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La Parabola n. 22 di Giugno 2011 - Aiart

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Le gran<strong>di</strong><br />

domande<br />

<strong>di</strong> “Senso”<br />

decennio), oltre la quale si profila una ra<strong>di</strong>cale questione antropologica.<br />

Se non vogliamo risolvere tali gran<strong>di</strong> questioni in un appello vagamente<br />

moralistico, che a volte rischia solo <strong>di</strong> aumentare l’angoscia delle<br />

famiglie, che vivono con un senso <strong>di</strong> impotenza il peso <strong>di</strong> una paralizzante<br />

complessità, dobbiamo cercare <strong>di</strong> non perdere il filo delle gran<strong>di</strong><br />

domande <strong>di</strong> senso, che sono davvero come il “pane che ci nutre”.<br />

Provo quin<strong>di</strong> a suggerire un percorso <strong>di</strong> analisi e <strong>di</strong> riflessione, articolato<br />

in due parti: nella prima parte, vorrei sollevare un interrogativo intorno<br />

alla ra<strong>di</strong>ce, non solo prossima, ma anche remota, dei problemi con i<br />

quali oggi dobbiamo misurarci quando ci interroghiamo intorno al<br />

senso, intorno al “pane che ci nutre”, e ci riesce <strong>di</strong>fficile trovare una<br />

risposta. È essenziale, infatti, cercare <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare la ra<strong>di</strong>ce del<br />

problema, che sembra provenire da molto lontano; se non conveniamo<br />

sulla <strong>di</strong>agnosi, non possiamo nemmeno convenire su una terapia, e<br />

dunque nemmeno su una prognosi. In secondo luogo, proverei a in<strong>di</strong>care<br />

alcune piste attorno alle quali possiamo orientare la nostra attenzione,<br />

per ricavarne alcuni esercizi <strong>di</strong> pratica educativa.<br />

Nell’epoca dei “post”<br />

Per quanto riguarda la prima parte della riflessione, è bene ricordare<br />

come la nostra epoca sembra vivere in una forma esasperata e insieme<br />

mascherata una serie <strong>di</strong> no<strong>di</strong> irrisolti la cui origine proviene da lontano;<br />

in una certa misura dalla nascita della scienza moderna, e quin<strong>di</strong> dalla<br />

cultura della modernità.<br />

Oggi siamo continuamente rinviati a confrontarci soprattutto con i<br />

problemi della tecnologia, attraverso i quali appare capovolto il<br />

tra<strong>di</strong>zionale rapporto <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza dalla scienza; rispetto a questo<br />

rapporto, così problematico e decisivo, può essere utile riportarci con lo<br />

sguardo, in una maniera estremamente semplice, all’uomo antico.<br />

Per l’uomo antico il rapporto con la realtà, e quin<strong>di</strong> con “il pane”, vale a<br />

<strong>di</strong>re con la questione del senso della vita, riconosciuta come l’alimento<br />

più elementare e proprio dell’umano, era un rapporto <strong>di</strong>retto, non problematico:<br />

l’uomo si riconosceva originariamente parte <strong>di</strong> un cosmo or<strong>di</strong>nato,<br />

<strong>di</strong> cui attraverso la propria intelligenza riusciva a cogliere l’or<strong>di</strong>ne<br />

intelligibile; viveva quin<strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> “parentela originaria” con il<br />

mondo.<br />

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