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Una stagione a Orolai - Sardegna Cultura

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In questi e altri pensieri simili arrivò alla capanna.<br />

Stefano era lì di sentinella. Comprese subito che Cardellino<br />

aveva portato a termine la consegna, gli andò incontro,<br />

gli passò il braccio valido sulle spalle, lo condusse<br />

per la radura: il sole era caldo, aveva già sciolto ogni<br />

ghiacciolo che non fosse ancora nelle ombre. Stefano<br />

non parlava. Non gli chiedeva nulla. Allora Cardellino<br />

disse: – Manda a dire Serafino al suocero che Elena sta<br />

bene e che lo saluta –. Stefano non rispose nulla. Camminava,<br />

Stefano, tenendogli strette le spalle, come l’Angelo<br />

che guida Tobia. La figura era nel libro stesso dove<br />

il legnaiolo diceva: – La Fortuna si è pentita –. Quel silenzio<br />

cominciò a impensierire Cardellino. Arrivati al<br />

bosco, Stefano staccò il suo fucile da un tronco d’albero,<br />

lo imbracciò. «Ora», pensò Cardellino, «mi condurrà<br />

alla tana». La tana doveva essere la grotta dal fondo<br />

della quale si vedeva il cielo stellato anche di pieno<br />

giorno. Si meravigliò: Stefano prendeva un’altra direzione,<br />

lo conduceva verso il fiume. Se ne udiva già il gorgoglio.<br />

Il Toro era già in corsa. Giunti alla riva, Stefano<br />

glielo indicò; disse: – Era malato di cuore, non gli ha<br />

resistito, è in viaggio, già lontano.<br />

– No, no, perché l’hai fatto, che cosa ti aveva fatto?<br />

– gridò Cardellino: e già correva lungo la riva, in gara<br />

col fiume.<br />

Allora Stefano si lanciò a correre dietro di lui e gridava:<br />

– Fermati, dove vai? Fermati o ti…<br />

Ormai Cardellino era in preda a due paure: a quella<br />

che san Francesco li avesse abbandonati, e a quella che<br />

Stefano, prendendolo, lo percuotesse e lo gettasse nel fiume.<br />

Stefano correva e gridava, Cardellino fuggiva atterrito.<br />

Stefano, invelenito, uscì in una maledizione, si fermò,<br />

imbracciò il fucile, lo levò alto in aria, fece partire due<br />

colpi a spavento. Cardellino sfagliò, scivolò, cadde nel fiume.<br />

Stefano diede un alto grido, lanciò l’arma nel fiume,<br />

vide sparire Cardellino, si mise a correre lungo la riva, ma<br />

il fiume non si fermava, andava, correva verso il mare.<br />

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I due corpi viaggiarono insieme per lungo tratto.<br />

Poi, si divisero la sorte. Il prigioniero non fu più ritrovato.<br />

Cardellino, invece, si arenò nei pressi dell’isola del<br />

suo migliore amico.<br />

Fu il padre di Domenico a ripescarlo dal fango, a<br />

riportarlo sul carro a buoi, lentamente perché il piccolo<br />

morto non patisse dei sobbalzi, lo depose sulle braccia<br />

della madre, alla porta della casa piena di pianto. Le<br />

campane rintoccavano lente: prima il grido della minore,<br />

come quello di un uccello ferito, ripetuto a intervalli<br />

più volte, poi un accordo con la maggiore ripetuto anch’esso<br />

più e più volte, infine di nuovo il grido della<br />

minore. Passava quel pianto sui tetti di <strong>Orolai</strong> sotto un<br />

cielo di cristallo.<br />

Ora Cardellino era composto sulla cassapanca, nella<br />

stanza del fumo. Così tutti potevano vederlo dalla strada.<br />

Sua madre, seduta per terra, con le mani sul ventre<br />

gonfio, comandava il coro delle donne, che, sedute per<br />

terra anch’esse, facevano corona. Di tanto in tanto una<br />

si alzava e cantava: «Cardellino, di’ a Francesco che l’abbiamo<br />

sempre nel cuore». La madre aveva il privilegio di<br />

gridare da sola: «Figlio, figlio mio». Poi si levava un’altra<br />

e cantava: «Cardellino, di’ a Elisabetta che l’abbiamo<br />

sempre nel cuore». E la madre aveva il privilegio di gridare<br />

da sola: «Figlio, figlio mio». E ognuna mandava un<br />

saluto al suo morto più caro, e ognuna poi cadeva a sedere<br />

sulla terra dura.<br />

Gli amici di Cardellino, molti dei quali erano ancora<br />

scalzi, venivano a guardare e fissavano in pianto<br />

quelle sue scarpe nuove, rivolte verso l’uscita, sprecate.<br />

E il morto era lì, col petto fermo, sempre lì e già tanto<br />

lontano. Solo Domenico non si faceva vedere: voleva<br />

tutto per sé il ricordo del suo più caro amico.<br />

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