Gennaio-Febbraio 2010 - Federazione Italiana Tradizioni Popolari
Gennaio-Febbraio 2010 - Federazione Italiana Tradizioni Popolari
Gennaio-Febbraio 2010 - Federazione Italiana Tradizioni Popolari
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
Italia<br />
colline: essi entrano nelle aie, cantano<br />
strofe di saluto in dialetto, accompagnate<br />
da qualche strumento, talora<br />
svegliando gli abitanti, e chiedono<br />
in dono, appunto, delle uova. Spesso<br />
sono fatti entrare a continuare i<br />
canti all’interno, insieme ai padroni<br />
di casa, consumando insieme vino,<br />
salumi e altri cibi. Ricevuto il regalo<br />
ripartono per altre aie, nelle colline<br />
buie e ancora fredde, con strofe di<br />
ringraziamento e buon augurio (un<br />
tempo anche di maledizione se non<br />
ricevevano nulla). Alcune osservazioni:<br />
una volta riservata ai soli giovani<br />
maschi, ora la questua è praticata<br />
anche dalle ragazze; questo è un dato<br />
costante e interessante, poiché dappertutto,<br />
sia nelle feste riproposte sia<br />
in quelle in continuità, la presenza<br />
femminile, anche contro la tradizione,<br />
è sempre più importante. In<br />
secondo luogo i percorsi tra le case<br />
e le aie, e il cibo, il vino e le parole<br />
condivise che caratterizzano questa<br />
cerimonia sono i più funzionali<br />
a ristabilire quella rete di legami<br />
tra persone e famiglie che proprio i<br />
processi di sviluppo hanno messo in<br />
crisi. E in effetti la questua delle uova<br />
è rimessa in vita in varie altre zone e<br />
inoltre “Canté i euv” diventa l’etichetta<br />
vincente di manifestazioni musicali<br />
più ampie e varie a partire dal 1979,<br />
prima su iniziativa di Carlo Petrini<br />
per l’ARCI di Bra, poi delle amministrazioni<br />
provinciali di Asti, Cuneo ed<br />
Alessandria.<br />
Esaminiamo ora dei casi caratterizzati<br />
da continuità. Si tratta delle danze<br />
delle spade che accompagnano alcune<br />
scadenze, in genere feste patronali<br />
o Carnevali. Queste danze armate<br />
sono ampiamente diffuse in Europa,<br />
dalle isole britanniche alla Francia<br />
ai paesi baschi alla Baviera alla Romania<br />
ad alcune isole dell’Adriatico<br />
(oggi Croazia), spesso con costumi<br />
dei danzatori simili. Nel resto d’Italia<br />
sono noti pochi casi particolari come<br />
nelle isole d’Elba e d’Ischia, in Lazio<br />
e a Casteltermini (Agrigento), mentre<br />
è il Piemonte che ne manifesta la<br />
maggiore concentrazione nelle zone<br />
montane e collinari, con più di una<br />
ventina documentate delle quali poco<br />
meno della metà oggi vive.<br />
Molte sono danze a catena, in cui<br />
i danzatori, chiamati in Piemonte<br />
“spadonari”, si muovono in fila,<br />
ognuno appoggiando la punta della<br />
spada sulla spalla di chi lo precede<br />
e tenendo sulla propria spalla l’arma<br />
di chi lo segue. Diverse e molto originali<br />
sono quelle di alcuni comuni<br />
della Valle di Susa, in particolare di<br />
Giaglione e di Venaus: nei due paesi<br />
in modo molto simile, gli spadonari<br />
danzano camminando e poi collocandosi<br />
a quadrilatero; essi compiono<br />
movimenti fluidi e misurati, a volte<br />
lanciano le spade, lunghe e diritte,<br />
Danza delle spade a Venaus<br />
(Valle di Susa, provincia di Torino)<br />
per la festa patronale di San Biagio,<br />
3 febbraio 1969<br />
in alto e le riprendono o se le scambiano<br />
al volo, con una performance<br />
più ieratica che marziale. Il loro abbigliamento,<br />
sopra i calzoni scuri e la<br />
camicia bianca della domenica, prevede<br />
un grembiule e un gilet di stoffe<br />
a vivaci colori, guanti bianchi e un<br />
alto cappello di forma ovale allungata<br />
ricoperto di fiori e adornato da nastri<br />
multicolori che scendono sulle spalle.<br />
L’occasione delle danze – le feste<br />
patronali di San Vincenzo, Giaglione,<br />
22 gennaio, e San Biagio e Sant’Agata,<br />
3 e 5 febbraio, Venaus, entrambe<br />
nel tardo inverno –, l’aspetto floreale<br />
e primaverile dei costumi, la performance<br />
quasi sacerdotale, ci fanno<br />
fondatamente ipotizzare che si tratti<br />
di una celebrazione di propiziazione<br />
di fecondità di questi montanari, anche<br />
viticultori, cristianizzata e legata<br />
a un santo, a Giaglione, proprio dei<br />
viticultori patrono.<br />
Queste non recenti cerimonie, mantenutesi<br />
in continuità, indicano l’interesse<br />
e la complessità del quadro<br />
festivo, ma si noti che anch’esse oggi<br />
sono realizzate e vissute nella contemporaneità:<br />
a Giaglione in effetti<br />
nasce un importante centro di documentazione<br />
e al tempo stesso nei paesi<br />
sorgono agriturismi e si riprende<br />
la produzione delle antiche viti e vini<br />
che, quando già parevano persi per<br />
sempre, ritrovano un mercato. Così<br />
il presente in realtà dà ai portatori<br />
di quelle tradizioni nuova vitalità e<br />
opportunità, anche di restare a presidiare<br />
e a far rendere quelle alte terre.<br />
Riferimenti bibliografici essenziali<br />
Bravo G. L. (2005), Feste, masche, contadini,<br />
Roma, Carocci;<br />
Grimaldi P. C. (a cura di) (2001), Le spade<br />
della vita e della morte, Torino, Omega.<br />
*Componente Consulta Scientifica FITP<br />
A sinistra l’orso di foglie di meliga al Carnevale di Cunico (Asti) ripreso all’inizio del secolo dopo<br />
quarant’anni di abbandono; nella pagina a sinistra, l’orso di paglia<br />
GENNAIO/FEBBRAIO <strong>2010</strong> 15