla posizione<br />

<strong>della</strong> Cg<strong>il</strong>, da subito contraria alle<br />

modifiche delle norme sui diritti<br />

dei lavoratori. Per <strong>il</strong> ministro Sacconi<br />

l’articolo 8 resta intoccab<strong>il</strong>e:<br />

«La nuova norma è coerente con<br />

quel patto ( firmato <strong>il</strong> 28 giugno<br />

da tutti i sindacati, ndr) del quale<br />

costituisce un evidente sv<strong>il</strong>uppo<br />

perché riguarda <strong>il</strong> contenuto <strong>della</strong><br />

contrattazione aziendale e territoriale,<br />

ovvero le materie che ad<br />

essa sono delegate».<br />

«Mancano ancora 30m<strong>il</strong>a insegnanti, e 36 m<strong>il</strong>a precari che dovrebbero<br />

essere immessi in ruolo stanno come foglie nell’uragano - lo sostiene<br />

<strong>il</strong> leader Idv, Antonio Di Pietro, nel suo blog - Per accontentare<br />

la solita Lega la ministra Gelmini ha combinato un pateracchio<br />

senza precedenti nella storia <strong>della</strong> scuola italiana». Colpa, secondo<br />

Di Pietro, <strong>della</strong> doppia graduatoria che <strong>il</strong> governo ha introdotto per<br />

agevolare i docenti settentrionali.


6<br />

domenica 28 agosto 2011<br />

Agricoltura<br />

No lobby, no business<br />

La lezione <strong>della</strong> rete ligure<br />

F<br />

are rete per sopravvivere:<br />

è questo <strong>il</strong> principio guida<br />

del <strong>Consorzio</strong> <strong>della</strong> <strong>Quarantina</strong>,<br />

nato in Liguria agli<br />

inizi degli anni ’90. «La preistoria<br />

del <strong>Consorzio</strong> nasce una trentina<br />

d’anni fa, con una mia ricerca<br />

dell’82, quando avevo iniziato a<br />

ricercare nelle vallate interne del<br />

genovesato le qualità di frutta e<br />

verdura, di ortaggi che erano rimaste<br />

e si trovavano ancora nelle<br />

mani dei contadini». Inizia così<br />

Massimo Angelini, dopo anni di<br />

ricerca casa per casa, contadino<br />

per contadino scopre che molte<br />

delle varietà date per disperse<br />

non erano tali e che la montagna<br />

e gli stessi agricoltori possedeva-<br />

no molte più varietà di<br />

quanto supponessero.<br />

Una volta trovate <strong>il</strong><br />

problema era cosa farsene<br />

per fronteggiare<br />

la concorrenza. «La<br />

domanda che mi ponevo<br />

era: come si fa a fare<br />

economia sui monti in<br />

agricoltura quando si<br />

deve fronteggiare la competizione<br />

con la pianura e oggi magari anche<br />

con la Pannonia con la Polonia<br />

piuttosto che con la Bulgaria?<br />

La proposta che ho provato ad avviare<br />

con la gente, con la quale ho<br />

passato questi anni è stata facciamo<br />

una scommessa con le varietà<br />

locali, usiamole come piccolo motore<br />

economico per fare qualcosa<br />

sulla quale non si potesse fare<br />

competizione semplicemente<br />

perché gli altri non ce l’hanno ed è<br />

lì che è nata l’idea del consorzio».<br />

Ne è venuto fuori un consorzio<br />

che raccoglie tutte le varietà di<br />

montagna, quelle di ciclo corto<br />

che si seminano un po’ più tardi e<br />

si raccolgono un po’ prima. <strong>Quarantina</strong>,<br />

infatti significa corto.<br />

L’altra sfida, quella di commercializzarle<br />

senza istituti di marketing<br />

l’hanno vinta così: «Ci siamo detti<br />

troviamo <strong>il</strong> modo perché questo<br />

valore ricada sui produttori e nel<br />

territorio, senza mediazioni. Il che<br />

significa senza processi di certificazione,<br />

che presuppongono che<br />

io pago qualcuno perché dica che<br />

io dico la verità e in qualche modo<br />

presuppongono che se io non pago<br />

<strong>il</strong> certificatore, sono un bugiardo».<br />

Quindi, prosegue Angelini, «abbiamo<br />

incoraggiato i contadini<br />

a fare autocertificazione, a dire<br />

dall’inizio alla fine quello che<br />

fanno, come e quando seminano,<br />

cosa usano durante la coltura,<br />

come quando raccolgono,<br />

che concime hanno usato, che<br />

cosa c’era in quella coltivazione.<br />

Non importa che facciano<br />

biologico o meno, l’importante<br />

è che lo dicano». Il principio è:<br />

>>Green<br />

Agricoltura Autocertificazione e responsab<strong>il</strong>ità. Il network promosso dal <strong>Consorzio</strong> <strong>della</strong><br />

<strong>Quarantina</strong> tutela produttori e consumatori di molte specie vegetali che si credevano estinte<br />

Salvaguardia,<br />

tecnica, ricerca.<br />

Dove, in Italia,<br />

si impara<br />

un nuovo modo<br />

di guardare<br />

alla terra Una rete per riscoprire le varietà vegetali e una scuola sull’uso degli animali in azienda<br />

«da galantuomini diciamo quello<br />

che facciamo e facciamo quello<br />

che diciamo». In questo modo è<br />

stato possib<strong>il</strong>e creare una f<strong>il</strong>iera<br />

fondata sull’autocertificazione<br />

e sul controllo reciproco. Spiega<br />

Angelini: «Qui tutti si conoscono<br />

e si è creata una rete. In 15 anni<br />

è successo 2 volte che qualcuno<br />

abbia fatto delle scorrettezze, si<br />

è saputo e questa persona è stata<br />

Ogni anno frequentano i<br />

suoi corsi dalle 300 alle<br />

400 persone, non solo<br />

agricoltori ma anche<br />

cittadini che vogliono capirne<br />

di più e magari trovare lo spunto<br />

per cambiar vita. Il regno<br />

d’Ivo Bertaina si trova a Cissone,<br />

nel cuore delle Langhe, è qui<br />

che che guida <strong>il</strong> centro Agribio<br />

(www.agribio.it). I suoi genitori,<br />

agricoltori, avrebbero voluto<br />

che <strong>il</strong> figlio facesse qualsiasi<br />

cosa, tranne che <strong>il</strong> contadino.<br />

Lui ha fatto <strong>il</strong> musicista per<br />

vent’anni – è fisarmosicista -,<br />

poi non ha resistito ed è tornato<br />

alla terra, con un nuovo input,<br />

subito svergognata tutti quelli che<br />

lavorano sanno quanto ci vuole a<br />

farsi un bel nome e quanto poco<br />

ci vuole a distruggerlo».<br />

Il consorzio comprende 480 soci:<br />

60 produttori, 70 negozianti e ristoratori,<br />

circa 200 soci sostenitori,<br />

che sono appassionati d’orto<br />

o di mondo rurale e famiglie interessate<br />

a sostenere questo circuito.<br />

Sono tutti soci dello stesso organismo<br />

e questo genera un sorta di<br />

effetto “lobby”: i produttori infatti<br />

vendono solo ai loro soci, negozi<br />

e ristoranti compresi. In questo<br />

modo è possib<strong>il</strong>e stab<strong>il</strong>ire un prezzo<br />

che viene accettato. Spesso più<br />

alto che altrove, ma negozianti e<br />

ristoratori hanno tutto l’interesse<br />

anche a pagare un po’ di più, perché<br />

ne hanno un ottimo ritorno in<br />

immagine. Non solo. Entrare nella<br />

cooperativa non è fac<strong>il</strong>e, bisogna<br />

passare un accurato periodo di<br />

osservazione, e come tutte le cose<br />

diffic<strong>il</strong>i da ottenere, la possib<strong>il</strong>ità<br />

di associarsi è molto ambita<br />

«Molti ristoratori o negozianti<br />

aspettano diversi anni prima di<br />

entrare, li esaminiamo, li visitiamo<br />

diciamo che gliela facciamo un po’<br />

desiderare», conclude Angelini.<br />

Agribio In provincia di Cuneo un’associazione di formazione per <strong>il</strong> biologico e la biodinamica<br />

insegna come trovare l’equ<strong>il</strong>ibrio tra agricoltura e zootecnia: «L’animale è l’anima di una fattoria»<br />

La scuola di Cissone prende<br />

<strong>il</strong> terreno per le corna<br />

quello di rivitalizzare l’agricoltura<br />

in declino proponendosi<br />

come centro di formazione per<br />

la diffusione <strong>della</strong> biodinamica.<br />

Oggi ha 1.000 soci in Piemonte<br />

e strutture collegate in quasi<br />

tutta Italia.<br />

Cos’è Agribio?<br />

è un ente di formazione per<br />

l’agricoltura biologica e biodinamica,<br />

ma in particolare di<br />

biodinamica perché la ritengo<br />

più completa e moderna rispetto<br />

al biologico. La biodinamica<br />

parte dal presupposto che la<br />

terra sta invecchiando è malata<br />

e va guarita, mentre con <strong>il</strong><br />

biologico presuppone sempli-<br />

Pagine a cura di Donatella Pavan<br />

cemente che si possa coltivare<br />

come un tempo. Abbiamo un<br />

ufficio, un punto vendita e una<br />

piccola casa editrice.<br />

Come si svolgono i vostri corsi?<br />

C’è un corso che facciamo da<br />

9 anni, suddiviso, quest’anno,<br />

in 45 seminari settimanali di<br />

16 ore: si parte dalle basi, come<br />

l’allestimento dei preparati biodinamici<br />

e si arriva trattare<br />

singoli argomenti, come l’uso<br />

dell’omeopatia e degli animali<br />

in agricoltura.<br />

L’uso degli animali in agricoltura<br />

è centrale per creare la<br />

giusta sinergia tra regno animale<br />

e vegetale, ma la zoo-<br />

tecnia è in grossa crisi, le rese<br />

sempre minori e i costi sono<br />

sempre più alti: oggi la maggior<br />

parte delle aziende lavora<br />

senza animali. Nella biodinamica<br />

l’animale è l’anima <strong>della</strong><br />

fattoria, non a caso una volta<br />

l’azienda agricola misurava la<br />

sua ricchezza in base agli animali<br />

che possedeva, proprio<br />

perché fornivano nutrimento<br />

alla terra e la rendevano autonoma.<br />

Ora questo non si può<br />

più fare singolarmente ma ci si<br />

può organizzare in più aziende<br />

e collaborare. Non è detto che<br />

un’azienda abbia tutto ma lavorando<br />

insieme si può avere


Economy>><br />

Economia<br />

domenica 28 agosto 2011 7<br />

Negli ultimi dieci anni chiuso<br />

un terzo delle aziende fam<strong>il</strong>iari<br />

I<br />

piccoli contadini? Una<br />

razza in estinzione. I primi<br />

dati del sesto censimento<br />

Istat lo ha messo in cifre.<br />

Negli ultimi dieci anni hanno<br />

chiuso 43,7% delle aziende<br />

con meno di 2 ettari e <strong>il</strong> 50,6%<br />

di quelle inferiori a un ettaro.<br />

A sospendere le attività sono<br />

state innanzitutto quelle a gestione<br />

fam<strong>il</strong>iare, messe a dura<br />

prova dalla normativa agroalimentare,<br />

che impone costi diventati<br />

insostenib<strong>il</strong>i. Eppure, è<br />

stato appena ribadito anche a<br />

Krems, in Austria, al Forum per<br />

la sovranità alimentare, <strong>il</strong> controllo<br />

<strong>della</strong> comunità sul sistema<br />

alimentare passa attraverso<br />

<strong>il</strong> decentramento del sistema di<br />

distribuzione, accorciando la<br />

f<strong>il</strong>iera tra produttori e consumatori.<br />

Non solo, sono proprio le piccole<br />

aziende, quelle a conduzione<br />

fam<strong>il</strong>iare che garantiscono una<br />

maggior cura del territorio.<br />

Come salvare i proprietari di<br />

piccoli appezzamenti? Da anni<br />

in Liguria <strong>il</strong> <strong>Consorzio</strong> <strong>della</strong><br />

quarantina (www.consorzioquarantina.it,,<br />

vedi articolo a<br />

fianco) si batte per una normativa<br />

diversa, che distingua<br />

la grande industria agro-alimentare<br />

dall’attività del piccolo<br />

agricoltore: Massimo Angelini,<br />

storico <strong>della</strong> cultura rurale ne<br />

è <strong>il</strong> fondatore spiega perché è<br />

importante puntare sull’attività<br />

un organismo un po’ più grande,<br />

un po’ più completo…<br />

Chi partecipa ai vostri corsi?<br />

Dai produttori agricoli ai consumatori,<br />

<strong>il</strong> nostro è un corso<br />

unico in Italia e vengono da<br />

tutte le regioni. Costano 70 € a<br />

testa a week-end, più <strong>il</strong> posto<br />

letto. I corsi iniziano <strong>il</strong> venerdì<br />

sera alle 19 e durano fino alle<br />

23, poi sabato tutto <strong>il</strong> giorno<br />

e domenica mattina, questo è<br />

l’orario classico. Abbiamo dalle<br />

15 alle 30 persone a corso.<br />

Negli anni che cambiamenti<br />

hai visto?<br />

Io lavoro qui da 18 anni, dall’inizio<br />

dell’attività l’interesse è cresciuto<br />

molto soprattutto per<br />

l’agricoltura biodinamica più<br />

completa di quella biologica,<br />

ma anche molto più diffic<strong>il</strong>e<br />

perché bisogna pensarci sopra<br />

e usare <strong>il</strong> cervello, una cosa che<br />

non tutti hanno voglia di fare.<br />

La biodinamica ha un portato<br />

molto profondo che va ald<strong>il</strong>à<br />

<strong>della</strong> sola agricoltura, si potrebbe<br />

riassumere nella frase “tutti<br />

dipendiamo da tutto”, non si è<br />

in un compartimento stagno,<br />

Economia Come salvare un’intera fascia produttiva di proprietari che non posseggono<br />

grandi appezzamenti. Le proposte dello storico <strong>della</strong> cultura rurale Massimo Angelini<br />

Se non vengono difese scompariranno molte forme di agricoltura “minore”<br />

del legislatore<br />

Come nasce l’idea di una nuova<br />

proposta di legge?<br />

La prima partita da noi è del<br />

2000 ci siamo battuti perché <strong>il</strong><br />

contadino avesse la possib<strong>il</strong>ità<br />

di vendere le proprie semenze<br />

autoriprodotte, come deroga<br />

alla direttiva europea – la<br />

95/98 - che non solo vietava ai<br />

contadini la vendita del proprio<br />

l’agricoltura fa parte di un organismo.<br />

Già nel 1935 Steiner<br />

diceva che l’agricoltura, l’alimentazione<br />

e la medicina sono<br />

strettamente connesse e se non<br />

si fosse trovata una maniera<br />

perché queste tre discipline<br />

collaborassero sarebbe stato un<br />

disastro per l’essere umano e di<br />

fatto è così. I medici parlano di<br />

tutto tranne che d’alimentazione,<br />

così la scuola e l’agricoltura<br />

stessa tende sempre più a lavorare<br />

per compartimenti stagni.<br />

I vecchi contadini come si<br />

rapportano con te?<br />

è capitato che alcuni arrivassero<br />

sfottendo, per poi smettere<br />

di ridere e iniziare ad applicare<br />

quello che insegniamo. Agribio<br />

ha portato diverse centinaia di<br />

persone a fare agricoltura biodinamica.<br />

La razza contadina<br />

è giustamente in via d’estinzione,<br />

perché sono chiusissimi<br />

e non fanno nulla per evolversi.<br />

Difendono le loro posizioni<br />

e sono molto statici.” E se fosse<br />

la biodinamica l’evoluzione<br />

necessaria alla specie per salvarla?<br />

seme, ma addirittura lo scambio.<br />

Abbiamo fatto pressione,<br />

è nata la Rete dei semi rurali<br />

(www.semirurali.it), nel 2007 è<br />

passata la nostra proposta: ora<br />

i contadini possono in minime<br />

quantità vendere sementi delle<br />

proprie varietà tradizionali.<br />

Questo successo ci ha dato coraggio,<br />

a fine 2007 ho lanciato<br />

l’idea di una proposta di legge<br />

per distinguere l’agricoltura<br />

contadina da quella agroindustriale-industriale.<br />

Con la legge<br />

attuale tutti i contadini sono<br />

impresari agricoli, soggetti alle<br />

medesime normative sanitarie<br />

e fiscali. è un po’ come dire che<br />

<strong>il</strong> signor Dalla Valle è soggetto<br />

alle stesse regole e alle stesse<br />

pressioni di un ciabattino, è<br />

come mettere sullo stesso piano<br />

un’officina e la Fiat, questo<br />

in agricoltura succede. Queste<br />

leggi dal punto di vista sanitario<br />

e fiscale sono fatte per<br />

l’industria agro-alimentare,<br />

che può fac<strong>il</strong>mente sostenere<br />

quanto le si richiede, ma sono<br />

schiaccianti per un piccolo<br />

agricoltore. Senza contare che<br />

visto che nella realtà l’agroindustria<br />

erode la terra la fert<strong>il</strong>ità<br />

i piccoli contadini la rigenerano,<br />

l’agroindustria distrugge la<br />

biodiversità, i contadini la moltiplicano,<br />

l’agroindustria succhia<br />

le acque del terreno, i contadini<br />

proteggono le acque, le<br />

irregimentano. Chiediamo che<br />

i contadini siano distinti dagli<br />

industriali, che abbiano un regime<br />

che permetta loro non di<br />

avere pressioni che li costringo-<br />

C’erano una volta<br />

i piccoli contadini.<br />

Oggi sono in via<br />

d’estinzione.<br />

Ma c’è ancora<br />

speranza, se<br />

cambiano le norme<br />

no a chiudere.<br />

Quali pressioni intende?<br />

Pressioni fiscali e sanitarie: paradossalmente<br />

se io devo fare <strong>il</strong><br />

formaggio devo avere un laboratorio,<br />

se faccio anche <strong>il</strong> miele<br />

un altro laboratorio, se poi<br />

voglio fare erbe officinali un<br />

terzo e così via. Per ogni attività<br />

devo avere un laboratorio<br />

diverso, prima questo si faceva<br />

in cucina, in giorni diversi e in<br />

momenti diversi; non è possib<strong>il</strong>e<br />

che per fare 3 lavorazioni<br />

si debbano avere 3 laboratori e<br />

3 bagni. Un contadino non può<br />

farcela: significa costringerlo a<br />

chiudere.<br />

In molti leggono in questa<br />

igienizzazione estrema una<br />

garanzia di salubrità, lei cosa<br />

risponde?<br />

è ipocrisia: questo culto <strong>della</strong><br />

dea sanità, <strong>della</strong> dea salute, nasce<br />

con la rivoluzione francese<br />

è qualcosa che ci porta a desiderare<br />

un mondo sempre più<br />

ster<strong>il</strong>izzato. Le persone sono<br />

sempre più vulnerab<strong>il</strong>i perché<br />

non sono in grado di farsi gli<br />

anticorpi. Ricordo <strong>il</strong> libro del direttore<br />

di un USL, Giorgio Ferigo,<br />

“Il certificato come sevizia”<br />

( Forum Edizioni ), diceva che<br />

non si era mai registrato negli<br />

ultimi 40 anni un solo problema<br />

di salute per un formaggio o per<br />

un sugo, viceversa noi vediamo<br />

problemi come la mucca pazza<br />

legati all’agroindustria. Parlo<br />

d’ipocrisia, se si va in qualche<br />

modo a schiacciare chi mangia<br />

quello che fa e si favorisce<br />

l’agroindustria che fa prodotti<br />

che possono fare male.<br />

Con <strong>il</strong> cosiddetto “Pacchetto<br />

per l’agricoltura” del 2007,<br />

l’Unione Europea prevede che<br />

la responsab<strong>il</strong>ità di un prodotto<br />

alimentare sia solo di chi l’ha<br />

prodotto, indipendentemente<br />

da chi l’ha seguito in seguito.<br />

La responsab<strong>il</strong>ità del prodotto<br />

è del produttore invece che<br />

cosa si fa, nonostante la stessa<br />

direttiva preveda questo, si dice<br />

che io devo sottopormi all’HCC,<br />

<strong>il</strong> processo di autovalutazione<br />

dei rischi, ma io non lo posso<br />

fare da me perché ci vuole un<br />

certificatore. Il risultato è che i<br />

produttori fanno più carta che<br />

prodotti, devono pagare conti-<br />

nuamente tecnici<br />

e la gente chiude<br />

perché non ce la<br />

fa a pagare <strong>il</strong> veterinario,<br />

<strong>il</strong> tecnico.<br />

Basterebbe che <strong>il</strong><br />

cliente in quanto<br />

adulto fosse libero<br />

di scegliere in base<br />

a quello che io scri-<br />

vo.<br />

A che punto è l’iter <strong>della</strong> proposta?<br />

Questa proposta all’inizio ha<br />

avuto molta difficoltà ad essere<br />

formulata perché doveva incontrare<br />

<strong>il</strong> favore di molte associazioni,<br />

in Italia abbiamo più l’abitudine<br />

a coltivare le differenze<br />

piuttosto che le affinità. Ci<br />

sono voluti quasi due anni per<br />

accordarci: la proposta è stata<br />

presentata ad alcuni parlamentari<br />

ed è stata anche discussa in<br />

Commissione agricoltura, ma<br />

dato che i ministri dell’agricoltura<br />

sono poco interessanti per<br />

<strong>il</strong> governo cambiano con fac<strong>il</strong>ità.<br />

C’era Zaia, l’attuale governatore<br />

del Veneto, con <strong>il</strong> quale<br />

eravamo arrivati a buon punto,<br />

ma è saltato, dopo Galan poi un<br />

altro, non si fa in tempo ad avere<br />

un interlocutore che salta.<br />

Abbiamo raccolto migliaia di<br />

firme e fatto un’audizione nella<br />

commissione del Senato e <strong>della</strong><br />

Camera, chi doveva conoscere<br />

questa proposta l’ha conosciuta.<br />

Lo stesso Commissario<br />

all’agricoltura europea oggi sta<br />

parlando di un’agricoltura per<br />

contadini con norme separate,<br />

c’è una legge interessantissima<br />

<strong>della</strong> provincia di Bolzano che<br />

va in questa direzione e garantisce<br />

a tutti di poter fare le proprie<br />

produzioni n casa. Questa legge<br />

ha passato <strong>il</strong> vaglio dell’Europa<br />

ed è in atto. Abbiamo fatto notare<br />

a tanti che a Bolzano è già<br />

così”. Speriamo che ancora una<br />

volta l’esempio dell’Alto Adige<br />

ci avvicini all’Europa.


8<br />

domenica 28 agosto 2011<br />

>>Reportage>><br />

Quel gioiello dismesso<br />

<strong>della</strong> Sardegna mineraria<br />

Alessandro De Pascale<br />

Arrivare all’Argentiera è<br />

un tuffo nel passato. Un<br />

viaggio nei gloriosi trascorsi<br />

<strong>della</strong> Sardegna<br />

mineraria. In tutta la regione erano<br />

ben 22 i siti estrattivi, oggi tutti<br />

dismessi.<br />

L’Argentiera che si trova nel Nordovest<br />

dell’isola, a 43 ch<strong>il</strong>ometri<br />

da Sassari di cui è frazione, sullo<br />

scarsamente abitato altopiano<br />

<strong>della</strong> Nurra, è uno di questi. Si<br />

tratta di un piccolo v<strong>il</strong>laggio che<br />

prende <strong>il</strong> nome dai caratteristici<br />

promontori di pietra argentata<br />

che si lanciano nel mare. Le prime<br />

lavorazioni risalgono al tempo<br />

dei romani e dei pisani, tanto<br />

che <strong>il</strong> giacimento è uno dei più<br />

antichi dell’intera Sardegna. Il<br />

primo pozzo esplorativo, profondo<br />

80 metri, risale al 1865 e due<br />

anni dopo viene r<strong>il</strong>asciata la prima<br />

concessione.<br />

Da allora di pozzi ne sono stati<br />

creati quattro che scendono nelle<br />

viscere <strong>della</strong> terra fino a 365<br />

metri con diversi strati di gallerie<br />

che hanno bucato in lungo e<br />

in largo tutta l’area. Dalla miniera<br />

si estraeva soprattutto piombo<br />

e zinco argentifero. Quando la<br />

miniera era in attività, l’Argentiera<br />

contava un migliaio residenti<br />

provenienti da tutta Italia ma anche<br />

dal Belgio e dalla Francia. Vivevano<br />

in case basse a livello <strong>della</strong><br />

strada, tutte molto sim<strong>il</strong>i, destinate<br />

alle famiglie. Oppure nell’albergo<br />

dei minatori scapoli. Tutte<br />

strutture realizzate dalla società<br />

che gestiva <strong>il</strong> giacimento.<br />

C’erano scuole, un ospedale, <strong>il</strong><br />

dopolavoro, un cinema teatro, la<br />

piscina, un piccolo spaccio con<br />

tutti i generi di prima<br />

necessità e i vestiti, oltre<br />

a una chiesa dedicata<br />

a Santa Barbara<br />

protettrice dei minatori.<br />

Le condizioni di lavoro<br />

erano massacranti:<br />

turni di 16 ore al giorno,<br />

in cambio di pochi<br />

denari e un unico pasto<br />

al giorno, moneta<br />

di scambio introdotta<br />

da Vittorio Emanuele<br />

III°. Gli scioperi erano<br />

frequenti, come del<br />

resto i minatori che si<br />

ammalavano di s<strong>il</strong>icosi<br />

per la polvere e le<br />

scarse condizioni igieniche.<br />

Poi, dopo un secolo<br />

di sfruttamento le<br />

miniere sarde entrano in crisi.<br />

La generosità <strong>della</strong> natura non è<br />

più quella di prima. Per prendere<br />

piombo e zinco bisogna scavare<br />

sempre più in profondità,<br />

aumentano quindi sia i costi di<br />

gestione che quelli del lavoro. I<br />

prezzi e la borsa di Londra crollano<br />

e così estrarre non è più conveniente.<br />

La miniera dell’Argentiera<br />

chiude definitivamente nel<br />

1963. Come tutte le altre sarde.<br />

L’ultima a dismettere è l’Eni che<br />

nel 1997 smette di estrarre carbone<br />

sull’isola. L’eredità lasciata<br />

è pesantissima. Decine di migliaia<br />

di minatori senza lavoro, territori<br />

devastati e inquinati, infrastrutture<br />

abbandonate.<br />

Soltanto all’Argentiera oggi restano<br />

96 edifici, alcuni dei quali risalgono<br />

all’Ottocento, e circa 40<br />

abitanti irriducib<strong>il</strong>i rimasti a vivere<br />

qui anche nel periodo invernale.<br />

Il paesaggio è bellissimo.<br />

Una delle tre spiagge dell’Argentiera. In alto, la miniera, aperta nel 1867<br />

I turni<br />

di lavoro erano<br />

massacranti:<br />

anche sedici ore<br />

al giorno<br />

in cambio di<br />

paghe misere<br />

e un unico pasto<br />

al giorno<br />

Tre spiagge ciottolate,<br />

colore giallo<br />

paglierino. Falesie,<br />

costa rocciosa<br />

con affioramenti<br />

paleozoici e giacimenti<br />

metalliferi.<br />

Sentieri naturalistici<br />

con vegetazione<br />

spontanea<br />

costituita da macchiamediterranea.<br />

L’archeologia mineraria del<br />

vecchio sito estrattivo.<br />

Se ne devono essere accorte anche<br />

le istituzioni, visto che l’area<br />

è diventata un Parco Geominerario,<br />

<strong>il</strong> primo al mondo di questo<br />

tipo ad ottenere nel 1997 <strong>il</strong> riconoscimento<br />

dell’Unesco. Peccato<br />

che cinquant’anni di degrado<br />

e abbandono, la carenza di fondi<br />

e l’assenza di una cabina di regia<br />

ha fatto trascorrere <strong>il</strong> tempo e si è<br />

fatto poco o nulla.<br />

Nel marzo 2008 sono stati appaltati<br />

i lavori per <strong>il</strong> restauro <strong>della</strong><br />

miniera con l’obiettivo di farne<br />

un museo: spesa prevista 2,1<br />

m<strong>il</strong>ioni di euro, in parte stanziati<br />

dall’Ue, soltanto per recuperare<br />

gli edifici principali. Ma dalla<br />

stessa Regione ammettono che<br />

alla fine diventerà «un museo di<br />

sé stesso», perché in questi decenni<br />

hanno rubato tutto quello<br />

che si poteva rubare. Per San-<br />

dro Mezzolani, esperto di archeologia<br />

mineraria, è possib<strong>il</strong>e riconvertire<br />

<strong>il</strong> settore minerario a<br />

fini turistico-culturali. «La società<br />

regionale Promegisa - ricorda<br />

- ha fatto un calcolo economico,<br />

un calcolo che tra l’altro è anche<br />

abbastanza interessante, che dimostra<br />

che tutte queste testimonianze,<br />

se sapientemente gestite,<br />

possono fornire reddito».<br />

L’appalto per realizzare <strong>il</strong> museo<br />

<strong>della</strong> miniera è stato vinto da<br />

un’impresa locale, la Pau Franceschino<br />

& C. snc, con un ribasso<br />

di quasi 400m<strong>il</strong>a euro. I lavori dovevano<br />

terminare in 18 mesi, visto<br />

che la consegna era prevista<br />

per lo scorso luglio. Ma sono ancora<br />

in alto mare. Per non parlare<br />

del fatto che <strong>il</strong> progetto definitivo<br />

non è vincolante. In pratica<br />

<strong>il</strong> soggetto concorrente può «ampliarli<br />

e integrarli».<br />

C’è poi <strong>il</strong> nuovo Piano urbanistico<br />

comunale di Sassari che fac<strong>il</strong>ita<br />

le modifiche di destinazione<br />

d’uso. Tanto che tuttora alcuni<br />

abitanti temono la trasformazione<br />

del borgo in un residente di<br />

lusso. Già negli anni Settanta una<br />

società immob<strong>il</strong>iare, L’Argentiera<br />

spa, voleva abbattere <strong>il</strong> borgo minerario,<br />

deportare gli abitanti e<br />

costruire un v<strong>il</strong>laggio turistico da<br />

2,4 m<strong>il</strong>ioni di metri cubi. Interviene<br />

la magistratura e l’ammini-<br />

La storia<br />

è stato un<br />

microcosmo<br />

per operai che vi<br />

passavano una vita<br />

di fatiche e stenti.<br />

Oggi potrebbe<br />

tornare a essere<br />

una risorsa. Viaggio<br />

in un museo<br />

a cielo aperto<br />

stratore unico dell’azienda viene<br />

arrestato e condannato a pagare<br />

per abusi ed<strong>il</strong>izi e alterazione di<br />

bellezze naturali, visto che aveva<br />

iniziato a cantierizzare senza<br />

licenza. Nel 2003 la Regione ha<br />

però individuato l’Argentiera come<br />

area compromessa dal punto<br />

di vista ambientale da caratterizzare,<br />

come la zona industriale di<br />

Porto Torres.<br />

Il crono programma imponeva<br />

indagini sul livello di inquinamento,<br />

bonifiche e solo dopo le<br />

opere. Peccato che la caratterizzazione<br />

sia stata fatta solo parzialmente.<br />

Ad esempio sui terreni<br />

dove stanno realizzando un<br />

depuratore da quasi un m<strong>il</strong>ione<br />

di euro. Un particolare che sommato<br />

all’opposizione agli espropri<br />

da parte dei proprietari dei<br />

terreni dove dovevano passare le<br />

condotte fognarie, ha rallentato<br />

di anni i lavori.<br />

Il risultato è che all’Argentiera si<br />

usa tuttora un grande pozzo nero<br />

che <strong>il</strong> Comune di Sassari dovrebbe<br />

svuotare quattro volte la<br />

settimana in inverno, ogni giorno<br />

in estate. Un palliativo in attesa<br />

del depuratore con costi presumib<strong>il</strong>mente<br />

altissimi. Inut<strong>il</strong>e dire<br />

che ad agosto, quando <strong>il</strong> v<strong>il</strong>laggio<br />

è abitato da oltre 300 persone<br />

senza spurgo le fogne vanno<br />

in t<strong>il</strong>t e finiscono direttamente<br />

a mare. Nemmeno ad agosto c’è<br />

una guardia medica e l’acqua potab<strong>il</strong>e<br />

scarseggia, tanto che ogni<br />

abitazione è dotata di un serbatoio<br />

per raccoglierla. Insomma, è<br />

un vero e proprio disastro. Anche<br />

se la bellezza del posto compensa<br />

tutte le storture.<br />

Un luogo di suggestiva bellezza<br />

da conservare e preservare.


Speciale Afghanistan<br />

Alle radici del conflitto successoocciden- Protagonisti nascosti<br />

Dietro la guerra<br />

e <strong>il</strong> papavero <strong>il</strong><br />

nodo <strong>della</strong> terra<br />

Emanuele Giordana<br />

N<br />

el giugno dell’anno scorso<br />

Viktor Ivanov, a capo<br />

del Servizio narcotici<br />

<strong>della</strong> Federazione russa,<br />

spiegò in un forum internazio-<br />

nale sul narcotraffico<br />

che Mosca intendeva<br />

sostenere la creazione<br />

di un archivio <strong>della</strong><br />

proprietà terriera in<br />

Afghanistan. In altre<br />

parole la costruzione<br />

di un catasto. Che<br />

non esiste o esiste<br />

solo in forma ridotta.<br />

Ivanov diceva dunque quel sarebbe<br />

stato opportuno spiegare<br />

diversi anni fa: come si può<br />

mettere mano al problema <strong>della</strong><br />

produzione di oppio se non si<br />

conosce chi possiede e proteg-<br />

In Afghanistan<br />

si è sempre<br />

combattutto<br />

per la sua<br />

proprietà ma<br />

nessuno sa chi<br />

la possiede<br />

Nella storia dell’in-<br />

tale in Afghanistan,<br />

alla cui origine sta<br />

forse <strong>il</strong> concetto di<br />

“esportazione <strong>della</strong><br />

democrazia”, ci sono<br />

diversi elementi già<br />

abbondantemente<br />

analizzati. Ma in<br />

questo Focus sul Paese<br />

dell’Hindukush si<br />

fa caso a due aspetti<br />

particolarmente<br />

importanti quanto<br />

ignorati o sottostimati.<br />

Il contributo di<br />

Giuliano Battiston,<br />

indaga <strong>il</strong> ruolo <strong>della</strong><br />

società civ<strong>il</strong>e o meglio<br />

la percezione<br />

che ne abbiamo noi<br />

e che ne hanno gli<br />

afgani. Emanuele<br />

Giordana affronta<br />

invece <strong>il</strong> nodo <strong>della</strong><br />

terra e <strong>il</strong> suo legame<br />

La società<br />

civ<strong>il</strong>e afgana<br />

si racconta<br />

Giuliano Battiston<br />

hanno sostenuto soprattutto<br />

ge i campi coltivati a papavero?<br />

Apparentemente una banalità<br />

ma così a lungo ignorata che <strong>il</strong><br />

catasto afgano è ancora quello<br />

– monco – cui mise mano con<br />

Negli ultimi decenni si<br />

è assistito a un vero e<br />

proprio “revival globale”<br />

dei dibattiti accademici<br />

le organizzazioni formalmente<br />

istituite, le Ong in primo luogo,<br />

perché percepite come politicamente<br />

neutre prima ancora che<br />

indipendenti, strutturalmente<br />

un riforma, una quarantina<br />

sulla società civ<strong>il</strong>e, oltre che al flessib<strong>il</strong>i, più efficaci nel raggiun-<br />

d’anni fa, re Zaher<br />

Shah. L’ultimo monarca<br />

afgano.<br />

In Afghanistan infatti,<br />

oltre ai “ignori <strong>della</strong><br />

guerra” ci sono anche<br />

dei “signori <strong>della</strong><br />

terra”, proprietari<br />

terrieri che spesso<br />

tentativo di circoscrivere<br />

teoricamente<br />

la ‘società civ<strong>il</strong>e globale’.<br />

Anche nell’ambito<br />

delle politiche<br />

legate allo sv<strong>il</strong>uppo<br />

internazionale e al<br />

peacebu<strong>il</strong>ding è stata<br />

accordata grande ri-<br />

Una ricerca<br />

sul campo per<br />

capire <strong>il</strong> ruolo<br />

che potrebbe<br />

giocare<br />

nel futuro del<br />

Paese asiatico<br />

gere i beneficiari dei<br />

loro progetti. In altri<br />

termini, si è preferito<br />

dare supporto ad<br />

organizzazioni di recente<br />

o nuovo conio,<br />

composte da individui<br />

appartenenti soprattutto<br />

alla classe<br />

sono anche “signori<br />

levanza alle iniziative<br />

media e urbana, con<br />

<strong>della</strong> guerra”. Oppure ci sono dei<br />

volte a “costruire e rafforzare la un mandato fortemente definito,<br />

signori <strong>della</strong> guerra a vario titolo<br />

società civ<strong>il</strong>e”. Nel caso dell’Af- spesso con scarsa rappresentati-<br />

(commander più o meno imporghanistan,<br />

tali politiche si sono vità del corpo sociale e in alcuni<br />

tanti) che, col tempo, sono diventati<br />

signori anche <strong>della</strong> terra. col conflitto<br />

però basate su “una concezione<br />

piuttosto ristretta <strong>della</strong> società<br />

casi legate all’establishment politico<br />

o ai leader locali.<br />

Segue a pagina II civ<strong>il</strong>e”. I paesi donatori, infatti,<br />

Segue a pagina IV<br />

© TOMAS MuNITA/Ap LApreSSe


II<br />

domenica 28 agosto 2011<br />

Dietro <strong>il</strong> conflitto<br />

<strong>il</strong> nodo di una<br />

faida infinita<br />

Gli afgani sono un popolo di pastori e agricoltori ma non di possidenti terrieri.<br />

Solo <strong>il</strong> 2% tra loro ha in mano i terreni irrigui e coltivab<strong>il</strong>i e solo un pugno di “signori<br />

<strong>della</strong> terra” vanta diritti sul quell’ambìto 20% di territorio coltivab<strong>il</strong>e e redditizio<br />

Giordana da pagina II ruolo di agricoltori bisognosi Una realtà poco indagata ep-<br />

che, <strong>il</strong> più delle volte, sono solo pure fondamentale, come ar-<br />

Il rapporto tra terra e guerra, mezzadri, braccianti e landless. gomenta la studiosa Liz Alden<br />

proprietà fondiaria e conflitto, E’ ai loro “padroni” che bisogne- W<strong>il</strong>ey:“...disconoscendo la cen-<br />

potere (m<strong>il</strong>itare) sul territorio e rebbe guardare. E dunque al catralità dei diritti sulla terra come<br />

relazioni sociali, costituiscono altasto - se ci fosse - che certifica centrali in un processo di pace e<br />

cuni degli aspetti meno indagati proprietà e gestione <strong>della</strong> terra di ricostruzione....l’aiuto interna-<br />

<strong>della</strong> storia recente del Paese: lacuna<br />

che finisce per far ignorare,<br />

e/o considerare come seconda-<br />

Proprietari e contadini<br />

senza terra<br />

zionaleha rinforzato la perczione<br />

che <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> rpoprietà<br />

<strong>della</strong> terra è troppo complesso e<br />

rio, <strong>il</strong> problema del possesso <strong>della</strong><br />

sensib<strong>il</strong>e per prenderlo in mano<br />

terra, delle relazioni economiche Il 78% degli afgani vive in aree ora... (dopo <strong>il</strong> 2001 ndr)”. Le cose<br />

tra possidenti, affittuari o conta- rurali (di questi <strong>il</strong> 20% è noma- non sembrano molto cambiate<br />

dini poveri e la catena di relaziode). Otto afgani su dieci insom- col procedere del nuovo assetto<br />

ni sociali connesse (non ultimo <strong>il</strong> ma sono agricoltori o pastori. istituzionale.<br />

ruolo delle donne nei matrimoni<br />

combinati e <strong>il</strong> loro valore come<br />

La maggior parte tra loro sono<br />

landless, coltivano la terra in Ginepraio legislativo<br />

merce di scambio nel mondo ru- regime di mezzadria o sono picrale).<br />

Elementi che in un Paese coli o piccolissimi proprietari. Attualmente la riorganizzazione<br />

eminentemente agricolo conta- Solo <strong>il</strong> 2,2 % degli afgani detie- del settore è affidato alla nuono<br />

in maniera preponderante: la ne <strong>il</strong> 19% del totale <strong>della</strong> terra va Afghanistan Land Authority<br />

proprietà <strong>della</strong> terra e <strong>il</strong> suo con- (652m<strong>il</strong>a kmq), che per <strong>il</strong> 40% è (Ala) che ha diverse gatte da petrollo,<br />

sembrano invece fattori composto da aree incolte e inulare. Il vecchio catasto agrario<br />

tanto importanti quanto sotto t<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i e per <strong>il</strong> 45% è pascolo coprirebbe infatti <strong>il</strong> 30% del terri-<br />

stimati e studiati, salvo rarissi- (per <strong>il</strong> quale i diritti sono regotorio ma non è l’unico problema:<br />

me eccezioni. Eppure proprio <strong>il</strong> lati da una legislazione assai più <strong>il</strong> nodo <strong>della</strong> terra è complicato<br />

“nuovo ordine” economico e so- chiara rispetto a quella vigente dalla legislazione esistente che<br />

ciale, importato in Afghanistan per i terreni irrigui). La proprie- si divide tra diverse regolamen-<br />

con la cacciata dei talebani nel<br />

2001, ha innestato o favorito liberalizzazioni<br />

e alienazioni di<br />

beni pubblici, ut<strong>il</strong>izzo del suolo<br />

(un aspetto strettamente connesso<br />

alla produzione di oppio<br />

e al narcotraffico), speculazione<br />

ed<strong>il</strong>izia e occupazione di terreni<br />

demaniali in assenza quasi tota-<br />

Il 78% degli afgani vive<br />

in aree rurali. La maggior<br />

parte tra loro non coltiva<br />

terra propria: un esercito<br />

di landless, mezzadri<br />

e braccianti che lavorano<br />

campi altrui<br />

tazioni spesso in contraddizione<br />

tra loro: la legge consuetudinaria<br />

(rawaj), che opera attraverso codici<br />

tribali, come <strong>il</strong> pashtunwali<br />

per le tribù pashtun; la legge civ<strong>il</strong>e<br />

(qanoon madani) del 1970 che<br />

include un migliaio di direttive;<br />

la sharia, spesso applicata anche<br />

alle diatribe di proprietà se<br />

le di regole e di archivi di riferi-<br />

<strong>il</strong> codice civ<strong>il</strong>e non copre <strong>il</strong> caso;<br />

mento e in un quadro di scarsa tà privata dunque, inevitab<strong>il</strong>- infine, le leggi statali (nazionali),<br />

attenzione al problema <strong>della</strong> mente, finisce per insistere sulle spesso in contraddizione con gli<br />

legislazione in materia di dirit- poche zone irrigue e pianeg- altri codici, e la nuova Costituzioti<br />

di proprietà. Temi che hanno gianti, un risicato 12-15%, che ne che fissa i diritti fondamentali<br />

ottenuto scarsa considerazione costituiva però una delle aree di proprietà.<br />

nel processo di state-bu<strong>il</strong>ding più redditizie dell’economia pri- A complicare <strong>il</strong> quadro c’è una<br />

(o rebu<strong>il</strong>ding) da parte <strong>della</strong> comaria dell’Afghanistan. Si stima materia da amministrare davvemunità<br />

internazionale e dello che in Afghanistan vi siano cirro complessa: terre del demanio<br />

stesso governo afgano. Quanto ca 1,2 m<strong>il</strong>ioni di aziende agrico- (amlaki dawlati); terre pubbli-<br />

all’oppio in sé, <strong>il</strong> problema <strong>della</strong> le con una media di 5 ettari di che (maraa), controllate ma non<br />

sua produzione ci sembra solo terra arab<strong>il</strong>e: ma <strong>il</strong> 73% dei con- possedute dallo stato e spesso<br />

in parte risolvib<strong>il</strong>e con strategie tadini possiede meno di 5 ettari oggetto di vendita a privati; ter-<br />

di eradicazione, sostituzione o mentre <strong>il</strong> 5,4% fra loro possiede re private (amlaki shakhsi), terre<br />

monopolio di Stato delle colti- appezzamenti superiori ai 20 comunitarie (mushtarak), ossia<br />

vazioni, che sono i temi su cui si ettari e controlla <strong>il</strong> 30% delle di tutti ma in pratica controllate<br />

incentra <strong>il</strong> dibattito: affrontato terre irrigue e <strong>il</strong> 46% dei terreni dai khan, i dignitari tribali; terre<br />

in sostanza come un problema che sfruttano le precipitazioni: delle fondazioni religiose (waqf),<br />

di contadini poveri che, per sfa- solo l’11% dei terreni irrigui e <strong>il</strong> in gran parte ormai sotto conmarsi,<br />

preferiscono l’oppio alle 3% di quelli che ut<strong>il</strong>izzano actrollo statale.<br />

patate. In gran parte ci sembra que pluviali (sul totale del 15% Il vuoto di potere, <strong>il</strong> prolungarsi<br />

invece che si tratti di un nodo coltivab<strong>il</strong>e), scrive <strong>il</strong> ricercatore del conflitto, l’enorme massa di<br />

che ha a che vedere più con <strong>il</strong> scrive Hector Maletta, è messo sfollati interni e di profughi ver-<br />

possesso <strong>della</strong> terra che co di a coltura da coltivatori diretti. so Pakistan e Iran (che lascian-<br />

do case e terreni ne hanno perso<br />

di fatto <strong>il</strong> possesso) e le varie<br />

legislazioni (consuetudinaria,<br />

civ<strong>il</strong>e, religiosa) hanno finito per<br />

favorire le appropriazioni indebite<br />

da parte dei “signori <strong>della</strong><br />

guerra”, che fossero già o meno<br />

“signori <strong>della</strong> terra”. L’appropriazione<br />

– storia recentissima<br />

persino nella capitale su terreni<br />

demaniali - dipendeva (e ancora<br />

dipende) dall’uso o dalla minaccia<br />

<strong>della</strong> forza, in una situazione<br />

caratterizzata dall’enorme frag<strong>il</strong>ità<br />

delle già debolissime classi<br />

contadine, in molti casi e per<br />

anni profughe all’estero, dall’incertezza<br />

sui diritti di proprietà e<br />

sullo sfruttamento delle acque,<br />

dal collasso di infrastrutture e<br />

canalizzazioni, dall’indebitamento<br />

cronico, dall’impossib<strong>il</strong>ità<br />

di ottenere <strong>il</strong> riconoscimento<br />

dei propri diritti dopo le confische<br />

a opera di comandanti m<strong>il</strong>itari,<br />

dalla debolezza dello Stato<br />

e del sistema giudiziario. Un<br />

quadro sovrastato dall’assenza<br />

Non esiste un vero<br />

e proprio catasto rurale.<br />

Quello abbozzato<br />

dall’ultimo re copre solo<br />

<strong>il</strong> 30% <strong>della</strong> superficie<br />

di un Paese grande<br />

due volte l’Italia<br />

di una minima base archivistica<br />

(catasto dei terreni, registro dei<br />

beni immob<strong>il</strong>i etc).<br />

Riforma e ribellione<br />

La questione del rapporto tra<br />

terra e conflitto viene da lontano.<br />

Prestando attenzione ai soli<br />

avvenimenti del XX secolo, è la<br />

riforma agraria di Muhammad<br />

Daud, presidente <strong>della</strong> neonata<br />

repubblica afgana (1973-78), <strong>il</strong><br />

primo tentativo serio di regolare<br />

<strong>il</strong> problema <strong>della</strong> land tenure: in<br />

sostanza la riforma consisteva<br />

nella definizione di un tetto alla<br />

proprietà terriera oltre <strong>il</strong> quale si<br />

procedeva alla confisca. Un nodo<br />

che nemmeno grandi riformatori<br />

monarchici come Amanullah<br />

Khan (che aveva proclamato nel<br />

1919 l’indipendenza dell’Afgha-<br />

>>Speciale<br />

nistan e promulgato la prima<br />

Costituzione) avevano toccato<br />

e che costituiva del resto per la<br />

monarchia afgana la base di una<br />

pace sociale garantita dalla sostanziale<br />

intangib<strong>il</strong>ità dei diritti<br />

dei landolord. Fallita con Daud, la<br />

riforma venne ripresa dai governi<br />

f<strong>il</strong>osovietici insediatisi già prima<br />

dell’invasione dell’Armata rossa<br />

nel 1979.<br />

Quella di Nur Muhammad Taraki<br />

(poi proseguita da Hafizullah<br />

Amin, l’uomo che “chiederà”<br />

l’intervento sovietico) fu imposta<br />

con la forza e senza fissare<br />

una ricompensa agli espropriati,<br />

mentre <strong>il</strong> governo decideva la<br />

cancellazione retroattiva fino a<br />

cinque anni dell’indebitamento<br />

dei mezzadri. Ma nelle campagne<br />

la riforma, che già ai tempi<br />

di Daud era stata fortemente<br />

osteggiata, trovava fortemente<br />

contrari proprietari e mullah<br />

già oppositori <strong>della</strong> ventata di<br />

modernismo che, iniziata con la<br />

repubblica, era stata portata alle<br />

estreme conseguenze dai governi<br />

comunisti: la riforma riduceva<br />

<strong>il</strong> loro potere e quello delle<br />

fondazioni islamiche e metteva


Afghanistan>><br />

inoltre in discussione le regole<br />

consuetudinarie su cui si basava<br />

da secoli la forza dei kahn, i capi<br />

tribali custodi <strong>della</strong> tradizione.<br />

Alla base c’era dunque, oltre<br />

all’aspetto ideologico anti comunista<br />

e alla condanna di tutta<br />

una serie di innovazioni di carattere<br />

socioculturale (dalle politiche<br />

di genere alla diffusione dei<br />

programmi di educazione, tutte<br />

forme che sottraevano a khan e<br />

mullah, almeno in parte, <strong>il</strong> controllo<br />

sociale), un problema di<br />

controllo e proprietà <strong>della</strong> terra.<br />

Com’è noto, la reazione soprattutto<br />

nelle campagne (<strong>il</strong> luogo<br />

dello scontro sul controllo territoriale),<br />

fu uno dei motivi – su<br />

cui per altro <strong>il</strong> dibattito degli storici<br />

è ancora molto vivace – che<br />

portarono Mosca a decidere la<br />

svolta interventista. “La ribellione,<br />

accompagnata da quella<br />

dovuta alla radicale riforma nel<br />

settore educativo – scrive la W<strong>il</strong>ey<br />

– portò all’occupazione sovietica”.<br />

Parafrasando la studiosa, si<br />

potrebbe dire che, indubbiamente,<br />

la riforma e la conseguente<br />

ribellione furono effettivamente<br />

uno dei motivi chiave che poi fe-<br />

Non si può ridurre<br />

<strong>il</strong> nodo dell’oppio<br />

e <strong>della</strong> sua produzione a<br />

un problema di contadini<br />

poveri. Eradicare<br />

o sostituire le coltivazioni<br />

serve a poco<br />

cero decidere a Mosca l’intervento.<br />

Uno dei motivi. E forse non<br />

<strong>il</strong> principale (è nota la teoria sul<br />

timore che gli americani stessero<br />

accerchiando l’Urss da Sud con<br />

un programma – di cui non c’era<br />

alcuna prova – che li voleva creatori<br />

di una sorta di scudo miss<strong>il</strong>istico<br />

in Afghanistan). Certo però<br />

la terra, non meno dell’avversione<br />

all’ideologia laica e progressisti<br />

dei nuovi governi modernisti,<br />

giocò un ruolo fondamentale.<br />

La ribellione alla riforma, fortemente<br />

osteggiata dalle leadership<br />

religiose e tribali che<br />

guidavano la rivolta, finì per<br />

trovare l’appoggio persino per<br />

degli strati più poveri <strong>della</strong> popolazione<br />

che in realtà dalla riforma<br />

agraria avrebbero avuto<br />

tutto da guadagnare. Fu l’insieme<br />

di diversi elementi a gio-<br />

care a favore delle ragioni dei<br />

proprietari. La studiosa italiana<br />

Elisa Giunchi lo spiega così: “Si<br />

andavano a toccare i tre p<strong>il</strong>astri<br />

<strong>della</strong> società, zar, zan e zamin”<br />

(donne, oro, terra). E si andava<br />

a turbare un equ<strong>il</strong>ibrio consolidato,<br />

ignorando “...i rapporti di<br />

reciprocità che univano le varie<br />

componenti del mondo rurale: <strong>il</strong><br />

proprietario terriero era, spesso,<br />

anche <strong>il</strong> capo tribù...non vi erano<br />

due classi sociali separate e<br />

contrapposte, proprietari e contadini,<br />

ma gruppi uniti da legami<br />

di solidarietà clanico-tribale o<br />

clientelare”. Giocò anche l’ost<strong>il</strong>ità<br />

a “qualsiasi tipo di interferenza<br />

esterna” (un tema che ricorre<br />

ciclicamente e ancora oggi è <strong>il</strong><br />

perno <strong>della</strong> propaganda talebana<br />

ndr) mentre si ignorava l’esistenza<br />

di “terreni comunitari<br />

registrati sotto <strong>il</strong> nome dei khan,<br />

l’inadeguatezza dei documenti<br />

scritti e <strong>il</strong> nomadismo. La conseguenza<br />

fu – conclude Giunchi<br />

- che <strong>il</strong> mondo contadino, invece<br />

di approfittare di queste riforme,<br />

insorse in difesa dei suoi oppressori.”<br />

Oppressi e oppressori finirono<br />

così per andare d’accordo<br />

La domanda da porsi è:<br />

chi possiede la terra dove<br />

fiorisce <strong>il</strong> papavero?<br />

Appartiene ai “signori<br />

<strong>della</strong> terra” che<br />

spesso sono anche<br />

“signori <strong>della</strong> guerra”<br />

in nome di una tradizione m<strong>il</strong>lenaria<br />

che era stata minata nel<br />

giro di pochi anni.<br />

è anche su questo sentimento<br />

che giocherà poi la nascita del<br />

movimento di mujaheddin che,<br />

oltre che al Corano, si ispirerà<br />

alla tradizione locale, diventando<br />

<strong>il</strong> baluardo <strong>della</strong> difesa di antichi<br />

principi consuetudinari e<br />

identitari.<br />

Conlusioni<br />

Per tornare all’oppio, con cui abbiamo<br />

iniziato, <strong>il</strong> problema <strong>della</strong><br />

sua produzione non può dunque<br />

essere trattato solo come<br />

un’emergenza criminale o una<br />

questione “agricola” di sostituzione<br />

delle coltivazioni, come se<br />

non fosse la proprietà ad orientare<br />

<strong>il</strong> sistema delle colture. Il che<br />

domenica 28 agosto 2011 III<br />

sembrerebbe una tesi assai più<br />

logica <strong>della</strong> teoria che va per la<br />

maggiore, secondo cui si tratta<br />

semplicemente di una scelta dei<br />

contadini sulla base dell’andamento<br />

del mercato.<br />

Tutti gli elementi fin qui menzionati<br />

appaiono far parte dunque<br />

di una stessa f<strong>il</strong>iera: di una catena<br />

che ricongiunge i suoi anelli<br />

attraverso gli anni del conflitto<br />

e <strong>della</strong> pace “armata” che ancora<br />

comanda nelle campagne le<br />

relazioni economiche. Non di<br />

meno, e come evidentemente<br />

racconta una letteratura scarna<br />

e che appare quasi occasionale,<br />

né la comunità internazionale<br />

né <strong>il</strong> governo afgano sembrano<br />

aver preso in seria considerazione<br />

un problema che appare<br />

come un’emergenza (la riforma<br />

agraria, le controversie sulla proprietà,<br />

l’archivio delle proprietà)<br />

che si trascina da sei lustri e che<br />

è stata – e probab<strong>il</strong>mente continua<br />

ad essere – una delle tensioni<br />

latenti del conflitto. E che, se<br />

è vero che la maggior parte dei<br />

dissidi tra comunità dipende dai<br />

contenziosi sulla terra, continua<br />

probab<strong>il</strong>mente ad alimentarlo.<br />

© AbdUL KhALEq/AP LAPrESSE


IV<br />

domenica 28 agosto 2011<br />

La società civ<strong>il</strong>e<br />

afgana e <strong>il</strong> suo<br />

lungo cammino<br />

Una ricerca sul campo frutto di tre mesi di lavoro racconta in un lungo dossier come<br />

noi la consideriamo e come gli afgani si percepiscono. Decine di interviste assemblate<br />

a un’attenta analisi tentano di descrivere una realtà ancora sotto stimata o ignorata<br />

Battiston da pagina IV dell’ AIHRC: “In molti casi, <strong>il</strong> fatto sono le organizzazioni di donne,<br />

che le organizzazioni <strong>della</strong> so- che si sono mob<strong>il</strong>itate contro l’ap-<br />

“Il termine società civ<strong>il</strong>e – spiecietà civ<strong>il</strong>e siano dipendenti dai provazione <strong>della</strong> legge di famiglia<br />

ga Mirwais Wardak del CPAU di donor e dalle organizzazioni non sciita, contro le ambiguità del<br />

Kabul - è appropriato per descri- governative internazionali impli- processo di riconc<strong>il</strong>iazione e revere<br />

le organizzazioni che opeca che seguano le agende dei loro clamando la salvaguardia dei dirano<br />

in Afghanistan. L’errore sta finanziatori. Ciò indebolisce lo ritti delle donne. Sono gruppi che<br />

piuttosto nel credere - come è status delle organizzazioni del- possiedono <strong>il</strong> potenziale neces-<br />

stato fatto finora - che la sociela società civ<strong>il</strong>e e fa perdere loro sario per produrre cambiamenti<br />

tà civ<strong>il</strong>e sia rappresentata solo sovranità e indipendenza”. Il suo significativi”<br />

dalle Ong, perché vorrebbe dire collega Nader Nadery spiega che: La preferenza accordata alle as-<br />

attribuirgli un ruolo eccessivo. Il “Le organizzazioni di tipo formasociazioni che sottoscrivono la<br />

fenomeno delle Ong è nato negli le, come quelle di aiuto umanita- strategia dei paesi donatori è <strong>il</strong><br />

anni Ottanta e Novanta, e in quel rio con uno statuto definito, sono risultato di alcune caratteristiche<br />

periodo <strong>il</strong> loro compito era for- un fenomeno piuttosto recente, generali. Quella che è stata definire<br />

servizi di base. Ancora oggi inaugurato negli anni Ottanta nita “l’interpretazione burocra-<br />

molte Ong continuano a limitarsi del secolo scorso, ed hanno avuto tica” <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e, infatti,<br />

a questo, affidandosi a finanzia- una forte espansione soprattutto non riguarda solo l’Afghanistan,<br />

menti esterni, realizzando pro- a partire dal 2001-2. Si tratta di ed è piuttosto un fenomeno cagetti<br />

decisi altrove e dimentican- associazioni molto strutturate, ratteristico del connubio stab<strong>il</strong>ido<br />

l’aspetto dell’advocacy sui temi che forniscono servizi di diversa to a partire dagli anni Novanta,<br />

socialmente r<strong>il</strong>evanti. Oltre alle natura, e tendenzialmente non nelle politiche allo sv<strong>il</strong>uppo, tra<br />

Ong esistono molti altri gruppi”. sono gruppi di base, né sono l’agenda <strong>della</strong> good governance<br />

“Con tutti i m<strong>il</strong>ioni di dollari che molto attivi nella mob<strong>il</strong>itazione e la progressiva ri-affermazione<br />

arrivano in Afghanistan, con un su questioni di r<strong>il</strong>evanza sociale. del discorso sulla società civ<strong>il</strong>e:<br />

governo debole, con un settore Per essere più precisi, potremmo sulla spinta dell’ideologia neoli-<br />

privato che non capisce davvero dividere questa categoria in due berista, si è cercato di liberare <strong>il</strong><br />

cosa significhi sv<strong>il</strong>uppo e che la- sottogruppi: uno che si occupa, ramo esecutivo dello Stato dalla<br />

vora esclusivamente per sé - dice<br />

Seema Ghani del Khorasan orphanage<br />

di Kabul - le Ong sono<br />

state le uniche organizzazioni su<br />

cui la comunità internazionale<br />

ha potuto fare affidamento, soprattutto<br />

all’inizio. Il guaio è che<br />

questa attenzione le ha snaturate:<br />

stanno diventando sempre di<br />

“L’errore sta<br />

nel credere - come è<br />

stato fatto finora - che<br />

sia rappresentata solo<br />

dalle Ong perché ciò<br />

attribuisce loro<br />

un peso eccessivo”<br />

sua responsab<strong>il</strong>ità sociale e dalla<br />

sua responsività nei confronti dei<br />

cittadini, trasferendo funzioni e<br />

servizi dalla macchina burocratica<br />

statale, considerata inefficace<br />

ed elefantiaca, alle Ong, giudicate<br />

più “snelle” e capaci di attuare<br />

politiche di compensazione<br />

sociale senza sollevare obiezioni<br />

più dei semplici project-imple-<br />

di carattere politico. Con la privamentors,<br />

lavorano come delle appunto, di fornire servizi, assetizzazione dei sistemi di welfare<br />

aziende, aspettando che i donor condando le indicazioni di budget state e dei servizi delle infrastrut-<br />

annuncino nuovi progetti. Per definite dai paesi donatori, riemture, alle Ong sono stati dunque<br />

questo sono molto critica verso piendo quel vuoto nella fornitura assegnati compiti operativi e di<br />

le Ong che si orientano in base di servizi che non è colmato né supplenza, soprattutto nei casi<br />

alle richieste dei paesi donatori dal settore pubblico né da quello in cui la debolezza statale era<br />

piuttosto che ai bisogni <strong>della</strong> gen- privato. In linea generale, in que- particolarmente grave. E a parte.<br />

Le Ong sono legate alle strasti anni hanno assicurato servizi tire dagli anni Novanta, con l’aftegie<br />

e alle politiche dei donor, anche importanti, ma non hanfermazione dell’interventismo<br />

che non necessariamente conono rafforzato la società civ<strong>il</strong>e in umanitario, anche diverse funscono<br />

<strong>il</strong> paese o hanno compiuto quanto tale. Esistono però anche zioni di peacebu<strong>il</strong>ding sono state<br />

le indagini necessarie. Le cose altri gruppi, anch’essi strutturati, trasferite al settore privato e alla<br />

dovrebbero andare al contrario: che lavorano su tematiche social- società civ<strong>il</strong>e. Una tendenza che<br />

bisognerebbe creare dei gruppi mente e politicamente r<strong>il</strong>evanti, in Afghanistan viene considera-<br />

di pressione forti, consapevoli del per cambiare lo stato delle cose ta ormai inappropriata, perché<br />

proprio ruolo, capaci di compiere attraverso azioni collettive. Sono “deve essere tenuto a mente che<br />

indagini empiriche, che poi vada- soprattutto piattaforme, network le organizzazioni <strong>della</strong> società cino<br />

dai donor dicendo: ‘bene, voi di gruppi, più che singole assov<strong>il</strong>e non devono mai agire come<br />

avete i soldi, ma noi conosciamo ciazioni. Anche se realizzano i un’alternativa allo Stato nell’im-<br />

i bisogni <strong>della</strong> gente’. Le Ong non programmi dei paesi donatori, plementare i servizi”.<br />

fanno così, e non sono per niente non dimenticano mai l’aspetto<br />

attive. Tranne che nell’accaparrar- dell’advocacy generale. Un esem- La semplice equazione tra sociesi<br />

i soldi”. Aggiunge Seema Samar pio particolarmente significativo tà civ<strong>il</strong>e e organizzazioni non go-<br />

vernative è frutto dell’applicazione<br />

miope di una griglia analitica<br />

che identifica come società civ<strong>il</strong>e<br />

solo le forme associative fam<strong>il</strong>iari<br />

dal punto di vista occidentale,<br />

soprattutto le Ong di soccorso ed<br />

emergenza, e che marginalizza<br />

altre forme locali di associazionismo.<br />

Il fenomeno rientra però<br />

- come abbiamo visto - in una<br />

tendenza più generale, come dimostrano<br />

tutti i principali documenti<br />

di strategia allo sv<strong>il</strong>uppo<br />

elaborati dal governo afgano in<br />

partnership con i paesi donatori.<br />

In questi documenti, è stato<br />

notato, allo Stato viene affidato<br />

<strong>il</strong> compito di creare le condizioni<br />

favorevoli alla libera circolazione<br />

delle merci, subappaltando <strong>il</strong><br />

welfare sociale a una schiera di<br />

attori privati e alle Ong, e formalizzando<br />

le funzioni meramente<br />

manageriali dell’apparato statale.<br />

A ciò vanno aggiunti almeno altri<br />

tre fattori:<br />

a) <strong>il</strong> fatto che “in un contesto caratterizzato<br />

da una forte fram-<br />

Esiste un’evidente<br />

e marcata<br />

preferenza verso quelle<br />

associazioni<br />

che sottoscrivono<br />

le strategie<br />

dei Paesi donatori<br />

mentazione politica (al livello<br />

locale, nazionale e regionale), era<br />

diffic<strong>il</strong>e individuare quali attori<br />

potessero avere la necessaria<br />

autorità e legittimità per agire<br />

come interlocutori per stab<strong>il</strong>ire<br />

gli accordi di aiuto allo sv<strong>il</strong>uppo”,<br />

subito dopo l’intervento m<strong>il</strong>itare<br />

del 2001.<br />

b) <strong>il</strong> fatto che nei casi di postconflitto,<br />

o di conflitto a bassa<br />

intensità, gli imperativi urgenti<br />

<strong>della</strong> ricostruzione possono ridurre<br />

la possib<strong>il</strong>ità di mo<strong>della</strong>re<br />

i programmi di sv<strong>il</strong>uppo sulle<br />

realtà locali, anteponendo la<br />

più fac<strong>il</strong>e trasferib<strong>il</strong>ità di lezioni<br />

tecnocratiche e organizzative<br />

al complicato radicamento di<br />

strategie politico-culturali (strategie<br />

necessarie per garantire<br />

un buon funzionamento <strong>della</strong><br />

società civ<strong>il</strong>e).<br />

>>Speciale<br />

c) <strong>il</strong> mo<strong>della</strong>mento derivato dalla<br />

prominenza dell’agenda <strong>della</strong> sicurezza<br />

su quello dello sv<strong>il</strong>uppo<br />

e dell’assistenza umanitaria. Un<br />

aspetto che merita qualche dettaglio<br />

ulteriore.<br />

Sicurezza e aiuti umanitari<br />

In Afghanistan, la promiscuità tra<br />

aiuto allo sv<strong>il</strong>uppo, sostegno alla<br />

società civ<strong>il</strong>e, operazioni m<strong>il</strong>itari<br />

e interessi di politica estera dei<br />

paesi donatori è particolarmente<br />

evidente. La novità non sta tanto<br />

nella politicizzazione degli aiuti,<br />

sia b<strong>il</strong>aterali sia mult<strong>il</strong>aterali, che<br />

nel paese centroasiatico - come<br />

altrove - sono sempre stati legati<br />

a obiettivi di politica estera, ma<br />

nella tendenza dei donatori, subito<br />

dopo la caduta del regime talebano,<br />

a canalizzare gli aiuti allo<br />

sv<strong>il</strong>uppo e umanitari attraverso<br />

le agenzie dell’Onu e le Ong, a<br />

causa dell’assenza di uno Stato<br />

funzionante, di una leadership<br />

politica riconoscib<strong>il</strong>e e dell’iniziale<br />

r<strong>il</strong>uttanza degli stessi donor<br />

a impegnarsi nello state-bu<strong>il</strong>ding.<br />

Una tendenza che ha contribuito<br />

a mo<strong>della</strong>re la mappa associativa


Afghanistan>><br />

del paese, contestualmente alla<br />

duplice e contraddittoria strategia<br />

adottata dai governi occidentali<br />

per stab<strong>il</strong>izzarlo e indebolire<br />

<strong>il</strong> sostegno alle forze antigovernative:<br />

da un lato la componente<br />

m<strong>il</strong>itare, dall’altra gli aiuti allo<br />

sv<strong>il</strong>uppo; da un lato gli obiettivi<br />

del contro-terrorismo, dall’altro<br />

quelli del peacebu<strong>il</strong>ding e <strong>della</strong><br />

sicurezza umana delle comunità<br />

locali. In questo modo, si è<br />

proceduto secondo un doppio<br />

e contraddittorio binario, dando<br />

luogo a uno degli aspetti più<br />

controversi del coinvolgimento<br />

<strong>della</strong> comunità internazionale in<br />

Afghanistan, ovvero l’incoerenza<br />

tra obiettivi <strong>della</strong> sicurezza, dello<br />

sv<strong>il</strong>uppo, <strong>della</strong> liberalizzazione e<br />

<strong>della</strong> pace, in altri termini <strong>il</strong> “fare<br />

la guerra mentre si costruisce la<br />

pace”.<br />

Lo dimostrano alcuni dati: l’Afghanistan<br />

ospita la più ampia e<br />

costosa forza di peacekeeping<br />

internazionale istituita dalle<br />

Nazioni Unite. Dei complessivi<br />

286.4 m<strong>il</strong>iardi di dollari investiti<br />

in Afghanistan dal 2002 al 2009,<br />

alle operazioni m<strong>il</strong>itari nel paese<br />

La promiscuità tra<br />

sostegno allo sv<strong>il</strong>uppo,<br />

operazioni m<strong>il</strong>itari e<br />

interessi dei donor salta<br />

all’occhio. I fondi vanno<br />

a organizzazioni che<br />

garantiscono servizi<br />

sono andati 242.9 m<strong>il</strong>iardi di dollari,<br />

l’84.6% del totale. L’ammontare<br />

dei fondi relativi al settore<br />

<strong>della</strong> sicurezza e delle attività di<br />

contro-narcotici è estremamente<br />

diffic<strong>il</strong>e da tracciare, ma si stima<br />

che raggiungano almeno 16.1 m<strong>il</strong>iardi<br />

di dollari (5.6%). Agli aiuti<br />

allo sv<strong>il</strong>uppo è destinato <strong>il</strong> 9.4%<br />

(26.7 m<strong>il</strong>iardi) <strong>della</strong> somma totale,<br />

al peacekeeping mult<strong>il</strong>aterale<br />

(Unama ed Eupol) lo 0.3% (0,80<br />

m<strong>il</strong>iardi). Le spese registrate per<br />

le operazioni m<strong>il</strong>itari delle truppe<br />

staniere sono cresciute chiaramente<br />

dal 2003 e poi ancora<br />

dal 2006, raggiungendo un picco<br />

di 63.1 m<strong>il</strong>iardi di dollari nel<br />

2009, più di dieci volte <strong>il</strong> totale<br />

degli investimenti internazionali<br />

negli aiuti allo sv<strong>il</strong>uppo in quello<br />

stesso anno. A dimostrare la crescente<br />

securitizzazione delle po-<br />

litiche di assistenza, anche i casi<br />

dei controversi PRT (Provincial<br />

Reconstruction Team), insieme<br />

ai dati <strong>della</strong> geografia <strong>della</strong> distribuzione<br />

degli aiuti, che riflettono<br />

gli obiettivi politici e m<strong>il</strong>itari dei<br />

donor: più di metà del b<strong>il</strong>ancio<br />

agli aiuti stanziati dagli Stati<br />

Uniti, per esempio, è concentrato<br />

nelle quattro province meridionali<br />

più insicure del paese,<br />

che non sono necessariamente le<br />

più bisognose. Come spiega Aziz<br />

Rafiee (ACSF, Kabul): “L’agenda<br />

<strong>della</strong> comunità internazionale<br />

e dei paesi occidentali è dettata<br />

dalla sicurezza. Il guaio è che si<br />

tratta <strong>della</strong> loro sicurezza, non di<br />

quella degli afgani. A rimetterci è<br />

l’Afghanistan nel suo complesso,<br />

perché l’agenda <strong>della</strong> sicurezza<br />

ha finito per sostituire quella <strong>della</strong><br />

ricostruzione e dello sv<strong>il</strong>uppo<br />

del paese”. Aggiunge Ghulam<br />

Muhammad Masoomi, giornalista<br />

di Kandahar: “Le ragioni per<br />

unirsi ai movimenti antigovernativi<br />

non mancano: la gente non<br />

ha visto alcuna ricostruzione; i<br />

contadini sono accusati di sostenere<br />

i Talebani, e spesso arrestati,<br />

i loro campi distrutti dai<br />

© GEMUNU AMARASINGhE/AP LAPRESSE<br />

Forti finanziamenti<br />

per l’attività bellica<br />

e percentuali minuscole<br />

ad attività umanitarie<br />

o di ricostruzione. La<br />

geografia ineguale <strong>della</strong><br />

distribuzione di risorse<br />

bombardamenti, gli innocenti<br />

uccisi. La gente di qui non conosce<br />

le ragioni di tanta sofferenza:<br />

si vedono bombardare, senza capire<br />

quali colpe abbiano. Per loro<br />

gli stranieri non portano la pace,<br />

sono quelli che uccidono gli innocenti,<br />

che demoliscono le case.<br />

Altro che ricostruzione e aiuto<br />

alla società civ<strong>il</strong>e”. E, spiega Mohammed<br />

Anwar Imtiyaz (ADA,<br />

Kandahar): “Abbiamo spiegato<br />

molte volte ai rappresentanti del<br />

PRT che è sbagliato mischiare <strong>il</strong><br />

lavoro umanitario con i m<strong>il</strong>itari.<br />

Negli ultimi tempi, pare che abbiano<br />

finalmente capito meglio<br />

che è controproducente sia per<br />

noi sia per loro”.<br />

In Afghanistan <strong>il</strong> flusso di aiuti<br />

allo sv<strong>il</strong>uppo ha storicamente generato<br />

uno Stato debole, rentier,<br />

domenica 28 agosto 2011 V<br />

sostanzialmente dipendente dalle<br />

risorse esterne, ulteriormente<br />

indebolito dalla tendenza a lavorare<br />

“intorno” allo Stato piuttosto<br />

che attraverso di esso. La<br />

securitizzazione degli aiuti, poi,<br />

non solo ha mo<strong>della</strong>to in modo<br />

significativo obiettivi e pratiche<br />

delle politiche di emergenza e<br />

ricostruzione, ma a sua volta ha<br />

nutrito una società civ<strong>il</strong>e rentier,<br />

un assortimento di Ong finanziate<br />

dai paesi donatori, configurando<br />

un particolare modello<br />

di relazioni tra Stato e società<br />

civ<strong>il</strong>e che accorda priorità alle<br />

organizzazioni che forniscono<br />

servizi, piuttosto che a quelle che<br />

promuovono la discussione pubblica<br />

o la mob<strong>il</strong>itazione sociale,<br />

o che reclamano la responsività<br />

dello Stato. Non si tratta di criticare<br />

le attività di questo tipo di<br />

organizzazioni, ma di chiedere<br />

loro di dimostrare una consapevolezza<br />

politica dell’arena in cui<br />

operano, e di elaborare programmi<br />

che sostengano quanti cercano<br />

un’alternativa al conflitto,<br />

evitando di soddisfare soltanto<br />

gli obiettivi dei paesi donatori.<br />

“Sono molto diffidente verso le<br />

Ong che lavorano soltanto per<br />

realizzare progetti decisi altrove,<br />

e che al di là di questo non hanno<br />

alcuna visione <strong>della</strong> società e di<br />

come vorrebbero che diventasse.<br />

Sfortunatamente - dice Shinkai<br />

Kharokha<strong>il</strong>, parlamentare,<br />

già membro di AWEC - sono la<br />

maggioranza, anche se esistono<br />

persone con altri valori e obiettivi,<br />

che non pensano soltanto a<br />

ottenere soldi dai paesi donatori,<br />

e che lavorano a titolo anche volontario<br />

nei v<strong>il</strong>laggi, nei distretti.<br />

Sarebbe sbagliato ignorarle”<br />

Quest’orientamento tecnicostrumentale<br />

sostiene la società<br />

civ<strong>il</strong>e soltanto come subappaltatrice<br />

di servizi in linea con le priorità<br />

di sv<strong>il</strong>uppo concordate da<br />

governo afgano e paesi donatori,<br />

come mero “canale per l’assistenza<br />

all’emergenza e allo sv<strong>il</strong>uppo”.<br />

E insieme alla priorità accordata<br />

agli obiettivi m<strong>il</strong>itari rispetto a<br />

quelli dello sv<strong>il</strong>uppo ha trasformato<br />

la “società civ<strong>il</strong>e in un progetto<br />

piuttosto che in un processo”,<br />

hanno lamentato molti degli<br />

intervistati nel corso <strong>della</strong> ricerca.<br />

Inoltre, l’ha depoliticizzata in<br />

almeno due sensi: in primo luogo,<br />

dimenticando che ha anche un<br />

ruolo politico, in quanto sfera<br />

per l’impegno personale diretto<br />

dei cittadini, per la deliberazione<br />

collettiva sugli affari pubblici; in<br />

secondo luogo nascondendo la<br />

natura già politicizzata del terreno<br />

su cui opera, un terreno in cui,<br />

per dirla con Gramsci, una molteplicità<br />

di attori, interni ed esterni,<br />

portatori di valori e ideologie diverse,<br />

si contendono l’egemonia.<br />

Spiega assai bene Abdul Rashid<br />

Reshad, di AWEC, Maimana:<br />

“Proprio perché anch’io ne faccio<br />

parte, so che tutte le Ong, che<br />

siano nazionali o internazionali,<br />

per poter lavorare non possono<br />

permettersi di criticare in modo<br />

esplicito governo e strutture statali,<br />

da cui dipendono, se non<br />

finanziariamente, sicuramente<br />

per la realizzazione dei progetti.<br />

Ma senza libertà di critica


VI<br />

domenica 28 agosto 2011<br />

non c’è crescita <strong>della</strong> società<br />

civ<strong>il</strong>e. Da parte delle Ong internazionali<br />

non ho mai sentito pronunciare<br />

nessuna seria critica, da<br />

queste parti. Questo significa che<br />

manca una visione politica degna<br />

di questo nome”.<br />

Le conseguenze <strong>della</strong> preferenza<br />

accordata alle Ong come fornitrici<br />

di servizi, a scapito del rafforzamento<br />

<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e nel suo<br />

complesso sono diverse: si è tolto<br />

spazio e r<strong>il</strong>evanza a forme di associazionismo<br />

e luoghi di discussione<br />

pubblica, come i consigli di<br />

v<strong>il</strong>laggio (jirga e shura) e i gruppi<br />

culturali, più rappresentativi<br />

ma meno riconoscib<strong>il</strong>i secondo<br />

i parametri sanciti dal concetto<br />

normativo di società civ<strong>il</strong>e, perché<br />

informali o solo debolmente<br />

strutturati; la società civ<strong>il</strong>e nel<br />

suo complesso è stata sostanzialmente<br />

esclusa dalla formulazione<br />

delle politiche nazionali; è stata limitata<br />

la creazione di uno spazio<br />

comune, un’arena per la deliberazione<br />

pubblica, per l’esercizio<br />

<strong>della</strong> cittadinanza attiva: quella<br />

sfera pubblica dove raggiungere<br />

un consenso normativo (legittimo<br />

perché condiviso) a partire da<br />

una pluralità di interessi e posizioni<br />

spesse confliggenti.<br />

Non è un caso dunque che in<br />

alcune delle interviste realizzate<br />

nel corso <strong>della</strong> ricerca, alla<br />

società civ<strong>il</strong>e sia stato attribuito<br />

come compito principale proprio<br />

quello di creare una spazio di discussione<br />

pubblica, che esiste al<br />

livello locale, ma fatica a imporsi<br />

a livello nazionale, quello spazio<br />

tra società e Stato che, sostiene<br />

Habermas, “garantisce la critica<br />

discussione pubblica di questioni<br />

di interesse generale”. Allo stesso<br />

tempo, è stata spesso sottolineata<br />

la distanza che corre tra le<br />

organizzazioni che si limitano a<br />

fornire servizi di diversa natura, e<br />

quelle che invece cercano di coagulare<br />

interessi e partecipazione<br />

per formare una “voce” che sia<br />

sufficientemente forte da essere<br />

udita nell’ambito pubblico, nazionale<br />

e internazionale.<br />

Il rapporto con la comunità<br />

internazionale<br />

Quanto ai principali attori internazionali,<br />

la maggior parte degli<br />

intervistati imputa loro di agire<br />

senza una strategia coordinata,<br />

con i singoli paesi coinvolti<br />

nell’aiuto allo sv<strong>il</strong>uppo che perseguono<br />

agende legate ai propri<br />

interessi specifici, piuttosto che<br />

al benessere dell’Afghanistan;<br />

di avere la tendenza a imporre i<br />

propri orientamenti sulla controparte<br />

locale, percepita come<br />

mera esecutrice di progetti, anziché<br />

costruire percorsi condivisi.<br />

La comunità internazionale<br />

dovrebbe invece considerare<br />

la società civ<strong>il</strong>e afgana nel suo<br />

complesso, trattarla come un<br />

interlocutore serio e affidab<strong>il</strong>e;<br />

adottare equ<strong>il</strong>ibrate strategie di<br />

sostegno che siano fondate sulla<br />

reale conoscenza del paese e<br />

<strong>della</strong> sua composizione sociale,<br />

così da evitare <strong>il</strong> rischio di minare<br />

la legittimità delle associazioni<br />

locali; diversificare <strong>il</strong> sostegno<br />

alla società civ<strong>il</strong>e dalle politiche<br />

di aiuto umanitario, evitando di<br />

ridurla a semplice distributrice<br />

di servizi; prima ancora di equ<strong>il</strong>ibrate<br />

strategie di sostegno finanziario,<br />

dovrebbe esercitare pressioni<br />

sul governo afgano, affinché<br />

consolidi <strong>il</strong> quadro istituzionale<br />

all’interno del quale opera la società<br />

civ<strong>il</strong>e. Perché la possib<strong>il</strong>ità<br />

di influenzare le politiche statali<br />

non dipende solo dalla forza<br />

<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e e dall’accesso<br />

che ha presso gli organi statali,<br />

ma dalla stessa capacità statale<br />

di elaborare ed eseguire politiche<br />

innovative. E perché “dietro al peacebu<strong>il</strong>ding<br />

c’è lo state-bu<strong>il</strong>ding,<br />

la costruzione di un’autorità politica<br />

legittima”. In questo senso, è<br />

stato giustamente suggerito che<br />

piuttosto che sulla sconfitta dei<br />

movimenti antigovernativi o sul<br />

negoziato politico tra due attori<br />

(governo afgano e movimenti<br />

ribelli) entrambi con scarso appoggio<br />

tra la popolazione, ci si<br />

dovrebbe concentrare sulla creazione<br />

di uno spazio politico attraverso<br />

<strong>il</strong> quale la società civ<strong>il</strong>e<br />

possa esprimersi e articolare un<br />

progetto di società alternativo.<br />

Uno spazio fatto di un sistema<br />

istituzionale funzionante, di un<br />

apparato giuridico regolato, di<br />

un adeguato ambiente politico,<br />

di media indipendenti. Dice<br />

Fawzia Farhat (CCA, Mazar-e-<br />

Sharif): “Sono poche le organizzazioni<br />

internazionali che hanno<br />

piani concreti, ben definiti, adatti<br />

alla situazione locale. In genere<br />

manca un approccio strategico<br />

generale. Inoltre, a volte ci chiedono<br />

soltanto di eseguire i loro<br />

piani. Vengono con delle proposte<br />

già pronte e ci dicono, ‘ecco,<br />

La maggior parte<br />

degli intervistati<br />

accusa la comunità<br />

internazionale di agire<br />

senza una strategia<br />

condivisa. Così ogni<br />

Paese lavora per sé<br />

fate questo’. E’ un atteggiamento<br />

del tutto sbagliato, perché sono<br />

le associazioni locali quelle che<br />

sanno ciò di cui c’è più bisogno<br />

e conoscono i modi migliori per<br />

farlo. A volte c’è l’impressione<br />

che ci prendano per dei semplici<br />

fax, a cui spedire i progetti”. Ancora<br />

Nader Nadery: “Il rapporto<br />

con la comunità internazionale<br />

dipende molto dalla forza e dal<br />

coordinamento che riesce a darsi<br />

la società civ<strong>il</strong>e: nei casi in cui<br />

quest’ultima prende l’iniziativa,<br />

la comunità internazionale tende<br />

a sostenerla politicamente o<br />

finanziariamente, come è accaduto<br />

nel caso del dibattito sulla<br />

legge di famiglia sciita. Ma quando<br />

manca <strong>il</strong> coordinamento, o<br />

quando si affrontano questioni<br />

politicamente delicate come nel<br />

caso <strong>della</strong> legge sull’amnistia, la<br />

comunità internazionale tende<br />

a def<strong>il</strong>arsi, a rimanere in s<strong>il</strong>enzio,<br />

evitando di appoggiare le battaglie<br />

<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e”.<br />

Alla comunità internazionale<br />

viene inoltre richiesto di rinunciare<br />

all’appoggio, diretto e indiretto,<br />

concesso a quegli attori<br />

politico-m<strong>il</strong>itari che fin qui hanno<br />

impedito <strong>il</strong> rafforzamento<br />

<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e; gli si chiede di<br />

adottare un principio di coerenza<br />

tra dichiarazioni pubbliche e<br />

provvedimenti concreti; di applicare<br />

anche al proprio interno un<br />

serio monitoraggio sulla corretta<br />

distribuzione dei fondi destinati<br />

all’Afghanistan; di saper distinguere<br />

con maggiore attenzione<br />

le organizzazioni che si battono<br />

effettivamente per <strong>il</strong> miglioramento<br />

delle condizioni del paese<br />

da quelle che mirano alla soddisfazione<br />

di interessi egoistici e<br />

parziali; di sostituire i progetti di<br />

breve durata con programmi di<br />

lunga scadenza, attraverso i quali<br />

costruire percorsi esemplari, basati<br />

sulla collaborazione reciproca<br />

e sulla continuità, dove partecipazione<br />

non si riferisca soltanto<br />

alla condivisione di informazioni,<br />

alla consultazione, alla raccolta di<br />

dati, ma alla sovranità condivisa,<br />

alla trasparenza reciproca e alla<br />

possib<strong>il</strong>ità che anche gli afgani<br />

possano orientare le agende politiche<br />

di r<strong>il</strong>evanza nazionale.<br />

I rappresentanti <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e<br />

incontrati chiedono ai paesi<br />

donatori di rinunciare progressivamente<br />

al ruolo protettivo<br />

nei loro confronti, e di poter decidere<br />

quali politiche siano più<br />

appropriate per <strong>il</strong> futuro dell’Afghanistan.<br />

Nel corso degli anni,<br />

è cresciuta infatti la richiesta di<br />

ottenere di nuovo la sovranità<br />

su tempi, modalità e strumenti<br />

per la propria affermazione. Le<br />

istituzioni realmente legittime - è<br />

Tra governo e società<br />

civ<strong>il</strong>e c’è diffidenza. Ma<br />

più da parte dell’esecutivo<br />

che non dall’altra.<br />

Molte associazioni sono<br />

disposte a lavorare per<br />

rafforzare le istituzioni<br />

stato notato - non possono che<br />

risultare da processi politici e sociali<br />

autoctoni, mentre la percezione<br />

che <strong>il</strong> potere sia eterodiretto<br />

disincentiva la partecipazione<br />

pubblica. In conclusione Mirwais<br />

Wardak: “Un consiglio che mi<br />

sentirei di dare alla comunità<br />

internazionale è di aumentare la<br />

percentuale di fondi la cui gestione<br />

passa per <strong>il</strong> governo afgano, e<br />

>>Speciale<br />

allo stesso tempo di usare criteri<br />

di trasparenza più rigidi, per verificare<br />

che i soldi vengano spesi<br />

effettivamente nel paese. Più in<br />

generale, suggerirei di cominciare<br />

a restituire sovranità al governo<br />

e alla società civ<strong>il</strong>e afgana”.<br />

Il rapporto con <strong>il</strong> governo<br />

Secondo quanto emerge da questa<br />

e altre ricerche, pur guardati<br />

con sospetto dal governo e percepiti<br />

come antagonisti, i rappresentanti<br />

<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e<br />

sarebbero comunque disposti a<br />

lavorare al rafforzamento delle<br />

istituzioni statali e governative,<br />

nel rispetto delle reciproche sfere<br />

di competenza. In una situazione<br />

come quella dell’Afghanistan,<br />

è stato spesso ripetuto, la funzione<br />

<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e non può<br />

limitarsi a essere “normativa per<br />

<strong>il</strong> potere”, tradursi soltanto nello<br />

scrutinio delle debolezze e opacità<br />

del governo, a cui chiedere<br />

trasparenza e correttezza procedurale;<br />

deve svolgere anche una<br />

funzione di supporto, di integrazione,<br />

di confronto aperto, di stimolo<br />

alla crescita.


Afghanistan>><br />

Per molti infatti <strong>il</strong> compito <strong>della</strong><br />

società civ<strong>il</strong>e, che comunque<br />

deve rimanere indipendente dal<br />

governo, “non è solo di criticare.<br />

La società civ<strong>il</strong>e ha una responsab<strong>il</strong>ità<br />

più ampia. In alcuni casi<br />

<strong>il</strong> suo lavoro è lo stesso del governo...<strong>il</strong><br />

governo e la società civ<strong>il</strong>e<br />

sono ugualmente importanti e<br />

non possono esistere l’uno senza<br />

l’altro...”.Secondo quanto sostenuto<br />

nell’ambito di una conferenza<br />

da Seema Samar, tra le fondatrici<br />

<strong>della</strong> Ong “Shuhada” e ora portavoce<br />

dell’Afghanistan Independent<br />

Human Rights Commission,<br />

“la governance democratica richiede<br />

l’istituzione di legami stab<strong>il</strong>i<br />

ed effettivi tra <strong>il</strong> governo e tutti<br />

i membri <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e...la<br />

società civ<strong>il</strong>e offre una piattaforma<br />

sulla quale le istituzioni statali<br />

e i membri <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e possono<br />

interagire e consultarsi l’un<br />

l’altro...La società civ<strong>il</strong>e agisce non<br />

solo per r<strong>il</strong>anciare <strong>il</strong> potere dello<br />

Stato, ma anche per aumentarne<br />

la credib<strong>il</strong>ità legale. La società civ<strong>il</strong>e<br />

riconosce l’autorità statale e lo<br />

stato di diritto e sottolinea <strong>il</strong> bisogno<br />

di promuovere i principi istituzionalizzati<br />

per costruire una<br />

società prospera...la società civ<strong>il</strong>e<br />

dunque non è ost<strong>il</strong>e al governo,<br />

ma gli mette pressione affinché<br />

diventi responsab<strong>il</strong>e e attui riforme<br />

democratiche...rivelando casi<br />

di abuso del potere ufficiale e pratiche<br />

negative, aumenta le aspettative<br />

pubbliche verso lo Stato ed<br />

esercita su questo una pressione<br />

politica affinché crei meccanismi<br />

per migliorare le proprie perfor-<br />

“Non siamo ost<strong>il</strong>i ma<br />

facciamo pressione sui<br />

politici affinché diventino<br />

più responsab<strong>il</strong>i e attuino<br />

riforme. Denunciamo ma<br />

siamo anche pronti<br />

a dare suggerimenti”<br />

mance...”. Le posizioni di Seema<br />

Samar, secondo la quale gli attori<br />

<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e “devono studiare<br />

e valutare la vita, le credenze, le<br />

tradizioni, la cultura e gli orientamenti<br />

degli afgani e poi, sulla base<br />

dei risultati e dell’interpretazione,<br />

definire programmi di sv<strong>il</strong>uppo”,<br />

da realizzare anche in collaborazione<br />

con <strong>il</strong> governo e le istituzioni<br />

statali, sono condivise da molti<br />

© ROMANO MARTINIS/LETTERA22<br />

tra quelli che hanno partecipato<br />

alla ricerca. Al governo infatti<br />

viene chiesto di riconoscere nella<br />

società civ<strong>il</strong>e non un antagonista,<br />

ma un soggetto che, pur seguendo<br />

traiettorie e metodi diversi, punta<br />

a un obiettivo comune a quello<br />

del governo: garantire la stab<strong>il</strong>ità<br />

dell’Afghanistan: “Noi diamo dei<br />

suggerimenti al governo, perché<br />

riteniamo che sia importante<br />

avere un governo che funzioni, un<br />

buon governo, e un governo può<br />

lavorare meglio in un contesto<br />

in cui anche i cittadini e la società<br />

civ<strong>il</strong>e facciano la loro parte”,<br />

dice Niamatullah ‘Hamdard’ del<br />

CSHRN di Jalalabad. Aggiunge<br />

Samira Hamidi (AWN, Kabul):<br />

“Il rapporto è diffic<strong>il</strong>e. Il governo<br />

ritiene che la società civ<strong>il</strong>e sia<br />

portata sempre a ragionare in termini<br />

negativi e a creare problemi,<br />

la società civ<strong>il</strong>e crede invece che<br />

<strong>il</strong> governo sia incapace, che non<br />

si sforzi abbastanza per lavorare<br />

insieme. E’ estremamente importante<br />

migliorare questo rapporto.<br />

Durante un mio recente viaggio<br />

in Pakistan, ho notato che alcune<br />

organizzazioni <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e<br />

ricevono dei fondi governativi,<br />

mentre qui in Afghanistan a volte<br />

neanche parliamo con <strong>il</strong> governo.<br />

La situazione deve cambiare: <strong>il</strong><br />

governo deve comprendere l’importanza<br />

del ruolo svolto dalla<br />

società civ<strong>il</strong>e, che a sua volta deve<br />

imparare a capire i problemi del<br />

governo, che di per sé non è molto<br />

stab<strong>il</strong>e, perché sopravvive grazie<br />

all’assistenza e ai fondi <strong>della</strong><br />

comunità internazionale. E’ <strong>il</strong> momento<br />

di cominciare a cambiare<br />

la cultura <strong>della</strong> critica reciproca,<br />

e di favorire la comprensione, <strong>il</strong><br />

coordinamento e l’assistenza reciproca.<br />

Come Afghan Women<br />

Network abbiamo lavorato con <strong>il</strong><br />

governo per la jirga di pace: è stato<br />

diffic<strong>il</strong>e, ma alla fine abbiamo<br />

trovato sostegno e siamo riusciti<br />

a coordinarci. Dovremmo continuare<br />

lungo questa strada”.<br />

A dispetto di alcune iniziative<br />

sporadiche, finora l’apertura <strong>della</strong><br />

società civ<strong>il</strong>e non sembra essere<br />

stato accolta dal governo, che<br />

continua ad attribuirle un ruolo<br />

accessorio, cerimoniale: ne tiene<br />

conto soltanto in occasioni pubbliche<br />

di particolare r<strong>il</strong>evanza,<br />

quando la presenza di rappresentanti<br />

delle associazioni locali<br />

serve a dimostrare alla comunità<br />

internazionale <strong>il</strong> rispetto degli impegni<br />

presi. Nelle altre occasioni,<br />

sostengono alcuni degli intervistati,<br />

<strong>il</strong> coinvolgimento avviene<br />

seguendo un criterio selettivo ambiguo,<br />

legato alle conoscenze personali<br />

piuttosto che a protocolli<br />

formali o istituzionalizzati. Un<br />

metodo che dimostra la r<strong>il</strong>uttanza<br />

ad attribuire alla società civ<strong>il</strong>e<br />

una patente di legittimità come<br />

interlocutore, e la diffidenza ver-<br />

“Giornali e Tv<br />

dovrebbero essere<br />

strumento di espressione<br />

<strong>della</strong> cittadinanza<br />

e occasione per far<br />

conoscere i problemi<br />

dimenticati o ignorati”<br />

so la creazione di meccanismi di<br />

coinvolgimento certi e realmente<br />

praticab<strong>il</strong>i. Il governo afgano è<br />

sembrato interessarsi soprattutto<br />

alle attività delle organizzazioni<br />

funzionali ai propri programmi di<br />

sv<strong>il</strong>uppo, e ha eretto invece una<br />

barriera, più o meno permeab<strong>il</strong>e<br />

a seconda dei casi, con <strong>il</strong> resto<br />

dei soggetti che compongono la<br />

società civ<strong>il</strong>e, lamenta la maggior<br />

parte degli intervistati. Molti di<br />

coloro che hanno partecipato alla<br />

ricerca sottolineano comunque<br />

come la situazione vari a seconda<br />

delle province, con alcuni rappresentanti<br />

governativi più permeab<strong>il</strong>i<br />

alle istanze <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e<br />

rispetto ad altri.<br />

Il ruolo dei media<br />

Il compito che molti degli intervistati<br />

attribuiscono alla società<br />

civ<strong>il</strong>e - un ponte tra la società e <strong>il</strong><br />

governo - si riflette nell’importanza<br />

che viene accordata ai media.<br />

I media dovrebbero essere strumento<br />

di espressione dei cittadini,<br />

occasione di dialogo, meccanismo<br />

attraverso <strong>il</strong> quale far conoscere le<br />

realtà e i problemi dimenticati del<br />

domenica 28 agosto 2011 VII<br />

paese alle istituzioni governative<br />

centrali e periferiche. Inoltre, in<br />

modo sim<strong>il</strong>e a quanto spetta alla<br />

società civ<strong>il</strong>e, non dovrebbero mai<br />

rinunciare a chiedere la trasparenza<br />

del governo nella gestione<br />

degli affari pubblici, dando conto<br />

di eventuali casi di malgoverno<br />

e sollecitando i rappresentanti<br />

istituzionali, mediante la pressione<br />

pubblica, a comportamenti<br />

corretti e responsab<strong>il</strong>i. Le esigenze<br />

commerciali non dovrebbero<br />

condizionare eccessivamente la<br />

tutela e la promozione degli interessi<br />

collettivi, mentre <strong>il</strong> governo<br />

dovrebbe consentire la libera<br />

espressione delle opinioni, evitando<br />

censure e pressioni dirette o indirette.<br />

Molti degli intervistati vedono<br />

nei media, soprattutto nelle<br />

radio - accessib<strong>il</strong>i alla maggioranza<br />

<strong>della</strong> popolazione - un mezzo<br />

indispensab<strong>il</strong>e per favorire la diffusione<br />

delle idee su cui lavora la<br />

società civ<strong>il</strong>e; un veicolo adatto a<br />

spiegare l’importanza <strong>della</strong> partecipazione<br />

collettiva alle questioni<br />

di interesse comune e per far maturare<br />

la consapevolezza dei cittadini<br />

sui diritti umani. Ai media,<br />

se correttamente usati, viene inoltre<br />

riconosciuto un ruolo cruciale<br />

nella riaffermazione di un senso<br />

civico compromesso da decenni<br />

di guerra, oltre che di una cultura<br />

di pace capace di trascendere le<br />

divisioni etniche e territoriali ancora<br />

presenti in Afghanistan. Tra<br />

gli intervistati c’è piena consapevolezza<br />

che “ottenere e scambiare<br />

informazioni sulle questioni pubbliche<br />

è un altro metodo efficace<br />

che la società civ<strong>il</strong>e può usare per<br />

sv<strong>il</strong>uppare una governance democratica...”,<br />

e che <strong>il</strong> libero scambio<br />

di informazioni è “uno strumento<br />

essenziale per combattere la<br />

corruzione e l’abuso di potere...”,<br />

perché rende “lo Stato responsivo,<br />

così che venga incontro ai bisogni<br />

<strong>della</strong> gente”.<br />

Uno sguardo dall’interno<br />

Se la comunità internazionale<br />

tende a identificare come società<br />

civ<strong>il</strong>e prevalentemente le Ong<br />

strutturate, dalla ricerca emerge<br />

l’esigenza di rivedere questa equazione.<br />

Le Ong, è stato più volte<br />

ribadito, costituiscono solo una<br />

parte di una ben più complessa<br />

topografia dell’associazionismo<br />

afgano. Secondo la maggior parte<br />

degli intervistati, in Afghanistan<br />

la società civ<strong>il</strong>e “non è un gruppo<br />

omogeneo; include uno spettro<br />

molto ampio di organizzazioni<br />

formali e informali, associazioni,<br />

movimenti e gruppi sociali”. Se è<br />

vero che esiste una “società civ<strong>il</strong>e<br />

prodotta”, mo<strong>della</strong>ta dai partner<br />

internazionali, è altrettanto vero<br />

che, al di là di questa e all’interno<br />

di essa, esiste una galassia variegata,<br />

piuttosto attiva e diffusa, di<br />

gruppi che rivendicano pienamente<br />

la capacità di trovare percorsi<br />

di autonomia progettuale,<br />

a dispetto delle condizioni di sicurezza<br />

e dello scarso sostegno<br />

ricevuto. Un panorama composto<br />

da gruppi diversi, spesso<br />

informali o poco strutturati, che<br />

a volte non seguono alcuno statuto<br />

definito se non la volontà di<br />

aggregazione attiva.


VIII<br />

domenica 28 agosto 2011<br />

E che continuano a coagulare<br />

in modo collettivo risorse e capacità<br />

individuali, a dispetto <strong>della</strong><br />

dis<strong>il</strong>lusione sulla mancata ricostruzione<br />

del paese e sul mancato<br />

coinvolgimento da parte del<br />

governo. E nonostante lo schiacciamento<br />

subito tra i vari attori<br />

politico-m<strong>il</strong>itari, inclusa la comunità<br />

internazionale.<br />

Seguendo le opinioni raccolte,<br />

<strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e afgana fanno<br />

parte infatti tutte le persone e i<br />

gruppi che assumono un ruolo<br />

attivo nella società, che lavorano<br />

con assiduità e continuità su alcune<br />

tematiche di r<strong>il</strong>evanza comune;<br />

tutti coloro che si sentono<br />

responsab<strong>il</strong>i e in virtù di questa<br />

responsab<strong>il</strong>ità attivano dei progetti<br />

di interesse collettivo; tutti<br />

coloro che sono coinvolti nel lavoro<br />

umanitario e nel rafforzare<br />

le istituzioni democratiche. Il<br />

concetto di società civ<strong>il</strong>e che ne<br />

esce è di tipo inclusivo, indica<br />

delle forme di associazionismo<br />

dai confini porosi, che variano nel<br />

grado di autonomia e formalità,<br />

composte da soggetti legati dalle<br />

attività che svolgono e dagli obiettivi<br />

che le animano più che dalla<br />

struttura che si danno. Le attività<br />

e gli obiettivi con cui si identificano<br />

i gruppi appartenenti alla<br />

società civ<strong>il</strong>e sono poco rigidi, e<br />

rimandano alla priorità accordata<br />

all’interesse collettivo sul profitto<br />

personale, alla ricerca del dialogo<br />

costruttivo e condiviso piuttosto<br />

che all’imposizione del proprio<br />

punto di vista mediante la forza<br />

o in virtù di uno status autoritario<br />

acquisito. Si tratta dunque di un<br />

insieme “sfocato” di associazioni e<br />

La società civ<strong>il</strong>e afgana<br />

è conscia del suo ruolo,<br />

dei suoi progressi<br />

ma anche dei limiti:<br />

mancanza<br />

di coordinamento<br />

e strumenti di analisi<br />

singoli individui, che contraddice<br />

l’assioma del conflict fetish, secondo<br />

<strong>il</strong> quale nei paesi in guerra “la<br />

violenza è <strong>il</strong> problema e l’unica<br />

lente attraverso cui guardare alla<br />

vita delle persone”.<br />

I partecipanti alla ricerca intendono<br />

la società civ<strong>il</strong>e come un<br />

insieme piuttosto eterogeneo di<br />

gruppi culturali e giovan<strong>il</strong>i, media<br />

indipendenti, associazioni per i<br />

diritti umani, sindacati, organizzazioni<br />

di donne, strutture tradizionali,<br />

avvocati, religiosi, attivisti<br />

e semplici cittadini. In una situazione<br />

di estrema vulnerab<strong>il</strong>ità e<br />

precarietà, rivendicano <strong>il</strong> ruolo<br />

fondamentale svolto fin qui, avendo<br />

organizzato incontri e dibattiti,<br />

campagne di opinione e di informazione,<br />

e in senso più generale<br />

avendo promosso la coesione so-<br />

Acronimi<br />

ACBAR Agency Coordinating Body for Afghan Relief<br />

ACSF Afghan Civ<strong>il</strong> Society Forum<br />

ADA Afghan Development Association<br />

AHRO Afghan Human Rights Organization<br />

AIHRC Afghanistan Independent Human Rights Commission<br />

ARCS Afghan Red Crescent Society<br />

AREU Afghan Research and Evaluation Unit<br />

ARM Afghanistan Rights Monitor<br />

ciale tra comunità diverse. Oltre<br />

a questo, alcuni rivendicano la<br />

lunga tradizione afgana di attività<br />

riconducib<strong>il</strong>i all’idea di società civ<strong>il</strong>e,<br />

che si sarebbe espressa in forme<br />

diverse da quelle più fam<strong>il</strong>iari<br />

alla comunità internazionale ma<br />

non meno efficaci né importanti.<br />

Per alcuni, bisogna distinguere tra<br />

<strong>il</strong> termine ‘società civ<strong>il</strong>e’, adottato<br />

recentemente, e le attività a cui si<br />

riferisce, radicate anche in Afghanistan.<br />

Altri, pur consapevoli che<br />

<strong>il</strong> termine società civ<strong>il</strong>e porta con<br />

sé connotazioni storico-culturali<br />

che ne influenzano la stessa ricezione,<br />

rivendicano la necessaria<br />

maturità per mo<strong>della</strong>re sulla<br />

realtà afgana in modo originale<br />

e produttivo un concetto che rimane<br />

estraneo alla maggioranza<br />

<strong>della</strong> popolazione. Ajmal Samadi<br />

(ARM, Kabul) riassume così:<br />

>>Speciale Afghanistan>><br />

AWEC Afghan Women’s Educational Center<br />

AWN Afghan Women’s Network<br />

CCA Cooperation Center for Afghanistan<br />

CDC Community Development Counc<strong>il</strong><br />

CHA Coordination of Humanitarian Assistance<br />

CPAU Cooperation for Peace and Unity<br />

CSDC Civ<strong>il</strong> Society Development Center<br />

CSHRN Civ<strong>il</strong> Society Human Rights Network<br />

“Quello di società civ<strong>il</strong>e non è un<br />

concetto nuovo. L’Afghanistan ne<br />

ha avuto esperienza in passato.<br />

Non abbiamo vissuto in anarchia.<br />

Ci sono state diverse espressioni<br />

istituzionali e <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e.<br />

La realtà dunque è che si può<br />

parlare di società civ<strong>il</strong>e in Afghanistan<br />

da decenni, forse da secoli.<br />

Certo, nel periodo post-talebano<br />

si è diffusa una nuova terminologia,<br />

ma <strong>il</strong> fatto che si faccia ricorso<br />

a parole nuove non significa che<br />

siano inedite le attività a cui si<br />

riferisce. Qualcuno pensa che società<br />

civ<strong>il</strong>e significhi promozione<br />

di una visione secolare e dei diritti<br />

delle donne e dell’uguaglianza di<br />

genere, ma già negli anni Sessanta<br />

c’erano donne che sedevano nel<br />

parlamento afgano; inoltre, <strong>il</strong> secolarismo<br />

come idea politica già<br />

circolava nel paese sotto <strong>il</strong> regime<br />

comunista. Ai tempi dei sovietici<br />

si parlava di internazionalismo,<br />

oggi gli Stati Uniti hanno portato<br />

con sé tutta una serie di nuovi<br />

termini, ma non sono così nuovi<br />

come sembrano”.<br />

Sulla base <strong>della</strong> consapevolezza<br />

maturata negli ultimi anni<br />

sul proprio ruolo e le proprie responsab<strong>il</strong>ità,<br />

gli intervistati non<br />

nascondono, oltre ai progressi<br />

raggiunti, i limiti che condizionano<br />

l’efficacia <strong>della</strong> società civ<strong>il</strong>e:<br />

la mancanza di coordinamento,<br />

la frag<strong>il</strong>ità delle proposte, la difficoltà<br />

a identificare priorità e<br />

obiettivi precisi e a individuare<br />

gli strumenti più adatti con cui<br />

tradurre efficacemente orientamenti<br />

etici e posizioni normative<br />

nel quadro politico-legislativo,<br />

senza perdere autonomia.<br />

CSO Civ<strong>il</strong> Society Organization<br />

CSSC Civ<strong>il</strong> Society Support Centers<br />

FCCS Foundation for Culture and Civ<strong>il</strong> Society<br />

HAWCA Humanitarian Assistance for the Women and<br />

Ch<strong>il</strong>dren of Afghanistan<br />

ICNL International Center for Not-for-Profit Law<br />

I-PACS Initiative to Promote Afghan Civ<strong>il</strong> Society<br />

IWA Integrity Watch Afghanistan<br />

© BRENNAN LINSLEy/AP LAPRESSE<br />

* Questo testo è una sintesi <strong>della</strong> ricerca<br />

“La società civ<strong>il</strong>e afgana. Uno<br />

sguardo dall’interno” che è parte del<br />

progetto sulla società civ<strong>il</strong>e afgana<br />

promosso dal network italiano “Afgana”,<br />

realizzato con <strong>il</strong> contributo<br />

finanziario del Ministero degli Affari<br />

Esteri/Cooperazione italiana e<br />

con l’assistenza logistica di Intersos.<br />

è frutto di tre mesi di lavoro sul<br />

campo in 8 delle 34 province afgane<br />

nel corso del 2010. Per esigenze di<br />

lettura sono state eliminate le note e<br />

gran parte delle interviste cui corrisponde<br />

gran parte dei virgolettati.<br />

Giuliano Battiston, è ricercatore e<br />

giornalista freelance: oltre ad aver<br />

viaggiato a lungo in Afghanistan, realizzando<br />

reportage, è autore di due<br />

libri-intervista: Zygmunt Bauman.<br />

Modernità e globalizzazione,<br />

e Per un’altra globalizzazione<br />

(Edizioni dell’Asino).<br />

LAOA Legal Aid Organization of Afghanistan<br />

MRRD Ministry of Rural Rehab<strong>il</strong>itation & Development<br />

NSP National Solidarity Program<br />

SDO Sanayee Development Organization<br />

SWABAC South-West Afghanistan Balochistan Association<br />

for Coordination<br />

TLO The Liaison Office<br />

USAID US Agency for International Development


Invito alla lettura>><br />

domenica 28 agosto 2011 I<br />

L’anniversario Il 29 agosto del 1991 i k<strong>il</strong>ler di Cosa nostra uccisero l’imprenditore palermitano che si rifiutò di pagare<br />

<strong>il</strong> pizzo. Nel giorno del ventennale, esce la biografia Libero, scritta dalla moglie Pina e da Chiara Caprì, edita da Castelvecchi<br />

L’uomo che disse no alla mafia<br />

Libero Grassi, venti anni dopo<br />

I<br />

l 29 agosto di vent’anni fa<br />

veniva ucciso a Palermo Libero<br />

Grassi. Fu <strong>il</strong> primo in<br />

Italia a ribellarsi pubblicamente<br />

contro <strong>il</strong> pizzo. Ruppe <strong>il</strong><br />

muro di s<strong>il</strong>enzio con una provocazione<br />

coraggiosa e devastante.<br />

Pubblicò sul Giornale di Sic<strong>il</strong>ia<br />

una lettera indirizzata al suo<br />

estortore: «Non siamo disponib<strong>il</strong>i<br />

a dare contributi e ci siamo<br />

messi sotto <strong>il</strong> controllo <strong>della</strong><br />

polizia», scrisse 8 mesi prima<br />

di essere uccisa. Non arrivarono<br />

però né gli applausi né<br />

le attestazioni di stima. Il giorno<br />

dopo davanti la sua fabbrica,<br />

la Sigma, che contava 100<br />

dipendenti e che dopo qualche<br />

anno è fallita, era pieno di carabinieri,<br />

giornalisti e telecamere.<br />

La città e la gran parte degli imprenditori,<br />

però, non erano con<br />

lui. «Grassi sta demolendo l’immagine<br />

dell’imprenditoria sic<strong>il</strong>iana»,<br />

accusò l’allora presidente<br />

dell’Associazione degli industriali<br />

palermitana, che definì<br />

quella lettera una «tammurriata»,<br />

un casino inut<strong>il</strong>e. Anche<br />

se isolato dai concittadini, divenne<br />

subito ingombrante per<br />

i mandanti del «Geometra Anzalone»,<br />

lo pseudonimo dietro<br />

<strong>il</strong> quale si celavano Antonio e<br />

Gaetano Avitab<strong>il</strong>e. La famiglia<br />

mafiosa dei Madonia ne ordinò<br />

la morte. Dopo otto mesi, <strong>il</strong><br />

29 agosto del 1991, Libero Grassi<br />

fu raggiunto alle spalle da<br />

quattro colpi di pistola, esplosi<br />

da un k<strong>il</strong>ler del clan, Francesco<br />

Madonia.<br />

Non potevano dunque che essere<br />

molto amare le parole <strong>il</strong> gior-<br />

Ultima foto di Libero e Pina Grassi insieme<br />

no del funerale che pronunciò<br />

la moglie di Libero, Pina Grassi:<br />

«Certamente lo Stato italiano è<br />

corrotto e inefficiente in molte<br />

sue strutture e in molti uomini.<br />

Tuttavia nell’immediato, uno<br />

Stato migliore non ci salverebbe<br />

dalla mafiosità <strong>della</strong> gente Sic<strong>il</strong>ia<br />

che, potenti e non, queste insufficienze<br />

e corruzioni tollera<br />

e genera». Vent’anni dopo, Pina<br />

Grassi è meno pessimista, crede<br />

che ci sia spazio per la speranza:<br />

«Ci sono oggi realtà - ha<br />

detto lo scorso gennaio in una<br />

delle cerimonie per <strong>il</strong> ventennale<br />

<strong>della</strong> lettera al “Caro estortore”<br />

- che contrastano Cosa nostra<br />

senza retorica, senza pretendere<br />

finanziamenti pubblici,<br />

convinti di costruire un futuro<br />

vivib<strong>il</strong>e ed etico a favore di uno<br />

Stato con cui vogliamo convivere<br />

ma non da paria».<br />

Una di queste realtà è “Addio<br />

pizzo”, costituita da un gruppo<br />

di giovani, che a partire dal<br />

2004 hanno cominciato ad appiccicare<br />

sui muri <strong>della</strong> città<br />

adesivi con la scritta «Un in-<br />

8 mesi prima di essere ucciso, la lettera al «Caro estortore»<br />

di LIBERO GRASSI<br />

Volevo avvertire <strong>il</strong> nostro ignoto<br />

estortore di risparmiare le telefonate<br />

dal tono minaccioso e<br />

le spese per l’acquisto di micce,<br />

bombe e proiett<strong>il</strong>i, in quanto non<br />

siamo disponib<strong>il</strong>i a dare contributi<br />

e ci siamo messi sotto la protezione<br />

<strong>della</strong> polizia. Ho costruito<br />

questa fabbrica con le mie mani,<br />

lavoro da una vita e non intendo<br />

chiudere … Se paghiamo i 50 m<strong>il</strong>ioni,<br />

torneranno poi alla carica<br />

chiedendoci altri soldi, una retta<br />

mens<strong>il</strong>e, saremo destinati a chiudere<br />

bottega in poco tempo. Per<br />

questo abbiamo detto no al “Geometra<br />

Anzalone” e diremo no a<br />

tutti quelli come lui.<br />

La “Sigma” è un’azienda sana, a<br />

conduzione fam<strong>il</strong>iare. Da anni<br />

produciamo biancheria da uo-<br />

mo: pigiami, boxer, slip e vestaglie di<br />

target medio-alto che esportiamo in<br />

tutta Europa. Abbiamo 100 addetti:<br />

90 donne e 10 uomini. Il nostro giro<br />

d’affari è pari a 7 m<strong>il</strong>iardi annui.<br />

Evidentemente è stato proprio l’ottimo<br />

stato di salute dell’impresa ad<br />

attirare la loro attenzione.<br />

La prima volta mi chiesero i soldi<br />

per i “poveri amici carcerati”, i “picciotti<br />

chiusi all’Ucciardone”. Quello<br />

fu <strong>il</strong> primissimo contatto. Dissi subito<br />

di no. Mi rifiutai di pagare. Così<br />

iniziarono le telefonate minatorie:<br />

“Attento al magazzino”, “guardati<br />

tuo figlio”, “attento a te”. Il mio<br />

interlocutore si presentava come <strong>il</strong><br />

geometra Anzalone, voleva parlare<br />

con me. Gli risposi di non disturbarsi<br />

a telefonare. Minacciava di incendiare<br />

<strong>il</strong> laboratorio. Non avendo intenzione<br />

di pagare una tangente alla<br />

mafia, decisi di denunciarli.<br />

Il 10 gennaio 1991 scrissi una lettera<br />

al “Giornale di Sic<strong>il</strong>ia” che iniziava<br />

così: “Caro estortore...”. La mattina<br />

successiva qui in fabbrica c’erano<br />

dei carabinieri, dieci televisioni<br />

e un mucchio di giornalisti. A polizia<br />

e carabinieri consegnai 4 chiavi<br />

dell’azienda chiedendo loro protezione.<br />

Mentre la fabbrica era sorvegliata<br />

dalla polizia entrarono due<br />

tipi strani. Dissero di essere “ispettori<br />

di sanità”. Fuori però c’era l’auto<br />

<strong>della</strong> polizia e avevano grande<br />

premura. Volevano parlare a tutti i<br />

costi con <strong>il</strong> titolare. Scesi e dissi loro<br />

che <strong>il</strong> titolare riceve solo per appuntamento<br />

e al momento era impegnato<br />

in una riunione. Se ne andarono.<br />

Li descrissi alla polizia e<br />

loro si accorsero che altri imprenditori<br />

avevano fornito le medesime<br />

descrizioni<br />

(…) Dovrebbero essere proprio le<br />

Nelle pagine<br />

seguenti<br />

<strong>il</strong> primo e <strong>il</strong><br />

terzo capitolo<br />

del libro<br />

“Libero.<br />

L’imprenditore<br />

che non si<br />

piegò al pizzo”,<br />

edito da<br />

Castelvecchi,<br />

scritto da<br />

Chiara Caprì e Pina Grassi<br />

associazioni a proteggere gli imprenditori.<br />

Come? È fac<strong>il</strong>e. Si potrebbero<br />

fare delle assicurazioni<br />

collettive. Così, anche se la mafia<br />

minaccia di dar fuoco al magazzino<br />

si può rispondere picche. Ma<br />

anche a queste mie proposte <strong>il</strong> direttore<br />

dell’Associazione industriali<br />

di Palermo, dottor Viola, ha detto<br />

no, sostenendo che costerebbe troppo.<br />

Non credo però si tratti di un<br />

problema finanziario, è necessaria<br />

una volontà politica. L’unico sostegno<br />

alla mia azione, a parte le forze<br />

di polizia, è venuta dalla Confesercenti<br />

palermitana.<br />

(...) Non ho mai avuto paura ed ora<br />

mi sento garantito da ciò che ho<br />

fatto. La decisione scandalosa del<br />

giudice istruttore di Catania, Luigi<br />

Russo (del 4 apr<strong>il</strong>e 1991) che ha<br />

stab<strong>il</strong>ito con una sentenza che non è<br />

reato pagare la “protezione” ai boss<br />

tero popolo che paga <strong>il</strong> pizzo,<br />

è un popolo senza dignità». E<br />

proprio insieme a una delle giovani<br />

fondatrici dell’associazione,<br />

Chiara Caprì, studentessa di<br />

medicina, Pina Grassi ha deciso<br />

di scrivere la biografia di Libero<br />

a vent’anni dall’omicidio. “Libero,<br />

l’imprenditore che non si<br />

piegò al pizzo” è <strong>il</strong> titolo del libro,<br />

edito da Castelvecchi nella<br />

collana Rx diretta da Alessandro<br />

Zardetto. Centoventiquattro<br />

pagine in cui Caprì e<br />

Pina Grassi raccontano la giovinezza,<br />

l’amore, l’impegno politico,<br />

le convinzioni etiche e civ<strong>il</strong>i<br />

dell’uomo che da solo scelse<br />

di sfidare Cosa nostra. La<br />

biografia verrà presentata domani<br />

sera a Palermo al Kursaal<br />

Tonnara dal giornalista del Fatto<br />

Gianni Barbacetto, Sandro<br />

Ruotolo, Tano Grasso e IvanLo<br />

Bello, <strong>il</strong> presidente di Confindustria<br />

Sic<strong>il</strong>ia, che lo scorso anno<br />

ha espulso dalla sua organizzazione<br />

più di trenta imprenditori<br />

per non aver rispettato <strong>il</strong> codice<br />

etico, che<br />

impone la denuncia<br />

nel caso<br />

in cui si subiscano<br />

estorsioni.<br />

Le fotografie<br />

riprodotte in<br />

queste pagine sono<br />

tratte dall’archivio<br />

privato <strong>della</strong><br />

Famiglia Grassi,<br />

che si ringrazia<br />

per la gent<strong>il</strong>e<br />

concessione<br />

mafiosi, è sconvolgente. In questo<br />

modo infatti è stato legittimato<br />

con <strong>il</strong> verdetto dello Stato<br />

<strong>il</strong> pagamento delle tangenti.<br />

Così come la resa delle istituzioni<br />

e le collusioni. Proprio ora che<br />

qualcosa si stava muovendo per<br />

<strong>il</strong> verso giusto.<br />

(...) E quelli che come me hanno<br />

invece cercato di ribellarsi? Ora<br />

più che mai le Associazioni imprenditoriali<br />

che non si impegnano<br />

sinceramente su questo<br />

fronte vanno messe con le spalle<br />

al muro. La risposta infatti deve<br />

essere collettiva per spersonalizzare<br />

al massimo la vicenda.<br />

Questa lettera fu pubblicata <strong>il</strong> 10<br />

gennaio del 1991 sul Giornale di Sic<strong>il</strong>ia.<br />

Dopo 8 mesi, <strong>il</strong> 29 agosto 1991,<br />

Libero Grassi venne ucciso sotto casa<br />

da un k<strong>il</strong>ler del clan Madonia.


II<br />

domenica 28 agosto 2011<br />

LIbero neL nome<br />

Libero. Non un nome, ma un aggettivo,<br />

diceva lui, che fin dall’inizio<br />

lo inquadra al di sopra <strong>della</strong><br />

normalità, al di sopra delle consuetudini.<br />

Ma qual è quell’uomo che non<br />

vuole essere libero? E la libertà non si<br />

svende, si possiede.<br />

Libero Grassi nasce a Catania <strong>il</strong> 21 luglio<br />

1924. Il padre Arturo è un catanese,<br />

uomo dal carattere diffic<strong>il</strong>e e scostante,<br />

molto alto, dal prof<strong>il</strong>o secco e puro, che<br />

ostenta la distanza paterna dai figli tipica<br />

del secolo decimonono in cui è nato<br />

e cresciuto. La madre Luigia Macchia, di<br />

origini abruzzesi è, al contrario, sempre<br />

felice e allegra, esibisce una serenità impenetrab<strong>il</strong>e<br />

qualsiasi cosa possa accadere<br />

sia ai figli che al resto del mondo. Non<br />

perde mai però una certa aura di signor<strong>il</strong>ità<br />

che sembra precederla in ogni suo<br />

gesto. Possiede la semplicità e la perfezione<br />

del prof<strong>il</strong>o di Alida Valli, e questo<br />

le conferisce un fascino particolare. Calma<br />

e sorridente, ama vestire all’ultima<br />

moda, sfoggiare delle to<strong>il</strong>ette innovative<br />

ed estremamente raffinate, incorniciate<br />

sempre da un cappello da forme e colori<br />

all’ultima moda. Ama occuparsi dei suoi<br />

due figli: Giuseppe, detto Pippo, <strong>il</strong> maggiore<br />

e Libero, <strong>il</strong> piccolo di casa, <strong>il</strong> più<br />

vezzeggiato e coccolato. Luigia fa parte di<br />

quella schiera di donne <strong>della</strong> media e alta<br />

borghesia imprenditoriale che passano <strong>il</strong><br />

proprio tempo a organizzare cene di beneficenza,<br />

eventi culturali e non solo; non<br />

manca mai ad esempio alle Feste sportive<br />

di Palermo che comprendono anche<br />

la Targa Florio, in cui più di una volta fa<br />

da madrina e assegna le coppe ai vincitori;<br />

la «gara di canotti automob<strong>il</strong>i», ossia<br />

i motoscafi; le gare ciclistiche; ippiche e<br />

ancora le battaglie di fiori che riempiono<br />

la brezza <strong>della</strong> città di profumi di zagara<br />

e limoni. Una delle sue feste preferite è<br />

<strong>il</strong> Carnevale per cui fa confezionare degli<br />

abiti per entrambi i figli. Libero per i<br />

suoi lineamenti più femminei viene spesso<br />

travestito da damina, con un lungo e<br />

pomposo abitino di satin e pizzo e una<br />

parrucca di boccoli d’oro. Pippo, invece,<br />

che è più alto, interpreta <strong>il</strong> cavaliere o <strong>il</strong><br />

principe. In occasione di un Carnevale a<br />

Libero viene cucito un vestito da grappolo<br />

d’uva, con cui si mette a dura prova la<br />

sua compostezza essendo riempito, dalla<br />

testa alla cinta, di acini di vetro.<br />

Nel 1931 <strong>il</strong> padre diventa dirigente <strong>della</strong><br />

Croff di Palermo e la famiglia si trasferisce<br />

nel capoluogo sic<strong>il</strong>iano in un grande<br />

appartamento in Via Dante, strada in cui<br />

all’epoca la «Palermo bene», la Palermo<br />

che conta qualcosa in città, si riunisce.<br />

Appena un anno dopo, però, traslocano<br />

in un palazzo signor<strong>il</strong>e di Via Alfonso<br />

Borrelli, vicino Piazza Croci. La madre<br />

di Libero piange per un mese e si dispera<br />

perché si sono spostati «in campagna»,<br />

e questo macchia la sua condizione di<br />

grandama <strong>della</strong> città.<br />

Palermo è in quegli anni ricca d’arte, di<br />

intellighenzia, di poeti, di scrittori e di<br />

speranze. In quel periodo nasce <strong>il</strong> Gruppo<br />

dei Quattro, una scuola artistica formata<br />

da Nino Franchina, Lia Noto Pasqualino,<br />

Renato Guttuso e Giovanni Barbera. Si<br />

respira un’aria di serenità e prospettiva in<br />

cui ognuno pensa di poter portare a termine,<br />

(sotto l’autorizzazione del Regime,<br />

ovviamente) i propri progetti di vita.<br />

La famiglia Grassi trascorre le vacanze<br />

o nelle campagne catanesi o esplorando<br />

le località di mare <strong>della</strong> provincia di Palermo.<br />

Altre volte i genitori preferiscono<br />

lasciare i figli con i nonni e partire alla<br />

volta di panorami e Paesi più esotici,<br />

Libero Grassi nasce a Catania<br />

<strong>il</strong> 21 luglio 1924. Il padre<br />

Arturo è un catanese, uomo dal<br />

carattere diffic<strong>il</strong>e e scostante,<br />

molto alto, dal prof<strong>il</strong>o secco e<br />

puro, che ostenta la distanza<br />

paterna dai figli tipica del secolo<br />

decimonono in cui<br />

è nato e cresciuto<br />

come nell’estate 1937 in cui si recano<br />

a Tripoli, dove si d<strong>il</strong>ettano in gite su<br />

cammelli e in visite negli splendidi siti<br />

archeologici romani.<br />

Libero cresce nella sua città adottiva<br />

che ha imparato ad amare. Dopo una<br />

br<strong>il</strong>lante carriera alle scuole elementari<br />

e medie, tra assembramenti e Sabati<br />

Fascisti frequenta <strong>il</strong> Vittorio Emanuele,<br />

liceo classico storico <strong>della</strong> città di fronte<br />

alla Cattedrale di Palermo. Sono questi gli<br />

anni in cui sv<strong>il</strong>uppa una concreta ost<strong>il</strong>ità<br />

al Regime, assumendo e manifestando<br />

«pacifici» atteggiamenti antifascisti.<br />

Libero trascorre l’adolescenza tra i libri<br />

e lo sport. Grazie al suo corpo robusto e<br />

muscoloso e alla sua fibra tenace e combattiva<br />

si dedica al basket, al tennis e alla<br />

scherma, disciplina quest’ultima in cui<br />

eccelle. La passione <strong>della</strong> vela, diventata<br />

oggi una tradizione nella famiglia Grassi,<br />

gli sarà invece trasmessa in seguito da sua<br />

moglie Pina. Allo scoppio <strong>della</strong> Seconda<br />

Guerra Mondiale la famiglia decide di<br />

trasferirsi a Roma dalla nonna materna,<br />

perché nella capitale i bombardamenti<br />

sarebbero stati limitati. Libero vuole intraprendere<br />

gli studi universitari iscrivendosi<br />

alla facoltà di scienze politiche. Un<br />

desiderio infranto presto dalla guerra:<br />

sebbene nella grande città i raid aerei siano<br />

meno intensi, l’arruolamento è invece<br />

più frequente. I tedeschi, nel rastrellare<br />

quante più forze possib<strong>il</strong>i tra i vecchi alleati<br />

italiani, richiamano anche Libero. Lui<br />

da sempre è antim<strong>il</strong>itarista: odia le parate<br />

m<strong>il</strong>itari, le sf<strong>il</strong>ate dei bal<strong>il</strong>la, non vuole<br />

combattere, sparare contro suoi sim<strong>il</strong>i,<br />

uccidere uomini diversi solo per <strong>il</strong> colore<br />

<strong>della</strong> propria uniforme. Decide allora di<br />

scappare: riesce a nascondersi in un convento<br />

di carmelitani. Libero, laico fino<br />

all’ultima fibra, si traveste da seminarista<br />

Pina e Libero sul terrazzo di casa, nell’estate del 1991<br />

e inizia a condurre una vita riservata, sotto<br />

le ombrose e serene luci del chiostro di<br />

Santa Maria <strong>della</strong> Minerva. Quando gli<br />

americani entrano a Roma abbandona <strong>il</strong><br />

s<strong>il</strong>enzioso convento, perché se non avesse<br />

preso i voti sarebbe stato processato<br />

per non essere andato in guerra, per aver<br />

disertato. Ma dalla vita vuole tutt’altro<br />

che le placide comodità <strong>della</strong> preghiera.<br />

>>Invito alla<br />

Libero in fabbrica dopo la denuncia alla polizia <strong>della</strong> tentata estorsione<br />

Nei sogni di gioventù Libero vorrebbe intraprendere<br />

la carriera diplomatica, viaggiare,<br />

conoscere nuove realtà, servire <strong>il</strong><br />

proprio Stato, personalmente. Invece, al<br />

finir <strong>della</strong> guerra, nel 1945, con la famiglia<br />

torna a Palermo dove riprende gli studi<br />

interrotti e si laurea così in giurisprudenza.<br />

Durante questi anni partecipa a<br />

molti tornei di scherma e inizia a gioca-


lettura>><br />

Manifestazione del Partito radicale a piazza Politeama, Palermo<br />

re nella squadra palermitana di basket.<br />

La guerra ha cambiato tutti. Quello che<br />

si pensava di poter fare prima ora sembra<br />

superfluo. Chi ha combattuto e ucciso è<br />

soffocato dai ricordi di morte e sterminio,<br />

dall’odore di putrefazione, è perseguitato<br />

dai volti delle persone care che non ci<br />

sono più. Chi è nato e cresciuto sotto <strong>il</strong><br />

fascismo e per questo ha lottato, si sen-<br />

te smarrito e colpevole, ha ancora nella<br />

testa <strong>il</strong> frastuono dei bombardamenti e<br />

la percezione che da un momento all’altro<br />

risuoneranno le sirene del-l’allarme<br />

bombe. Si cerca di tornare a una, anche<br />

se diffic<strong>il</strong>e, normalità. E la base di una vita<br />

normale è fatta anche dal lavoro.<br />

La carriera legale a Libero sembra troppo<br />

aleatoria. Sente <strong>il</strong> bisogno di cose con-<br />

Il sapore del sole si confonde<br />

con quello del mare, che però<br />

Palermo, un tempo chiamata<br />

Panormus, ‘città tutto porto’,<br />

ha es<strong>il</strong>iato lontano, confinandolo<br />

a una striscia indefinita<br />

sulla linea dell’orizzonte.<br />

Qualche volta del mare<br />

si sente solo <strong>il</strong> profumo<br />

crete, di produrre con le proprie mani<br />

oggetti per la vita quotidiana. L’economia<br />

sta riprendendo <strong>il</strong> suo corso, soprattutto<br />

in Lombardia, e così con <strong>il</strong> fratello Pippo<br />

parte per <strong>il</strong> Nord con in testa <strong>il</strong> sogno di<br />

diventare imprenditore: poca esperienza,<br />

ma tanta voglia di fare. In breve tempo,<br />

grazie all’aiuto di un amico m<strong>il</strong>anese conosciuto<br />

negli anni <strong>della</strong> guerra, mette su<br />

una fabbrica di cucirini, di spagnolette a<br />

Gallarate, nascosta cittadina tra Biella,<br />

M<strong>il</strong>ano e Torino. L’inizio è davvero al di<br />

sopra di ogni migliore aspettativa! Vendono<br />

tantissimo e senza nessun problema.<br />

La fortuna del principiante, o forse quella<br />

voglia di fare, quella sensazione di avere <strong>il</strong><br />

mondo ai propri piedi e di poter realizzare<br />

qualsiasi cosa, come solo a vent’anni si<br />

può fare, riescono a dare la spinta giusta<br />

e l’ottimismo per andare avanti (senza in<br />

realtà avere delle solide basi di partenza).<br />

Quando però riaprono le «vere» fabbriche<br />

di cucirini i fratelli Grassi sono costretti<br />

a chiudere. Non riescono, infatti,<br />

più a competere con i veterani del settore.<br />

Il f<strong>il</strong>o da cucire che producono è fatto<br />

di soli due f<strong>il</strong>amenti attorcigliati mentre<br />

quello realizzato negli stab<strong>il</strong>imenti più<br />

all’avanguardia è composto da tre. A quel<br />

punto Libero e Pippo hanno due sole possib<strong>il</strong>ità:<br />

risistemare gli impianti dell’industria<br />

e riprendere a lavorare o andare via.<br />

In quel periodo la nostalgia <strong>della</strong> propria<br />

terra è diventata quasi insopportab<strong>il</strong>e: la<br />

mancanza del mare, di quel lento e incessante<br />

scorrere delle onde, così fam<strong>il</strong>iare e<br />

così tranqu<strong>il</strong>lizzante, pesa in particolare<br />

sul-l’animo di Libero. Forse quella è la<br />

scint<strong>il</strong>la che negli anni Cinquanta fa decidere<br />

ai due di tornare a Palermo. Una<br />

volta in Sic<strong>il</strong>ia non perdono, però, la loro<br />

vocazione di imprenditori e creano perciò<br />

la Mima, industria manifatturiera di<br />

domenica 28 agosto 2011 III<br />

biancheria femmin<strong>il</strong>e, con più di 250 maestranze,<br />

con sede nei vecchi locali <strong>della</strong><br />

Ceramica Florio. L’azienda diventa dopo<br />

poco tempo la seconda fabbrica in Italia<br />

per produzione di biancheria femmin<strong>il</strong>e.<br />

Pippo si occupa <strong>della</strong> parte commerciale,<br />

va in giro per l’Italia con <strong>il</strong> catalogo facendo<br />

<strong>il</strong> rappresentante, e in questi suoi giri<br />

conosce la sua futura moglie, Armanda, di<br />

Ferrara. Libero organizza e segue la lavorazione<br />

rimanendo in fabbrica a Palermo:<br />

la raffinatezza nello scegliere le stoffe e i<br />

disegni dei capi l’ha ereditata dalla madre<br />

Luigia, dal padre ha invece preso la determinazione<br />

e l’esuberanza commerciale. È<br />

questo l’inizio <strong>della</strong> sua carriera di industriale<br />

nell’isola.<br />

Capitolo Primo<br />

Una moglIe dI troPPo<br />

…Il sole di Palermo<br />

Nasce dal notturno<br />

Ondeggiare delle lapidi dell’anima<br />

Arde fuochi astrali<br />

Sale e maree di popolo.<br />

Sole di Palermo<br />

Sole del Sud<br />

Così lontano cammina<br />

Con passi di tigre<br />

Cresce tra le foglie ed <strong>il</strong> vento.<br />

Tutto è rumore<br />

Economia di penne.<br />

Rotola nell’utero<br />

Della terra<br />

Piange con dita bruciate<br />

Eterna<br />

Inerte nenia<br />

Nei cuori palpitanti.<br />

Sole di Palermo, PAOLO SERRA<br />

Quando si arriva a Palermo la prima<br />

cosa che colpisce è la luce: è<br />

una luce diversa che si insinua tra<br />

i vicoli del centro storico, che diventa<br />

rosa al tramonto, quando sta per<br />

arrivare l’estate. È una luce generosa che<br />

riempie gli occhi di un sole caldo e inaspettato.<br />

Desta e allo stesso tempo intorpidisce,<br />

porta con sé una lontana elegia<br />

<strong>della</strong> lentezza, induce ad aspettare, a<br />

rimanere in attesa di un attimo particolare<br />

ancora da vivere. Il sapore del sole si<br />

confonde con quello del mare, che però<br />

Palermo, un tempo chiamata Panormus,<br />

‘città tutto porto’, ha es<strong>il</strong>iato lontano,<br />

confinandolo a una striscia indefinita<br />

sulla linea dell’orizzonte. Qualche volta<br />

del mare si sente solo <strong>il</strong> profumo: ogni<br />

tanto, quando soffia la brezza al tramonto,<br />

chiudendo gli occhi arriva quel<br />

sapore di sale che ad ogni palermitano<br />

accende ricordi e riesce per un secondo<br />

a fermare <strong>il</strong> tempo e a portare indietro la<br />

memoria a quando tutto è iniziato.<br />

Palermo un tempo era piena di spiagge e<br />

stab<strong>il</strong>imenti balneari. C’era quello dei fratelli<br />

Carini, chiamato Stab<strong>il</strong>imento delle<br />

Sirene, al Foro Italico di fronte a Porta Felice.<br />

Particolare era non solo la vicinanza<br />

alla città ma anche la struttura: aveva al<br />

centro una terrazza in legno coperta e ai<br />

lati due bracci su cui si sv<strong>il</strong>uppavano le<br />

cabine. Nelle inserzioni pubblicitarie del<br />

tempo si leggeva: «Costruito sul mare, per<br />

comodità dei suoi ospiti che tra una tazza<br />

di tè e un bicchierino Triple, si estasiano<br />

e sognano davanti l’incantevole cobalto<br />

del cielo e del mare». Il tratto di costa in<br />

cui tuttavia sorgevano più strutture<br />

Estratto tratto da “Libero. L’imprenditore<br />

che non si piegò al pizzo”<br />

di Chiara Caprì e Pina Maisano Grassi,<br />

(C) 2011 Alberto Castelvecchi Editore srl


IV domenica 28 agosto 2011<br />

>>Invito alla lettura>><br />

era quello compreso fra <strong>il</strong> porticciolo<br />

di Sant’Erasmo e le coste di Romagnolo,<br />

Sperone, Bandita e Acqua dei Corsari. Sul<br />

litorale Romagnolo c’era <strong>il</strong> Risorgimento<br />

Italiano, un «grande Stab<strong>il</strong>imento balneare<br />

per sole donne e marito e moglie, fornito<br />

di acqua di Sc<strong>il</strong>lato», come reclamizzato<br />

in un calendario pubblicitario del 1899.<br />

Tra tutte le strutture del litorale questa<br />

era sicuramente la più bella ed elegante.<br />

Accanto allo stab<strong>il</strong>imento c’era un locale:<br />

la Taverna del Tiro, così chiamata perché<br />

in prossimità <strong>della</strong> stessa si trovava <strong>il</strong> tiro<br />

al piccione dove, prima dell’avvento degli<br />

animalisti, i gent<strong>il</strong>uomini si esercitavano a<br />

sparare ai volat<strong>il</strong>i.<br />

Sul marciapiede antistante l’attuale bar Da<br />

Ilardo, i venditori di calia e semenza disponevano<br />

i loro prodotti cosparsi di sale per<br />

farli essiccare. Con i raggi solari <strong>il</strong> sale br<strong>il</strong>lava<br />

creando così uno splendido effetto che<br />

faceva dell’orizzonte una striscia lucente.<br />

Un giorno di agosto dell’estate del 1941<br />

Pina con sua madre e sua sorella Nora, di<br />

due anni più grande, si reca proprio alla<br />

Taverna del Tiro per incontrare un’amica<br />

<strong>della</strong> madre, la signora Recagni. Con lei<br />

c’è la figlia Anna, compagna di classe <strong>della</strong><br />

sorella di Pina e di un giovanotto, alto, con<br />

una folta capigliatura bruna, un naso importante<br />

ma proporzionato per quel volto,<br />

dal fisico sportivo e dallo sguardo altero e<br />

supponente, con occhi che sanno di piacere,<br />

e anche molto. Il suo nome è Libero<br />

Grassi. Questi «è ingrizzato», come si diceva<br />

allora, con la sorella di Anna, sono cioè<br />

fidanzatini. Vuoi per l’età, vuoi per le arie<br />

che Libero si dà, muovendosi, parlando e<br />

soprattutto ignorando le due tredicenni, la<br />

prima impressione di Pina è quella di «un<br />

enorme pallone gonfiato, per carità molto<br />

molto bello, ma che si dava troppe arie».<br />

Un f<strong>il</strong>o leggero di trucco, capelli corti, un<br />

abitino bianco all’ultima moda. Se non fosse<br />

per i capelli canuti e qualche ruga io e Pina<br />

potremmo sembrare addirittura coetanee.<br />

La sua vitalità, <strong>il</strong> suo ottimismo appaiono<br />

gli stessi di quando aveva vent’anni. Però,<br />

in realtà, lei ne ha 83, io neanche 25. Tante<br />

generazioni ci dividono, eppure ci siamo<br />

trovate così fac<strong>il</strong>mente, per una splendida<br />

sincronicità. È da pochi giorni passato <strong>il</strong> 29<br />

agosto del 2010, <strong>il</strong> diciannovesimo anniversario<br />

<strong>della</strong> morte di Libero Grassi. Durante<br />

l’estate avevo visto un documentario sulla<br />

sua vita e sulla sua famiglia che ha scatenato<br />

la mia curiosità: volevo sapere di più<br />

sull’uomo che si nascondeva dietro l’eroe<br />

antimafia, comprendere <strong>il</strong> legame con la<br />

sua famiglia e con la sua compagna di vita.<br />

Decido allora di andare a trovare Pina: lei<br />

mi stava aspettando, attendeva cioè che<br />

qualcuno dei suoi «nipoti» acquisiti di Addiopizzo2<br />

le chiedesse di ripercorrere le<br />

tappe <strong>della</strong> sua vita con Libero. Iniziamo<br />

così a incontrarci con cadenza quasi settimanale<br />

nella sua casa di Via D’Annunzio.<br />

Incominciano lunghe chiacchierate tra<br />

«nonna» e «nipote», sempre più intime e<br />

personali. Ci scambiamo le opinioni sulla<br />

vita politica presente, mettendola a confronto<br />

con quella del passato; ridiamo dei<br />

nostri amori trascorsi e delle piccole disavventure<br />

ad essi legate. In questi splendidi<br />

momenti mi rende partecipe delle sue memorie,<br />

le affida a me che in questo breve<br />

tempo sono diventata la sua «nipote» preferita,<br />

quella che le si accoccola accanto e<br />

si ferma ad ascoltare. Tra un bicchiere di<br />

passito e qualche oliva saporita, divertita<br />

per quei ricordi lontani, Pina prosegue <strong>il</strong><br />

suo racconto:<br />

Dopo praticamente dieci anni da quel primo<br />

incontro, che aveva suscitato diverse e<br />

contrastanti impressioni, lo rividi. Ci ritrovammo<br />

dopo l’età ingrata dell’adolescenza,<br />

quando la guerra era finalmente alle spal-<br />

Un giovanissimo Libero sulla spiaggia di Mondello<br />

le. Ci trovavamo a casa<br />

di amici, dove spesso si<br />

incontra <strong>il</strong> proprio compagno<br />

di vita. La mia migliore<br />

amica, Beatrice, ma<br />

da tutti chiamata Bice, si<br />

era sposata nel 1950 a soli<br />

ventidue anni con un prestante<br />

giocatore di basket<br />

<strong>della</strong> squadra <strong>della</strong> città<br />

di Palermo, Aldo Salatiello.<br />

Lui aveva conosciuto<br />

Libero perché giocavano insieme a basket.<br />

Questi era diventato alto più di un metro e<br />

ottanta, <strong>il</strong> suo carattere si era ingent<strong>il</strong>ito e<br />

aveva perso quell’aria arrogante e sfrontata<br />

che lo contraddistingueva a diciassette<br />

anni. Dopo <strong>il</strong> viaggio di nozze, Aldo e Bice<br />

organizzarono una festicciola con gli amici<br />

nella loro nuova casa, alla quale sia io<br />

che Libero venimmo invitati. Fu amore a<br />

prima vista. L’intesa intellettuale, <strong>il</strong> rispetto,<br />

la passione e l’affetto furono, con alterne<br />

vicende, perché litigavamo spesso, sempre<br />

gli stessi da quel primo momento fino all’ultimo<br />

saluto davanti all’ascensore quella<br />

mattina del 29 agosto 1991.<br />

Pina ha ventisei anni,<br />

Libero quattro di più.<br />

Tutti sono contrari a<br />

quell’unione, persino<br />

la sorella di lei,<br />

la quale dovrebbe<br />

essere, per le sue<br />

idee progressiste,<br />

più «moderna»<br />

Pina ha ventisei anni, Libero quattro di più.<br />

Tutti sono contrari a quell’unione, persino<br />

la sorella di lei, la quale dovrebbe essere,<br />

per le sue idee progressiste, più «moderna».<br />

Libero è sicuramente un buon partito:<br />

gent<strong>il</strong>e e premuroso e, da come guarda e<br />

ammira Pina, davvero innamorato. Ha anche<br />

una buona posizione sociale ed economica.<br />

È, però, divorziato e per quegli anni si<br />

tratta di un pessimo requisito: dunque un<br />

uomo da tenere alla larga. Mentre viveva a<br />

Roma Libero si è, infatti, invaghito di un’indossatrice.<br />

Labbra carnose, slanciata, dai<br />

capelli morbidi e castani, <strong>il</strong> puer<strong>il</strong>e sogno<br />

di ogni uomo. Facendosi<br />

prendere dal fuoco <strong>della</strong><br />

passione, forse dettata<br />

dalla giovane età, decide<br />

di sposarla. La mo<strong>della</strong> è<br />

molto credente e la sua<br />

famiglia pretende <strong>il</strong> matrimonio<br />

religioso. Viene<br />

organizzata una pomposa<br />

cerimonia in chiesa,<br />

richiesta dalla moderata<br />

notorietà <strong>della</strong> sposa e<br />

dagli impulsi di magnificenza <strong>della</strong> stessa.<br />

L’iniziale passione presto scema nella routine<br />

quotidiana e non essendoci alla base un<br />

amore vero, interessi comuni, affinità spirituali,<br />

i due novelli sposini decidono di separarsi.<br />

Ma all’epoca la legge sul divorzio è<br />

ancora lontana. Viene intrapreso quindi un<br />

procedimento legale presso la Sacra Rota.<br />

Per un anno e più gli avvocati delle due<br />

parti cercano prove a sostegno <strong>della</strong> tesi<br />

che Libero, non essendo credente, è stato<br />

costretto a contrarre <strong>il</strong> matrimonio religioso,<br />

un espediente per annullare l’unione.<br />

Si interrogano i parenti stretti <strong>della</strong> sposa,<br />

ma soprattutto quelli del «non credente»,<br />

per sondare un’effettiva e duratura mancanza<br />

di credo. Scendono pure in Sic<strong>il</strong>ia,<br />

a Palermo e poi a Catania, per interrogare<br />

gli amici e i conoscenti. Tutti da ogni parte<br />

confermano che Libero è ateo (per fortuna<br />

<strong>il</strong> periodo del falso ritiro in convento viene<br />

ignorato). Arriva così l’annullamento che<br />

porta la libertà ai due – ormai ex – sposi,<br />

una profumata parcella all’avvocato svizzero<br />

del signor Grassi e la clausola per Libero<br />

di non potersi più sposare in chiesa.<br />

«Con Libero andavamo al cinema, a teatro<br />

e poi ci amavamo dentro la sua macchina,<br />

una vecchia Saab all’ultima moda.<br />

Era di una scomodità incredib<strong>il</strong>e, ma non<br />

avevamo altro posto». E da quegli abbracci<br />

scomodi ma intensi stava nascendo un<br />

figlio. Dopo la proposta di matrimonio da<br />

parte di Libero, la tranqu<strong>il</strong>lità <strong>della</strong> famiglia<br />

Maisano si perde ogni giorno di più: Pina,<br />

«prima cocca <strong>della</strong> mamma» diventa la delusione,<br />

<strong>il</strong> problema, <strong>il</strong> pensiero del padre.<br />

«Mi continuavano a ripetere che avrei dovuto<br />

fare come mia sorella Nora, che le famiglie<br />

per bene fanno così», mi confessa.<br />

Nora, infatti, aveva conosciuto, all’Istituto<br />

Zoo Prof<strong>il</strong>attico, Carmelo, imponente<br />

uomo di Canicattì e se l’era sposato con<br />

un grandioso matrimonio in bianco e<br />

merletti nella Bas<strong>il</strong>ica di Assisi. Il padre<br />

di Pina per scoraggiare la propria figlia<br />

dall’unirsi in matrimonio con un divorziato,<br />

(con quanto ribrezzo pronunciava<br />

questa parola!), si appella al buon nome<br />

dei Maisano. Rincara la dose affermando<br />

che «mai e poi mai queste cose erano accadute<br />

nella nostra famiglia». Tralasciando,<br />

però, l’esperienza del fratello minore<br />

del padre, Nicola, che aveva «infangato <strong>il</strong><br />

nome <strong>della</strong> stirpe quando si era ripetutamente<br />

lasciato travolgere dalla passione<br />

per una donna africana, con moglie e figli<br />

a casa. Ma essendo un uomo, sciocchezzuole,<br />

corbellerie, per dirla tutta, cose da<br />

uomini, errori di gioventù», commenta lei<br />

oggi divertita al ricordo.<br />

Così Pina per non sentire più i discorsi<br />

accorati del padre, l’ultimo anno di università<br />

è costretta a prendere una stanza<br />

in un pensionato per signorine retto dalla<br />

suore laiche Paoline, chiamato Casa<br />

<strong>della</strong> Gioventù in Piazza Ignazio Florio<br />

55. Frequenta la facoltà di architettura di<br />

Palermo, negli anni in cui vi insegnano<br />

professori <strong>il</strong>luminati del calibro di Edoardo<br />

Caracciolo e Sellerio. E durante questi<br />

primi anni universitari, prima di rincontrare<br />

Libero, si infatua di Gigi, un collega<br />

di studi più grande di dieci anni, di origine<br />

palermitana ma che aveva passato l’adolescenza<br />

a fare avanti e indietro tra M<strong>il</strong>ano e<br />

la Sic<strong>il</strong>ia. «Gigi aveva deciso di frequentare<br />

a Palermo la mia stessa facoltà lasciando<br />

però una fidanzata più grande e più esperta<br />

di me ad aspettarlo a M<strong>il</strong>ano. Io ne ero<br />

follemente innamorata ma mi sembrava<br />

interessato e indifferente allo stesso momento».<br />

A tutta questa complicata liaison<br />

si aggiunge anche Piero, figlio di un notaio<br />

delle Madonie, che ha a sua volta perso<br />

la testa per Pina. Un singolare triangolo<br />

amoroso in cui lei insegue Gigi, inseguita<br />

allo stesso tempo da Piero, ai cui inviti lei<br />

cede solo per far ingelosire <strong>il</strong> primo ma<br />

con scarsi risultati. Oggi lei sorride quando<br />

ricorda questi episodi, che sono nulla<br />

se paragonati all’amore provato per Libero,<br />

che fino alla fine le ha detto: «So che<br />

amarti è la cosa più bella che abbia fatto<br />

in questi ultimi 30 anni».<br />

Capitolo Terzo<br />

Estratto tratto da “Libero. L’imprenditore<br />

che non si piegò al pizzo”<br />

di Chiara Caprì e Pina Maisano Grassi,<br />

(C) 2011 Alberto Castelvecchi Editore srl<br />

le autrici<br />

CHIARA CAPRÌ<br />

È nata a Palermo nel 1986, studentessa<br />

di Medicina e Chirurgia, è socio<br />

fondatore del Comitato Addiopizzo di<br />

Palermo.<br />

PINA MAISANO GRASSI<br />

È nata a Palermo <strong>il</strong> 29 settembre 1928.<br />

Laureata in architettura, nel 1956<br />

sposa Libero Grassi. Nel 1992 per la<br />

XI legislatura, è candidata dai Verdi al<br />

Senato ed è eletta a Torino nel collegio<br />

Fiat - Mirafiori.


A cura di Francesco Em<strong>il</strong>io Borrelli<br />

Info: Italia_notizie@yahoo.it<br />

Estate calda Lo sciopero alla ferrovia circolare è solo l’ultimo atto di una stagione di disagi per cittadini e turisti<br />

domenica 28 agosto 2011 21<br />

Vesuviana chiusa: la città si blocca<br />

Francesco Servino<br />

In periodo di crisi viene da<br />

chiedersi se sia <strong>il</strong> caso di mandare<br />

in t<strong>il</strong>t mezza provincia<br />

di Napoli per <strong>il</strong> pagamento<br />

di una mens<strong>il</strong>ità slittato semplicemente<br />

di una settimana: i dipendenti<br />

<strong>della</strong> vesuviana entrano in<br />

sciopero, e per come si configura<br />

sembrano non avere nulla da invidiare<br />

agli esosi calciatori che hanno<br />

fatto saltare la prima giornata<br />

di campionato con le loro astruse<br />

pretese. Ferme tre linee, la Napoli-<br />

Sarno-Ottaviano, la Torre Annunziata-Poggiomarino<br />

e la Napoli-<br />

San Giorgio (via Centro Direzionale).<br />

Un occhio di riguardo è stato<br />

tenuto per i turisti, che nonostante<br />

ritardi e soppressioni hanno<br />

avuto la possib<strong>il</strong>ità di spostarsi<br />

sulla linea Napoli-Sorrento (in alternativa,<br />

erano disponib<strong>il</strong>i i pullman).<br />

Decine di migliaia di utenti<br />

si sono trovati di fronte a stazioni<br />

con i cancelli chiusi, con le catene<br />

e i lucchetti, di fronte a laconici<br />

avvisi che indicavano lo sciopero<br />

a partire da Sabato 27 Agosto.<br />

Alla stazione di Pompei Santuario<br />

la gente arriva, realizza che<br />

non può partire e fa ritorno indietro.<br />

Qualcuno, però, ha necessità<br />

di spostarsi, e allora si affanna a<br />

chiedere passaggi in auto o informazioni<br />

per sapere quali pullman<br />

deve prendere. Chiusa anche la<br />

stazione di Poggiomarino, importante<br />

snodo tra le linee: i dipendenti<br />

<strong>della</strong> vesuviana si affacciano<br />

dal loro stanzino non appena<br />

Organo ufficiale d’informazione<br />

<strong>della</strong> Federazione dei Verdi<br />

Reg. Trib. di Roma n. 34 del 7/2/2005<br />

Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv.<br />

in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 c. 1 DCB - Roma<br />

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Chiuso in redazione alle ore 19.00<br />

mi vedono arrivare. Mi osservano<br />

diffidenti, poi con molta reticenza<br />

(perché i giornalisti “non comprendono<br />

le loro ragioni”) mi spiegano<br />

che <strong>il</strong> mancato pagamento<br />

degli stipendi è quasi l’ultimo dei<br />

problemi, e che comunque non la<br />

prima volta che accade. Pertanto<br />

lo sciopero è giustificato. Chiedo<br />

di poter entrare all’interno <strong>della</strong><br />

stazione per scattare qualche fotografia<br />

ai treni fermi, mi dicono<br />

che non è possib<strong>il</strong>e farlo. Mi dirigo<br />

comunque verso i binari, faccio<br />

<strong>il</strong> giro a lungo. Incontro decine<br />

di immigrati con zaini enormi addosso<br />

che bivaccano in attesa che<br />

qualche treno, non si sa mai, riesca<br />

a partire.<br />

Un ragazzo dell’Est Europa, visib<strong>il</strong>mente<br />

spaesato e sudato, mi si<br />

avvicina e mi chiede come arrivare<br />

a Napoli. Di pullman, a Poggio-<br />

Monnezza L’emergenza rifiuti non risparmia né <strong>il</strong> centro né la periferia del capoluogo campano<br />

Nuove discariche crescono<br />

Giuseppe Parente<br />

In un’afosa settimana, con<br />

una temperatura vicina ai<br />

36 gradi e con una umidità<br />

superiore al 40%, nella città<br />

di Napoli, riesplode con inaudita<br />

forza, l’emergenza rifiuti, in<br />

virtù <strong>della</strong> quale, “democraticamente”<br />

compaiono, nei quartieri<br />

periferici come in quelli del<br />

centro, nuove discariche a cielo<br />

aperto. Senza trascurare la<br />

zona di Coroglio nonostante in<br />

quell’area siano in piena attività<br />

i lidi balneari e la Città <strong>della</strong><br />

scienza, vere e proprie attrattive<br />

per turisti e per i cittadini napoletani,<br />

Tutto questo mentre <strong>il</strong><br />

sindaco Luigi De Magistris e <strong>il</strong><br />

presidente <strong>della</strong> Provincia Luigi<br />

Cesaro, litigano ferocemente<br />

per la Coppa America.<br />

In questi giorni, come denunciano<br />

<strong>il</strong> capogruppo alla VI municipalità<br />

dei Verdi Antonio Rescigno<br />

ed <strong>il</strong> commissario regionale Fran-<br />

Terra Napoli<br />

marino, non ne passano. Mi chiede<br />

un passaggio per Ottaviano,<br />

ma gli spiego che anche quella<br />

stazione è chiusa. Allora lo faccio<br />

salire in macchina e lo accompagno<br />

a Pompei. Nel frattempo,<br />

<strong>il</strong> treno che i turisti attendevano<br />

alla stazione di V<strong>il</strong>la dei Misteri<br />

non è partito: ne approfitto per<br />

chiedere spiegazioni alla biglietteria,<br />

per capire meglio le modalità<br />

di questo sciopero. “Qualche<br />

treno passa, qualcun altro no”<br />

mi risponde sib<strong>il</strong>lino un dipendente:<br />

“Alcuni treni non passano<br />

proprio, altri subiscono dei ritardi”.<br />

Dei ritardi voluti? Non mi risponde.<br />

Perché non ci sono motivazioni<br />

tecniche alla base (in<br />

una stazione era scritto che <strong>il</strong><br />

blocco è dovuto alla “manutenzione”):<br />

i ritardi sono dovuti alla<br />

volontà dei conducenti, che in<br />

cesco Borrelli, c’è stato un rifiorire<br />

di discariche abusive, che in<br />

certi casi sono finanche diventati<br />

luogo dove abbandonare cani e<br />

gatti, come avveniva nella discarica<br />

<strong>il</strong>legale di Via Dorando Pietri,<br />

nel quartiere Ponticelli alle spalle<br />

dell’area adibita a mercato rionale,<br />

nella nottata di giovedì. Solo<br />

grazie all’intervento dei Verdi<br />

è stato possib<strong>il</strong>e evitare che<br />

un incendio potesse sprigionare<br />

nell’aria fumi tossici e nocivi per<br />

la collettività.<br />

Ad onor del vero, l’incendio di<br />

giovedì sera è già <strong>il</strong> quarto capitato<br />

nella zona orientale, dall’inizio<br />

questo modo non garantiscono<br />

nemmeno le idonee garanzie di<br />

sicurezza ai viaggiatori.<br />

è <strong>il</strong> capriccio finale di un’estate<br />

costellata di disagi che si sono<br />

notevolmente acuiti: treni<br />

sporchi, vagoni roventi, corse<br />

soppresse e ritardi ingiustificati.<br />

Perfino deragliamenti. Un<br />

servizio che diventa sempre più<br />

scadente, una situazione a cui la<br />

Regione (a cui appartiene l’Eav,<br />

società che gestisce la Circumvesuviana)<br />

non pone rimedio.<br />

Quanto a lungo durerà lo sciopero?<br />

“A oltranza”. E così un servizio<br />

di fondamentale importanza<br />

per la collettività diventa vittima<br />

di dipendenti che non hanno<br />

voglia di lavorare e delle bizze<br />

di chi viene pagato con qualche<br />

giorno di ritardo (ma, per fortuna,<br />

viene pagato).<br />

Viaggiatori alla stazione di Pompei<br />

di agosto: in un quartiere dove vivono<br />

oltre 30m<strong>il</strong>a abitanti, dove<br />

centinaia di persone grazie al Pala<br />

argine svolgono attività sportiva<br />

e dove, grazie al Parco De F<strong>il</strong>ippo,<br />

centinaia di famiglia portano<br />

i propri figli a respirare un po’<br />

d’aria buona. Area che meriterebbe<br />

un maggior controllo da parte<br />

delle forze dell’ordine ed una più<br />

attenta pulizia da parte dell’Asia.<br />

Anche <strong>il</strong> coordinatore cittadino<br />

di Futuro e libertà, Ugo Chirico,<br />

in una nota diffusa alla stampa<br />

e completata da un reportage<br />

fotografico, ha dichiarato: «A Coroglio,<br />

vicino agli uffici dell’Arin,<br />

Festival<br />

Sal da Vinci<br />

per l’Augustfest<br />

Ilenia De Rosa<br />

Vico Equense si trasformerà<br />

nella capitale <strong>della</strong> birra.<br />

Il “Vico Augustfest” comincia<br />

venerdì 26 e prevede<br />

una serie di appuntamenti,<br />

tra cui l’attesissimo concerto<br />

di Sal da Vinci previsto<br />

per domenica 28. Sarà una<br />

tre giorni dedicata alla birra<br />

e al divertimento ispirata<br />

all’ “Oktoberfest”, rinomata<br />

festa tedesca. Sarà un evento<br />

caratterizzato da gastronomia,<br />

bancarelle, musica<br />

e attrazioni. Ad organizzarla<br />

è l’Associazione Centro<br />

equano formazione professionale,<br />

in collaborazione<br />

con l’Ascom e con <strong>il</strong> patrocinio<br />

del Comune, con<br />

l’obiettivo di trasformare la<br />

città in una piccola Monaco<br />

ed attrarre visitatori e turisti.<br />

Punta di diamante <strong>della</strong><br />

kermesse, Sal da Vinci col<br />

concerto, tappa del suo “Live<br />

tour 2011”, di domenica<br />

nel Chiostro <strong>della</strong> Santissima<br />

Trinità. E’ necessario <strong>il</strong><br />

biglietto (si può acquistare<br />

on-line sul sito www.teatromio.it<br />

al costo di 25 euro).<br />

a poche centinaia di metri dagli<br />

stab<strong>il</strong>imenti balneari e dalla Città<br />

<strong>della</strong> scienza vi è una vera e propria<br />

discarica a cielo aperto, con<br />

rifiuti di ogni genere, in un’area<br />

dedicata al parcheggio delle auto.<br />

Per questo sarebbe auspicab<strong>il</strong>e<br />

che l’assessore all’igiene, <strong>il</strong><br />

sindaco De Magistris, la giunta,<br />

<strong>il</strong> consiglio comunale si dessero<br />

da fare per risolvere, nel più breve<br />

tempo possib<strong>il</strong>e, i veri problemi<br />

<strong>della</strong> città, anziché continuare<br />

ad inseguire complicate chimere,<br />

sicuramente in questo determinato<br />

periodo irraggiungib<strong>il</strong>i<br />

per la nostra città».<br />

L’intervento dei Verdi<br />

impedisce <strong>il</strong> rogo<br />

rituale dei rifiuti<br />

nell’ennesimo<br />

sito ut<strong>il</strong>izzato per<br />

scaricare immondizia.<br />

De Magistris sotto tiro


domenica 28 agosto 2011 23<br />

Focus volta vedrà un acceleratore di particelle al servizio degli studi sul cambiamento climatico<br />

Vento solare e atmosfera<br />

Nello spazio i segreti del cielo<br />

Alessio Nannini<br />

I<br />

n che modo l’atmosfera<br />

terrestre subisce l’influenza<br />

dell’universo? E anzitutto,<br />

è possib<strong>il</strong>e una correlazione<br />

fra <strong>il</strong> clima e ciò che investe<br />

<strong>il</strong> nostro pianeta nel suo peregrinare<br />

nel cosmo e intorno<br />

al Sole? A queste due domande<br />

sta cercando una risposta <strong>il</strong><br />

progetto Cloud, acronimo molto<br />

indovinato (in inglese sta infatti<br />

per “nuvola”) per Cosmic<br />

Leaving Outdoor Droplets, che<br />

gli scienziati del Cern di Ginevra<br />

stanno portando avanti ormai<br />

dal 2006. A sei anni di distanza,<br />

è possib<strong>il</strong>e tirare un<br />

primo b<strong>il</strong>ancio, sebbene i lavori<br />

siano destinati a proseguire,<br />

e lo facciamo con Teodoro<br />

Georgatis, biometeorologo del<br />

Cnr con <strong>il</strong> quale andiamo ad affrontare<br />

la questione degli effetti<br />

sull’ambiente delle radia-<br />

zioni provenienti<br />

dallo spazio.<br />

Partiamo proprio<br />

dal principio, e<br />

cioè dall’ipotesi<br />

che ci sia un rapporto<br />

fra ciò che<br />

accade nei nostri<br />

cieli e le particelleextraterrestri<br />

che investono<br />

<strong>il</strong> nostro pianeta.<br />

Come nasce questa idea?<br />

Nasce perché fondamentalmente<br />

<strong>il</strong> clima non è altro che<br />

la partizione dell’energia solare<br />

sulla superficie terrestre<br />

mediante determinati processi<br />

di tipo energetico: per esempio<br />

l’aumento <strong>della</strong> temperatura<br />

oppure l’evaporazione delle acque.<br />

Tutti questi sono processi<br />

di trasformazione dell’energia<br />

solare. Le nubi, in particolare,<br />

svolgono una funzione modulatrice<br />

<strong>della</strong> quantità di ingresso<br />

<strong>della</strong> radiazione solare sulla<br />

superficie. Ovvero agisce come<br />

un f<strong>il</strong>tro: le nubi basse, ossia i<br />

grandi cumuli, quando sono<br />

presenti tendono a raffreddare<br />

perché bloccano l’ingresso<br />

<strong>della</strong> radiazione solare; quando<br />

ci troviamo invece in presenza<br />

di nubi alte, come i cirri<br />

e gli stratocirri, che sono molto<br />

più sott<strong>il</strong>i, la quota di radiazione<br />

passa quasi interamente.<br />

La conseguenza in questo caso<br />

è di effetto serra, in quanto poi<br />

retro-riflettono la radiazione.<br />

Dunque, a seconda del tipo di<br />

nuvola, si hanno effetti climatici<br />

diversi, e quante più nuvole<br />

si formano, tanto più incidono<br />

sulla quota totale di radia-<br />

Incontro con<br />

<strong>il</strong> bioclimatologo<br />

Georgatis: “Sarà<br />

un primo passo<br />

importante per<br />

capire come <strong>il</strong><br />

cosmo influisce<br />

nella formazione<br />

delle nubi”<br />

Focus I ricercatori del Cern di Ginevra stanno lavorando al progetto Cloud, che per la prima<br />

zione entrata o<br />

retroriflessa.<br />

Dunque un<br />

aspetto importante<br />

è quella<br />

alla base <strong>della</strong><br />

formazione delle nuvole. Come<br />

avviene?<br />

Affinché si formi una nube si<br />

ha bisogno di tre elementi: ovviamente<br />

occorre <strong>il</strong> vapore, poi<br />

è necessario un abbassamento<br />

di temperatura che permetta<br />

la condensazione di questo<br />

vapore. Infine ce n’è un terzo,<br />

molto importante, senza del<br />

quale la condensazione non<br />

sarebbe possib<strong>il</strong>e: è <strong>il</strong> nucleo<br />

di condensazione, che può essere<br />

una qualunque cosa: una<br />

particella, uno ione carico, e<br />

soprattutto ciò che abbiamo<br />

molto presente in atmosfera,<br />

gli aerosol.<br />

E come incide, se incide, lo<br />

spazio nella formazione delle<br />

nuvole?<br />

Per via dei raggi cosmici, che<br />

sono particelle cariche che arrivano<br />

sulla Terra anche a livello<br />

galattico, dunque da altri<br />

sistemi solari, che impattano<br />

con ciò che è presente in atmosfera<br />

dando luogo a delle ionizzazioni<br />

che possono contribuire<br />

a formare aerosol, e quindi<br />

a dare vita alle nubi. Diciamo<br />

che in presenza di flussi di<br />

raggi cosmici dovremmo avere<br />

>>Scienza>><br />

un aumento di condensazione.<br />

Sotto l’espressione “raggi cosmici”<br />

si intende tutto, dalle<br />

radiazioni solari alle particelle<br />

provenienti da galassie<br />

remote?<br />

Sì, si intende ogni cosa: le particelle<br />

in questione sono generate<br />

da molti fenomeni,<br />

dall’esplosione di una supernova<br />

alle galassie più remote... tutto<br />

ciò che permea lo spazio può<br />

arrivare a noi. Ma è fondamentale<br />

sottolineare l’importanza<br />

dell’attività solare che, avendo<br />

al suo interno reazioni termonucleari<br />

come ogni stella,<br />

emette flussi di particelle conosciuti<br />

come vento solare. O anche<br />

le macchie solari, anch’esse<br />

legate all’attività magnetica del<br />

Sole e che hanno una variab<strong>il</strong>ità<br />

circa undecennale e modulano<br />

<strong>il</strong> campo magnetico solare e<br />

l’intensità del vento solare.<br />

Come agisce <strong>il</strong> vento solare<br />

sulla Terra?<br />

Attualmente è in studio un’ipotesi<br />

secondo la quale durante<br />

i periodi di forte vento solare,<br />

questo proteggerebbe la Terra<br />

dai raggi cosmici, andando<br />

di fatto a formare un guscio<br />

protettivo per deviare le particelle<br />

di provenienza galattica.<br />

Quindi, in presenza di un’attività<br />

solare di questo tipo, si<br />

potrebbero registrare temperature<br />

più elevate a causa del-<br />

la minore formazione di nubi.<br />

E c’è una corrispondenza?<br />

Per poter parlare di corrispondenza<br />

dovremmo avere un<br />

meccanismo di tipo statistico.<br />

Possiamo dire che una teoria<br />

di questo tipo potrebbe trovare<br />

qualche consonanza. Ma sono<br />

processi di conoscenza in<br />

divenire.<br />

Questo è anche uno dei risultati<br />

che <strong>il</strong> progetto Cloud<br />

si prefigge di raggiungere. In<br />

che modo?<br />

Il progetto Cloud è tecnicamente<br />

la creazione di una camera<br />

dove sia possib<strong>il</strong>e avere dei fasci<br />

di alta energia. Per questo si<br />

sta svolgendo al Cern, che è <strong>il</strong><br />

posto ideale in virtù delle tecnologie<br />

presenti: lì, usando un<br />

acceleratore di particelle, si<br />

vuole riscontrare la formazione<br />

di nuclei che in qualche modo<br />

diano poi origine alle nubi.<br />

A circa cinque anni dall’avvio<br />

dei lavori, si è avuto qualche<br />

riscontro?<br />

Sì, <strong>il</strong> progetto sta dando risultati<br />

che sembrano confermare<br />

questa possib<strong>il</strong>ità. Ma, ald<strong>il</strong>à<br />

<strong>della</strong> speculazione scientifica,<br />

se vogliamo trasferire <strong>il</strong> discorso<br />

a livello climatologico,<br />

è necessario ancora altro tempo,<br />

perché anche se stab<strong>il</strong>iamo<br />

che i raggi possano effettivamente<br />

dare un significati-<br />

vo contributo alla formazione<br />

delle nuvole, abbiamo ancora<br />

una conoscenza lacunosa<br />

per quanto riguarda le stesse<br />

nubi. C’è ancora tantissimo<br />

da studiare. Basti ricordare<br />

che fino a non molto tempo fa<br />

le osservazioni sulla formazione<br />

e sulle caratteristiche delle<br />

nubi erano offerte da un osservatore<br />

diretto, cioè un aviere<br />

che usciva e registrava su<br />

un brogliaccio ciò che vedeva<br />

ed esprimendo così un’analisi<br />

delle coperture. E prima ancora<br />

erano stati gli abati nei conventi<br />

a misurare tali fenomeni.<br />

Oggi abbiamo certamente più<br />

strumenti, ma la rete di osservazioni<br />

è diversa da continente<br />

a continente. Le nostre osservazioni<br />

sul clima sono buone<br />

in Europa e negli Stati Uniti,<br />

ma non altrove, per esempio in<br />

Africa. Da noi la distanza media<br />

delle stazioni meteorologiche<br />

è di dieci ch<strong>il</strong>ometri, in altre<br />

parti del mondo questa distanza<br />

varia anche per migliaia<br />

di ch<strong>il</strong>ometri. C’è omogeneità<br />

di protocolli, ma non di rete<br />

e, occorre dirlo, di soldi.<br />

Quindi <strong>il</strong> risultato del progetto<br />

Cloud sarà una base teorica<br />

per futuri spunti.<br />

Sarà di grande importanza fenomenologica,<br />

ovvero potrà<br />

dirci come funzionano le nubi.<br />

Ma da qui a darci una statistica,<br />

<strong>il</strong> passo sarà più lungo.


12<br />

domenica 28 agosto 2011<br />

Lunedì<br />

Leonardo<br />

Di Caprio,<br />

ladro di sogni<br />

Domani sera all’Arena capitolina<br />

l’opera di Christopher<br />

Nolan con Leonardo Di Caprio,<br />

un ab<strong>il</strong>issimo “ladro di<br />

sogni” capace di penetrare<br />

nella mente dei suoi bersagli.<br />

Science fiction, action movie<br />

e melodramma. Tutto tranne<br />

<strong>il</strong> sogno. Inception ha vinto 4<br />

premi Oscar su 8 nomination<br />

(miglior fotografia, miglior sonoro,<br />

miglior montaggio sonoro,<br />

migliori effetti speciali).<br />

Costata 160 m<strong>il</strong>ioni di dollari,<br />

a metà strada tra i mondi<br />

fittizi e matematici di Matrix<br />

e quelli labirintici e falsamente<br />

onirici di Shutter<br />

Island, la pellicola raggiunge<br />

<strong>il</strong> suo scopo di spettacolare<br />

intrattenimento visivo<br />

che richiede una partecipazione<br />

soprattutto cerebrale a<br />

chi guarda.<br />

Piazza Vittorio<br />

Stasera all’Arena<br />

capitolina lo<br />

splendido f<strong>il</strong>m di<br />

Tom Hooper. Una<br />

pellicola intensa e<br />

meravigliosamente<br />

interpretata sul<br />

rapporto di cura<br />

tra un medico<br />

e <strong>il</strong> suo sovrano<br />

Alessia Mazzenga<br />

è<br />

la storia di Giorgio VI, secondogenito di re<br />

Giorgio V e padre dell’attuale regina, costretto<br />

suo malgrado a diventare sovrano<br />

d’Ingh<strong>il</strong>terra, in seguito all’abdicazione<br />

del fratello Eduardo VIII, “indegnamente” impegnato<br />

in una relazione sentimentale con una<br />

donna divorziata, l’americana Wallis Simpson,<br />

e oppresso da un’“inadeguata” e imbarazzante<br />

forma di balbuzie. Il discorso del re del regista<br />

inglese Tom Hooper (Elizabeth I; John Adams),<br />

vincitore di ben quattro Oscar, e prima ancora<br />

premiato dalla Screen Actors Gu<strong>il</strong>d, <strong>il</strong><br />

sindacato degli attori Usa, che gli ha<br />

assegnato <strong>il</strong> premio per <strong>il</strong> miglior cast,<br />

dopo che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m aveva già collezionato<br />

nomination (14) ai Bafta.<br />

Gli attori sono veramente bravi, in cima<br />

a tutti la coppia Colin Firth (un<br />

tormentato e travagliato re Giorgio<br />

>>Immagina>><br />

Il discorso di un Re<br />

e quello di un uomo<br />

Indaga un<br />

efficace e<br />

commovente<br />

rapporto di cura<br />

tra dottore<br />

e paziente<br />

V) e Geoffrey Rush (<strong>il</strong> carismatico e anticonformista<br />

logopedista australiano, Lionel Logue) in<br />

questo biopic raffinato e visivamente ammaliante,<br />

che più che raccontare un pezzo di storia di<br />

una nazione (quello tragico dell’entrata in guerra<br />

contro la Germania nazista alle soglie del Secondo<br />

conflitto mondiale), indaga un efficace e<br />

commovente rapporto di cura tra un medico e<br />

<strong>il</strong> suo paziente, che solo secondariamente è <strong>il</strong> re<br />

d’Ingh<strong>il</strong>terra, e <strong>il</strong> conseguente sentimento di sincera<br />

riconoscenza che ne deriva.<br />

La regia è sempre equ<strong>il</strong>ibrata nel seguire<br />

da vicino (letteralmente, è sempre<br />

“incollata” al suo protagonista) la<br />

nascita recalcitrante e la giusta intensificazione<br />

di un rapporto umano<br />

valido, sincero e mai consolatorio,<br />

che alla fine si trasforma in un’intensa<br />

e duratura amicizia. Geoffrey<br />

Rusch (attore già premio Oscar per <strong>il</strong><br />

bellissimo Shine) è inflessib<strong>il</strong>e e “caldo”<br />

al tempo stesso, mentre Colin<br />

Firth è meravigliosamente sensib<strong>il</strong>e<br />

nel riuscire a trasmettere la difficoltà<br />

ma anche <strong>il</strong> coraggio di una sfida che<br />

<strong>il</strong> suo personaggio vive soprattutto in<br />

prima persona.<br />

Ed è per questo che <strong>il</strong> discorso finale<br />

che finalmente <strong>il</strong> re, non più balbuziente,<br />

riuscirà a fare alla Nazione risuona<br />

così dolcemente privato e commovente<br />

sulle note <strong>della</strong> settima Sinfonia<br />

di Beethoven: «Siamo stati costretti<br />

ad un conflitto perché ci viene<br />

richiesto di affrontare la sfida di<br />

un principio che se dovesse prevalere<br />

sarebbe fatale per ogni ordine civ<strong>il</strong>e<br />

nel mondo. Tale principio, spoliato di<br />

ogni travestimento è sicuramente la<br />

mera primitiva dottrina che la ragione<br />

è del più forte... E’ impensab<strong>il</strong>e pensare<br />

di rifiutare tale sfida!».<br />

Top Five Cinema<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

5<br />

Appuntamenti<br />

Vangi. Sculture e disegni<br />

Forte dei Marmi, V<strong>il</strong>la<br />

Bertelli, fino al 17/09<br />

Il ventre di Napoli<br />

Napoli, Museo Madre,<br />

fino al 13/09<br />

Materia prima<br />

M<strong>il</strong>ano, Pac,<br />

fino al 11/09<br />

PIAZZA VITTORIO/ROMA<br />

Notti di cinema<br />

Schermo Atac<br />

Il Discorso del re<br />

di T. Hooper - h. 20,30<br />

Sepolto<br />

di R. Cortes - h. 22,30<br />

Schermo d’Essai<br />

We want sex<br />

di N. Cole - h. 20,30<br />

Il truffacuori<br />

di P. Chaume<strong>il</strong> - h. 22,30<br />

Corpo celeste<br />

L’albero<br />

Body e soul<br />

13 Assassini<br />

Grease

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