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Sopra: primavera sui prati presso Triei, una deviazione poco a nord di Baunei sulla 125, una strada tortuosa ma ricca di splendidi<br />
scorci naturali. La zona vanta anche un interessante sito archeologico, così come i territori di Tortolì, Lanusei e Villagrande.<br />
che le cosiddette “tombe dei giganti” venissero usate<br />
come una sorta di collegamento fra mondo dei vivi e<br />
mondo dei morti. Le costruzioni, risalenti al XV secolo<br />
a. C., sono sepolture collettive che si sviluppano in<br />
lunghezza e disegnano, viste dall’alto, figure taurine.<br />
Il Dio Toro, l’essere misterioso protettore del mondo<br />
dei defunti, era contrapposto alla Dea Madre, divinità<br />
della vita. Coloro che avessero passato un’intera<br />
notte all’interno delle costruzioni di pietra, avrebbero<br />
potuto comunicare in sogno con i propri avi. Le tombe<br />
dei giganti, assieme ai dolmen, ai menhir e ai pozzi<br />
sacri, sono molto diffuse in Ogliastra e dimostrano<br />
come il mistero e il rapporto rituale con la natura sia<br />
radicato in questa terra fin dall’antichità.<br />
Profondità del tempo e profondità della terra coincidono<br />
quando si parla di serpenti voraci e di fate.<br />
A Baunei, sull’altopiano del Golgo, esiste una voragine<br />
profonda di circa 270 metri e chiamata Su Sterru,<br />
in cui, secondo la leggenda, venivano gettati i corpi<br />
dei sacrificati. Le vittime dovevano servire a sfamare<br />
un enorme serpente. Si crede che sia stato San Pietro,<br />
dopo essersi fatto costruire una chiesa nei pressi della<br />
gola, a sconfiggere l’orribile creatura.<br />
Ma le protagoniste più frequenti delle leggende misteriose<br />
d’Ogliastra sono le fate, chiamate in sardo janas.<br />
Queste piccole creature vengono descritte a volte<br />
come esseri gentili e generosi, altre volte come dispettose<br />
e vendicative. Si pensa che esse custodissero<br />
grandi tesori e tessessero splendide stoffe con telai<br />
d’oro. Camminando nei sentieri meno battuti della località<br />
si potrebbero ancora trovare i preziosi filati stesi<br />
ad asciugare sui rami di ginepro. Le janas, per i<br />
sardi, abitavano i nuraghi e i castelli in rovina, ma anche,<br />
e soprattutto, le antiche tombe prenuragiche scavate<br />
nella roccia, che a prima vista sembrano abitazioni<br />
per folletti, e che per questo vennero dette domus<br />
de janas (letteralmente “case delle fate”).<br />
Si racconta che un tempo le fate, alla nascita di un<br />
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