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speranza o aspettativa <strong>de</strong>l niño, <strong>de</strong>lle mil orejas e <strong>de</strong>lle bocas <strong>de</strong> agua di avere qualsiasi<br />
prodotto da los picos abiertos <strong>de</strong> los pájaros che non sia saliva, metonimia per sputo,<br />
umore <strong>de</strong>l corpo, rigetto, rifiuto, disprezzo <strong>de</strong>l<strong>la</strong> voce agonizzante.<br />
Il nichel, come esponente <strong>de</strong>i metalli bianchi, è l’epicentro <strong>de</strong>l paradigma negativo che nel<br />
componimento passa dal veliero, per lo spillo che infilza il rospo e per l’argentea luna sino<br />
al cromatismo <strong>de</strong>l suelo celeste <strong>de</strong> negras huel<strong>la</strong>s che da bianco e freddo diviene nero e<br />
portatore d’un significato mortifero.<br />
L’immagine si caratterizza per tre ossimori concatenati che interessano innanzi tutto il<br />
suolo celeste, colorazione naturalmente immaginata per il cielo, suo opposto fisico,<br />
naturale e geometrico: il suolo, dal cromatismo scuro <strong>de</strong>l<strong>la</strong> terra marrone e nera, viene<br />
sublimato in un colore chiaro, promossa a un rango superiore sia per posizione che per <strong>la</strong><br />
tradizionale cre<strong>de</strong>nza secondo <strong>la</strong> quale <strong>la</strong> volta celeste è sinonimo d’ascensione verso il<br />
bene, il paradiso e <strong>la</strong> dimora di Dio.<br />
Il secondo ossimoro è l’accostamento tra <strong>que</strong>sta terra convertitasi in celeste con le nere<br />
impronte: il suolo di negras huel<strong>la</strong>s si trova di nuovo tramutato in <strong>que</strong>llo che era<br />
originariamente, un insieme di sfumature castane e lontane dal cromatismo divino.<br />
Quest’apparente ristabilimento di senso viene di nuovo contrad<strong>de</strong>tto dall’ultimo ossimoro<br />
proposto: <strong>la</strong>s negras huel<strong>la</strong>s porta in sé due sensi convergenti, il colore nero da una parte e<br />
dall’altra l’immagine <strong>de</strong>lle impronte che immediatamente riportano a uno scenario di neve<br />
distesa ove il passaggio <strong>de</strong>i camminanti sia subito visibile sopra il fresco biancore.<br />
Ecco che <strong>la</strong> rappresentazione <strong>de</strong>l paisaje dove <strong>la</strong> <strong>multitud</strong> <strong>orina</strong> diviene più nitida: una<br />
distesa di gelo dove le voci, il canto e le grida si disperdono nel silenzio, dove le biciclette<br />
non posso circo<strong>la</strong>re, dove gli uomini e le donne rimangono soli e i bambini muoiono tra<br />
raggi metallici d’un solo oscurato dalle nubi e dal quitasol.<br />
Inizia quindi <strong>la</strong> seconda sezione <strong>de</strong>l<strong>la</strong> poesia introdotta da una negazione che riporta sullo<br />
scenario il bambino visto nel dispiegarsi di <strong>que</strong>l<strong>la</strong> tortura di spilli ad opera <strong>de</strong>l veliero<br />
giapponese.<br />
Cuando le c<strong>la</strong>ven el último alfiler si riaggancia totalmente al quitasol <strong>que</strong> pincha al sapo<br />
recien ap<strong>la</strong>stado, <strong>la</strong> stessa immagine di morte picco<strong>la</strong> attraverso lo spillo, <strong>la</strong> reiterata<br />
violenza ai danni <strong>de</strong>l bambino, lo stesso che nei suoi giochi infantili infilzava le lucertole<br />
con gli aghi e al quale il veliero ora riserva <strong>la</strong> stessa sorte.<br />
Ecco che il rospo, creatura inerte di fronte all’attacco violento <strong>de</strong>l<strong>la</strong> luna (poiché ad opera<br />
<strong>de</strong>l quitasol che nascon<strong>de</strong> <strong>la</strong> luce <strong>de</strong>l sole immergendolo in una prematura notte)<br />
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