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Paisaje de la multitud que orina

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La poesia inizia con l’affermazione categorica di una solitudine assoluta.<br />

La costatazione <strong>de</strong>l<strong>la</strong> solitudine interiore <strong>de</strong>l poeta e <strong>de</strong>l<strong>la</strong> sua profonda disapprovazione<br />

pren<strong>de</strong> corpo in un Notturno portuale che assume i tratti d’una sonnambu<strong>la</strong> e inconscia<br />

<strong>de</strong>scrizione <strong>de</strong>l<strong>la</strong> condizione umana presente già dal primo verso <strong>de</strong>l racconto con<br />

l’affermazione d’una solitudine oggettiva, che di colpo affligge <strong>la</strong> collettività.<br />

Secondo l’analisi di Menarini 34 , nel<strong>la</strong> poesia lorchiana di New York, dove c’è un Io c’è<br />

sempre un Noi poiché <strong>la</strong> condizione personale di <strong>de</strong>so<strong>la</strong>zione e miseria esistenziale ne<br />

esprime sempre una più gran<strong>de</strong> e collettiva, una sorta di comunione nel dolore e un sotteso<br />

impegno comune per <strong>la</strong> sopravvivenza.<br />

Ed è esattamente <strong>que</strong>sto il senso <strong>de</strong>l<strong>la</strong> prima immagine volutamente iso<strong>la</strong>ta e in positio<br />

princeps: ellos di se <strong>que</strong>daron solos e poi al v. 3 se <strong>que</strong>daron solos y so<strong>la</strong>s rappresentano<br />

<strong>la</strong> moltitudine <strong>de</strong>l titolo e in realtà non sono che il riflesso di <strong>que</strong>ll’ Io e di <strong>que</strong>l<strong>la</strong> umanità<br />

solitaria, emarginata e scansata ma che pren<strong>de</strong> essa stessa le distanze da un paesaggio così<br />

fuorviato e <strong>de</strong>privato <strong>de</strong>l<strong>la</strong> sua originaria natura.<br />

Solos y so<strong>la</strong>s sottolineano l’ineluttabilità di <strong>que</strong>sta solitudine interiore, che non conosce via<br />

di scampo ma che soprattutto coinvolge tutto e tutti, <strong>la</strong> natura, gli animali, gli uomini e le<br />

donne.<br />

Nello stesso tempo dietro a <strong>que</strong>sto iso<strong>la</strong>mento potrebbe ce<strong>la</strong>rsi <strong>que</strong>l<strong>la</strong> volontà di<br />

nascon<strong>de</strong>rsi e fuggire tipica <strong>de</strong>l<strong>la</strong> personalità di Lorca, che sottrae agli occhi <strong>de</strong>l mondo e<br />

<strong>de</strong>i suoi lettori le vere intime intenzioni <strong>de</strong>i suo componimenti (soprattutto in ambito di<br />

Conferenze) e gli stati d’animo che li partoriscono.<br />

La moltitudine solitaria viene rappresentata nell’atto di aspettare <strong>la</strong> velocità <strong>de</strong>lle ultime<br />

biciclette, una chiara contestazione al mondo tecnologizzato è l’elemento connotativo<br />

posto vicino a biciclette, simboli di un trasporto tradizionale, umano, non inquinante, un<br />

mezzo di trasporto pulito che consente <strong>la</strong> visuale <strong>de</strong>l mondo, all’aria aperta a chi lo guida:<br />

últimas è ciò che qualifica <strong>que</strong>st’umile strumento di velocità, una velocità che è sinonimo<br />

di dinamicità e spostamento (lontano quindi dal<strong>la</strong> stasi tanto drammaticamente<br />

rappresentata nell’immaginario lorchiano), ingoiata come appare nel<strong>la</strong> realtà <strong>de</strong>lle<br />

automobili e <strong>de</strong>lle torri, strutture metalliche oppressive che ostaco<strong>la</strong>no <strong>la</strong> visuale intera <strong>de</strong>l<br />

paesaggio che finiscono per inglobare nel<strong>la</strong> loro pervertita natura scientifica, fatti di<br />

numeri e di figure geometriche, l’uomo stesso che le guida.<br />

34 Piero Menarini, Poeta en Nueva York di Fe<strong>de</strong>rico García Lorca. Lettura critica, Firenze, La Nuova Italia,<br />

1975, pp. 222.<br />

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