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La Parabola n. 22 di Giugno 2011 - Aiart

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l’eternità, che è letterale nella scelta <strong>di</strong> eleggere a principe azzurro un “non<br />

morto”). In realtà, sul successo <strong>di</strong> Twilight pesa, a nostro avviso, anche il<br />

recupero <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mensione dell’Amore tanto costitutiva quanto oggi <strong>di</strong>menticata:<br />

il rispetto dell’altro, come veramente “altro da sé”. È questo, con tutta<br />

probabilità, il senso metaforico richiamato dalla natura vampiresca del<br />

protagonista, Edward, e cioè: se cerchi <strong>di</strong> possedere l’altro come se fosse cosa<br />

tua, un oggetto <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sporre, finirai per <strong>di</strong>struggerlo.<br />

15 “L’amore passione vuole «la principessa lontana» mentre l’amore cristiano<br />

vuole «il prossimo»” (Ibidem, p.339, nota 5). Isotta è la straniera, la donna da<br />

cui si è separati: possedendola la si perde. <strong>La</strong> passione mistica è senza fine.<br />

“[...]ma mentre per Tristano l’infinito è l’eternità senza ritorno, in seno a cui<br />

svanisce la coscienza dolorosa, per il moderno non è altro che l’eterno ritorno<br />

d’un ardore costantemente deluso” (p.341). Il Tristano moderno scivola verso<br />

il suo opposto: il don Giovanni.”Il romance vive <strong>di</strong> ostacoli, brevi eccitamenti<br />

e separazioni; il matrimonio invece è fatto <strong>di</strong> consuetu<strong>di</strong>ne e vicinanza<br />

quoti<strong>di</strong>ana. Il romance vuole «l’amore lontano» dei trovatori; il matrimonio<br />

l’amore «vicino». Se il matrimonio dunque è stato determinato da un romance,<br />

una volta questo scomparso, è naturale che alla prima constatazione <strong>di</strong> un<br />

conflitto <strong>di</strong> caratteri o <strong>di</strong> gusti, ci si chieda: perché sono sposato? Ed è<br />

altrettanto naturale che, ossessionati dall’universale propaganda per il romance,<br />

si colga la prima occasione per innamorarsi <strong>di</strong> qualcun altro” (p.350).<br />

16 Ibidem, p.362. “L’esercizio della fedeltà verso una donna abitua a considerare<br />

le altre donne in modo del tutto nuovo, sconosciuto nel mondo dell’Eros:<br />

come persone, non più come dei riflessi o degli oggetti. Questo «esercizio spirituale»<br />

sviluppa nuove facoltà <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, <strong>di</strong> dominio <strong>di</strong> sé e <strong>di</strong> rispetto”<br />

(pp.370-371).<br />

17 Un’opposizione che sottostà a questa polarità è quella che De Rougemont<br />

vede fra Eros e Agape. Anche in questo ci sembra che sia da cercare una<br />

posizione interme<strong>di</strong>a: l’Eros non si oppone ad Agape, ma ne può essere un costituente.<br />

<strong>La</strong> visione “dualistica” del rapporto tra Eros e Agape è probabilmente<br />

frutto della sensibilità protestante <strong>di</strong> De Rougemont, che tende a separare nettamente<br />

l’“innamoramento” dall’ “amore”, come se si trattasse <strong>di</strong> due realtà<br />

ontologicamente <strong>di</strong>fferenti, laddove il <strong>di</strong>scrimine è dato dalla tensione<br />

volontaristica a rispettare un impegno assunto. Nella sua prima enciclica Deus<br />

Caritas est, Benedetto XVI ricompone in modo molto chiaro la frattura<br />

dualistica tra Eros e Agape, leggendoli come due momenti dello stesso<br />

percorso: “In realtà eros e agape – amore ascendente e amore <strong>di</strong>scendente –<br />

non si lasciano mai separare l’uno dell’altro. Quanto più ambedue, pur in <strong>di</strong>mensioni<br />

<strong>di</strong>verse, trovano la giusta unità nell’unica realtà dell’amore, tanto più<br />

si realizza la vera natura dell’amore in genere. Anche se l’eros inizialmente è<br />

soprattutto bramoso, ascendente – fascinazione per la grande promessa <strong>di</strong><br />

felicità – nell’avvicinarsi poi all’altro si porrà sempre meno domande su <strong>di</strong> sé,<br />

cercherà sempre <strong>di</strong> più la felicità dell’altro, si preoccuperà sempre più <strong>di</strong> lui, si<br />

donerà e desidererà «esserci per» l’altro. Così il momento dell’agape si<br />

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