Samuel Beckett: Waiting for Godot (Daniela Caputo)
Samuel Beckett: Waiting for Godot (Daniela Caputo)
Samuel Beckett: Waiting for Godot (Daniela Caputo)
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Vita<br />
<strong>Daniela</strong> <strong>Caputo</strong><br />
Letteratura inglese TDL<br />
SAMUEL BECKETT: WAITING FOR GODOT<br />
<strong>Samuel</strong> <strong>Beckett</strong> nacque in un tranquillo villaggio irlandese il 13 Aprile 1906. Era un ragazzo<br />
molto particolare dalla personalità malinconica, chiusa, riflessiva e anche un po’ enigmatica. Negli<br />
anni di studio a Dublino si rese conto della povertà e della sofferenza presenti nella grande città<br />
mentre, fino ad allora, la vita lo aveva tenuto lontano dalla miseria umana: mendicanti, paralitici, ex<br />
soldati mutilati della Prima guerra mondiale. A causa di questo dolore, sofferenza e morte, la sua<br />
fede religiosa cominciò a vacillare. Non riusciva a spiegarsi, infatti, come si potesse giustificare<br />
questa miseria come un contributo a qualcos’altro, una ricompensa da attendere nella vita dopo la<br />
morte.<br />
Fondamentali per lui furono gli anni come lettore d’inglese all’École Normale di Parigi. Qui,<br />
infatti, conobbe Joyce, di cui ammirava le eccezionali capacità linguistiche e con cui poteva<br />
condividere la sua enorme passione per Dante. Entrambi ammiravano le parole (i loro suoni, i ritmi,<br />
le <strong>for</strong>me, le etimologie) e possedevano una notevole ricchezza di vocabolario grazie alla conoscenza<br />
di lingue diverse. Joyce gli trasmise anche l’intolleranza verso la censura: essere d’accordo con la<br />
censura significava ammettere che le parti omesse non erano indispensabili e che quindi il libro non<br />
era per niente artistico.<br />
Tornato a Dublino, iniziò a lavorare come lettore di francese al Trinity College, ma<br />
l’insegnamento non lo soddisfaceva. Inoltre non amava stare in Irlanda perché la trovava troppo<br />
provinciale e ristretta di vedute.<br />
A causa della morte del padre, la sua salute peggiorò 1 , ma poiché non venne riscontrato nessun<br />
problema fisico, gli consigliarono di incominciare una psicoanalisi a Londra 2 . Seguendo un’analisi<br />
riduttiva, cercarono di scoprire i legami dinamici tra sintomi e cause nel passato attraverso la libera<br />
associazione e l’analisi dei sogni. Dalla terapia si evinse che le cause dei suoi problemi erano il<br />
rapporto conflittuale con la madre, il senso di superiorità e l’isolamento dagli altri. Questo lo portò<br />
ad essere meno chiuso e più interessato agli altri, a preoccuparsi in primo luogo per la famiglia e per<br />
gli amici, condividendone problemi e sofferenze. In passato aveva già avuto esperienza dei disturbi<br />
1 Già da giovane aveva avuto le prime esperienze di insonnia: il cuore, durante la notte, iniziava a palpitare sempre più<br />
velocemente fino a svegliarlo e quando iniziarono terribili sudate notturne e crisi di panico decise di rivolgersi ad un<br />
medico.<br />
2 Nel 1933 la psicoanalisi era illegale a Dublino.<br />
1
psichici perché la figlia di Joyce, Lucia, soffriva di una malattia mentale. Di conseguenza, la<br />
scrittura inizia a mostrare l’influenza dell’analisi e delle letture che faceva al riguardo.<br />
Iniziando a viaggiare per l’Europa, ebbe la possibilità di entrare in contatto con il mondo<br />
dell’arte, in particolar modo della musica e della pittura 3 e quando era a casa, andava sempre a<br />
trovare il suo amico pittore Jack Yeats. Nei suoi dipinti vi trovava un senso di isolamento e<br />
solitudine della natura e soprattutto dell’uomo, tagliato fuori dalla natura e dai suoi stessi simili. Ad<br />
esempio, Vladimir ed Estragon stanno insieme nell’attesa, ma sono fondamentalmente soli. Inoltre,<br />
si appassionò sempre più alle letture filosofiche di Schopenhauer, che riflettevano l’ossessione per<br />
l’isolamento dell’uomo dalla natura e dell’uomo dall’uomo, la riduzione del ruolo della volontà<br />
umana, la solitudine, la malattia e la morte.<br />
Assistendo ad una rappresentazione teatrale 4 ebbe l’opportunità di sviluppare un proprio modo di<br />
utilizzare la poesia a teatro: dato che le parole rendono oscura l’azione e a loro volto sono oscurate<br />
da essa, una soluzione era quella di ridurre l’azione drammatica convenzionale sino a quasi la stasi<br />
e di creare una poesia del teatro. In Aspettando <strong>Godot</strong> il ritmo dei discorsi prende vita dal teatro di<br />
varietà e dal circo e i gesti e l’azione creano una propria coreografia intricata, quasi da balletto.<br />
L’attesa è una meta<strong>for</strong>a poetica.<br />
Nel 1937, dopo l’ennesimo litigio con la madre e l’oppressione che provava a Dublino, decise di<br />
trasferirsi a Parigi, il che lo allontanò dalla censura irlandese, gli offrì la libertà dell’anonimato e lo<br />
obbligò a vivere alla giornata per i suoi problemi economici.<br />
<strong>Beckett</strong> trovava stimolante la vita artistica e musicale parigina e nella sua cerchia d’amici erano<br />
presenti, infatti, soprattutto pittori e incisori. Iniziò a scrivere poesie in francese perché questa<br />
lingua gli permetteva di sfuggire alla densa allusività, all’ampia erudizione e a quella eccessiva<br />
intimità delle sue poesie in inglese, che aveva acquisito grazie ai suoi approfonditi studi. Il suo<br />
intento era quello di essere il più chiaro e semplice possibile, liberandosi delle eccessive<br />
complessità <strong>for</strong>mali ed espressive.<br />
Dopo l’invasione tedesca, durante la Seconda guerra mondiale, lui e la sua compagna, Suzanne,<br />
si videro costretti ad abbandonare la capitale. Dopo l’estate tornarono a Parigi, dove si procurò dei<br />
documenti, che testimoniavano la sua professione di scrittore e la nazionalità irlandese, e questo gli<br />
permise di ricevere i buoni per i viveri come ogni residente parigino. Le razioni limitate e i baratti<br />
di cibo, che ispirarono quelli di carote, ravanelli e rape tra Vladimir ed Estragon, divennero<br />
comuni tra lui e Suzanne.<br />
3 Nei dipinti di Cézanne riscontrava la totale estraneità del paesaggio rispetto all’uomo, da cui l’uomo ne è separato e<br />
alienato, avvicinandosi molto al suo modo di pensare. Inoltre si interessò sempre più alla pittura olandese e fiamminga.<br />
4 La tragedia “Gige e il suo anello” di Friedrich Hebbel.<br />
2
Un suo amico, Alfred Péron, lo convinse ad unirsi al movimento della Resistenza. Il suo ruolo<br />
nella cellula antinazista consisteva nell’ordinare, condensare e tradurre, dal francese all’inglese, i<br />
rapporti in<strong>for</strong>mativi che riceveva. Dopo l’arresto di alcuni membri del gruppo, però, dovettero<br />
rifugiarsi nel piccolo villaggio di Roussillon d’Apt, caratteristico per i suoi terreni di colore tra il<br />
rosso e l’ocra. Questo villaggio ha ispirato il commento di Vladimir (“Ma laggiù tutto è rosso.”) a<br />
proposito di una regione dove, con Estragon, avrebbe vendemmiato.<br />
Alla fine della guerra, <strong>Beckett</strong> ottenne un lavoro in un ospedale in Normandia organizzato dalla<br />
Croce Rossa Irlandese. Il lavoro era molto duro ma sopportabile, grazie alla sua assoluta ostinazione<br />
e alla determinazione a non cedere. Questo tratto della sua personalità lo ritroviamo pure nei suoi<br />
personaggi, che non mollano e non perdono mai la loro dignità umana. Questa caratteristica,<br />
insieme all’umorismo, è una delle <strong>for</strong>ze positive presenti nelle sue opere che consente di non<br />
considerarla interamente pessimistica.<br />
Parlando ormai quasi esclusivamente in francese, il passaggio dall’inglese al francese nello<br />
scrivere le sue opere sembra quasi naturale. L’inglese era sovraccarico di allusioni e di associazioni,<br />
mentre con il francese poteva scrivere con più semplicità e oggettività, senza l’influenza joyciana,<br />
concentrandosi sulla musicalità della lingua, i suoi suoni e i suoi ritmi. Vennero, quindi, creati<br />
racconti, romanzi e lavori teatrali interamente in francese. I romanzi 5 rivelano come <strong>Beckett</strong> si sia<br />
calato nella sua psiche, come abbia manipolato la frammentazione che vi trovò e gli impulsi e i<br />
desideri solitamente repressi.<br />
<strong>Waiting</strong> <strong>for</strong> <strong>Godot</strong><br />
Aspettando <strong>Godot</strong> fu scritto tra l’ottobre del 1948 e il gennaio del 1949. L’ambientazione è<br />
davvero semplice: il sipario si apre su una strada di campagna con un albero spoglio. Due uomini<br />
stanno aspettando un certo <strong>Godot</strong>, che sperano li salvi dalla loro condizione miserabile. Nel<br />
frattempo cercano di far passare il tempo. Altri due uomini arrivano e stanno per un po’ di tempo.<br />
Alla fine un messaggero gli farà sapere che sicuramente <strong>Godot</strong> arriverà l’indomani.<br />
La concezione visuale fu ispirata da un quadro di Caspar David Friedrich 6 in cui due figure<br />
guardano la luna piena incorniciata dai rami scuri di un grande albero senza foglie.<br />
Un tema rilevante è la preoccupazione sulla possibilità di salvezza, presente in tutta l’opera, che<br />
potrebbe essere stata ispirata da una frase di sant’Agostino: “Non disperare, uno dei due ladri venne<br />
salvato, non presumere, uno dei due ladri venne dannato”.<br />
Alcuni pezzi di dialogo potrebbero essere stati presi dalle conversazioni tra <strong>Beckett</strong> e Suzanne,<br />
per far passare il tempo quando cercavano rifugio dalla guerra, o anche tra lui e il suo amico mentre<br />
5 La trilogia romanzesca in francese costituita da Molloy, Malone muore e L’innominabile.<br />
6 Uomo e donna che osservano la Luna del 1824 o, più probabilmente, Due uomini che osservono la Luna del 1819.<br />
3
giocavano a scacchi. Sicuramente, più che a conversazioni quotidiane i dialoghi si rifanno agli<br />
scambi di battute, monologhi e canzoni del teatro di varietà e a fonti filosofiche (tra cui Cartesio,<br />
Kant, Schopenauer, Heidegger). Come mostra, però, la versione in inglese, il testo nasce dal<br />
retroterra irlandese. Contiene, infatti, vere e proprie frasi e strutture sintattiche irlandesi, la vita dei<br />
vagabondi e dei mendicanti è irlandese 7 .<br />
Inoltre, aspettare (il tema principale dell’opera, come suggerisce il titolo) che qualcuno arrivi o<br />
che accada qualcosa che possa cambiare gli eventi, è stato spesso un elemento chiave nella storia<br />
del dramma moderno. La noia e la fuga dalla noia preservano, così, una particolare tensione<br />
drammatica.<br />
Il grande successo che ne derivò deve essere attribuito all’essere riuscito a rivoluzionare il teatro<br />
con la messa in ridicolo del linguaggio, la commistione di registri alti e bassi (citazioni teologiche e<br />
turpiloqui), il mix dei generi (tragedia,commedia, teatro comico e di varietà), pause, silenzi e ritorni<br />
inconcludenti.<br />
Critica<br />
Moriconi 8 critica l’affermazione di Sastre che “Aspettando <strong>Godot</strong> è una lucida testimonianza<br />
del nulla”, poiché, anche se è vero che Vladimir ed Estragon vivono di nulla, col nulla, nel nulla e<br />
per nulla, non può essere che anche <strong>Godot</strong> sia il nulla, dovrebbe esserne il contrario. Se fosse il<br />
nulla, il loro annullamento totale, la fine di ogni male terreno, perché esiterebbero ad ammazzarsi?<br />
Il fare arrivare <strong>Godot</strong>, a questo punto, dipenderebbe solo da loro.<br />
Se fosse la morte, allora Vladimir ed Estragon distinguono chiaramente una morte volontaria<br />
(l’impiccagione che rimandano sempre) da una naturale (desiderabile dato che loro aspettano con<br />
desiderio <strong>Godot</strong>). Se vanno via e mancano all’appuntamento, vengono puniti, quindi la morte<br />
volontaria è dannosa, da evitare. Se, invece, aspettano, attendono la morte naturale, vengono<br />
premiati. Evidentemente <strong>Godot</strong> non è il nulla dell’oltretomba, e neanche il nulla degli atei perché<br />
parlano come due credenti, da buoni cristiani, di pentimento e salvazione 9 e fanno dei paragoni con<br />
Gesù.<br />
Piuttosto che il dramma dell’attesa, sarebbe più un’opera sulla speranza e sulla fede. Può anche<br />
essere che Vladimir ed Estragon non vedranno mai <strong>Godot</strong>, ma quel che è certo è che prima o poi<br />
verrà, si danno con<strong>for</strong>to a vicenda e si abbracciano. Lo stesso nome <strong>Godot</strong> è un diminutivo francese<br />
per la parola inglese God (Dio), come mostra Charles- Charlot 10 .<br />
7 Riprende i temi del drammaturgo irlandese John Millington Synge.<br />
8 Moriconi B. (1990), <strong>Beckett</strong> e altro “assurdo”, Napoli, Guida.<br />
9 I due ladroni crocifissi insieme al Signore vengono citati solo in due vangeli e solo uno degli evangelisti dice che uno<br />
di loro fu salvato.<br />
10 Inoltre molti personaggi beckettiani indossano la bombetta di Charlot.<br />
4
Ma se Estragon invoca Dio per chiedergli pietà, perché poi distinguono Dio da <strong>Godot</strong>? Forse è<br />
solo qualcosa che viene da Dio, magari il Cristo. La barba bianca, però, non viene mai attribuita a<br />
Gesù. Di certo aspettano qualcosa che muterà in bene la loro vita, potrebbe anche essere la<br />
comprensione del senso della vita da parte di due umili sofferenti. Non sono dei santi, ma almeno<br />
stanno lì ad aspettare e l’attesa frutta loro delle autoanalisi, conclusioni, ragionamenti e intuizioni<br />
che preparano alla venuta di <strong>Godot</strong>. Anzi, quando Pozzo e Lucky cadono, loro li aiutano a rialzarsi<br />
e della ricompensa che aveva promesso Pozzo non se ne parla più. Secondo Moriconi, quindi,<br />
Aspettando <strong>Godot</strong> è un dramma religioso che infonde speranza.<br />
Secondo Barnard 11 nell’opera vengono trattati simultaneamente le due metà basiche della mente<br />
divisa, l’Inner-Self e lo Pseudo-Self, incarnati in una coppia la cui relazione è ambivalente, basata<br />
sul mutuo antagonismo e sulla mutua dipendenza, un’unione nella divisione. Sono uomini decrepiti,<br />
stanchi della complessità della vita, isolati dal mondo del senso comune e lasciati a raccontarsi<br />
storie. Vladimir ed Estragon sono due metà dello stesso uomo e, nonostante parlino spesso di<br />
separarsi, alla fine restano insieme perché sono indissolubilmente legati. Entrambi aspettano che<br />
arrivi la nebulosa figura di <strong>Godot</strong>, un uomo che non hanno mai visto e che in effetti non arriva. Lo<br />
aspettano perché è essenziale per loro, poiché gli rivelerà il senso della loro esistenza sulla terra in<br />
modo da giustificarla. Nel frattempo occupano il tempo con dialoghi inconcludenti e ambigui e<br />
futili azioni. Non c’è un vero sviluppo continuo e alla fine i due vagabondi sono quello che erano<br />
all’inizio. La frase d’apertura: Nothing to be done riassume l’intera situazione e la didascalia They<br />
do not move conferma l’inazione.<br />
Gli altri tre personaggi (Pozzo, Lucky e il ragazzo) appartengono alla fantasia piuttosto che alla<br />
realtà e le piccole azioni che portano avanti sono più simboliche che significative perché non<br />
lasciano nessun segno. Altre azioni, come scambiarsi i cappelli e il dibattersi contro la scarpa<br />
servirebbero solo ad attirare l’attenzione del pubblico.<br />
Estragon, l’ex poeta, è l’introverso Inner-Self. Spesso cerca di andare a dormire, sognare, e i suoi<br />
istinti suicidi sono neutralizzati dallo Pseudo-Self, più attaccato al corpo. Estragon è il più freddo<br />
della coppia, scontroso e a volte crudele. Propone di separarsi, ma si aggrappa al suo amico perchè<br />
ha bisogno della sua presenza, infatti, non possono stare a lungo lontani.<br />
Apparentemente si distaccano la notte (quando lo Pseudo-Self dorme) e durante il giorno<br />
(quando è occupato con il mondo esterno) ed entrano in contatto solo al crepuscolo. Si ritrovano<br />
dopo aver pensato di essersi persi, Vladimir è felice di aver ritrovato l’amico, ma Estragon è di<br />
malumore perché degli sconosciuti lo hanno picchiato.<br />
11 Barbard, G. C. (1970), <strong>Samuel</strong> <strong>Beckett</strong>: a new approach, London, Dent, p. 89.<br />
5
Vladimir è più sensibile e dipendente dall’amicizia. È anche più ottimista: è lui che propone cose<br />
da fare per passare il tempo, <strong>for</strong>nisce carote all’amico, si offre di portarlo se mai dovesse zoppicare,<br />
nota che l’albero ha delle foglie rispetto al giorno prima e ricorda continuamente all’amico che<br />
devono restare per aspettare <strong>Godot</strong>. Ha il senso del tempo, ricorda quando hanno lavorato insieme,<br />
sa che giorno della settimana è. Ha un vago senso della religione: propone di pentirsi ed è molto<br />
interessato al fatto che solo uno degli Evangelisti ricorda che uno dei ladri si salvò. Per Estragon,<br />
invece, le dottrine teologiche sono irrilevanti comparate con la crocifissione stessa, vede la sua<br />
stessa vita come una lunga crocifissione.<br />
Per quanto riguarda gli altri due personaggi, Lucky è caratterizzato da un generale stato di<br />
stupore, movimenti catatonici degli arti quando balla e dalla composizione schizofrenica del<br />
discorso, mentre Pozzo da un atteggiamento egocentrico e prepotente. L’incontro fra i due<br />
simboleggia l’inizio di una divisione schizofrenica in cui la parte immaginativa del sé è stata isolata<br />
e ridotta a un debole Inner-Self, mentre il resto dell’ego si è costruito uno Pseudo-Self occupato<br />
dalla prosperità materiale. Con il passare del tempo, lo Pseudo-Self si è fatto sempre più <strong>for</strong>te,<br />
dominante e insensibile, ma allo stesso tempo più insicuro di se stesso; al contrario l’Inner-Self è<br />
diventato più irreale e povero.<br />
Il monologo di Lucky è un ottimo esempio di oratoria schizofrenica, un torrente di frasi spezzate<br />
e ripetute, abbastanza fuori dal contesto, e la combinazione di due idee contraddittorie, che fanno un<br />
fiume di apparente comico nonsenso. Rivela, invece, una profonda questione teologica: come<br />
conciliare l’istintiva credenza di un potere divino trascendente e benevolo con l’innegabile<br />
esperienza del male e della miseria.<br />
Prima di andare via, Pozzo si rende conte di aver perso l’orologio: un evento simbolico che<br />
prefigura la sua imminente disintegrazione, perché il tempo è l’essenza del suo contatto con se<br />
stesso.<br />
Nel secondo atto, la sera successiva, l’unico cambiamento visibile è che ora l’albero ha alcune<br />
foglie e per terra c’è il cappello di Lucky. Anche Pozzo e Lucky sono cambiati notevolmente: uno<br />
ceco e l’altro muto, uniti con una corda più corta. Vladimir, sotto l’influenza del cappello di Lucky,<br />
inizia un discorso morale sul dovere di aiutare Pozzo a rialzarsi. Avendo perso l’orologio, il senso<br />
del tempo, egli ha perso pure la memoria, si è deteriorato nel fisico e nella mente.<br />
Per quanto riguarda l’interpretazione di <strong>Godot</strong>, Vladimir inizialmente pensa che sia una specie di<br />
autorevole assistente sociale che gli spiegherà la loro situazione e gli suggerirà cosa fare. Dopo aver<br />
appreso dal ragazzo che <strong>Godot</strong> ha la barba bianca, invece, lo accomuna al Dio di Lucky che, per<br />
ragioni sconosciute, soffre con quelli che si trovano nel tormento del fuoco e, quindi, pensa che se<br />
non si facessero trovare ad aspettarlo, lui li punirebbe.<br />
6
Pozzo e Lucky, come pure Vladimir ed Estragon, sono due parti della stessa persona. In ogni<br />
caso rappresentano l’esempio della straordinaria ricchezza di significato che è nascosta nell’opera<br />
d’arte.<br />
Kenner 12 analizzando il testo in francese, vede che il motivo per cui Vladimir ed Estragon non<br />
possono andar via è perché: “On attend <strong>Godot</strong>”. Questo “on” è il pronome impersonale francese che<br />
indicherebbe “si aspetta” e non “aspettiamo 13 ”, quindi, coinvolge nell’attesa non solo i vagabondi<br />
ma anche gli spettatori. Anche Pozzo, con i suoi gesti e i suoi discorsi, e Lucky, con il suo<br />
monologo, sono in cerca degli applausi sia degli altri personaggi e che del pubblico.<br />
Ruby Cohn 14 mette in analisi le risate presenti in tutta l’opera: otto in totale. Quattro<br />
appartengono a Pozzo, due a Vladimir e due a Estragon; Lucky non ride mai a dispetto del suo<br />
nome. Sette le troviamo nel primo atto e solo una nel secondo. Al contrario, la frase “We’re waiting<br />
<strong>for</strong> <strong>Godot</strong>” si ripete tre volte nel primo atto e dieci nel secondo, quindi, la mancanza di risate<br />
potrebbe essere spiegata dalla desolazione causata dall’attesa. Le risate di Pozzo sono tutte nel<br />
primo atto, quest’ultimo sembra aver perso, oltre l’orologio, la pipa, il vaporizzatore e la vista,<br />
persino la capacità di ridere. Gogo ride in entrambi gli atti dopo una battuta di Pozzo, mentre Didi<br />
ride solo all’inizio, ma subito deve soffocare la risata per il dolore provocato dalla prostata, ridere<br />
non è permesso, si può solo sorridere, ma non è la stessa cosa.<br />
Rosette Lamont 15 parla di creature crepuscolari che suggeriscono l’irrevocabile dualità di mente<br />
e corpo, la quasi totale perdita di identità. I loro nomi suonano come i nomignoli dei bambini per<br />
God o Dieu (Dio in inglese e in francese). La struttura dell’opera è circolare, ma Vladimir ed<br />
Estragon possono rendersi conto che la stessa attesa di qualcosa o di qualcuno ha già significato in<br />
sé e rappresenta la tenace speranza dell’uomo. Come dice Vladimir loro rappresentano l’umanità.<br />
Lucky un tempo era capace di ballare, cantare e pensare, ma adesso il suo bagaglio intellettuale<br />
contiene solo sabbia. Il suo monologo inizia con il postulato dell’esistenza di un dio personale e<br />
finisce con l’immagine di una testa vuota, fossilizzata. L’uomo, lontano dal mondo divino prova<br />
dolore e si affievolisce, abbandonato a se stesso. Decidendo di calpestare il cappello di Lucky,<br />
Pozzo tirannicamente impedisce al suo schiavo di pensare: la restaurazione della pace e dell’ordine<br />
porta all’instaurazione dell’idiozia. Nel secondo atto li ritroviamo come un ceco e un muto, legati<br />
con una corda più corta per la maggior dipendenza del padrone al suo schiavo: l’unione è il risultato<br />
di una mostruosa, indivisibile massa di umanità. Gogo e Didi sono uniti da una relazione più<br />
calorosa, ma non sono legati. Non sono legati neanche a <strong>Godot</strong>, scelgono semplicemente di<br />
12 Kenner H. (1973), <strong>Samuel</strong> <strong>Beckett</strong>: A Critical Study, Berkeley, University of Cali<strong>for</strong>nia Press, p. 136.<br />
13 “We’re waiting <strong>for</strong> <strong>Godot</strong>”<br />
14 Ibdm., p. 186.<br />
15 Ibdm., p. 199.<br />
7
aspettare insieme. A volte propongono di separarsi, ma dato che non c’è niente di certo,<br />
preferiscono la certezza di stare insieme. Il decidere di non fare niente è pur sempre un’azione.<br />
Conclusioni<br />
Il pensiero principale di <strong>Beckett</strong> sembra quello che nella vita non ci sia nessun significato, fatta<br />
eccezione per il dovere esistenziale di affrontare il fatto che le nostre vite sono prive di qualsiasi<br />
scopo, immerse in un universo completamente assurdo e indifferente. Per questo attacca con ironia<br />
le teorie scientifiche, che hanno la presunzione di spiegare la realtà e la storia in termini razionali,<br />
che vogliono dare una motivazione al dolore, alla sofferenza e alla morte. Mette in discussione tutte<br />
le certezze degli uomini e riesce a creare un senso di angoscia e di perdita negli spettatori. Non si<br />
può credere nella scienza, nella ragione, nel linguaggio e neanche in se stessi.<br />
Le parole per <strong>Beckett</strong> non servono a descrivere determinate situazioni oggettive, ma danno vita<br />
ad associazioni irrazionali di termini, collegati tra loro da legami incomprensibili dal punto di vista<br />
logico. Il linguaggio si rende autonomo e rende evidente il fondamento che è alla base delle sue<br />
opere: i personaggi non tendono né ad esprimersi, né a comunicare, non hanno bisogno del<br />
linguaggio perché non hanno nessuno scopo, non sono interessati a ciò che vanno dicendo, parlano<br />
solo per accertarsi di essere ancora vivi.<br />
L’originalità si trova nella concreta realtà del silenzio che deve essere riempito: i clown-<br />
vagabondi devono parlare, scambiarsi il cappello, mangiare carote e fare scherzi per intrattenersi e<br />
intrattenere. La pausa ed il silenzio riducono il linguaggio ai minimi termini, essenziale e minimale,<br />
ma studiato con cura maniacale e con risultati di alta teatralità e di <strong>for</strong>te comunicazione. La sua<br />
poetica consiste nello svuotare le parole di significato per scoprire cosa c’è dietro la lingua<br />
concludendo che è inutile parlare, esprimersi.<br />
Il lavoro per la Resistenza, la fuga, l’attesa della fine della guerra, gli stivali stretti, le notti in<br />
umidi fossati, l’incertezza dei pasti, gli appuntamenti non mantenuti hanno inevitabilmente<br />
influenzato l’opera. Ma non possiamo considerare l’opera completamente pessimistica perché ci<br />
sono dei tratti, come l’umorismo e la tenacia, che suggeriscono una certa <strong>for</strong>za positiva. La frase<br />
d’apertura ci fa credere che ormai non ci sia più niente da fare e bisogna solo rassegnarsi, ma alla<br />
fine, quando Vladimir ed Estragon decidono di andar via eppure non si muovono, la speranza viene<br />
rinnovata.<br />
In definitiva <strong>Waiting</strong> <strong>for</strong> <strong>Godot</strong> è una tragicommedia che gira intorno al tema dell’attesa. La<br />
grandiosità sta nella sua astrattezza e nella sua totale apertura, ma questo non significa che si presta<br />
a qualsiasi interpretazione: l’attesa di Vladimir ed Estragon è l’attesa con la A maiuscola, la sintesi<br />
di tutte le attesi possibili.<br />
8
In fin dei conti tutti aspettiamo il nostro <strong>Godot</strong>.<br />
Bibliografia<br />
Barbard, G. C. (1970), <strong>Samuel</strong> <strong>Beckett</strong>: a new approach, London, Dent.<br />
<strong>Beckett</strong> S. (1956), Aspettando <strong>Godot</strong>: A cura di Carlo Fruttero, Torino, Einaudi.<br />
Friedman, M. J. (1970), <strong>Samuel</strong> <strong>Beckett</strong> now, Chicago-London, University of Chicago Press.<br />
Knowlson J. (2001), <strong>Samuel</strong> <strong>Beckett</strong>: una vita, Torino, Einaudi Giulio.<br />
Moriconi G. (1990), <strong>Beckett</strong> e altro “assurdo”, Napoli, Guida.<br />
Kenner H. (1973), <strong>Samuel</strong> <strong>Beckett</strong>: A Critical Study, Berkeley, University of Cali<strong>for</strong>nia Press.<br />
<strong>Beckett</strong> S. (1965), <strong>Waiting</strong> <strong>for</strong> <strong>Godot</strong>: a tragicomedy in two acts, London, Faber and Faber.<br />
Bertinetti P., a cura di (2004), Breve storia della letteratura inglese, Torino, Einaudi.<br />
9