Contesa tra Achille e Agamennone - Paulu Maura
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s<strong>tra</strong>da del ritorno, lungo il mare, si rivolge al dio Apollo:<br />
«O Dio dell’arco d’argento, fa che il mio pianto paghino i<br />
Greci per le tue saette.»<br />
Apollo accoglie la supplica del suo sacerdote e con le frecce<br />
avvelenate diffonde la peste nell’accampamento greco.<br />
A decine muoiono le persone e non solo ma anche i cavalli, i<br />
buoi, le pecore. Ogni giorno sempre di più per nove lunghi<br />
giorni. La situazione è grave assai.<br />
Al decimo giorno <strong>Achille</strong>, su suggerimento della dea<br />
Giunone, chiama a parlamento le turbe e così parla:<br />
«<strong>Agamennone</strong>, credo che stavolta, se ci è dato di sfuggire alla<br />
morte, ci tocca far ritorno alle nostre città, non possiamo far<br />
fronte al tempo stesso alla guerra e alla peste. E però<br />
interroghiamo qualche indovino o sacerdote o interprete di sogni<br />
che ci sveli il motivo per cui Apollo è con noi così adirato e ci<br />
dica quel che occorre fare perché allontani da noi il mortale<br />
morbo, se fare sacrifici di agnelli o di capre o altro.»<br />
Si alza allora Calcante, il più saggio dei veggenti:<br />
«Generoso <strong>Achille</strong>, caro a Giove, vuoi che riveli lo sdegno di<br />
Apollo? Io ti obbedisco. Ma prima promettimi e giurami, il tuo<br />
aiuto e del braccio e della parola, perché quel che io dirò<br />
susciterà lo sdegno di uno che ha grande potere sugli Achei. E<br />
quando il potente si adira col debole, può reprimere, per un<br />
tempo, il suo rancore ma questo gli cova dentro e, prima o poi,<br />
finisce per vendicarsi. Dimmi dunque o divino <strong>Achille</strong>, se mi<br />
salverai»<br />
<strong>Achille</strong>:<br />
«Parla sicuro, e dicci quello che il Dio, interrogato da te, vuole<br />
da noi. Dicci francamente quello che hai nel cuore. Io giuro, per<br />
Apollo, che è caro a Giove, che nessuno, finché avrò vita, oserà<br />
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