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Saul Kripke: la teoria del riferimento diretto - Scienze della Formazione

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empiriche di ogni mondo, allora essa è conoscibile a priori________________<br />

(5) Quindi, se un enunciato è necessariamente vero, esso è anche vero a priori<br />

<strong>Kripke</strong> confuta tale argomento facendo vedere che, in realtà, ci sono enunciati che pur essendo<br />

necessariamente veri, sono veri a posteriori. Il ragionamento di <strong>Kripke</strong> è il seguente. Siano N e M<br />

nomi propri. Supponiamo, inoltre, che “N è M” sia vero: se è così, allora N si riferisce allo stesso<br />

oggetto cui si riferisce M, diciamo x. Data <strong>la</strong> tesi <strong>del</strong><strong>la</strong> rigidità dei nomi propri, N si riferirà ad x<br />

in tutti i mondi possibili; analogamente, M si riferirà ad x in tutti i mondi possibili. Ma allora “N è<br />

M” oltre ad essere vero è necessariamente vero. Nonostante ciò, l’enunciato sarà a posteriori:<br />

abbiamo infatti bisogno di vedere come stanno le cose nel mondo per sapere che l’oggetto cui N si<br />

riferisce è il medesimo cui si riferisce M.<br />

Chiariamo tale ragionamento con un esempio. Sia N il nome proprio “Espero”, e M il nome<br />

proprio “Fosforo”. Consideriamo allora il seguente enunciato:<br />

(12) Espero è Fosforo<br />

Sappiamo, a posteriori, che (12) è un enunciato vero: l’astronomia ci dice che, in effetti, l’oggetto<br />

cui i due nomi si riferiscono è lo stesso, ovvero il pianeta Venere. Data <strong>la</strong> tesi <strong>del</strong><strong>la</strong> rigidità dei nomi<br />

propri, però, “Espero” si riferisce al pianeta Venere in tutti i mondi possibili, e lo stesso vale per<br />

“Fosforo”. Ma se “Espero” e “Fosforo” si riferiscono al pianeta Venere in tutti i mondi possibili,<br />

allora (12) è vero in tutti i mondi possibili, vale a dire, (12) è necessariamente vero. (12) è quindi un<br />

enunciato necessario a posteriori: esprime una verità che è tale in tutti i mondi, anche se non c’è<br />

modo di conoscere tale verità se non attraverso l’esperienza.<br />

4. La <strong>teoria</strong> <strong>del</strong> <strong>riferimento</strong> <strong>diretto</strong><br />

Abbiamo detto che l’idea fondamentale che caratterizza il descrittivismo è che <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione<br />

tra un nome proprio e l’oggetto cui si riferisce non è una re<strong>la</strong>zione diretta, bensì una re<strong>la</strong>zione<br />

mediata, indiretta: <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione tra un nome proprio e il suo <strong>riferimento</strong> è sempre mediata, infatti, da<br />

una descrizione definita. Equivalentemente, possiamo dire che l’idea fondamentale che caratterizza<br />

il descrittivismo è che <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione di <strong>riferimento</strong> non è una re<strong>la</strong>zione primitiva: essa va analizzata<br />

nei termini <strong>del</strong><strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione che c’è tra una descrizione definita e l’oggetto di cui essa è vera, ovvero<br />

nei termini <strong>del</strong><strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione di soddisfazione.<br />

Confutando, mediante l’argomento semantico, <strong>la</strong> validità <strong>del</strong><strong>la</strong> tesi descrittivista (i), <strong>Kripke</strong><br />

confuta al<strong>la</strong> radice <strong>la</strong> viabilità di tale idea descrittivista. Se infatti le descrizioni definite associate ad<br />

un nome proprio non sono condizioni né necessarie né sufficienti a determinare l’oggetto cui il

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