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giugno 2012 - I Siciliani giovani

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Solidarietà/ 2<br />

Dike: i volti<br />

e le storie<br />

Parlano i minori stranieri<br />

cui vogliono<br />

negare un futuro<br />

di Rossana Spadaro<br />

Il Clandestino<br />

Quando incontriamo i migranti della<br />

comunità alloggio per minori ‘Dike’ le<br />

nostre aspettative vengono smentite:<br />

credevamo di dover parlare con minorenni<br />

insicuri e smarriti, ma ci troviamo<br />

davanti diciassettenni responsabili<br />

e volenterosi, tutt’altro che ragazzini.<br />

Ricordano con precisione la data del<br />

loro arrivo in Italia, a Lampedusa o a<br />

Pozzallo, e ci parlano del passaggio dal<br />

centro di prima accoglienza a Piana degli<br />

Albanesi fino ad arrivare<br />

a Vittoria. Proprio<br />

nel ragusano questi<br />

ragazzi hanno trovato<br />

una casa e una<br />

famiglia: Marcello e<br />

la cooperativa ‘Alfa’<br />

[che gestisce la comunità<br />

‘Dike’, ndr] da<br />

lui diretta. La cooperativa<br />

ospita ragazzi<br />

provenienti dalla Libia,<br />

dal Ghana,<br />

dall’Egitto, dal Niger<br />

o dal Gambia.<br />

www.isiciliani.it<br />

Nessuno di loro ha più di 18 anni.<br />

Per alcuni Marcello è riuscito a trovare<br />

un lavoro in campagna. Ma frequentano<br />

anche la scuola di italiano per stranieri,<br />

guardano la tv e di tanto in tanto<br />

qualcuno riesce a connettersi a facebook.<br />

Una vita normale anche se priva<br />

di certezze per il futuro. «Marcello ci<br />

ha donato una felicità che non c’era da<br />

tempo nelle nostre vite» spiega uno degli<br />

ospiti della comunità, che chiameremo<br />

con il nome di fantasia Anis.<br />

Le storie degli ospiti del centro<br />

Le parole che Anis usa per descrivere<br />

la vita in Africa sono più efficaci di<br />

qualsiasi altra cosa: «Il sangue scorreva<br />

come l’acqua dai rubinetti. Ho visto innocenti<br />

uccisi, soldati che sparavano<br />

per strada. Io non ho più nessuno».<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

<strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 65<br />

“Vogliamo solo una vita normale”<br />

Quando decide di parlarci della traversata<br />

del Mediterraneo a bordo del barcone<br />

che lo ha condotto sulle coste siciliane il<br />

suo racconto diventa talmente frenetico,<br />

che preferisce usare l’inglese per esprimersi.<br />

«Sono stato gettato su quel barcone<br />

senza sapere cosa stesse succedendo.<br />

Eravamo tutti ammassati, le onde erano<br />

altissime e più di una volta la barca ha rischiato<br />

di capovolgersi». Anis ancora non<br />

riesce a credere di aver vissuto un’atrocità<br />

simile: «Solo Dio ha vegliato su di noi,<br />

abbandonati in balia delle onde. Poi un<br />

pescatore ci ha visti ed ha avvertito la<br />

guardia di finanza: raggiungere l’Italia è<br />

stato come raggiungere la salvezza».<br />

I ragazzi sono consapevoli delle difficoltà<br />

economiche che affliggono la comunità<br />

Dike. Le loro voci si sovrappongono<br />

mentre spiegano quanto bene ha fatto per<br />

loro Marcello.<br />

«Dormiremo anche per strada ma non<br />

permetteremo che la polizia ci porti via.<br />

Così ci toglierebbero il futuro. Non possiamo<br />

dormire la notte sapendo quali problemi<br />

deve affrontare Marcello, visto che<br />

non è stato pagato da tempo». È proprio<br />

Anis a convincere gli altri a parlare con<br />

noi, spiegando loro come far conoscere la<br />

loro storia alla gente può servire a mantenere<br />

viva la comunità. Per questo tiene ad<br />

aggiungere: «Non trovo le parole per<br />

esprimere quanto è grande il suo amore di<br />

padre verso di noi».

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