L'alpone IV trim_07 - Pro loco di San Giovanni Ilarione
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L’ALPONE 10<br />
TESTIMONIANZE<br />
Angela Ciman, nasce ai Cimani il<br />
7 novembre 1914, figlia <strong>di</strong> Severino<br />
e <strong>di</strong> Attilia, mentre in casa già sgambetta<br />
Ernesto, il fratellino maggiore<br />
e sarà poi seguita da Antonio,<br />
entrambi ora scomparsi.<br />
La prima guerra mon<strong>di</strong>ale è alle<br />
porte e puntuale si ricorda anche <strong>di</strong><br />
papà Severino, che la vive proprio<br />
tutta in grigioverde. Quando torna a<br />
casa definitivamente non trova più<br />
la moglie Attilia, morta nel frattempo<br />
e sepolta insieme al suocero,<br />
deceduto contemporaneamente. Che<br />
fare, con tre figli in tenerissima età<br />
e bisognosi <strong>di</strong> amore e <strong>di</strong> cure?<br />
Passa in seconde nozze con<br />
Maria Panarotto ed arrivano nell’or<strong>di</strong>ne<br />
a popolare la famiglia: Attilia,<br />
Piero, Fortunato, Pia, Pio, Rita.<br />
Papà fa il conta<strong>di</strong>no e cerca <strong>di</strong><br />
sopperire alle necessità facendo<br />
anche il calzolaio per arrotondare,<br />
ma la situazione non è delle migliori.<br />
In casa, poi, la matrigna, per<br />
quanto brava, non può mai sostituire<br />
la mamma.<br />
Angela cresce e frequenta l’asilo<br />
dalle suore, accompagnata dalla zia<br />
Italia Mella, e poi è la volta della<br />
scuola elementare, sempre a <strong>San</strong><br />
<strong>Giovanni</strong>, solo fino alla terza classe.<br />
Come tante coetanee, va “a servire”<br />
a Verona, da una ricca famiglia,<br />
i Cecchini, a fare la fiorista. “Brava<br />
gente, ricorda, mi hanno trattata<br />
meglio <strong>di</strong> una figlia”, ma <strong>di</strong> tutti gli<br />
anni <strong>di</strong> lavoro non ha mai visto un<br />
soldo, papà passava a ritirarli, ottenendo<br />
ad<strong>di</strong>rittura tre anni <strong>di</strong> anticipo,<br />
affermando “tanto, se si stanca<br />
Angela, ho subito un’altra figlia da<br />
mandare a sostituirla”. La nostra<br />
Angela, nel frattempo, fattasi signorina<br />
alta e snella, attira le attenzioni<br />
<strong>di</strong> <strong>Giovanni</strong> Galiotto, dai Menegoletti,<br />
classe 1910, che la porta all’altare<br />
nel 1938.<br />
Frutto <strong>di</strong> questo ma<strong>trim</strong>onio sono<br />
cinque splen<strong>di</strong>de fanciulle, nell’or<strong>di</strong>ne:<br />
Maria, Stella, Attilia, Giovanna<br />
e, per ultima, Bertilla. Con la prima<br />
figlia arriva però anche la guerra.<br />
Nel 1940 parte anche il marito<br />
che vedrà il congedo, anzi non lo<br />
vedrà mai perché nessuno glielo<br />
rilascerà, dopo 7 anni. Grecia, Albania<br />
sono i nomi che girano in casa e<br />
ANGELA CIMAN,<br />
UNA GIOVINEZZA MAI VISSUTA<br />
che incutono terrore e morte. Una<br />
falsa notizia dà <strong>Giovanni</strong> fra i morti<br />
e Angela viene invitata a Bari per il<br />
riconoscimento della salma. Per fortuna<br />
non si tratta <strong>di</strong> lui, “non l’è mia<br />
el me omo” esclama sollevata, trattenendo<br />
a stento il pianto. ma per<br />
<strong>Giovanni</strong> non finiscono le <strong>di</strong>savventure.<br />
Dopo l’8 settembre 1943, catturato<br />
dai Tedeschi, finisce in campo<br />
<strong>di</strong> concentramento, vicino a Dusseldorf.<br />
Qui, come in tutti i lager, si<br />
vive la negazione della ragione<br />
umana, una vita massacrante, malvagia.<br />
Si rubano <strong>di</strong> notte le patate,<br />
con estremo pericolo della vita.<br />
<strong>Giovanni</strong> rischia <strong>di</strong> finire i suoi<br />
giorni a causa della malnutrizione.<br />
“Per questa sera Galiotto kaputt”,<br />
sghignazzava il kapo’ tedesco <strong>di</strong><br />
turno, ma un provvidenziale pacco<br />
<strong>di</strong> alimenti, arrivato tramite la Croce<br />
rossa, lo rimette un po’ in forze.<br />
Durante un bombardamento delle<br />
Domenica 5 agosto la parrocchia<br />
<strong>di</strong> Castello ha vissuto un avvenimento<br />
eccezionale, il rinnovo <strong>di</strong> 50 anni <strong>di</strong><br />
solenne promessa al Signore, una promessa<br />
sentita, cosciente, coerente,<br />
pronunciata con lo stesso entusiasmo<br />
<strong>di</strong> quel lontano 1957 da Sr. Rina<br />
Coffele, originaria <strong>di</strong> Castello, figlia<br />
maggiore <strong>di</strong> Gelindo e <strong>di</strong> Eugenia Burato,<br />
recentemente scomparsa. Nata<br />
nel 1938, cresce in una famiglia con i<br />
problemi <strong>di</strong> tutti, con le stesse aspira-<br />
LOVATO ATTILIO<br />
come un giglio nel campo ...<br />
Un amico scomparso,<br />
ma che ha lasciato<br />
un grande ricordo<br />
<strong>di</strong> sé, Attilio<br />
Lovato nasce nella<br />
contrada Campetto<br />
da Vittorio e Alessandra<br />
Micheletto.<br />
Quinto <strong>di</strong> 7 fratelli<br />
(Ermenegilda,<br />
Giuseppe, Marino,<br />
Maria, Attilio, Carlo<br />
e Ferruccio), trascorre<br />
l’infanzia serenamente,<br />
nella semplicità<br />
delle nostre<br />
famiglie <strong>di</strong> un tempo. Terminate le<br />
elementari, frequentate alla scuola in<br />
via Guarato, parte per Mirabello Monferrato,<br />
alla scuola <strong>di</strong> don Bosco,<br />
insieme con altri amici, per coronare<br />
il suo grande desiderio <strong>di</strong> “sapere”,<br />
nel 1950.<br />
A motivo <strong>di</strong> un’improvvisa malattia<br />
polmonare, causata dal clima umido<br />
e nebbioso del Monferrato (Attilio<br />
era abituato al microclima della<br />
Calvarina ove non si conosceva la<br />
forze alleate, poi, rimane sotto le<br />
macerie e tutto viene <strong>di</strong>strutto dal<br />
fuoco. Miracolosamente si salva ed<br />
in mezzo a tanto <strong>di</strong>sastro solo una<br />
piccola croce che non viene intaccata<br />
dal fuoco e costituirà per lui come<br />
un segno del cielo, un ben più sicuro<br />
rifugio ed ancora <strong>di</strong> salvezza. Se<br />
la porterà in Italia, a casa, nel 1947<br />
e gli farà compagnia nella bara, al<br />
momento della sepoltura.<br />
Angela in questi lunghi anni rivive<br />
le medesime privazioni <strong>di</strong> sua<br />
madre durante la prima guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />
Giravano i fascisti e i Tedeschi<br />
in cerca del fratello Antonio, che<br />
veniva nascosto ora nel forno, ora<br />
sotto la legna per sfuggire ai rastrellamenti.<br />
Il marito prima dell’armistizio<br />
cercava <strong>di</strong> mandare a casa<br />
qualche soldo per andare avanti, i<br />
campi venivano coltivati dai vicini<br />
che davano una mano, si faceva quel<br />
che si poteva. Dopo il ritorno del<br />
marito le cose cambiano in positivo.<br />
La mancanza <strong>di</strong> figli maschi non è<br />
causa <strong>di</strong> afflizione e <strong>Giovanni</strong> lo<br />
<strong>di</strong>chiara esplicitamente “Pitosto che<br />
ghe succeda quelo che me ghè<br />
capità a mi, che el Signore me<br />
manda tute done!”. Le <strong>di</strong>fficoltà tuttavia<br />
sono tante. Poi le figlie crescono,<br />
la Maria va in filanda, all’età <strong>di</strong><br />
13 anni. Era dura, le cape, fra cui<br />
primeggia la “Clelia fabra”, erano<br />
alquanto scorbutiche ed arcigne. Poi<br />
la Maria va a servire dalle suore<br />
orsoline a Roma e ci vanno pure<br />
SUOR RINA COFFELE<br />
50 anni <strong>di</strong> “eccomi” al Signore<br />
nebbia, se non qualche<br />
volta), nel 1952<br />
lascia Mirabello per<br />
tornare al clima mite<br />
della vallata dell’Alpone,<br />
infrangendo un<br />
sogno.<br />
Nel frattempo non lo<br />
abbandona il suo desiderio<br />
<strong>di</strong> essere utile ai “più<br />
piccoli” e si improvvisa<br />
catechista per i numerosi<br />
bambini della contrada.<br />
Esercita anche la<br />
professione <strong>di</strong> sarto<br />
per breve tempo. Ricoverato<br />
all’ospedale <strong>di</strong> Milano, viene<br />
operato al cuore e, come <strong>di</strong> norma<br />
“tutto va bene”, ma successive complicazioni<br />
lo strappano al nostro affetto<br />
e si spegne serenamente nel 1966.<br />
La malattia ha forgiato il suo spirito<br />
rendendolo a tutti simpatico e da<br />
tutti amato.<br />
Ancora dopo tanti anni rimane vivo<br />
il suo ricordo, in particolare quello<br />
dell’amico <strong>di</strong> infanzia e <strong>di</strong> collegio.<br />
DON CESARE CIMAN<br />
zioni e con uguali desideri e non la<br />
<strong>di</strong>stingueresti dalle coetanee, se non<br />
per quella volontà <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are e migliorarsi.<br />
Fin da piccola infatti <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong><br />
essere coerente e giu<strong>di</strong>ziosa, aiuta la<br />
mamma nella crescita dei fratellini ed<br />
in parrocchia nella <strong>di</strong>stribuzione delle<br />
letture cattoliche, nel servizio ai meno<br />
fortunati. È una ragazzina aperta e<br />
spensierata che, tuttavia, si rende<br />
subito conto che può dare <strong>di</strong> più. E<br />
questo “<strong>di</strong> più” lo ravvisa nella consacrazione<br />
a Cristo attraverso il servizio<br />
ai fratelli. Così a 13 anni manifesta<br />
alla famiglia il desiderio <strong>di</strong> entrare in<br />
una comunità <strong>di</strong> suore, palesando la<br />
pre<strong>di</strong>lezione per le Paoline, conosciute<br />
attraverso la stampa cattolica. A<br />
questo punto entra in scena il papà,<br />
non per contrad<strong>di</strong>rla o <strong>di</strong>ssuaderla,<br />
bensì per proporre il messaggio educativo<br />
e <strong>di</strong> impegno <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> don<br />
Bosco e <strong>di</strong> madre Mazzarello. Gelindo<br />
infatti ha respirato e fatto propri in<br />
gioventù i principi educativi <strong>di</strong> don<br />
Bosco, frequentando l’Istituto <strong>di</strong> Ivrea<br />
e al suo desiderio <strong>di</strong> entrare a pieno<br />
titolo nella famiglia salesiana si era<br />
visto opporre un <strong>di</strong>screto, ma deciso<br />
rifiuto. “Non tu, ma certamente qualcuno<br />
dei tuoi” gli aveva risposto don<br />
Filippo Rinal<strong>di</strong>, successore <strong>di</strong> don<br />
Bosco alla guida della congregazione<br />
ed attualmente beato. Ci rimane subito<br />
male ma in seguito anche Gelindo<br />
capirà che potrà “dare <strong>di</strong> più” e lo farà<br />
volentieri offrendo a don Bosco le<br />
figlie Rina e Clara, i figli don Gian<br />
Franco e Luigi. È fortunata la nostra<br />
Rina a crescere in una famiglia ove fa<br />
da padrone assoluto il sacro timor <strong>di</strong><br />
Dio, una famiglia ove si matura per la<br />
vita.Viene accompagnata a Torino dal<br />
cappellano don Damiano Andriolo e<br />
fa <strong>di</strong> questa nuova casa la propria<br />
casa, <strong>di</strong> questa grande famiglia la propria<br />
famiglia. Il 4 agosto 1957 a Torino<br />
pronuncia il primo e definitivo<br />
Attilia e Stella, sempre per raggranellare<br />
qualche soldo e realizzarsi.<br />
lntanto a <strong>San</strong> <strong>Giovanni</strong> parte a ritmo<br />
serrato l’industria, si fatica, ma si<br />
guadagna e si può pensare al futuro.<br />
Tutte le figlie si sposano, tutte si<br />
sistemano vicino, con la propria<br />
famiglia, tutte hanno figli. <strong>Giovanni</strong><br />
muore il 3 luglio 1992 e Angela<br />
continua a vivere nella sua casa da<br />
sola, finché le forze la sostengono,<br />
poi, quando la salute dà i primi sintomi<br />
<strong>di</strong> ce<strong>di</strong>mento, le figlie a turno<br />
vanno a dormire insieme, e questo<br />
per 14 anni. Infine si prende in<br />
esame l’opzione <strong>di</strong> una badante.<br />
L’esperienza però è alquanto negativa<br />
ed allora Angela viene riportata<br />
nella sua vera famiglia, Giovanna se<br />
la prende in casa e insieme a tutte le<br />
altre figlie restituisce alla mamma<br />
tutto quell’amore e quelle attenzioni<br />
che non ha mai avuto neanche da<br />
bambina. Qui ora Angela vive come<br />
una Madonna, amata e rispettata<br />
come una regina.<br />
La cosa più bella nella vita?<br />
Ne ho avute veramente poche <strong>di</strong><br />
“eccomi!” al Signore; ora appartiene<br />
tutta a Lui, per i suoi progetti. Si <strong>di</strong>ploma<br />
all’Istituto Magistrale e si mette<br />
a <strong>di</strong>sposizione dei superiori esternando<br />
la propria <strong>di</strong>sponibilità per le<br />
missioni. La sua prima destinazione è<br />
il Messico. Ha solo 21 anni, ma avrà<br />
modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare concretamente le<br />
proprie capacità. Il Messico è appena<br />
uscito dalla persecuzione religiosa,<br />
c’è tanto da fare, i problemi sembrano<br />
insormontabili. Rina, anzi Sr. Rina in<br />
questa meravigliosa nazione americana<br />
ci rimane per ben 30 anni, dal 1959<br />
al 1989: per 25 anni come <strong>di</strong>rettrice <strong>di</strong><br />
pastorale vocazionale giovanile e gli<br />
ultimi 5 anni come animatrice ispettoriale<br />
per la famiglia salesiana. Sr.<br />
Rina si tuffa nel lavoro con impegno<br />
ed entusiasmo, con vivo desiderio <strong>di</strong><br />
aiutare gli altri e con grande fiducia in<br />
Dio. Il suo obiettivo è scoprire dove<br />
c’è più bisogno fra la gente, la più<br />
umile, la più abbandonata, a volte la<br />
più scontrosa, ma non per questo<br />
meno importante. In questi lunghi<br />
anni, senza mai rientrare in patria,<br />
ricopre pure incarichi delicati e speciali,<br />
che per privacy non possono<br />
essere menzionati, ma che sottolineano<br />
il suo impegno.<br />
Quante famiglie, quante mamme,<br />
quante giovani hanno riversato su <strong>di</strong><br />
lei i propri problemi ed insieme hanno<br />
pregato, faticato e insieme sono giunti<br />
alla speranza, quanti ragazzi e ragazze<br />
hanno attinto da lei la scintilla, l’input<br />
per la strada giusta, per il risorgere<br />
della speranza, per una onesta vita<br />
sociale. Non si è mai tirata in<strong>di</strong>etro<br />
davanti ai problemi, i giovani erano e<br />
sono tuttora il suo campo d’azione.<br />
Nel 1989 viene richiamata pro tempore<br />
in patria, anche per ritemprare le<br />
forze e riabbracciare la famiglia, ma i<br />
superiori intuiscono che anche in Italia<br />
la nostra protagonista, con la sua esperienza,<br />
può portare il proprio contributo.<br />
Eccola allora a far parte, fino al<br />
1995, dell’animazione dell’adorazione<br />
eucaristica C.E.M. (cenacolo eucaristico<br />
mariano) nella famiglia salesiana<br />
con sede al Colle don Bosco, vicino<br />
alla casetta natia del <strong>San</strong>to fondatore.<br />
cose belle. Ancora bambina ricordo<br />
la zia Italia che una volta incontrandomi<br />
mi chiese -“che cosa ti ha portato<br />
<strong>San</strong>ta Lucia? Con gli occhi<br />
gonfi <strong>di</strong> pianto risposi - Niente ... -<br />
al che continuò - Gheto la scarsela?<br />
e me la riempì <strong>di</strong> tanta roba buona.<br />
Non <strong>di</strong>menticherò mai quel momento”.<br />
Mai avuto momenti <strong>di</strong> crisi?<br />
“Ci sono stati, eccome! Le figlie<br />
pativano quasi la fame, mancavano i<br />
sol<strong>di</strong> ... Una volta la bambina più<br />
grande piangeva per la fame e il<br />
rime<strong>di</strong>o suggerito: “daghe na sberla,<br />
che la tasa”. Non era mancanza <strong>di</strong><br />
amore, era solo mancanza <strong>di</strong> mezzi e<br />
<strong>di</strong> possibilità e quando tutto è stato<br />
superato è tornato il sorriso. Salutiamo<br />
Angela e, stringendole la mano,<br />
si esalta ancora più la sua immagine.<br />
Negli occhi profon<strong>di</strong> rimane tuttavia<br />
il rimpianto <strong>di</strong> carezze materne<br />
mai ricevute, <strong>di</strong> cieli azzurri mai<br />
sognati, <strong>di</strong> sogni mai realizzati, <strong>di</strong><br />
una giovinezza mai vissuta, perché<br />
costretta a ad essere donna troppo in<br />
fretta.<br />
G. S.<br />
Il suo riposo è solo <strong>di</strong> nome e segue<br />
alla lettera il proposito <strong>di</strong> don Bosco ci<br />
riposeremo in para<strong>di</strong>so.<br />
Per 3 anni ricopre la carica <strong>di</strong> vicaria<br />
della casa ispettoriale a Torino,<br />
compito importante e delicato, in cui<br />
servono tanto equilibrio e <strong>di</strong>plomazia,<br />
buon senso e capacità decisionale.<br />
L’aspetta poi la casa madre <strong>di</strong> Mornese,<br />
<strong>di</strong>rettrice per altri 5 anni, finchè non<br />
viene <strong>di</strong>spensata per motivi <strong>di</strong> salute.<br />
Nel frattempo si alterna con la<br />
sorella sr. Clara nella natia Castello,<br />
nell’assistenza alla mamma Eugenia,<br />
classe 1911, una mamma che ha accettato<br />
la nascita e la vocazione dei figli<br />
come autentico dono <strong>di</strong> Dio, come un<br />
sorriso <strong>di</strong> benevolenza e <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>lezione<br />
nei suoi confronti. Mamma segue il<br />
richiamo del creatore a marzo 20<strong>07</strong> e<br />
Sr. Rina ritorna verso i colli che sono<br />
stati testimoni della santa fondatrice sr.<br />
Maria Domenica Mazzarello e viene<br />
destinata come <strong>di</strong>rettrice a Giaveno,<br />
vicaria <strong>di</strong> una comunità <strong>di</strong> 65 suore.<br />
Ha mai accusato momenti <strong>di</strong><br />
sconforto? “Mai - risponde con aria<br />
ieratica e serena, - il Signore mi è<br />
sempre stato vicino, non ho mai sentito<br />
il peso della sofferenza, perché questa<br />
è sempre stata soffocata dalla Sua<br />
grazia. Ho cercato <strong>di</strong> dare tutta me<br />
stessa, ho sempre obbe<strong>di</strong>to ai superiori,<br />
mai <strong>di</strong>scusso le loro scelte, convin-<br />
Suor Rina, vicina a Don Adriano, attorniata dai familiari.<br />
ta che chi obbe<strong>di</strong>sce non sbaglia mai.<br />
Son felice <strong>di</strong> servire il Signore nel<br />
nostro prossimo.<br />
Vede crescere il pianeta giovani<br />
con ottimismo, è sicura che questa<br />
futura classe <strong>di</strong>rigente, animata da<br />
ottime intenzioni e magari da una sana<br />
contestazione, aiuterà a far crescere il<br />
mondo, sarà in grado <strong>di</strong> aggiungere i<br />
giusti mattoni al grattacielo della giustizia<br />
e della carità, perché niente è<br />
peggiore per essi dell’ingiustizia.<br />
L’importante è accogliere e “far il<br />
pieno” degli insegnamenti evangelici,<br />
perché “niente vi è <strong>di</strong> più bello che<br />
essere raggiunti da Cristo e comunicare<br />
agli altri l’amicizia con Lui”. Un<br />
saluto unito ad un fraterno abbraccio<br />
da parte del giornale.<br />
GIANNI SARTORI