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Il Canto dell'Usignolo

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CDL Tecnologie e didattica delle lingue Fiocco Annalisa 0533223<br />

<strong>Il</strong> canto dell’usignolo: un conflitto tra realtà e<br />

Introduzione<br />

immaginazione<br />

I poeti romantici inglesi ed in particolare Keats<br />

<strong>Il</strong> genere che predomina nel Romanticismo inglese è la poesia. I poeti romantici<br />

inglesi sono divisi in modo convenzionale in due generazioni. La prima generazione<br />

include William Wordswoth e Samuel Taylor Coleridge; mentre la seconda comprende<br />

Gorge Gordon Byron, Percy Bysshe Shelley e John Keats.<br />

Essi sono i primi a trovarsi di fronte ad un moderno processo di<br />

industrializzazione. Furono ben consapevoli di vivere con profonda angoscia il dramma<br />

di una società impegnata in una rapida trasformazione che stava sovvertendo alcuni<br />

antichi ritmi di vita, sgretolando tradizionali nuclei comunitari, schiacciando<br />

fondamentali diritti e valori umani, in una convulsa ricerca di produzione, profitto,<br />

crescita economica. A volte troviamo in loro incertezza sul ruolo della poesia all’interno<br />

della nuova società, ma altre volte essi si identificano decisamente con precise cause e<br />

categorie, mettendo la loro voce al servizio dei gruppi sociali che stavano subendo un<br />

violento processo di sfruttamento nel rapido e sgretolato sviluppo industriale.<br />

<strong>Il</strong> tentativo di comunicare specificatamente con lettori popolari induce ad un<br />

recupero di forme metriche elementari e di un linguaggio comune, pregno di ritmi<br />

parlati e colloquiali, stadio del rinnovamento di una tradizione poetica diventata alla<br />

fine del settecento eccessivamente raffinata. Nei poeti romantici inglesi, c’è una lucida<br />

consapevolezza del costo che può comportare il processo di industrializzazione, una<br />

coscienza che si identifica spesso con un deciso rifiuto dell’Inghilterra della<br />

Rivoluzione Industriale. C’è in loro la coscienza che sta scomparendo, o è in estremo<br />

pericolo, la qualità civile della vita, specialmente della vita comunitaria.<br />

L’amore per l’Italia come terra e come civiltà è molto sentito nella seconda<br />

triade dei poeti romantici, Byron, Shelley e Keats. L’Italia diventa per loro un mito, in<br />

perfetta armonia tra ambienti naturali e splendori architettonici, in ciò è implicito il<br />

contrasto con la nuova città-inferno dell’era industriale.<br />

Mentre gli aspetti più esteriori del gusto romantico erano divulgati dappertutto<br />

dai poemi di Byron e dai romanzi di Scott, gli aspetti più intimi della sensibilità<br />

romantica trovarono espressione, dopo Coleridge, nell’esotismo classicheggiante di<br />

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Keats. L’entusiasmo per l’arte dell’antica Grecia, orientò la sensibilità romantica del<br />

poeta nel senso di un esotismo classicheggiante, che contiene talora in embrione, talora<br />

in pieno sviluppo, tutti gli elementi del tardo romanticismo, e del decadentismo della<br />

fine dell’ottocento. Keats amava abbondantemente la Bellezza, come un’amante, ed è<br />

per questo motivo che approfondisce la sua ispirazione nei magnifici versi del 1819, ed<br />

in particolar modo nelle Odi, dove trova piena espressione l’”io lirico”. In esse più<br />

intensamente attraverso il presentimento della morte, il poeta sente la Bellezza che,<br />

immortale, impassibile assiste al travagliato vanire delle vicende umane: generazioni e<br />

generazioni di uomini si inebriano per un istante del canto eterno dell’usignolo,<br />

dell’armonioso lineamento dell’urna eterna, e salutano morituri la perenne imperatrice.<br />

In questa sua accezione e dedizione ad una Bellezza che placa l’ansia dell’anima<br />

dinnanzi al mistero del mondo, si esalta il motivo dominante della vita di Keats. Le<br />

sensazioni che il poeta chiede all’amore, sono sensazioni di narcosi; desidera che la<br />

lettera alla fidanzata sia come una porzione di oppio. È anche questo il motivo dell’Ode<br />

to a Nightingale.<br />

Keats segna quel limite, quel rapporto del senso alla ragione, che ignorato non<br />

può non corrompere il senso stesso, cioè la poesia. E questa che ne sembra umiliata,<br />

invece si esalta, perché diviene la condizione necessaria, la radice prima della verità,<br />

che non può sorgere se non sopra di essa.<br />

<strong>Il</strong> metodo poetico di Keats è ancora comune di tutta la poesia europea: non più di<br />

umanità greca o latina, ma di una umanità più vicina.<br />

<strong>Il</strong> Keats delle opere più giovanili è un poeta dal vocabolario incerto ed ibrido,<br />

cioè di visione ancora tremula e confusa. Fin dal principio egli riscrive e l’imprecisione<br />

della sua opera è una prova del suo coraggio e della sua spontaneità. Le cose cambiano,<br />

quando arriva il periodo delle grandi Odi, dove non è cambiato il metodo, ma la<br />

potenza. Ogni eco è sommerso nel flusso dell’ispirazione e le parole di origine lontana,<br />

si inseriscono in un discorso poetico che ha un linguaggio pieno di un vigore naturale e<br />

costante. Ciò che Keats chiedeva alla poesia era di stupire il suo soggetto.<br />

Tra i poeti della seconda generazione Keats è il più oggettivo, la sua lirica non è<br />

mai personale e biografica, ma sorge da una regione più profonda, in cui il poeta, privo<br />

come egli stesso dice di attributi particolari, non è se non un occhio che vede e un<br />

orecchio che ascolta viste e musiche universalmente umane. La sua poesia è pura e<br />

remota. Keats per alcuni versi può essere considerato il meno romantico tra tutti i poeti<br />

romantici della sua generazione, fatta eccezione per il sentimento nostalgico e quel «<br />

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male del ritorno » che determina la scelta della materia e degli elementi che<br />

compongono il suo mondo. Tutta la sua poesia consiste in un suono vicino e in una<br />

risonanza più lontana; in una luce viva su uno sfondo d’ombra. Quell’indefinito di cui ,<br />

nelle sue opere giovanili, cercava di soddisfare il desiderio e il presentimento, attraverso<br />

l’uso degli astratti, lo esprime giunto alla sua maturità come carattere e tono intrinseco<br />

della sua visione fantastica. Da questo punto di vista, molto significativa è la malinconia<br />

che caratterizza l’ultima strofa dell’ Ode ad un usignolo:<br />

The same that oft-times hath<br />

Charm’d magic casements, opening on the foam<br />

Of perilous seas, in faery lands forlon<br />

<strong>Il</strong> primo abbozzo di questi tre versi hanno subito una modifica rispetto alla<br />

versione definitiva, infatti il termine “magic” ha sostituito “the wilde” e “perilous”,<br />

“keelless”. Con i due termini precedenti si può facilmente penetrare nel segreto di<br />

quella visione e vedere l’immagine dilatarsi e approfondirsi, riempirsi di un più largo<br />

respiro e trovare insieme la parola e il suono, la forma e la musica.<br />

Tutta l’ode è caratterizzata da questa immagine nostalgica. Se per un attimo<br />

abbandoniamo questa visione, possiamo risalire al motivo centrale, il ritorno a cui il<br />

poeta agogna non è più verso qualcosa di materiale o qualche condizione di vita, ma è il<br />

passaggio dalla vita alla morte, o meglio il viaggio verso l’immortalità. Ciò che affligge<br />

il poeta è la caducità della giovinezza, della bellezza e dell’amore. Già prima egli ha<br />

desiderato morire, ma ora la morte nel canto dell’usignolo, non è soltanto la fine dei<br />

mali, ma è essa stessa un bene eterno.<br />

La poesia, ha il compito di aprire le porte a questa beata eternità inconsapevole;<br />

per essa egli comunica con un dominio su cui la morte non ha più potere.<br />

Molti critici si sono dibattuti sull’immortalità dell’usignolo, altri sostenevano<br />

che Keats intendeva rivolgersi all’immortalità della specie e altri ancora replicavano<br />

dicendo che anche l’uomo è in questo senso immortale, o addirittura che l’uomo sia<br />

immortale a maggior ragione. Ma forse la cosa che non hanno tenuto in considerazione<br />

è che il concetto di immortalità è dato principalmente alla Natura, che è un essere<br />

particolare ed è ciò che è, mentre lo spirito è ciò che diviene. Ma il divenire è qualcosa<br />

di transitorio e doloroso, così il poeta cerca rifugio in una bellezza immutabile la quale,<br />

per altro, trae il suo valore proprio dal contrasto di quei tormenti a cui serve di sfondo e<br />

di conforto, con le lacrime di Ruth e i perigliosi mari. Tale è l’aspetto che nel punto più<br />

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alto delle poesia di Keats, prende il motivo fondamentale, non soltanto in questa poesia,<br />

ma in tutte le altre, ossia il tema dell’eternità.<br />

In ogni opera il contributo dell’eternità è implicito per la natura stessa della<br />

volontà creatrice; ma qui, esso è svelato e divenuto non solo carattere, ma anche oggetto<br />

del canto. Così come accade nell’Ode all’usignolo anche nell’Ode su un’urna vi è la<br />

contrapposizione tra la mortalità dolorosa e fuggitiva e la bellezza esente dalla sorte<br />

comune delle passioni dell’uomo; alla bellezza immortale non più della natura, ma<br />

dell’arte. In entrambe le due odi, la poesia canta finalmente se stessa e il beneficio che<br />

ella elargisce agli uomini.<br />

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Ode to a Nightingale<br />

1 My heart aches, and a drowsy numbness pains<br />

2 My sense, as though of hemlock I had drunk,<br />

3 Or emptied some dull opiate to the drains<br />

4 One minute past, and Lethe-wards had sunk:<br />

5 'Tis not through envy of thy happy lot,<br />

6 But being too happy in thine happiness, -<br />

7 That thou, light-winged Dryad of the trees,<br />

8 In some melodious plot<br />

9 Of beechen green and shadows numberless,<br />

10 Singest of summer in full-throated ease.<br />

11 O, for a draught of vintage! that hath been<br />

12 Cool'd a long age in the deep-delved earth,<br />

13 Tasting of Flora and the country green,<br />

14 Dance, and Provençal song, and sunburnt mirth!<br />

15 O for a beaker full of the warm South,<br />

16 Full of the true, the blushful Hippocrene,<br />

17 With beaded bubbles winking at the brim,<br />

18 And purple-stained mouth;<br />

19 That I might drink, and leave the world unseen,<br />

20 And with thee fade away into the forest dim:<br />

21 Fade far away, dissolve, and quite forget<br />

22 What thou among the leaves hast never known,<br />

23 The weariness, the fever, and the fret<br />

24 Here, where men sit and hear each other groan;<br />

25 Where palsy shakes a few, sad, last gray hairs,<br />

26 Where youth grows pale, and spectre-thin, and dies;<br />

27 Where but to think is to be full of sorrow<br />

28 And leaden-eyed despairs,<br />

29 Where Beauty cannot keep her lustrous eyes,<br />

30 Or new Love pine at them beyond to-morrow.<br />

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31 Away! away! for I will fly to thee,<br />

32 Not charioted by Bacchus and his pards,<br />

33 But on the viewless wings of Poesy,<br />

34 Though the dull brain perplexes and retards:<br />

35 Already with thee! tender is the night,<br />

36 And haply the Queen-Moon is on her throne,<br />

37 Cluster'd around by all her starry Fays;<br />

38 But here there is no light,<br />

39 Save what from heaven is with the breezes blown<br />

40 Through verdurous glooms and winding mossy ways.<br />

41 I cannot see what flowers are at my feet,<br />

42 Nor what soft incense hangs upon the boughs,<br />

43 But, in embalmed darkness, guess each sweet<br />

44 Wherewith the seasonable month endows<br />

45 The grass, the thicket, and the fruit-tree wild;<br />

46 White hawthorn, and the pastoral eglantine;<br />

47 Fast fading violets cover'd up in leaves;<br />

48 And mid-May's eldest child,<br />

49 The coming musk-rose, full of dewy wine,<br />

50 The murmurous haunt of flies on summer eves.<br />

51 Darkling I listen; and, for many a time<br />

52 I have been half in love with easeful Death,<br />

53 Call'd him soft names in many a mused rhyme,<br />

54 To take into the air my quiet breath;<br />

55 Now more than ever seems it rich to die,<br />

56 To cease upon the midnight with no pain,<br />

57 While thou art pouring forth thy soul abroad<br />

58 In such an ecstasy!<br />

59 Still wouldst thou sing, and I have ears in vain -<br />

60 To thy high requiem become a sod.<br />

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61 Thou wast not born for death, immortal Bird!<br />

62 No hungry generations tread thee down;<br />

63 The voice I hear this passing night was heard<br />

64 In ancient days by emperor and clown:<br />

65 Perhaps the self-same song that found a path<br />

66 Through the sad heart of Ruth, when, sick for home,<br />

67 She stood in tears amid the alien corn;<br />

68 The same that oft-times hath<br />

69 Charm'd magic casements, opening on the foam<br />

70 Of perilous seas, in faery lands forlorn.<br />

71 Forlorn! the very word is like a bell<br />

72 To toll me back from thee to my sole self!<br />

73 Adieu! the fancy cannot cheat so well<br />

74 As she is fam'd to do, deceiving elf.<br />

75 Adieu! adieu! thy plaintive anthem fades<br />

76 Past the near meadows, over the still stream,<br />

77 Up the hill-side; and now 'tis buried deep<br />

78 In the next valley-glades:<br />

79 Was it a vision, or a waking dream?<br />

80 Fled is that music: - Do I wake or sleep?<br />

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Ode ad un usignolo<br />

<strong>Il</strong> mio cuore soffre, e un sonnolento torpore affligge<br />

i miei sensi, come se avessi bevuto della cicuta,<br />

o avessi trangugiato un sonnifero pesante<br />

un minuto è passato, e sono sprofondato nel Lete:<br />

non è per invidia della tua felice razza,<br />

ma per essere troppo felice nella tua felicità,<br />

che tu, Driade degli alberi dalle ali leggere,<br />

in melodioso recinto<br />

di verdi faggi e innumerevoli ombre<br />

canti dell’estate a pieni polmoni.<br />

Oh, per un sorso di vino!che sia stato<br />

rinfrescato da secoli nella profondità della terra,<br />

saporoso di Flora e della verde campagna,<br />

di balli, canti provenzali, e di gioia solare!<br />

Oh! per una coppa piena del tiepido Meridione,<br />

colma del vero, del rosato Ippocrene,<br />

con perlate bolle occhieggianti sull’orlo,<br />

e la bocca macchiata di porpora;<br />

ch’o potessi bere e lasciare il mondo non veduto<br />

e con te vanire nelle foreste oscure:<br />

Sparire, dissolvermi, e dimenticare del tutto<br />

Ciò che tu tra le foglie non hai mai conosciuto,<br />

la stanchezza, la malattia e l’ansia<br />

qui, dove gli uomini siedono e sentono gemere l’un l’altro;<br />

dove il tremito agita gli ultimi, scarsi, tristi capelli grigi;<br />

dove la giovinezza impallidisce, e come un fantasma, muore;<br />

dove il pensiero stesso è riempirsi di dolore<br />

e di disperazione dalle ciglia di piombo,<br />

dove la Bellezza non può vedere i suoi occhi lucenti,<br />

o il nuovo Amore si strugge per lui oltre il domani.<br />

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Via! Via! Perché io voglio fuggire da te,<br />

non trainato da Bacco e dai suoi leopardi,<br />

ma sulle ali invisibili della Poesia,<br />

benché la mente lenta, abbia perplessità ed indugi:<br />

già con te! tenera è la notte,<br />

e felice la Regina Luna è sul suo trono,<br />

circondata dalle Fate stellate,<br />

ma qui non c’è più luce,<br />

se non quella che dal cielo è soffiata giù dal vento<br />

nel buio verde e tortuoso di muschio.<br />

Non posso vedere i fiori che ho ai miei piedi,<br />

e neppure l’incenso dolce che imprende sui rami,<br />

ma, nell’oscurità profumata intuisco ogni dolcezza<br />

con cui il mese propizio rende ricca<br />

l’erba, il bosco e i selvaggi alberi da frutta<br />

il biancospino e l’arcadica englantina;<br />

le violette, presto appassite, coperte tra le foglie;<br />

e la figlia maggiore del maggio maturo<br />

la veniente rosa muschiata, piena di vino di rugiata,<br />

sussurrante dimora d’insetti nelle sere estive.<br />

Nel buio ascolto; e, per molto tempo<br />

Sono stato quasi innamorato della confortevole Morte,<br />

l’ho chiamata con nomi teneri in molte meditate rime,<br />

perché si portasse nell’aria il mio quieto respiro;<br />

e mai come adesso mi è sembrato delizioso morire,<br />

spegnersi a mezzanotte senza dolore,<br />

mentre tu butti fuori l’anima<br />

in una tale estasi!<br />

Tu canteresti ancora, ed io avrei orecchie invano<br />

al tuo alto requiem divenuto una zolla.<br />

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Tu non sei nato per morire, Uccello immortale!<br />

Le affamate generazioni non ti calpestano;<br />

la voce che sento in questa notte fuggente fu ascoltata<br />

nei giorni antichi dall’ imperatore e dal villano:<br />

forse lo stesso canto che trovò sentiero<br />

nel triste cuore di Ruth, quando malata di nostalgia,<br />

pianse tra i campi stranieri;<br />

la stessa che tante volte ha<br />

affascinato magiche finestre aperte, aperte sulla schiuma<br />

di pericolosi mari, in incantate terre deserte.<br />

Deserte! La sola parola è come la campana<br />

Che mi porta alla mia solitudine.<br />

Addio! L’immaginazione non può più illudermi<br />

Com’ella ha fame di fare, ingannevole elfo.<br />

Addio! Addio! L’inno malinconico svanisce<br />

Oltre i prati vicini, oltre il fiume quieto<br />

Al di là del colle, ed adesso è sepolto<br />

Tra i boschi della valle vicina:<br />

è stata una visione o un sogno ad occhi aperti?<br />

svanita è questa musica: sono sveglio o dormo?<br />

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Ketas: “Ode to a Nightinghale”<br />

L’ode all’usignolo è stata scritta nel Maggio del 1819, durante il soggiorno che<br />

Keats fece con il suo amico Charles Armitge Brown a Wentworth Place, Hampstead.<br />

Circa venti anni dopo, lo stesso Brown, ha ricordato i particolare della composizione<br />

con queste parole:<br />

“Nella primavera del 1819 un usignolo aveva costruito il nido vicino casa mia.<br />

Keats sentiva una tranquillità ed una gioia continua nel suo canto; e un giorno portò la<br />

sua sedia dal tavolo della colazione in un campo d’erba, sotto un albero di susino, dove<br />

rimase seduto per due o tre ore. Quando ritornò in casa, mi accorsi che aveva alcuni<br />

pezzi di carta nella mano, e che li stava tranquillamente spingendo dietro i libri.<br />

Cercando, ho trovato questi pezzi, quattro o cinque di numero, contenevano i sentimenti<br />

poetici del canto del nostro usignolo. La scrittura non era ben leggibile; e fu difficile<br />

sistemare i versi in così tanti pezzi. Con la sua collaborazione ci riuscii, nacque così<br />

l’Ode all’Usignolo,, una poesia che è stata la gioia di tutti.”<br />

<strong>Il</strong> manoscritto originale «scritto mentre il lavoro essenziale di composizione era<br />

in progresso nel cervello del poeta» e pubblicato in fac-simile da Sir Sirney Colvin nelle<br />

Montly Review nel maggio del 1903, non conferma in tutto la narrazione di Brown, che<br />

si può però ritenere accurata nelle sue linee generali. L’ode appare per la prima volta<br />

negli Annali of the Fine Arts, nel luglio del 1819 e poi nel volumetto del 1820. I critici,<br />

in generale, sono d’accordo sul fatto che l’usignolo fu la seconda delle cinque grandi<br />

odi del 1819 e i temi trattati sono riflessi nell’ode gemella Ode to a Grecian Urn.<br />

Questa è forse l’ode più famosa di Keats, considerata come esemplificazione<br />

dell’eroe/ poeta romantico, in conflitto con la realtà che tenta invano di identificarsi con<br />

la natura, per sfuggire ad un mondo troppo doloroso da sopportare. È il periodo della<br />

rivoluzione Industriale, in Inghilterra, che sta cambiando la fisionomia del mondo. La<br />

natura comincia ad essere deturpata e quindi nasce l’esigenza di poter combattere contro<br />

questo sopruso. Per molti anni, lo stesso Keats è stato identificato col poeta romantico<br />

per antonomasia: un ragazzo sentimentale, dal grande talento, ma troppo debole e<br />

permaloso, incapace di affrontare le critiche e le difficoltà terrene. Qui, invece, Keats<br />

affronta il problema del fare poesia nei tempi moderni, nel periodo della crescente<br />

industrializzazione. La poesia, in una società sempre più individualista e materialista,<br />

rischia di diventare unicamente un modo per sfuggire alla realtà (ed egli lo sperimenta<br />

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su di sé, facendo autocritica); poesia come droga, quindi, ebbrezza, oblio (vedi la<br />

presenza della cicuta, del vino, dell’oscurità).<br />

L’Ode ad un Usignolo è un’ode romantica di otto strofe formate da 10 versi<br />

ciascuna, che parlano dei suoi bisogni di essere libero dalle realtà della sua vita. Uno dei<br />

maggiori interessi riscontrati nell’Ode a un usignolo è la percezione di Keats del<br />

conflitto naturale che è presente nella vita degli uomini, ad esempio, il misto di dolore e<br />

gioia, vita e morte, concreto e ideale, separazione e connessione.<br />

John Keats descrive una breve evasione personale da un’esistenza di sofferenza<br />

che non può durare più a lungo. L’ode è scritta in prima persona, e l’io che parla otto<br />

volte, non è un surrogato, ma è il poeta stesso. È un’opera autobiografica, dove non<br />

trovano posto ambiguità e ironia.<br />

Questa e la successiva Ode on a Gracian Urn, mostrano come il poeta sia diviso<br />

tra l’attrazione di scappare dal mondo oppure di affrontarlo attraverso l’arte. <strong>Il</strong><br />

soggetto lirico in questi due odi, vive una battaglia cruciale e questo aiuta a determinare<br />

la grandezza e la rilevanza della poesia. Ode to a Nightingale e Ode to a Grecian Urn<br />

formano un gruppo separato con il ciclo delle odi in cui includono la ricerca artistica per<br />

un valido concetto di bellezza.<br />

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Analisi della poesia<br />

1 My heart aches, and a drowsy numbness pains<br />

I<br />

My sense, as though of hemlock I had drunk,<br />

3 Or emptied some dull opiate to the drains<br />

One minute past, and Lethe-wards had sunk:<br />

Con l’uso del presente Keats trasmette cosa si percepisce, coinvolgendo il lettore<br />

in modo diretto e molto personalmente. <strong>Il</strong> ritmo quasi lento dell’apertura del verso<br />

trasmette un senso di monotonia e stanchezza. L’immagine comunque non suggerisce<br />

solo una condizione di letargo. La presenza dell’ossimoro 1 “numbness pains” (v. 1) crea<br />

un sentimento contraddittorio di sensi vigili e dormienti.<br />

<strong>Il</strong> punto principale della poesia è la battaglia tra l’ideale e il reale: essa include<br />

termini che contengono in modo più particolare l’antitesi di piacere e dolore,<br />

immaginazione e ragione di senso comune, pienezza e privazione, natura ed essere<br />

umano, arte e vita, libertà e schiavitù, veglia e sonno. Questi termini sono naturalmente<br />

solo espedienti, sono i prodotti di quel potere secondario che indica distinzione.<br />

Piacere e dolore sono deliberatamente elevati, e si incontrano in un’intensità<br />

comune. <strong>Il</strong> dolore è la sequenza naturale della “troppa felicità”. Quella stessa felicità<br />

che è permanente e passeggera nell’usignolo e perciò eccessiva nel poeta.<br />

Nella spiegazione della sua sfortuna i due versi successivi formano una<br />

connessione tra la descrizione dello stesso soggetto lirico e l’immagine che lui ha<br />

dell’usignolo:<br />

1 Ossimero (figura retorica)<br />

2 Driade è una ninfa degli alberi.<br />

5 'Tis not through envy of thy happy lot,<br />

But being too happy in thine happiness,<br />

7 That thou, light-winged Dryad 2 of the trees,<br />

In some melodious plot<br />

9 Of beechen green and shadows numberless,<br />

Singest of summer in full-throated ease.<br />

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La triplice ripetizione dell’aggettivo “happy” indica che questa libertà dei<br />

pensieri è considerata la più importante caratteristica dell’usignolo, in contrapposizione<br />

al soggetto lirico che proietta in esso ciò che più manca nella sua stessa esistenza. <strong>Il</strong><br />

dolore, l’assenza del movimento, la pesantezza e la vicinanza alla morte sono sostituite<br />

dalla leggerezza, dal movimento, dalla vitalità calorosa e da un’abbondanza di<br />

vegetazione. Questo contrasto è parallelo a causa della grande varietà ritmica di questi<br />

versi e dalla monotonia che caratterizzano l’apertura della poesia. L’ossimoro<br />

“melodious plot” esprime il fatto che la natura stessa è d’accordo con l’armoniosa<br />

contraddizione delle sue parti.<br />

L’usignolo è la voce della natura e - come “Singest of summer in full-throated<br />

ease” (v. 10) - implica lo stesso poeta. Lo sguardo all’uccello introduce un fascio di<br />

luce a cui si aggiungono colore e movimento in “beechen green”(v. 9) e “shadows<br />

numberless” (v. 9). La strofa che apre con un senso di angoscia, finisce con “ease”,<br />

nella cui condizione il soggetto lirico spera di raggiungere se stesso.<br />

La relazione tra il poeta e l’uccello è diventato il motivo principale nella<br />

discussione critica di quest’ode. La maggior parte dei critici non vedono l’usignolo<br />

come un uccello naturale in cui il soggetto lirico proietta la felicità che lui non riesce a<br />

trovare nella sua stessa vita, ma piuttosto come un essere che trascende il mondo<br />

terreno. Allora viene postulata l’esistenza di mondi scambievolmente unici, il<br />

temporale e lo spirituale. Le conseguenze di una tale posizione devono essere<br />

esaminate. Se veramente ci sono due mondi nella poesia - quello del soggetto lirico e<br />

quello dell’usignolo - che non possono andare insieme, allora quello che la poesia stessa<br />

può fare è tentare di entrare nel mondo dell’usignolo e nel suo ultimo fallimento. Molti<br />

critici concordano con questa conclusione.<br />

Keats non ha richiesto una separazione forte tra lo spirituale e il materiale.<br />

L’uccello è stato descritto come una parte integrale della natura e del suo regno, così<br />

come è presentato in questa I strofa, è sia naturale ma anche sensuale. Queste sono le<br />

qualità che attraggono il poeta. <strong>Il</strong> fatto che egli non può sentirsi un tutt’uno con la<br />

natura, come l’uccello, indica che la sua esperienza di vita è una distorsione di cosa la<br />

vita sarebbe, e perciò egli non è in armonia con la natura non essendo neanche un<br />

tutt’uno con se stesso. La sensualità e l’armonia, che il soggetto lirico vede come<br />

caratteristiche dell’usignolo e della natura, diventano quindi fattori determinanti nel tipo<br />

di esistenza che cerca.<br />

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All’inizio l’usignolo è presentato come un uccello particolare, ma<br />

successivamente, è trasformato in un mito, ciò è rappresentato dalla frase “That thou,<br />

light-winged Dryad of the trees” (v. 7). Probabilmente Keats sta pensando alla specie, e<br />

non all’uccello come singolo usignolo.<br />

In questa prima parte, il poeta è molto depresso, a tal punto da volersi uccidere<br />

con qualche veleno “hemlock” (v. 2) o“dull opiate” (v. 3). Solo così potrebbe liberarsi<br />

dai sui problemi e sfuggire alle sofferenze. Forse per scappare da un mondo pieno di<br />

dolore, il poeta prova a immetterci in un mondo di immaginazione.<br />

II<br />

La prima strofa si apre con la giustapposizione dei due modi di esistenza<br />

antitetici, mentre nella seconda si esprime il volere di svanire nella foresta oscura in<br />

compagnia dell’usignolo (“fade away into the forest dim”(v. 20). <strong>Il</strong> veicolo che<br />

permette di scappare è il vino. L’espressione di volere negli ultimi due versi della strofa<br />

è preceduta da un’evocazione sensuale del vino:<br />

11 O, for a draught of vintage! that hath been<br />

Cool'd a long age in the deep-delved earth,<br />

13 Tasting of Flora and the country green,<br />

Dance, and Provençal song, and sunburnt mirth!<br />

La parola “draught” (v. 11) evoca una visione del bere profondo, mentre in<br />

“vintage” il vino ha maturato la quintessenza dell’eccellenza. Questo termine viene<br />

usato per evidenziare la delicatezza e la raffinatezza del vino e la connessione con la<br />

natura. Tutti i sensi sono messi in gioco in modo da aumentare il tatto anticipato: il<br />

termico (“Cool'd”), il tattile (“deep-delved”), l’autorità (“Dance”, “Provençal song”, “<br />

sunburnt mirth”), il gusto e il visivo.<br />

La dimensione visiva è marcata da un tocco di colore e movimento. <strong>Il</strong> calore del<br />

Sud, “Provençal song”(v. 14) è messo in contrasto con la freschezza del vino ed è<br />

intensificato in “ sunburnt mirth”(v. 14). Questo complesso multisensoriale indica che<br />

il vino appartiene ad un’età radicalmente differente da quella che causa l’angoscia. La<br />

descrizione del vino non solo piace ai sensi, ma porta con se la visione di una comunità<br />

rurale che celebra la raccolta, di felicità e spensieratezza, e di persone che cantano.<br />

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L’intera immagine serve sia ad estendere ed intensificare le connotazioni del mondo<br />

dell’usignolo, sia a rappresentare nella strofa di apertura, l’arricchimento con una<br />

dimensione sociale.<br />

La corrente di vino,“The draught vintage”(v. 11), è uno strumento di<br />

immaginazione, che simbolizza una fuga immaginaria dalla realtà. <strong>Il</strong> desiderio di<br />

scappare nella foresta oscura (“fade away into the forest dim”(v. 20) che rappresenta un<br />

altro modo per sfuggire, indica una dissoluzione malinconica di cambiamento, e<br />

rappresenta anche una decadenza fisica.<br />

Keats in questa poesia fa uso più volte della sinestesia, in quanto combina<br />

ripetutamente i diversi sensi, con tratti invertiti, in una sola immagine. Un esempio è<br />

dato da “tasting of Flora” (v. 13), in quanto mescola il tatto, il gusto e l’olfatto, e<br />

aggiunge l’elemento magico con la creazione dell’immagine di Flora , che è la dea dei<br />

fiori. Ecco che si ha l’accostamento di due sfere sensoriali diverse. <strong>Il</strong> mondo<br />

dell’usignolo ha creato un impatto sulla persona tale da non riuscire a distinguere i due<br />

regni, e non si riesce a capire dove finisce uno e inizia l’altro. Vi è la contrapposizione<br />

tra i sensi e il pensiero.<br />

I successivi sei versi riaffermano la voglia del vino nella costruzione parallela<br />

“O for a…”, aumentando l’intensità delle emozioni:<br />

15 O for a beaker full of the warm South,<br />

Full of the true, the blushful Hippocrene,<br />

17 With beaded bubbles winking at the brim,<br />

And purple-stained mouth;<br />

19 That I might drink, and leave the world unseen,<br />

And with thee fade away into the forest dim:<br />

“Full of” sta ad indicare che la ricchezza rappresenta la caratteristica del mondo<br />

dell’usignolo, un mondo che è stato creato fuori dalla voglia del soggetto lirico, che è a<br />

sua volta nato da un’esperienza della vita definita dalla privazione, desolazione e<br />

inadeguatezza. La connessione vicina tra “warm South” (v. 15) e “blushful<br />

Hippocrene” (V. 16) implica che l’integra vita umana è la vera sorgente dell’ispirazione<br />

poetica.<br />

L’attrazione del vino aumenta con il movimento della strofa - dalle profondità<br />

della terra, alle persone che ci vivono e poi l’approccio dell’ampolla alla bocca. Qui il<br />

16


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piacere concreto è evidenziato con l’utilizzo di un climax 3 : lo stesso vino riceve una<br />

mano attiva nell’invito del soggetto lirico- “With beaded bubbles winking at the brim”<br />

(V. 17). Nell’immagine conclusiva” And purple-stained mouth,” (v. 18) il vino è stato<br />

consumato in modo fantasioso.<br />

Sebbene sembrerebbe che gli ultimi due versi ella seconda strofa siano<br />

sufficientemente chiari nel loro significato, il significato di questo verso nell’argomento<br />

della lode è soggetto a molte controversie. Garrod, per esempio non vede una funzione<br />

reale:<br />

“Suppongo che ogni poeta riceve l’intossicazione delle sue stesse parole. Le ‘<br />

beechen green and shadows numberless’ portano l’immaginazione di Keats ad oscurare<br />

foreste lontane in cui svanirebbe con piacere , ‘leaving the world, unseen’. Ma lo<br />

sviluppo del mondo è rimandato ad un’’intera strofa, da un’altra frase, ‘Singest of<br />

summer in full-throated ease’” 4 .<br />

Similarmente Graham Hough non fa nessuna connessione tra ciò che opprime il<br />

soggetto lirico nella sua propria esperienza di vita e il desiderato volo. Allora la seconda<br />

strofa è rappresentata come la continuazione di un’”intossicazione” della prima:<br />

“ <strong>Il</strong> ‘heart- ache’ e la ‘droesy numbness’ dei versi di apertura non descrivono<br />

una mera depressione, ma una sorta di stato di droga, che può solo essere mantenuto<br />

da un’ulteriore intossicazione (seconda strofa). <strong>Il</strong> vino è ciò che per tradizione calma<br />

gli uomini, i significati tradizionali del prolungamento di uno stanco piacere sensuoso,<br />

e Keats qualche volta dice di divertirsi con il vino rosso”.<br />

Hough non vede conflitto nella prima strofa tra il modo di essere dell’uccello e<br />

quello del soggetto lirico. Invece, ha suggerito l’essere desiderabile di questa “drugged<br />

state” dell’apertura del verso. È per altro, appunto questo conflitto tra i due modi di<br />

esistenza che conducono al desiderio di scappare con l’usignolo, la cui felicità stimola la<br />

visione connessa al sorso del vino. <strong>Il</strong> fattore che unisce il mondo dell’usignolo e quello<br />

degli abitanti del villaggio in contrasto a quello sperimentato dal soggetto lirico è un<br />

piacere sensuale incondizionato. Così il desiderio di scappare deve essere compreso<br />

come una voglia di sensualità aperta in un mondo impoverito, dove è negata. Questo<br />

aspetto acquisterà un’importanza crescente nello sviluppo dell’ode.<br />

Wasserman individua la funzione della seconda strofa come un tentativo di<br />

scappare, ma trova che il soggetto lirico fallisce. Tutte le immagini connesse con<br />

3 Climax: (figura retorica). È la successione di parole che hanno significati più intensi (climax ascendente) o<br />

progressivamente meno intensi (climax discendente).<br />

4 Graham Hough, The Romantic Poets, London, 1976 (p. 174)<br />

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l’usignolo sono state terrene e legate ai sensi, piuttosto che essere spirituali e<br />

ultraterrene. Le sue intenzioni emergono come opposte a quelle di Keats.<br />

<strong>Il</strong> tema di questa strofa è la pienezza. L’usignolo canta “in full-throated ease”<br />

(v. 10), l’ampolla è “full of the warm South, (v. 15)/ Full of the true” (v. 16). Questa<br />

pienezza è in contrasto con la sazietà triste della strofa successiva “Where but to think is<br />

to be full of sorrow” (v. 27) ed è adeguata nella “embalmend darkness” della V strofa.<br />

III<br />

21 Fade far away, dissolve, and quite forget<br />

What thou among the leaves hast never known<br />

Questi versi di apertura intensificano il desiderio espresso nella seconda strofa e<br />

continuano a seguire il movimento dell’uccello che si sposta dal luogo in cui si trovava<br />

e svanisce, fin quando si dissolve agli occhi del poeta. <strong>Il</strong> desiderio principale è quello di<br />

dimenticare la condizione umana che opprime il soggetto lirico:<br />

23 The weariness, the fever, and the fret<br />

Here, where men sit and hear each other groan;<br />

25 Where palsy shakes a few, sad, last gray hairs,<br />

Where youth grows pale, and spectre-thin, and dies;<br />

27 Where but to think is to be full of sorrow<br />

And leaden-eyed despairs,<br />

Where Beauty cannot keep her lustrous eyes,<br />

30 Or new Love pine at them beyond to-morrow.<br />

Con la parola “forget” torna la memoria di ogni cosa che il soggetto lirico<br />

desidera cancellare dalla sua mente. L’ improvviso ritorno alla realtà potrebbe essere<br />

immaginario, ma questo modo non reale di sfuggire al mondo reale chiaramente non è<br />

sufficiente.<br />

I versi 23 e 30 rappresentano la condizione umana alla fine del XIX secolo in<br />

Inghilterra, e Keats lo sperimenta qui, usando l’avverbio “here”. Siamo ai tempi della<br />

Rivoluzione Industriale, il mondo comincia a cambiare, la Natura viene deturpata e<br />

soprattutto i poeti, gli unici dotati di maggiore sensibilità, si sento angosciati rispetto a<br />

questi cambiamenti. <strong>Il</strong> pensiero della condizione umana degli uomini, afflitta dai dolori,<br />

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intensifica il desiderio di scappare dal mondo e liberarsi della sua disgraziata<br />

condizione.<br />

<strong>Il</strong> verso 23 crea una tensione che è intensificata dall’uso delle parole con un<br />

numero decrescente di sillabe (da tre a una: “weariness”,” feve”,” fret”). Tutto ciò<br />

culmina nel passaggio dal verso 23 al verso 24: “fret/ Here” che trasmettono una<br />

sensazione di urgenza. “Here “ riceve maggiore enfasi perché è il primo che apre il<br />

verso qui, ed è un punto di forza per le successive cinque proposizioni relative che<br />

seguono. Questo mantiene la tensione per le successive ripetizioni di “Where”.<br />

C’è un ritorno all’immobilità, alla pesantezza e alla mancanza di colore<br />

riscontrata nei versi di apertura della poesia. Tutta l’abilità di percepire con i sensi è<br />

distorta - le persone invece di ascoltare la musica sentono i gemiti di quelli che soffrono<br />

(“hear each other groan” (v. 24). Non c’è una comunicazione attiva tra loro. <strong>Il</strong> mondo<br />

che è descritto qui, è l’opposto di quello della prima strofa. I colori sono sostituiti dal<br />

pallore. Mentre l’immagine della vecchia età fissa una condizione quasi statica, il verso<br />

6 mostra il deterioramento della gioventù nel suo progresso. Questo è il movimento<br />

della morte nella vita e quello verso la stessa morte. “Dies” è il raggiungimento di<br />

questo invertito e perverso movimento.<br />

Robert Gittings, così come altri critici, ritiene che quando viene proposta<br />

l’immagine della giovane morte, il riferimento potrebbe essere rivolto alla morte<br />

precoce del fratello Tom, morto di tubercolosi. 5<br />

Le immagini che precedono e susseguono sono di una natura altamente<br />

generalizzata, considerando la società nella sua interezza. <strong>Il</strong> riferimento alla giovinezza,<br />

a questo punto, chiarisce che non è meramente una descrizione di un processo di<br />

invecchiamento triste ma naturale, ma è i effetti un’immagine di distruzione e<br />

deterioramento del potenziale della vita.<br />

L’idea espressa nei versi 27 e 28 è che il pensiero può solo riflettere le<br />

condizioni dell’esistenza materiale, non “trionfa” su loro. La struttura parallela<br />

“Where…” identifica questa immagine con la situazione umana come è raffigurata nei<br />

versi precedenti.<br />

“Leaden-eyed despairs”(v. 28) è recuperata dall’astrazione dell’aggettivo<br />

sensuale. Questo contiene anche un doppio riferimento alle immagini precedenti. Per<br />

primo, rinnova le sensazioni di pesantezza e immobilità; la sua combinazione con<br />

“occhio” rinnova la distorsione del procedimento dei sensi.<br />

5 Robert Gittings, John Keats, Boston/Toronto, 1968 (p.317)<br />

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<strong>Il</strong> motivo degli occhi è ripreso di nuovo nel verso successivo: “Where Beauty<br />

cannot keep her lustrous eyes” (v. 29). “Lustrous” contiene tutto l’immenso piacere<br />

della gioia nella vita. <strong>Il</strong> contrasto effettuato dal confronto diretto di “leaden- eye” (v.<br />

28) e “lustrous eyes” (v. 29) è approfondita dall’allitterazione 6 . Lo splendore degli<br />

occhi non può resistere, proprio come la giovinezza non può farlo, in questo tipo di<br />

ambiente. Quello che è importante, è che la Bellezza è mostrata per riaffermarsi essa<br />

stessa, come la giovinezza. (Che però non è realizzata completamente attraverso il<br />

presente).<br />

<strong>Il</strong> desiderio dell’amore vissuto brevemente agli occhi della Bellezza corrisponde<br />

la totale consapevolezza delle generazioni di emergere e appassire senza compimento.<br />

Qui il processo di potenziale rinnovamento è comunicato in “new”. L’amore alla fine<br />

mette in mostra la possibilità di rispondere in modo appropriato agli occhi brillanti della<br />

Bellezza (“pine”). L’ambiente sociale, sperimentato dal soggetto lirico, tende a<br />

distruggere la Bellezza e l’Amore - concetti che indicano una proprietà di sensualità<br />

dell’esistenza umana.<br />

Allora la terza strofa mostra che la contraddizione tra il mondo come sarebbe e il<br />

mondo com’è, non è assoluta. La Bellezza e l’abilità a percepirla, che è essenziale alla<br />

vita umana, ha la sua fonte nella vita.<br />

Robin Mayhead concorda con la maggior parte dei critici nel non riconoscere la<br />

vera natura del mondo dell’usignolo. Egli scrive:<br />

“Ci accorgiamo ora perché Keats non ha avuto torto nell’attribuire la sua<br />

depressione a ‘being too happy in thine happiness’. Si immagina che l’usignolo sia<br />

felice perché non umano, perché non ha mai conosciuto ‘the weariness, the fever, and<br />

the fret’ dell’esistenza umana. <strong>Il</strong> poeta sa troppo bene che la felicità che lui sente nel<br />

seguire fantasticamente l’uccello nel suo mondo ‘among the least’ non può rimanere,<br />

dopotutto è un essere umano, e ciò che è umano deve morire. La sua depressione è<br />

allora implicita nella stessa felicità”. 7<br />

Si potrebbe essere certamente d’accordo con il punto di vista di Mayhead-<br />

l’uccello è considerato felice per la sua non conoscenza della natura umana, così come<br />

è rappresentato nella terza strofa.<br />

Keats si occupa della condizione della morte nella vita, egli rappresenta due tipi<br />

differenti di esistenza, uno che è basato sulla natura umana degli uomini e l’altro<br />

6 L’allitterazione nei versi 28-29: “leaden- eye” e“ lustrous eyes” è la ripetizione della consonante “l”<br />

7 Robin Mayhead, John Keats, Cambridge, 1967 (p. 72)<br />

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sull’immortalità che attribuisce all’usignolo. La tensione che si viene a creare tra il<br />

potenziale e l’attuale dà molto dinamismo all’ode.<br />

IV<br />

Abbiamo visto il primissimo tentativo di volo con l’usignolo attraverso il vino,<br />

senza alcun successo. Questo tentativo si conclude nella seconda strofa con la visione<br />

del mondo dell’uccello, visto da un osservatore estero e poi il distacco da esso è<br />

presentato nella strofa successiva.<br />

31 Away! away! for I will fly to thee,<br />

Not charioted by Bacchus and his pards 8 ,<br />

33 But on the viewless wings of Poesy,<br />

Though the dull brain perplexes and retards:<br />

Questo è uno sforzo più determinato. “Away” indica un volo immediato e<br />

veloce. La sua risolutezza è espressa dalla ripetizione delle esclamazioni. La posizione<br />

all’inizio del verso trasmette l’impressione di un voluto tentativo di rompere dalla<br />

riflessione della terza strofa.<br />

“I will fly to thee” è più deciso di “That I might drink…/And with thee fade<br />

away...”. il cambiamento da “with” a “to” porta maggiore dinamismo. La distanza tra<br />

il soggetto lirico e l’uccello è aumentata dalla I e II strofa. <strong>Il</strong> mondo del lavoro si trova<br />

tra loro.<br />

Le idee espresse nei primi quattro versi della strofa sono più esplicite,<br />

sembrano essere più consapevoli di quelle proposte nelle immagini dei primi versi. <strong>Il</strong><br />

veicolo attraverso cui scappare - la Poesia – non è evocato con amore, come invece si<br />

faceva prima. Questo è dato dalla consapevolezza del primo fallimento, ed è per questo<br />

che ora il successo richiede che la stessa ode dia “forma materiale” al nuovo veicolo<br />

attraverso cui poter scappare. Ciò significa che l’ode deve diventare per ora poesia-<br />

evasione ma per evadere dal mondo, essa deve escludere il pensiero. Questa conoscenza<br />

allude a “viewless wings of Poetry” (v. 33). “Viewless” non si riferisce solo alle ali<br />

dell’immaginazione invisibile e leggere, in contrapposizione con la pesantezza e il vino<br />

8 Bacco era il dio romano del vino, nelle immagini è raffigurato con un carro trainato da leopardi.<br />

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che è dato dalla terra, o alla figura corpulenta di Bacco, ma punta ad un’importante<br />

qualità di poesia- fuga: essa non vede il mondo. È il cervello che minaccia di ritardare<br />

ed impedire la fuga, dovuta alla sua inevitabile riflessione sulla realtà. <strong>Il</strong> cervello ha<br />

funzionato in questo modo nel rende il soggetto lirico consapevole della miseria che lo<br />

circonda.<br />

Con il verso 5 il poeta realizza la desiderata unione con l’usignolo:<br />

35 Already with thee! tender is the night,<br />

And haply the Queen-Moon is on her throne,<br />

37 Cluster'd around by all her starry Fays;<br />

here there is no light<br />

39 Save what from heaven is with the breezes blown<br />

Through verdurous glooms and winding mossy ways.<br />

Forse la luna felice (“haply”) non è sul trono – il soggetto lirico non può vedere,<br />

perché non c’è luce (“here there is no light” (v. 38). Egli si trova chiaramente<br />

nell’oscurità di una foresta, ma ciononostante, le qualità che sono attribuite alle tenebre,<br />

sono positive. È qualcosa di attraente, di sensuale e appagante, vi è una sensazione di<br />

benessere e di tranquillità. È proprio il fatto che non riesce a vedere che è una chiave<br />

importante del verso che segue. Qualche luce è soffiata nell’oscurità; in “here there is<br />

no light, Save what from heaven is with the breezes blown” (vv. 38-39) Keats, ancora<br />

una volta, fa uso deliberatamente di un verbo non visivo per esprimere questa<br />

percezione di senso (sinestesia). Pochi raggi di luce, filtrate attraverso il movimento<br />

delle foglie spinte dal vento, sono sufficienti per dare una dimensione spaziale alla<br />

foresta, che emerge nell’ultimo verso “Through verdurous glooms and winding mossy<br />

ways” (v. 40). L’impressione che viene data è di una complessità sensoriale in aumento.<br />

In questa strofa, il poeta ha finalmente intrapreso la fuga dal mondo (“Already with<br />

thee”( v. 35).<br />

È importante capire che il soggetto lirico riesce per un periodo a stare con<br />

l’usignolo e sperimenta il suo mondo. La foresta di cui si parla è intensa e intima,<br />

eppure naturale e leggera.<br />

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V<br />

La quinta strofa continua a esplorare l’oscurità della vegetazione che è presenta<br />

già nella strofa precedente:<br />

41 I cannot see what flowers are at my feet,<br />

Nor what soft incense hangs upon the boughs,<br />

43 But, in embalmed darkness, guess each sweet<br />

Wherewith the seasonable month endows<br />

45 The grass, the thicket, and the fruit-tree wild;<br />

Questa foresta estrae l’essenza di tutta la bellezza dei sensi che è associata al<br />

mondo dell’usignolo.<br />

<strong>Il</strong> soggetto lirico è capace di collegare i sensi a questa bellezza. Tutti – fatta<br />

eccezione della vista - sono “sforzati” a comprendere e visualizzare i dintorni naturali.<br />

Ancora una volta c’è un momento di agitazione “I cannot see…”. Ma il fatto che senta<br />

i fiori ai suoi piedi si volge come un tentativo di immagine visiva. Una tecnica simile è<br />

utilizzata nei versi successivi, vi è una rienfatizzazione del non visivo, si fa riferimento<br />

principalmente all’olfatto e alla percezione (“incense”, “embalmed”). Si ha qui un altro<br />

esempio di sinestesia “soft hangs apon the boughs” (v. 42), in cui si combinano due<br />

diversi sensi: il tatto (“soft”) e l’olfatto (“incense”).<br />

I diversi profumi inducono il soggetto lirico a intuire ogni dolcezza (“guess each<br />

sweet”), allora l’immagine relativa alla vista emerge con una crescente chiarezza. Sul<br />

livello realistico- naturalistico gli occhi si abituano all’oscurità quando il poeta cammina<br />

nella foresta e nelle stagioni. <strong>Il</strong> tipo di piante che incontra divengono sempre più<br />

complesse. Questa gradazione semantica è supportata da un accumulo nel numero delle<br />

sillabe, “The grass, the ticket and the fruitore wild”. La strofa, poi, continua:<br />

46 White hawthorn, and the pastoral eglantine;<br />

Fast fading violets cover'd up in leaves;<br />

48 And mid-May's eldest child,<br />

The coming musk-rose, full of dewy wine,<br />

50 The murmurous haunt of flies on summer eves.<br />

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La precisione nella descrizione visiva aumenta con gli aggettivi<br />

“white”,”pastoral”e “fast fading”.<br />

<strong>Il</strong> processo della Natura è introdotto all’interno dell’immagine della Violetta<br />

“fast fading”, “cover'd up in leaves”, il ciclo della natura, incluso il mutamento e la<br />

decomposizione, è parte di essa. La morte è qui un processo della vita.<br />

In questa strofa si ha al verso 48 (“And mid-May’s eldest child”) un’altra figura<br />

retorica, la personificazione, in cui il riferimento è rivolto ai fiori. Ancora una volta<br />

ritorna l’avvicinamento alla Natura e alle sue bellezze.<br />

La stagione di cui si parla è la primavera (la rosa muschiata, che è la figlia più<br />

grande del maggio, non è ancora sbocciata). Tuttavia Keats fa riferimento all’estate e lo<br />

dice espressamente sia nella prima strofa, quando parla del canto dell’usignolo, che qui<br />

per evidenziare la presenza degli insetti nelle sere d’estate. Nella progressione delle<br />

stagioni, si verificano una serie di cambiamenti, la primavera porta allegria, gli alberi<br />

rifioriscono e la natura si risveglia dal letargo dell’inverno, quindi c’è un sentimento di<br />

armonia, e l’estate, invece, è la continuazione e il completamento di tale risveglio ma<br />

allo stesso tempo si prepara per l’autunno che porta appagamento e raccolta.<br />

L’immagine finale, descritta negli ultimi tre versi, è la più intensa. La rosa<br />

muschiata è rappresentata perfino più duramente nel suo ciclo naturale rispetto alla<br />

violetta, che si prolunga nel suo germogliare a metà estate. Una caratteristica dello<br />

sviluppo della strofa è l’enfasi data alla coerenza organica della natura come un<br />

tutt’uno. Qui le cose non esistono separatamente dall’uno all’altro. In questa immagine<br />

complessa del processo naturale troviamo la metafora più comprensibile di cosa tutta la<br />

vita sarebbe e potrebbe essere: ciò è il vero potenziale della vita, la realtà legata,<br />

l’utopia a cui fa riferimento Keats.<br />

<strong>Il</strong> poeta e il lettore sperimentano questa utopia, il potenziale umano della vita,<br />

attraverso i sensi della mente, diviene parte del loro mondo interiore come le altre cose<br />

della bellezza.<br />

L’arte e la sua migliore espressione rinforza la nostra fiducia nel potenziale<br />

umano e nel futuro dal renderlo tangibile. D’altra parte è solo in queste condizioni di un<br />

“mondo migliore” in cui il poeta si integra nella V strofa che può cantare “of summer in<br />

full-throated ease”. Per fare questo, deve volontariamente distogliere gli occhi da una<br />

riflessione del mondo attuale. Ciò rivela la duplice natura della fuga. Quindi il poeta<br />

entra nel mondo dell’usignolo con l’esclusione dell’attuale. Egli non può creare un<br />

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mondo non reale, allora crea un’utopia che è decisamente radicata nella vita. Keats sta<br />

penetrando nel principio centrale della natura.<br />

VI<br />

Le prime parole della sesta strofa segnalano il cambiamento verso la riflessione:<br />

51 Darkling I listen; and, for many a time<br />

I have been half in love with easeful Death,<br />

53 Call'd him soft names in many a mused rhyme,<br />

To take into the air my quiet breath;<br />

La foresta lucente della poesia è scomparsa e il soggetto lirico rimane<br />

nell’oscurità. Per reintrodurre le tenebre , ancora una volta, è utilizzato “I listen” che è<br />

un verbo che indica l’ascolto e, di conseguenza, non fa riferimento ad un senso visivo.<br />

Allo stesso tempo questo “sentire “ è un indizio che ci permette di ristabilire l’idea della<br />

distanza tra il soggetto lirico e l’usignolo, di cui sente solo il suo canto. Anche il<br />

linguaggio subisce una modifica, non è tanto sensuale come quello della prima. La<br />

riflessione su questa situazione è indotta deliberatamente da una descrizione “ che non<br />

fa riflettere”.<br />

La riflessione della morte è causata dall’esperienza descritta nella V strofa,<br />

l’allontanarsi dal pensiero e perciò, tendenzialmente, anche un allontanarsi dalla realtà.<br />

É stato raggiunto un punto di culmine e<br />

55 Now more than ever seems it rich to die,<br />

To cease upon the midnight with no pain,<br />

57 While thou art pouring forth thy soul abroad<br />

In such an ecstasy!<br />

“Now” è carico di una particolare pesantezza, che indica la tensione emotiva al<br />

punto in cui sembra impossibile ottenere un’unità con l’uccello. “Rich” (v. 55) che è un<br />

attributo della vita, ed è riferito al suo opposto, ossia la morte. Questa visione della<br />

morte è anticipata in “easeful”(v. 52) e “quite breath”(v. 54). L’espressione<br />

travolgente di questa strofa è l’attrazione della morte, intesa come un cambiamento<br />

appena distinguibile dall’apice della realizzazione poetica. A questo punto nell’ode la<br />

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morte sembra il solo modo si veder realizzato l’ultima unione con l’usignolo. Essa<br />

sembra promettere qualcosa delle qualità del mondo dell’usignolo, mentre di fatto<br />

sarebbe una irreversibile fine per entrambi. L’abbondanza della bellezza sensuale e la<br />

sensazione imparziale di esso distingue questo mondo; la canzone può continuare, ma la<br />

morte sospende la sua percezione:<br />

59 Still wouldst thou sing, and I have ears in vain –<br />

To thy high requiem become a sod.<br />

Qui il soggetto lirico realizza pienamente ciò che era stato indicato in “seems it<br />

rich to die”(v. 55), perché ancora una volta, si è quasi innamorato della morte. È la<br />

consapevolezza della perdita di percezione della bellezza della terra che gli fa rinnegare<br />

la morte come una soluzione.<br />

Naturalmente, la maggior parte delle discussioni di questa strofa pone<br />

l’attenzione sul problema della morte. Bate, che immagina che il tentativo del volo<br />

attraverso la poesia finisce dopo due versi nella IV strofa e che però è trattato in tutta la<br />

V per avere un ritorno al mondo attuale, scrive:<br />

“L’accettazione del processo, naturalmente, include l’accettazione della morte,<br />

come illustra in particolar modo l’ode serena ‘To Autumn’; e mentre la canzone<br />

ipnotica dell’uccello continua, il pensiero della morte, prima quasi insopportabile<br />

(“Where youth grows pale, and spectre- thin, and dies”), diventa adesso “easeful”. 9<br />

Come un’identificazione dei diversi concetti della morte incontrati nell’ode è<br />

abbastanza attuale la pratica critica. Questa supposizione si presenta in modo logico<br />

dalla falsa premessa che Keats si occupa generalmente delle mortalità umana.<br />

VII<br />

Seguendo il pensiero dell’uccello che canta il suo requiem 10 , il soggetto lirico<br />

appare in una canzone di lode, un inno solenne alla vita per l’usignolo:<br />

61 Thou wast not born for death, immortal Bird!<br />

9 W.J.Bate (ed.), Keats. A Collection of Critical Essay, New Jersey, 1964. (p. 506)<br />

10 <strong>Il</strong> requiem è una messa secondo il rito liturgico della chiesa eseguita e celebrata in memoria del defunto. Può essere<br />

anche utilizzata come servizio funebre, in particolare nel caso dei funerali solenni; c'è anche l'uso di eseguirla come<br />

parte della liturgia nel giorno dei Defunti.<br />

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No hungry generations tread thee down;<br />

Questa condizione è in contrasto con la stessa esperienza del soggetto lirico, di<br />

un’esistenza in cui le persone sono nate per la morte, non per la vita. Mentre nella<br />

società umana, la vita è dominata dalla morte, un individuo arriva al suo culmine<br />

naturale come il risultato e la condizione della realizzazione del ciclo vitale, la natura<br />

continua ad andare avanti. L’immortalità dell’usignolo è anche realizzata attraverso il<br />

compimento del suo essere, il cui canto lo rappresenta, e quindi la sua immortalità è di<br />

un tipo che sarebbe anche dentro la ricchezza dell’essere umano.<br />

<strong>Il</strong> desiderio ardente che appesantisce queste generazioni non solo è<br />

un’espressione di uno stato attuale di volere fisico, ma anche del loro desiderio che sta<br />

mancando in qualità. In questi versi e in quelli che seguono, Keats mostra un profondo<br />

senso della storia. La storia umana è stata deviata dalla natura per lungo tempo. Le<br />

affamate generazioni sono sia prigionieri di un volere e preservatori della bellezza, il<br />

canto dell’usignolo. Allora il verso che comincia a celebrare l’immortalità dell’uccello<br />

dimostra egualmente l’immortalità umana. <strong>Il</strong> riconoscimento della bellezza ha aiutato<br />

l’umanità a sopravvivere attraverso tutte le generazioni affamate. Quindi la voce<br />

dell’usignolo unisce il soggetto lirico a tutto il passato:<br />

63 The voice I hear this passing night was heard<br />

In ancient days by emperor and clown:<br />

65 Perhaps the self-same song that found a path<br />

Through the sad heart of Ruth, when, sick for home,<br />

67 She stood in tears amid the alien corn;<br />

The same that oft-times hath<br />

69 Charm'd magic casements, opening on the foam<br />

Of perilous seas, in faery lands forlorn.<br />

La prima immagine indica un’ampiezza e una diversità sociale: il canto<br />

dell’usignolo tocca il cuore umano. Gli si riferisce a due classi sociali opposte<br />

“Emperator and clown”(v. 63) al cui interno sono racchiuse tutte una serie di polarità,<br />

date dalla differenza sociale, ma nello stesso tempo anche di comunità.<br />

Le successive immagini specifiche di Ruth, più estese ed immaginative, indicano<br />

la profondità dell’effetto del canto. L’attenzione si focalizza sul livello sociale generale<br />

che vuole essere un’immagine familiare per il lettore. La bellezza dei sensi è percepita<br />

attraverso il cuore umano. La comune emozione che si stabilisce tra Ruth, il soggetto<br />

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lirico, Keats e il lettore è realizzata attraverso il potere dell’evocazione. “Sad heart” (v.<br />

65) aggiunge un a dimensione altamente personale alla familiare storia biblica. Con un<br />

semplice cambio di ordine in “sick for home” (v. 65) - più potente di “homesick”-<br />

Keats prepara un modo carico di emozioni per il verso finale dell’immagine, raffigura<br />

l’intera solitudine di Ruth con cui il soggetto lirico può facilmente identificarsi.<br />

L’ultima immagine di questa strofa si differenzia qualitativamente dalle prime<br />

due. Mentre quelle aumentavano la consapevolezza dell’umanità comune, l’immagine<br />

conclusiva indica che c’è anche una risposta al canto che ha il potere di allontanare<br />

l’umanità nei posti aridi. Malgrado ciò essi esercitano un fascino magico, ecco perché<br />

sono così “perilous”. Questa è un’altra funzione possibile del canto dell’usignolo, il<br />

quale assume delle qualità: pericoloso, attraente, “sedizioso”.<br />

<strong>Il</strong> soggetto lirico inizialmente era anche attratto dalla promessa di terre “fatate”.<br />

Egli è sempre pronto a saltare nella schiuma. Solo adesso con “forlon”(v. 70),<br />

l’incantesimo è spezzato e il poeta diventa pienamente cosciente delle implicazioni del<br />

suo tentativo di volo. Questo è il passo finale che fa tornare alla realtà. <strong>Il</strong> volo con<br />

l’usignolo causa separazione dall’umanità e questo, in un modo complesso, significa<br />

perdita della percezione sensuale della bellezza della vita. La bellezza nonostante la<br />

minaccia costante della sua decadenza è radicata in modo inestricabile nell’esistenza.<br />

Con il desiderio di lasciare il mondo, la canzone dell’uccello ha stimolato<br />

l’immaginazione del soggetto lirico nella visione creatrice del potenziale della vita,<br />

l’utopia, che sconfigge le mancanze della realtà storica. In ultima analisi, questa visione<br />

utopica serve a legare più vicino alla vita il soggetto lirico, e il lettore e contribuisce alla<br />

consapevolezza che la bellezza e la vita materiale sono inseparabili.<br />

La visione incantatrice è creata dall’immaginazione. Ma se questa immagine è<br />

parte o particella del messaggio dell’ode, deve poi contribuire in un modo o nell’altro<br />

all’argomento. La VII strofa, e in particolare questo messaggio finale, inducono il<br />

soggetto lirico ad abbandonare il suo desiderio di lasciare il mondo. Questo non può<br />

essere determinato da una mera qualità immaginativa astratta, perché queste immagini<br />

sono così attraenti che non hanno un tale potere nel sedurne uno per tornare agli<br />

interessi umani e quindi alla bellezza dinamica della vita.<br />

Wasserman fa una considerazione su “faery lands”:<br />

“Le terre incantate sono ‘deserte’ perché devono essere dimenticate dagli<br />

uomini come è nel mondo mortale. Esse sono il mistero, ma non possono essere<br />

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popolate da mortali, l’esistenza umana include un’ignoranza del mistero anche se il<br />

mistero è il principio centrale della vita degli uomini” 11<br />

Donald Westling cerca un’analisi marxista per concentrarsi sull’aspetto storico<br />

del linguaggio simbolico:<br />

“In un primo tempo nella storia Europea, il menestrello- artista aveva un<br />

pubblico combinato di imperatori e servi, ma adesso una tale audience si è frantumata.<br />

Keats procede poi più lontano fino alla storia biblica. Ma egli fa luce su Ruth, non su<br />

una figura della costituzione sociale (Isacco o Giacobbe)ma su qualcuno di in<br />

convenzionale, una persona dislocata (…). La regressione nel tempo e nello spazio è<br />

completa. Tuttavia ‘perdute’:perdute sono quelle terre lontane perché inabitate da<br />

uomini reali, e in loro non ci può essere la creazione della consapevolezza e della<br />

coscienza, nessuna creazione stessa. Nell’VIII strofa, poi, il ritorno è inevitabile alla<br />

critica stessa e il decadimento di ‘facy’”. 12<br />

VIII<br />

La ripetizione di esclamazione di “forlon” identifica in modo emozionante il<br />

momento critico finale della poesia.<br />

71 Forlorn! the very word is like a bell<br />

To toll me back from thee to my sole self!<br />

Tutti i suoni delle parole indicano il rintocco del suono della vita. La ripetizione<br />

di “Adieu” nel verso 5 indica una chiara rottura con l’usignolo. <strong>Il</strong> soggetto lirico<br />

contempla la sua partenza in modo filosofico:<br />

73 Adieu! the fancy cannot cheat so well<br />

As she is fam'd to do, deceiving elf.<br />

75 Adieu! adieu! thy plaintive anthem fades<br />

Past the near meadows, over the still stream,<br />

77 Up the hill-side; and now 'tis buried deep<br />

In the next valley-glades:<br />

11 Earl R. Wasserman, The Finer Tone, Baltimore, 1967 (p. 211)<br />

12 Donald Westling, The dialectical Criticism of Poetry. An Istance from Keats, Mosaic, V, 2, 1972 (p. 89)<br />

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79 Was it a vision, or a waking dream?<br />

Fled is that music: - Do I wake or sleep?<br />

L’affermazione riguardo all’inabilità dell’immaginazione (“facy”) ad ingannare,<br />

così anche la frase “she is fam’d to do” (si dice sia solita fare) (v. 74) è altamente<br />

ironica, e rafforza la stessa distanza emozionale.<br />

Le successive immagini dimostrano la crescente rimozione spaziale dell’uccello.<br />

Non sta andando scomparendo l’usignolo, ma il suo canto. Con la partenza del canto, il<br />

punto di referenza attorno cui ruota la battaglia dell’ode, scompare anche. Essa non è<br />

tanto necessaria e il soggetto lirico non è tanto attratto da essa. Trova se stesso in un<br />

nuovo giorno. Su questo livello può essere rintracciato anche lo sviluppo della poesia.<br />

L’importanza della Vi strofa nella battaglia interna, è sottolineata dal riferimento alla<br />

mezzanotte. La VII strofa è associata all’inizio della notte che inizia e finisce in “this<br />

passing night”. La descrizione visiva della scomparsa del canto, infine, è possibile solo<br />

all’alba.<br />

L’usignolo e il canto sono fuggiti, così è la grande attrazione che loro<br />

mantengono per il soggetto lirico. La musica della stessa ode arriva ad una fine con<br />

questa partenza. La finalità di ciò è accentuata dall’enfasi data a “Fled”(v. 80).<br />

La più comune delle premesse critiche che riguardano questa strofa finale è la<br />

perdita del soggetto lirico, di ritornare alla realtà da un “mondo migliore”. Wasserman<br />

scrive:<br />

(…)se immaginiamo che la vita vera stia sperimentando la condizione della<br />

meta del paradiso, allora l’usignolo ‘vive’ sulla terra ma il poeta non può; e il ritorno<br />

del poeta al suo mondo è perciò un ‘morire’ che è annunciato dallo stesso ritocco<br />

funebre della morte che lo convoca a ciò che la maggior parte degli uomini chiamano<br />

“vita”. 13<br />

Di fatto l’ode ha mostrato che il poeta non si rassegna alla condizione della<br />

morte nella vita. La tensione tra il mondo attuale e il mondo come potrebbe essere<br />

indica la necessità e la possibilità di cambiare le condizioni umane con il diventare<br />

consapevole del suo potenziale. La possibilità di cambiare lo lega con la stessa vita. Ciò<br />

emerge nella III strofa, dove la sola vita esibisce Bellezza ed Amore, persino se non<br />

possono servire per lungo tempo. <strong>Il</strong> poeta come un amante del piacere sensuale della<br />

bellezza deve odiare il mondo che serve la bellezza solo per distruggerla. Ma come la<br />

bellezza e il suo apprezzamento sono radicati nel mondo attuale, egli non può fuggire da<br />

13 Earl R. Wasserman, The Finer Tone, Baltimore, 1967 (p. 220)<br />

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esso. È la bellezza del mondo che penetra e acquista le visioni della II e V strofa,<br />

contraddicendo e sovvertendo tutti gli sforzi per scappare. L’immagine dell’”altro”<br />

mondo, portato dal desiderio di scappare, sono di fatto uniti al reale, al mondo<br />

materiale.<br />

L’ode si conclude con le due domande finali:<br />

79 Was it a vision, or a waking dream?<br />

80 Fled is that music: - Do I wake or sleep?<br />

Come l’inizio della poesia suggeriscono una reazione di sconfitta ad una<br />

esperienza carica di troppo potere per essere padroneggiata, mentre tali domande<br />

esprimono un tentativo di controllare e di capirla. “Was it a vision, or a waking<br />

dream?” è il problema della verità dell’immaginazione, che aggiunge una ulteriore<br />

tensione ai vari sforzi tra l’attuale e l’ideale. Keats stesso scrive:<br />

“ Non sono certo di niente ma della santità degli affetti del cuore e la verità<br />

dell’immaginazione. Ciò che l’immaginazione carpisce come bellezza deve essere<br />

verità” 14 .<br />

L’ode è un’essenza, non un’imitazione della realtà. I dettagli sono scelti per la<br />

più grande intensità di concentrazione.<br />

14 The Letters of John Keats, ed. M. B. Forman, London University Press, 1947 (p. 67)<br />

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Conclusioni<br />

<strong>Il</strong> primo sentimento che ho provato quando ho letto l’ode per la prima volta, è<br />

stato di malinconia. Ma dopo aver più volte esaminato la poesia, si scopre che il tema<br />

principale è il viaggio verso l’immortalità.<br />

L’usignolo, che all’inizio viene rappresentato con un uccello normale, si carica<br />

alla fine di una dimensione immortale. Ma questa immortalità di cui il poeta parla, è la<br />

Natura stessa, e lo strumento che ci viene dato attraverso cui possiamo raggiungerla è la<br />

Poesia. Ritorna qui l’idea dei poeti romantici secondo cui, essi sono gli unici dotati di<br />

maggiore sensibilità in grado di capire i disagi causati in Inghilterra della Rivoluzione<br />

Industriale.<br />

I versi finali sembrano avere la funzione di una reazione alla sconfitta. È come<br />

se il poeta avesse voluto reagire alla delusione di non potersi ricongiungere con<br />

l’usignolo e quindi con la stessa Natura, allora reagisce con delle domande che servono<br />

a controllare la situazione. Keats non si rassegna alla sconfitta della Bellezza e al fatto<br />

che questa può svanire a causa della morte. La poesia è un mezzo attraverso cui<br />

scappare da questa consapevolezza della realtà.<br />

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Bibliografia<br />

A. Grosso. Poesie- John Keats<br />

Iperone . Odi e sonetti. Versione con testo a fronte.<br />

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Meyer H. Abrams. Lo specchio e la lampada. La teoria romantica e la traduzione critica.<br />

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Mario Praz. La letteraratura inglese dai romantici al Novecento.<br />

Paolo Bertinetti. Storia della letteratura inglese. Dal romanticismo all’età contemporanea.<br />

(vol. II)<br />

Graham Hough, The Romantic Poets, London, 1976<br />

Robert Gittings, John Keats, Boston/Toronto, 1968<br />

Robin Mayhead, John Keats, Cambridge, 1967<br />

W.J.Bate (ed.), Keats. A Collection of Critical Essay, New Jersey, 1964.<br />

Earl R. Wasserman, The Finer Tone, Baltimore, 1967<br />

Donald Westling, The dialectical Criticism of Poetry. An Istance from Keats, Mosaic, V, 2, 1972<br />

Earl R. Wasserman, The Finer Tone, Baltimore, 1967<br />

The Letters of John Keats, ed. M. B. Forman, London University Press, 1947<br />

John Booth, M.A. Notes on Keats’ Poetry, Toronto 1973<br />

Jennifer Farrell Keats – The Progress of the Odes. Unity and Utopia.<br />

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