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formato .pdf - Rete Laica Bologna

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collettivamente, la consapevolezza della morte è – da sempre – uno dei più potenti<br />

stimoli all’umano pensare, e naturalmente all’umano agire. Innumerevoli filosofi,<br />

letterati, poeti, e più recentemente sociologi e antropologi hanno speculato, scritto, e<br />

patito (anche loro) attorno alla morte. Molte “umane imprese”, si potrebbe dire,<br />

nascono e si sviluppano allo scopo di far fronte alla morte, addomesticarla, o ancora<br />

allontanarla e soggiogarla. Fra queste ultime, in misura storicamente crescente nel<br />

“mondo occidentale”, la medicina è possibilmente la più importante e imponente:<br />

l’efficacia raggiunta nel controllare o debellare malattie insidiose, come la potenza<br />

dimostrata nel modellare egemonicamente pratiche e immaginari della salute e della<br />

malattia fanno di essa il referente obbligato dell’indagare e dell’esperire la morte oggi.<br />

Senz’altro i più recenti sviluppi della medicina (fra i quali le nuove tecnologie<br />

biomediche) hanno contribuito alla riformulazione contemporanea di quel sogno di<br />

immortalità che, parallelamente alla consapevolezza del suo destino mortale, ha<br />

accompagnato l’umanità sin dagli albori della sua storia. Ma anche oggi, Eos fallisce, e<br />

non riesce ad eliminare gli inconvenienti necessari della sua impresa. Patologie<br />

(ancora) inguaribili, stati di compromissione grave e irrecuperabile della coscienza, e<br />

lo stesso allungamento - come per il povero Titone - della vecchiaia estrema (una fase<br />

della vita che se non è una patologia, può diventare il ricettacolo di molte patologie<br />

fastidiose e invalidanti): sono queste le incorporazioni del limite, nella versione<br />

contemporanea del mito di Aurora. Così, le domande di senso (a quali condizioni<br />

questa lotta è un bene? A quali condizioni essa resta desiderabile?) si affacciano sulla<br />

scena di un presente complesso. Complesso perché molte sono le risposte possibili,<br />

ognuna personalissima. E perché in ognuna di esse sono incorporate idee diverse sulla<br />

vita e la morte, la persona e l’ individuo, sull’umanità, la medicina, la società, la<br />

nozione di cosmo, di natura, e per qualcuno di Dio…<br />

Il testamento biologico è uno strumento col quale si è inteso, storicamente, dare una<br />

forma a questa risposta. O meglio: molte forme, se è vero che esso si propone come la<br />

risposta personalizzata – soggettiva - agli scenari di cura possibili. Il testamento<br />

biologico nasce con un’alta missione: incarnare (una delle possibili incarnazioni) la<br />

riappropriazione personale del momento finale. In un certo senso, la lotta per la libertà<br />

di scelta rispetto alle terapie e alle cure da ricevere è strettamente vincolata<br />

all’affermazione del (prettamente moderno, in senso storico) principio del pluralismo<br />

morale (Martelli, 1997), ossia del diritto per ognuno, in una società plurale, ad avere<br />

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