Contesa tra Achille e Agamennone - Paulu Maura

meglio se morivo giovane nei campi di battaglia combattente da
eroe e invece vecchio e indifeso verrò ucciso dentro la mia casa e
il mio corpo verrà dato in pasto ai cani che ho allevato»
E anche la madre Ecuba: «Mio dolce figlio, Ettore mio caro,
fuggi codesto sterminatore, s’egli ti uccide né io né la tua amata
consorte potremo piangere sulla tua bara, ché il tuo corpo sarà
straziato e dato in pasto alle belve.»
Ettore è fermo nella sua decisione, ma queste parole non lo
lasciano indifferente. E, mentre con i muscoli tesi è pronto a
scattare come un serpente in agguato, in cuor suo pensa:
«Rientro? No, non posso, come potrei sostenere lo sguardo delle
donne troiane che, per la mia ostinazione, hanno oggi perso i
figli e i mariti.
Mi spoglio, mi spoglio delle armi e nudo vado incontro ad
Achille e mi faccio garante della restituzione di Elena, delle sue
ricchezze e di altre ancora. No, questo andava fatto prima, non
ora, è troppo tardi ormai».
Mentre rimugina (formula; ha) questi pensieri vede Achille
piombargli addosso e ha paura.
Achille, accecato dal dolore per la morte di Patroclo, ha un
solo pensiero: la morte.
E quando si incontra un uomo che ha la morte nel cuore e
negli occhi, tutti, tutti abbiamo paura.
Ettore ha paura e fugge. Achille lo insegue.
Fanno tre giri attorno alle mura, quando Ettore vede davanti
a sé il fratello Deifobo che lo incoraggia e gli offre aiuto.
Ettore rientra in se, riprende tutto il suo coraggio, si gira:
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