Contesa tra Achille e Agamennone - Paulu Maura

Priamo chiede ad Achille la restituzione del
corpo di Ettore
Son già passati dodici giorni dacché Ettore è morto.
Là, nel suo accampamento, Achille non ha pace, l’uccisione di
Ettore non basta a placare il dolore per la morte dell’amico
Patroclo. Si agita, dorme e non riposa, mangia e non si sazia.
Prende il corpo di Ettore, lo lega al carro e lo trascina attorno
alla tomba di Patroclo. Ma neanche ciò l’acquieta.
Là, nella regia di Troia il vecchio re Priamo è annichilito dal
dolore, con Ettore ha perso non solo il figlio ma anche la
speranza del riscatto. Cosparso di polvere, seduto su quella
pietra, non mangia, non beve, non dorme, è pietrificato.
Lassù, nell’Olimpo, gli dei guardano e tacciono. Mercurio, che
più degli altri ha a cuore la sorte degli umani, è turbato e così
parla:
«Numi crudeli, perché tolleriamo questo strazio del corpo di
Ettore? Ettore, in vita, fu un uomo valoroso e saggio e mai
mancò di onorarci con ricchi e abbondanti sacrifici e noi ora
nulla facciamo affinché il suo corpo venga restituito alla moglie,
al figliuolo, al genitore, al popolo tutto e abbia l’onore del rogo e
della tomba. Né, d’altra parte, questo strazio giova al Pelide
Achille che sempre più si aggroviglia nel suo dolore».
L’onnipotente Giove approva le parole di Mercurio e fa
sapere ad Achille, tramite sua madre, la divina Teti, che è giunto
il momento di restituire il corpo di Ettore.
Manda, altresì, Iride la messaggera alla reggia di Troia. Iride si
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