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Saul Kripke: la teoria del riferimento diretto - Scienze della Formazione

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Ha luogo un battesimo iniziale. In questo caso un oggetto può essere denominato<br />

mediante un’ostensione, oppure il <strong>riferimento</strong> <strong>del</strong> nome può essere fissato mediante<br />

una descrizione.<br />

Il battesimo può dunque avvenire mediante ostensione, ovvero mostrando/indicando l’oggetto e<br />

assegnandogli un nome, oppure mediante descrizione definita. In quest’ultimo caso, il nome è<br />

introdotto per designare qualunque oggetto soddisfi quel<strong>la</strong> descrizione definita. Pensate al caso di<br />

“Jack lo Squartatore”: questo nome fu introdotto dal<strong>la</strong> polizia di Londra per designare l’individuo,<br />

chiunque egli fosse, che era l’autore di certi efferati omicidi seriali. P<strong>la</strong>usibilmente, il battesimo per<br />

descrizione è utilizzato ogni qualvolta non possiamo essere in contatto <strong>diretto</strong> con l’oggetto, ogni<br />

volta cioè che il battesimo non può avvenire per ostensione: quando abbiamo a che fare con oggetti<br />

astratti, futuri, ipotetici, o <strong>la</strong> cui effettiva identità ci sfugge, come nel caso di Jack lo Squartatore.<br />

Torneremo più in là su questo punto, dato che questo è il luogo dove cercare le eccezioni al<strong>la</strong> tesi<br />

generale di <strong>Kripke</strong> secondo cui le descrizioni definite associate ad un nome proprio non ne<br />

determinano il <strong>riferimento</strong>.<br />

b) Dopo il battesimo, gli anelli ulteriori <strong>del</strong><strong>la</strong> catena sono costituiti dai vari eventi<br />

comunicativi attraverso cui il nome, o meglio, l’uso <strong>del</strong> nome, viene trasmesso da un par<strong>la</strong>nte<br />

all’altro. Pensate al caso <strong>del</strong><strong>la</strong> nascita di un bambino. L’atto <strong>del</strong> battesimo Kripkiano coincide con<br />

<strong>la</strong> primissima assegnazione <strong>del</strong> nome al bambino da parte dei genitori. Gli anelli successivi sono i<br />

vari atti comunicativi con cui il nome comincia a diffondersi: un anello può essere <strong>la</strong> conversazione<br />

tra i genitori e le infermiere che scriveranno il nome <strong>del</strong> bimbo sul suo braccialetto; un altro anello<br />

può essere <strong>la</strong> conversazione con i nonni, che apprendono il nome; un altro anello ancora <strong>la</strong><br />

comunicazione ufficiale <strong>del</strong><strong>la</strong> nascita <strong>del</strong> bimbo all’anagrafe, fatta dai nonni; e così via.<br />

c) N.B. Se un par<strong>la</strong>nte, ad un certo punto <strong>del</strong><strong>la</strong> catena, non è più in grado di caratterizzare<br />

descrittivamente <strong>la</strong> persona o <strong>la</strong> cosa cui il nome è stato attribuito attraverso il battesimo, ciò non<br />

significa che <strong>la</strong> catena si sia interrotta: in bocca a quel par<strong>la</strong>nte, il nome continua ad avere lo stesso<br />

<strong>riferimento</strong> che aveva all’origine. Ed è chiaro che debba essere così, pena un ritorno al<br />

descrittivismo.<br />

Ora, <strong>Kripke</strong> precisa più volte nel testo (un esempio per tutti, in fondo a p. 170) che <strong>la</strong> sua<br />

<strong>teoria</strong> causale è più “l’immagine di una <strong>teoria</strong>” che non una <strong>teoria</strong> vera e propria <strong>del</strong> modo in cui il<br />

<strong>riferimento</strong> di un nome proprio viene fissato. Per essere una <strong>teoria</strong> vera e propria, dovrebbe<br />

specificare una serie di condizioni necessarie e sufficienti che <strong>la</strong> catena causale deve soddisfare per

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