Una stagione a Orolai - Sardegna Cultura
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anche gli agnelli e insieme i fanciulli. Che cosa rispose<br />
Maimone? Nulla. Invocarono san Giorgio cavaliere e gli<br />
promettevano grandi focacce. Che cosa rispose san<br />
Giorgio? Nulla. Immersero teschi e teschi in altre pozze.<br />
E non ne fu nulla. Allora conclusero finalmente che era<br />
un anno di quelli scritti nel calendario di mastro Giovanni,<br />
l’uomo dal cavallo nero sellato, ambasciatore della<br />
fame. Era certo in arrivo un altro anno Dodici, quando<br />
la gente povera non ci vede più alla luce del sole.<br />
Solo a metà dicembre, quando nacquero i primi<br />
agnelli, si levò un vento ilare che si cacciò avanti a urli<br />
e a fischi un gregge di nuvole. La gente diceva: – Si salverebbe<br />
il salvabile –. Poi, quel vento incalzò tanto il<br />
suo gregge di pecorelle che lo spinse oltre l’orizzonte lasciandosi<br />
dietro un arcobaleno. Pastori e contadini con<br />
le loro donne e i loro bambini, fuori di sé tutti dalla<br />
rabbia, lo maledicevano per quella beffa.<br />
Solo allora parvero rendersi conto che ogni filo d’erba<br />
era bruciato, che i sentieri erano polverosi, che lo<br />
stesso Bambino sarebbe nato in un’estate stralunata.<br />
– Un bel Natale, non c’è che dire – bofonchiavano.<br />
E si sfogavano alle spalle di chi ha le entrate sicure in<br />
bello e brutto tempo: l’impiegato, il parroco, e i giudici<br />
e il prefetto e più ancora Prospero Sio e il padrone dei<br />
caseifici, Italo Bini. – Noi, peccatori; essi no – concludevano<br />
con sarcasmo. E non levavano più gli occhi a<br />
quel cielo sterile.<br />
Cominciarono a nascere gli agnelli. Per contratto<br />
essi dovevano passare ad Italo Bini che li spediva ogni<br />
anno ai grandi mercati; ma Italo Bini questa volta li rifiutava<br />
perché erano rachitici. Così veniva a mancare ai<br />
pastori una parte dell’entrata. I pastori si abbassarono a<br />
rubare a Prospero Sio le pale carnose e succulente dei<br />
fichidindia e le davano come mangime alle pecore: così<br />
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dovettero impegnarsi a pagargliele a parte, se volevano<br />
evitarsi una denuncia penale. Gli agnelli furono sacrificati<br />
di pochi giorni, purché si salvassero le madri.<br />
Cardellino storceva lo sguardo da tanto sangue. Li<br />
sgozzavano e li vendevano al macellaio a poco prezzo.<br />
Poiché era vicino il Natale egli si rammentava che Erode<br />
aveva fatto fare una strage di bambini. Ma era un’altra<br />
cosa, lo comprendeva bene: Erode non era stato uno<br />
preso, afferrato alla gola dall’urgenza di salvare le madri<br />
degli innocenti. Ma perché, proprio quell’anno in cui<br />
cominciavano una nuova vita da pastori indipendenti,<br />
Dio aveva permesso all’inferno quel brutto scherzo?<br />
Farselo spiegare forse da suo padre e dai suoi soci che<br />
erano diventati muti? Solo Stefano avrebbe potuto rispondergli,<br />
ma infine era forse lui il più intrattabile di<br />
tutti: lui, che se ne andava ogni giorno lungo il Toro e<br />
non faceva che cantare brutte canzoni.<br />
La vigilia di Natale Cardellino portò a dorso d’asino<br />
a <strong>Orolai</strong> sei agnelli sgozzati, tutti pelle e ossa: due<br />
per ciascuna delle loro famiglie.<br />
Sua madre non gli fece nessuna domanda e gli permise<br />
di portare a Domenico uno di quegli agnelli.<br />
Domenico non era in casa, in quel momento. La<br />
madre di lui appese quei pochi chili di carne magra e<br />
pallida a un cavicchio e gli contraccambiò il regalo con<br />
una focaccia di uva passa. Cardellino ringraziò, le augurò<br />
il buon Natale e corse via in cerca del suo migliore<br />
amico. Sperava d’incontrarlo in piazza. E così fu.<br />
Il loro incontro non fu festoso. Mastro Giovanni<br />
non era in nessun luogo ed era dappertutto, persino i<br />
più piccini ne sentivano la presenza; l’odore suo: di corno<br />
bruciato. Subito concertarono di andare alla messa<br />
del gallo insieme. Intanto potevano scendere all’isola del<br />
Toro. Volevano lasciare di proposito la piazza, perché i<br />
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