giugno 2012 - I Siciliani giovani
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www.isiciliani.it<br />
Inchieste/ Il caso Attilio Manca<br />
Cronaca di un “suicidio”<br />
annunciato<br />
Otto anni dopo, non<br />
sono affatto chiariti i<br />
dubbi sulla morte del<br />
giovane urologo barcel-<br />
lonese. Ecco perché<br />
di Luciano Mirone<br />
Quel che colpisce è la tempistica. Una<br />
tempistica che mal si concilia con un silenzio<br />
fin troppo imbarazzante. Il silenzio<br />
di una Procura che per otto anni non<br />
ha sentito il dovere di fornire un briciolo<br />
di spiegazione sulla strana morte<br />
(2004) di Attilio Manca, medico urologo<br />
di Barcellona Pozzo di Gotto in servizio<br />
all’ospedale Belcolle di Viterbo, che nel<br />
2003 a Marsiglia si sospetta abbia fatto<br />
parte dell’equipe che ha operato segretamente<br />
di tumore alla prostata il boss<br />
Bernardo Provenzano, e poi lo abbia assistito<br />
in Italia senza conoscere la sua<br />
vera identità.<br />
L’unica spiegazione che i magistrati di<br />
Viterbo hanno fornito in questi otto anni è<br />
che il giovane medico è morto per overdose<br />
d’eroina – mediante “inoculazione volontaria”<br />
– mischiata ad una grossa quantità<br />
di alcol e di tranquillanti.<br />
Peccato che Attilio Manca, la droga, se<br />
la sarebbe iniettata nel braccio sbagliato,<br />
quello sinistro, dato che era un mancino<br />
puro, ma dopo quasi un decennio, anche il<br />
“mancinismo puro” della vittima è stato<br />
messo in discussione.<br />
Attilio Manca è stato trovato cadavere<br />
sul letto del suo appartamento di Viterbo<br />
la mattina del 12 febbraio 2004 con due<br />
buchi al braccio sinistro e – secondo la famiglia<br />
– con il setto nasale deviato, il volto<br />
tumefatto, e una serie di ecchimosi in<br />
tutto il corpo.<br />
A qualche metro di distanza dal cadavere<br />
sono state trovate due siringhe con tappo<br />
salva ago inserito, un pezzo del parquet<br />
divelto, un peso da ginnastica rotto, la camicia<br />
e la cravatta della vittima poggiate<br />
su una sedia.<br />
Non sono stati trovati i pantaloni, i boxer,<br />
i calzini, le scarpe e la giacca di Attilio,<br />
né sono stati trovati lacci emostatici e<br />
cucchiai sciogli eroina. Un particolare,<br />
quest’ultimo, sul quale il procuratore e il<br />
suo sostituto hanno dato l’impressione di<br />
annaspare. Sul tavolo del soggiorno sono<br />
stati rinvenuti degli attrezzi chirurgici che,<br />
secondo gli stessi familiari e gli amici più<br />
stretti di Attilio, non erano mai stati visti<br />
nell’appartamento.<br />
L’autopsia, condotta dalla dottoressa<br />
Danila Ranaletta, moglie del primario di<br />
Attilio, ha escluso ecchimosi sul corpo, il<br />
volto tumefatto e le labbra gonfie. Al contrario<br />
del medico del 118, intervenuto<br />
dopo la scoperta del cadavere, che, secondo<br />
la famiglia Manca, avrebbe riscontrato<br />
questi particolari. Due tesi contrastanti che<br />
dovrebbero esere chiarite dalle foto del<br />
viso (mai pubbicate, neanche in rete ) che<br />
secondo i Manca descrivono chiaramente<br />
la situazione<br />
Dai rilievi effettuati dalla Scientifica,<br />
nell’alloggio sono state rilevate cinque impronte,<br />
una del cugino dell’urologo, Ugo<br />
Manca, e altre quattro non appartenenti a<br />
persone che la vittima era solita frequentare.<br />
Dunque, in quell’appartamento, delle<br />
persone estranee all’ambiente del medico,<br />
nelle ultime ore avrebbero lasciato le loro<br />
tracce. Ma nessuno, in tutto questo tempo,<br />
ha saputo dire a chi appartengano.<br />
Sarà pure una coincidenza, ma questa<br />
estemporanea conferenza stampa tenuta<br />
dal capo della Procura Alberto Pazienti e<br />
dal sostituto procuratore Renzo Petroselli,<br />
titolare dell’indagine sulla morte di Attilio<br />
Manca, arriva dopo quindici giorni “di<br />
fuoco” in cui del Caso Manca si è parlato<br />
in tre trasmissioni di grande impatto mediatico:<br />
“Servizio pubblico” di Michele<br />
Santoro, “Chi l’ha visto” di Federica Sciarelli,<br />
e “Rainews24”, la quale ha trasmesso<br />
una bella inchiesta di Giuseppe Lo Bianco<br />
che, come i programmi di Santoro e della<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 28<br />
Sciarelli, si è soffermata sulle eventuali<br />
connessioni tra la morte dell’urologo e<br />
l’intervento alla prostata di Provenzano,<br />
mettendo insieme fatti, circostanze e<br />
notizie, senza la pretesa di fornire risposte<br />
certe, ma con il fine di accendere i<br />
riflettori su uno dei misteri più tormentati<br />
della storia recente.<br />
Da queste trasmissioni sono emerse un<br />
paio di cose semplicissime: che Attilio<br />
Manca, malgrado i suoi 34 anni, nel 2003<br />
era un luminare della chirurgia alla prostata,<br />
essendosi specializzato a Parigi, patria<br />
del sistema laparoscopico, una tecnica rivoluzionaria<br />
e meno invasiva del<br />
tradizionale intervento chirurgico, arrivata<br />
in Italia con alcuni anni di ritardo. Che<br />
Francesco Pastoia, braccio destro di Bernardo<br />
Provenzano, poco prima di impiccarsi<br />
nel carcere di Modena, disse che il<br />
“boss dei boss”, sotto il falso nome di Gaspare<br />
Troia, era stato operato e assistito da<br />
un medico siciliano (e all’epoca l’unico<br />
medico siciliano in grado di operare col sistema<br />
laparoscopico pare che fosse proprio<br />
Manca). Che la cittadina di Attilio,<br />
Barcellona Pozzo di Gotto, non è una cittadina<br />
come tante, ma il centro nevralgico<br />
di una strategia dell’eversione che nel ’92<br />
portò il boss Giuseppe Gullotti (mandante<br />
dell'assassinio del giornalista Beppe Alfano)<br />
a recapitare a Giovanni Brusca il telecomando<br />
della strage di Capaci, e nello<br />
stesso periodo portò Bernardo Provenzano<br />
e Nitto Santapaola a trascorrere la loro latitanza<br />
proprio lì, ben protetti da una fitta<br />
rete di complicità, che il dottor Manca (se<br />
davvero ha operato Provenzano) potrebbe<br />
avere scoperto.<br />
Ebbene, in concomitanza con questo<br />
“fuoco” mediatico, la procura di Viterbo<br />
ha finalmente deciso di battere un colpo, o<br />
meglio, di sferrare il colpo finale<br />
all’inchiesta. Per dire cosa? Che Attilio<br />
Manca era un drogato e che i quattro barcellonesi<br />
indagati da alcuni mesi non<br />
c’entrano niente con questa storia, malgrado<br />
l’impronta palmare lasciata da Ugo<br />
Manca (uno degli indagati), condannato in<br />
primo grado nel processo “Mare nostrum”<br />
per traffico di stupefacenti, ma assolto in<br />
appello, e malgrado lo stesso Ugo Manca,