ANNO XI - N. 3 - SETTEMBRE 2011 Periodico di Informazione e ...
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58 Ospedale IN 59<br />
RECENNSSIONNI<br />
“<br />
<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>a Romanelli, SC Ufficio Legale<br />
Lui ha fatto 4000 Km a pie<strong>di</strong> per rivedere la sua<br />
ragazza, tu sei andata via ed io non ho nemmeno<br />
attraversato la strada per fermarti.<br />
Welcome<br />
Un film <strong>di</strong> Philippe Lioret.<br />
Con Vincent Lindon, Firat<br />
Ayver<strong>di</strong>, Audrey Dana, Derya<br />
Ayver<strong>di</strong>, Thierry Godard<br />
- Musica: Nicola Piovani<br />
- Durata 110 min. Francia,<br />
Dicembre 2009<br />
- Trailer: YouTube<br />
- Festival Internazionale Cinema<br />
<strong>di</strong> Berlino 2009: Premio del<br />
Pubblico, Premio Label Europa<br />
Cinemas, Premio della Giuria<br />
Ecumenica<br />
- Nastri d'argento europei: Premio<br />
miglior attore protagonista<br />
- Torino Film Festival: vincitore<br />
Premio Maurizio Collino<br />
Quin<strong>di</strong>ci minuti <strong>di</strong> applausi<br />
alla sezione Panorama del<br />
Festival <strong>di</strong> Berlino 2009.<br />
Bello bello bello, emozionante,<br />
coraggioso, in<strong>di</strong>menticabile.<br />
Benvenuto Welcome!<br />
Un altro film che se si è perso<br />
in inverno (in sala restano sempre<br />
meno, se non provengono dalla<br />
grande <strong>di</strong>stribuzione) merita la<br />
visione in casa nella calma estiva.<br />
Da spettatore respingi le mareggiate,<br />
annusi l’odore della<br />
spiaggia, nuoti nuoti e intrave<strong>di</strong><br />
un mare scuro, grigio, lo scalo <strong>di</strong><br />
Calais come me lo ricordavo,<br />
esattamente uguale a 20 anni fa:<br />
cupo, duro terra <strong>di</strong> frontiera<br />
fredda, nebbiosa, quasi un “non<br />
luogo”, comunque un luogo <strong>di</strong><br />
passaggio. Non per tutti: molti<br />
passano, qualcuno rimane.<br />
Lui, Bilal, (Firat Ayver<strong>di</strong>, attore<br />
non professionista) è un ragazzo<br />
iracheno, neanche 18 anni, gli<br />
occhi consapevoli <strong>di</strong> chi non ha<br />
mai visto un cielo azzurro, braccia<br />
forti: conta su se stesso, sulla<br />
sua energia fisica e mentale e sa<br />
nutrire sentimenti <strong>di</strong>sinteressati in<br />
un mondo abbrutito da con<strong>di</strong>zionamenti<br />
<strong>di</strong> ogni sorta, in contrasto<br />
con una <strong>di</strong>mensione generale<br />
che <strong>di</strong> umano sta salvando ben<br />
”<br />
poco. Tanta <strong>di</strong>sperata testardaggine<br />
lo porterà ad attraversare la<br />
Manica a nuoto.<br />
Per cosa? Un amore, forse<br />
l'unico della sua vita, così lontano<br />
eppure così vicino, <strong>di</strong> là, appena<br />
poche centinaia <strong>di</strong> metri dalla<br />
costa…<br />
L'altro, Simon, (Vincent Lindon,<br />
straor<strong>di</strong>nario) è l’istruttore <strong>di</strong><br />
nuoto <strong>di</strong>sincantato - e chi non lo è<br />
ormai - che sa affrontare con<br />
spirito paterno questo con<strong>di</strong>viso<br />
naufragio d'amore, una separazione<br />
in corso per lui e, per il ragazzo<br />
che ha cominciato ad<br />
aiutare, una fidanzata cui è stato<br />
imposto un matrimonio con un<br />
parente. È un uomo che ne ha<br />
prese tante dalla vita, ma altrettante<br />
ne ha date. Dapprima <strong>di</strong>ffidente,<br />
poi affettuoso, complice e<br />
infine appassionato: il suo viso è<br />
mobilissimo e nervoso e tutti gli<br />
stati d'animo dalla tenerezza al<br />
dolore ci parlano attraverso il suo<br />
corpo. Simon si affeziona a questo<br />
ragazzo e lo consiglia, lo sostiene,<br />
lo ospita in casa sua per<br />
qualche tempo: è un rapporto <strong>di</strong><br />
fiducia che non arretra <strong>di</strong> fronte<br />
a nulla. L'uomo sente <strong>di</strong> dover<br />
proteggere Bilal dalla sua stessa<br />
irruenza: la voglia <strong>di</strong> arrivare a<br />
quella meta rincorsa, desiderata,<br />
sognata, soprattutto dopo che la<br />
sua giovane fidanzata gli ha<br />
chiesto aiuto, rischia <strong>di</strong> metterlo<br />
in serio pericolo. Non è un<br />
mondo <strong>di</strong> buoni e cattivi: è popolato<br />
da uomini e donne soli, gente<br />
comune e migranti, poliziotti e vicini<br />
<strong>di</strong> casa, burocrati e commercianti,<br />
né buoni né cattivi, ma<br />
deboli e piccoli <strong>di</strong> fronte a un sistema<br />
che ha deciso <strong>di</strong> sfruttare le<br />
paure e l’insicurezza come forma<br />
<strong>di</strong> controllo sulla società e le persone.<br />
Lo zerbino dei vicini ha su<br />
scritto “Welcome”. Benvenuti all'inferno<br />
verrebbe da <strong>di</strong>re, se per<br />
conquistarsi un pezzetto <strong>di</strong> cielo<br />
c'è <strong>di</strong> mezzo troppo mare.<br />
Un mare che <strong>di</strong>venta da capi-<br />
tano Achab <strong>di</strong> Moby Dick, insondabile,<br />
inattraversabile, troppo<br />
fondo e oscuro per poterlo domare<br />
razionalmente: la scena del<br />
passaggio dei cargo lascia stupefatto<br />
lo spettatore per la loro<br />
imponenza, quasi simbolo <strong>di</strong> lontananza<br />
e in<strong>di</strong>fferenza per i nostri<br />
piccoli e gran<strong>di</strong> problemi<br />
quoti<strong>di</strong>ani. Realizzato con scarse<br />
risorse, anche pubblicitarie,<br />
Welcome ha incassato in Francia<br />
nei primi mesi <strong>di</strong> proiezione ben<br />
10 milioni <strong>di</strong> euro con il solo passaparola<br />
e questo è avvenuto sia<br />
per la forza delle emozioni trasmesse<br />
dai protagonisti che si delineano<br />
in modo semplice, lineare<br />
e onesto sia perché, si sa, purtroppo<br />
si tratta <strong>di</strong> storia vera: l’articolo<br />
L622/1 della legge<br />
sull’immigrazione voluta dal presidente<br />
Sarkozy costringe i francesi,<br />
soprattutto quelli che abitano<br />
nei pressi <strong>di</strong> Calais, a non avere<br />
alcun rapporto con loro, pena il<br />
carcere fino a cinque anni.<br />
Alla sbarra sono finite pure<br />
l'organizzazione umanitaria<br />
Emmaus fondata dall’Abbé Pierre<br />
e una casalinga 59enne colpevole<br />
<strong>di</strong> aver ricaricato il cellulare<br />
<strong>di</strong> alcuni irregolari.<br />
Welcome è un “film per tutti",<br />
duro e al tempo stesso delicato,<br />
capace <strong>di</strong> accogliere lo spettatore<br />
per farlo riflettere <strong>di</strong> cuore e <strong>di</strong><br />
pancia sulla non accoglienza che<br />
riserviamo ai migranti senza sfumare<br />
i lati oscuri con un buonismo<br />
d'accatto. Una delle tappe<br />
fondamentali sulla via cinematografica<br />
alla conoscenza: complici<br />
due interpreti in stato <strong>di</strong> grazia<br />
e una storia che rimane attaccata<br />
alla realtà, la nostra, per (<strong>di</strong>)mostrarci<br />
quanto sia inumana.<br />
Fuori dallo schermo, dentro il<br />
mondo. Purtroppo.<br />
Chiudo oggi l’articolo, 1 agosto<br />
<strong>2011</strong>, e leggo dai giornali: “Lampedusa,<br />
strage: 25 giovani migranti<br />
morti soffocati nella stiva del<br />
barcone”.<br />
Il seguente testo fa riferimento<br />
a un episo<strong>di</strong>o realmente<br />
accaduto nell’ambito<br />
della nostra Azienda ospedaliera.<br />
L’anonimato è funzionale<br />
unicamente alla veri<strong>di</strong>cità<br />
della narrazione senza inficiarne<br />
i contenuti.<br />
Cosa c’è oltre la porta chiusa <strong>di</strong><br />
una camera in un reparto del<br />
nostro ospedale?<br />
Un degente, un paziente, comunque<br />
una persona malata.<br />
No, non è cosi! C’è la corsia, ci<br />
sono luci, muri, piastrelle, me<strong>di</strong>ci, infermieri,<br />
parenti.<br />
Già, perché chi vede quella porta<br />
chiusa…sta dentro. È il degente, è il<br />
paziente, comunque sempre una<br />
persona malata, questa volta io…<br />
una collega!<br />
Il giorno prima, <strong>di</strong> bianco vestita e<br />
doviziosamente armata <strong>di</strong> scienza e<br />
coscienza, quando poi, appena il<br />
giorno dopo, costretta ad affidarmi<br />
alle stesse qualità fra le mani dei miei<br />
colleghi, della cui amicizia e competenza<br />
non dubito… nemmeno per un<br />
attimo.<br />
Semmai è proprio il mio stesso sapere,<br />
così utile al lavoro a farmi valutare,<br />
riflettere e soppesare tutto col<br />
bilancino. Solo ora capisco appieno<br />
cosa davvero s’intenda col motto<br />
“beata ignoranza”, a volte torna comoda.<br />
Oltre a ciò s’aggiunge un ambito<br />
noto, ma sempre visto con altri occhi.<br />
Conoscenza, contesto e <strong>di</strong>pendenza,<br />
un mix <strong>di</strong> fattori che facilmente<br />
aiutano a <strong>di</strong>storcere il mio<br />
giu<strong>di</strong>zio e renderlo accomodante,<br />
benevolo, perché solo così riesco ad<br />
accettarlo, per debolezza e mera<br />
convenienza.<br />
Le mie certezze, data l’attuale con<strong>di</strong>zione,<br />
vacillano come me, mi sento<br />
come un gigante dai pie<strong>di</strong> d’argilla.<br />
Il mio non è un fragoroso schianto,<br />
ma quasi. Non tocco il fondo della<br />
mia impotenza perché il materasso<br />
in cui sprofondo imbelle, ammortizza<br />
il peso del mio corpo.<br />
Il mio attuale posto è questo, sempre<br />
oltre quella porta ma che ora<br />
vedo dal <strong>di</strong> dentro. Sono malata. Me<br />
ne faccio una rabbiosa ragione.<br />
Oltre all’innato spirito guerriero mi<br />
domando cosa davvero sostenga i<br />
miei sforzi. Cos’è che, insospettabile<br />
ma presente, mi spinge verso l’uscita<br />
del tunnel?<br />
Oltre la porta<br />
a cura <strong>di</strong> Ivano Vinai (Ivanoss),<br />
Dipartimento Emergenza e Urgenza DEU - Pronto Soccorso<br />
Certo, me<strong>di</strong>ci capaci, loro ancor<br />
più <strong>di</strong> me, scienziati coscienti ed<br />
eterni figli d’Ippocrate sanno benissimo<br />
cosa fare, ma c’è dell’altro…<br />
c’è <strong>di</strong> più.<br />
Lo sento, quasi lo tocco con mano<br />
tanto è presente.<br />
Dapprima me ne lascio avvolgere<br />
come un caldo abbraccio, poi, mi<br />
consegno a quel fiume in piena che,<br />
travolgendomi, mi riconduce alla<br />
vita.<br />
È l’amore! È il calore umano dei<br />
colleghi che sono andati molto, moltissimo<br />
oltre ad essere quegli amici fidati<br />
che hanno <strong>di</strong>ssipato i miei<br />
sciocchi dubbi nati solo per spirito <strong>di</strong><br />
sopravvivenza.<br />
Non è smielata retorica, voglio gridare<br />
questa verità taciuta solo per<br />
pudore! Coccolata, vezzeggiata, sospinta,<br />
sostenuta, incoraggiata in tutti<br />
i mo<strong>di</strong>, anche scossa. In ogni sprone,<br />
nei loro sguar<strong>di</strong> profon<strong>di</strong>, autentici,<br />
ho sempre e solo colto occhi sinceri,<br />
mai nemmeno troppo compiacenti,<br />
figuriamoci bugiar<strong>di</strong>.<br />
Toni e parole <strong>di</strong> garbata partecipazione<br />
emotiva e concreta, silente e<br />
<strong>di</strong>screta attenzione ai miei bisogni,<br />
alle mie necessità. Sono professionisti.<br />
Sono amici.<br />
Grazie non basta.<br />
Grazie è troppo poco.<br />
Grazie, per quanto non saprei cos’altro<br />
<strong>di</strong>re, é finanche misero per chi<br />
s’è speso ben oltre il proprio dovere<br />
e professionalità.<br />
Persone che hanno saputo leggere,<br />
da colleghi, che il trauma iniziale,<br />
una volta superato, lascia comunque<br />
un nebuloso turbinio d’incertezza<br />
psicologica.<br />
Chi veste una <strong>di</strong>visa bianca, come<br />
me, sa vedere oltre la propria transitoria<br />
con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> malata. Ciò che<br />
invece mai nessuno scorge, ed io non<br />
faccio certo eccezione, sono le subdole<br />
ferite acquattate nel buio dell’anima.<br />
Quelle restano, sempre, e quando<br />
meno te l’aspetti… presentano il<br />
conto!<br />
Tornata alla <strong>di</strong>visa credevo che il<br />
mondo fosse <strong>di</strong> nuovo mio, loro i pazienti,<br />
io la taumaturga. Balle! Fin da<br />
subito sbatto la faccia contro un muro<br />
d’inquietu<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong> paure, d’incertezze,<br />
anche in ciò che da tempo so<br />
essere acquisito ma che <strong>di</strong> colpo non<br />
sappia più affrontare a pieno spirito.<br />
Sanguino. Dentro.<br />
È fin troppo evidente che una parte<br />
<strong>di</strong> me è ancora oltre quella porta.<br />
Non posso e non voglio deludere<br />
me<strong>di</strong>ci e colleghi, ma per quanto mi<br />
sforzi… cado.<br />
Penso <strong>di</strong> poter camminare dritta e<br />
con le mie gambe ma, ancora cado<br />
e poi ancora e ancora. Nulla è come<br />
prima e forse non lo sarà mai più.<br />
Semplicemente perché prima non<br />
ero mai stata malata, malata sul<br />
serio. È qui che subentra l’Azienda.<br />
Nel suo ambito, chi può concedermi<br />
margine, opportunità, cre<strong>di</strong>bilità…<br />
lo fa! Come? Aspettandomi<br />
fiduciosi, ed elargendomi l’unico<br />
vero lusso che abbiamo: tempo!<br />
Come prima per gli amici non era<br />
retorica, ora non è piaggeria!<br />
Il tempo è un supporto enorme, decisivo.<br />
Sentirne l’appoggio è come<br />
avere a <strong>di</strong>sposizione una gigantesca<br />
mano per risollevarti da terra ogni<br />
volta che ci sei.<br />
Ciò corrisponde a un’iniezione <strong>di</strong><br />
fiducia che nessun ricostituente potrà<br />
mai equiparare.<br />
Per quanto potrebbe facilmente<br />
farlo, mi piace pensare che<br />
l’Azienda non voglia lasciar cadere<br />
nell’oblio <strong>di</strong> un qualche servizio “secondario”<br />
un elemento ritenuto in un<br />
qualche modo valido. Valido al<br />
punto da concedersi il lusso <strong>di</strong> aspettarlo,<br />
<strong>di</strong> aspettar…mi.<br />
Anche qui, grazie, è tropo poco.<br />
Il mio debito <strong>di</strong> riconoscenza aumenta<br />
e da combattente della prima<br />
ora non posso che onorarlo nel migliore<br />
dei mo<strong>di</strong>.<br />
Volgendo lo sguardo appena oltre<br />
me stessa, mi accorgo che altri colleghi<br />
non sono stati così fortunati.<br />
Con tutta la forza che ho dentro<br />
prego e invito chiunque fosse in <strong>di</strong>fficoltà,<br />
fatta salva la massima libertà<br />
personale, a non assurgere a giu<strong>di</strong>ce<br />
estremo <strong>di</strong> se stesso. L’alternativa ultima,<br />
definitiva, non è la vera alternativa<br />
a nessuna <strong>di</strong>sperazione. Una<br />
soluzione c’è sempre, fidatevi. Il mio<br />
ne è un esempio.<br />
Nel ventre molle dell’ospedale, imperfetto<br />
finché si vuole ma vivad<strong>di</strong>o,<br />
funzionale, ho ricevuto e tuttora ancora<br />
ricevo supporto dovuto e donato.<br />
L’uno dato dalle leggi e dalla<br />
professionalità, l’altro, frutto della<br />
stima e amicizia dei singoli e dalla<br />
vicinanza della nostra “casa” comune.<br />
Un ospedale non sono i muri<br />
<strong>di</strong> cui è fatto, ma dalla gente che vi<br />
lavora.<br />
Per fortuna <strong>di</strong> tutti noi, c’è n’é tanta<br />
che ha un’anima meravigliosa e la<br />
usa… oltre quella porta.<br />
PEEZZI DI VITTA