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La Parabola n. 22 di Giugno 2011 - Aiart

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Riscoprire<br />

il significato<br />

<strong>di</strong> essere uomo<br />

e essere donna<br />

Pensare<br />

il genere<br />

in un’ottica<br />

relazionale<br />

(afferente al “co<strong>di</strong>ce paterno” 63 ). Sotto la patina <strong>di</strong> un buonismo per cui<br />

“tutto va bene basta che ci sia l’amore”, queste rappresentazioni<br />

finiscono per intaccare e svilire la vera natura della famiglia, che non è<br />

un rifugio per ripararsi dalle brutture o dai pericoli del mondo, né “una<br />

scatola che garantisce la realizzazione dei desideri in<strong>di</strong>viduali”, ma<br />

piuttosto “il luogo fondamentale dove avviene la crescita psicologica e<br />

morale dell’essere umano” 64 .<br />

Per uscire da una crisi che investe nella famiglia il cuore della società,<br />

occorre allora riscoprire che cosa significa essere uomo ed essere<br />

donna, uscendo dagli stereotipi culturali ma senza cadere in quel superficiale<br />

egualitarismo che pensa <strong>di</strong> aver cancellato le <strong>di</strong>fferenze semplicemente<br />

perché fa finta che non ci siano 65 : e non parliamo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze<br />

<strong>di</strong> opportunità, ma <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> identità, perché è tanto fuorviante<br />

dare un carattere metafisico a quelle che sono solo <strong>di</strong>fferenze culturali,<br />

quanto presupporre che siano solo <strong>di</strong>fferenze culturali quelle che invece<br />

si rivelano, a un’analisi appena attenta, caratteristiche essenziali della<br />

persona maschile o femminile 66 .<br />

Nella ricerca Cisf del 1997, a cui ci siamo riferiti più volte, vengono<br />

messi molto lucidamente in rilievo i limiti dell’approccio ai problemi<br />

del gender dominante fino a oggi: essi nascono sostanzialmente<br />

dall’ipotesi non criticamente vagliata <strong>di</strong> una totale arbitrarietà <strong>di</strong> tutte le<br />

<strong>di</strong>fferenziazioni, che si aggiunge a un inserimento della questione dell’identità<br />

<strong>di</strong> gender in un quadro sostanzialmente economicista, che<br />

non riesce a uscire da un’oscillazione sempre limitante fra in<strong>di</strong>vidualismo<br />

e collettivismo, fra riven<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> potere e richieste <strong>di</strong> uguaglianza 67 .<br />

<strong>La</strong> proposta <strong>di</strong> Donati è quella <strong>di</strong> pensare il genere in un’ottica<br />

relazionale: cioè non uno a partire dall’altro, ma entrambi nell’ottica<br />

del loro essere in relazione l’uno con l’altro; e da questa posizione<br />

teorica <strong>di</strong>scendono poi tutta una serie <strong>di</strong> conseguenze pratiche e <strong>di</strong><br />

proposte <strong>di</strong> politica sociale (nel sistema formativo, nelle strutture <strong>di</strong><br />

lavoro, nella sicurezza sociale, nei servizi, ecc.), che qui non possiamo<br />

seguire in dettaglio 68 .<br />

Ai me<strong>di</strong>a e a coloro che vi lavorano resta il compito <strong>di</strong> non “giocare”<br />

con le identità <strong>di</strong> genere, come se le rappresentazioni me<strong>di</strong>ali non<br />

avessero conseguenze della massima serietà nella vita delle persone.<br />

Ma questo non basta: in positivo, si tratta <strong>di</strong> mettere a frutto quella attenzione<br />

verso il nuovo che dovrebbe essere caratteristica <strong>di</strong> chi lavora<br />

in questo settore, per non lasciarsi intrappolare né dai vecchi stereotipi<br />

né dai nuovi simulacri, e invece saper guardare in modo intelligente al<br />

nuovo assetto delle identità <strong>di</strong> gender, verso cui le nostre società<br />

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