CICILEO (la vera storia dell'Apollo 13) - Primperan, vita da trentaneo
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14.<br />
“Sai che dopo il tuo ostinarti ad irrompere nel<strong>la</strong> mia <strong>vita</strong>, forse dovrei <strong>la</strong>sciarti entrare per <strong>da</strong>vvero?” mi dice<br />
dieci minuti dopo, <strong>da</strong>vanti ad un caffè macchiato che si è premurata di chiedere - né caldo né freddo, tiepido<br />
per favore -.<br />
Ho dovuto insistere perché non scappasse via subito, quando le nostre <strong>la</strong>bbra si sono separate. Lei ha detto<br />
che tanto non serviva a nul<strong>la</strong>, che era stato un momento sublime, sublime proprio perché bruciatosi come un<br />
sogno, un desiderio onirico. Sublime perché non servirà a riportarci insieme, mi ha detto. Perché fine a se<br />
stesso. Perché l’esito di una micro<strong>storia</strong>. Un puro desiderio, un incontro - un bell’incontro -, e mi ha sorriso.<br />
Io non ho accettato che rian<strong>da</strong>sse via così, che spazzasse con un sorriso il più bel bacio del<strong>la</strong> mia <strong>vita</strong>. L’ho<br />
costretta a seguirmi in questo bar.<br />
E’ vero: mentre mi baciava mi ero illuso una volta di più, pensando solo a me.<br />
“Certo che se fossi una di quelle che crede alle coincidenze, Strillo, ti porterei all’altare anche domani!”<br />
Io sorrido confuso <strong>da</strong>vanti al mio caffè corretto al Bayleys, perché, ed è certo, io ho proprio bisogno di<br />
qualcosa di forte per riprendermi. Non ho neanche <strong>la</strong> prontezza per dirle che troppe coincidenze sono un<br />
indizio. Ma evidentemente le coincidenze sono troppo banali per lei. Ci <strong>la</strong>nciamo in una conversazione <strong>da</strong> ex<br />
fi<strong>da</strong>nzati, quelle tanto simili ad una stra<strong>da</strong> che non arriva mai a nessuna destinazione.<br />
“Quel<strong>la</strong> volta sull’autobus, non avevo affatto voglia di <strong>la</strong>sciarti fare irruzione nel<strong>la</strong> mia <strong>vita</strong>...”<br />
“Eppure...”<br />
“Inventai quel<strong>la</strong> <strong>storia</strong> del Master Mind, perché tu desistessi. Perché fossi tu a non voler entrare, e non io che ti<br />
sbarrassi l’accesso! Affi<strong>da</strong>i al destino <strong>la</strong> nostra <strong>storia</strong>, complicandogli il modo di metterci in contatto. Non ti<br />
volevo al mio fianco però non volevo <strong>la</strong> responsabilità di allontanarti, perché avevo <strong>la</strong> sensazione che mi<br />
avresti amato <strong>da</strong>vvero...”<br />
“E allora?” domando perplesso.<br />
“E allora, che ci pensasse il destino, con quel gioco impossibile...”<br />
“Perché non mi <strong>la</strong>sci dimostrare che posso farti del bene, Barbara?”<br />
“Perché quelle sono cazzate, Daniele...”<br />
“Allora perché mi chiamasti quel giorno? Cosa pensavi che potesse succedere tra di noi?” le domando, ma<br />
non sono sicuro di voler ascoltare <strong>la</strong> sua risposta.<br />
“Questo caffè è una mer<strong>da</strong>, l’avevo chiesto tiepido, tie-pi-do. Possibile che nessuno sappia a cosa corrisponde<br />
<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> tiepido?” dice mentre io le tendo una mano, che rimane vuota come un ramo secco spogliato di tutte<br />
le sue foglie. Sono <strong>da</strong>vvero un fesso.<br />
“Barbara...”<br />
“Strillo...”<br />
“Sei abbastanza intelligente <strong>da</strong> non utilizzare quel<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, il destino...”<br />
“Il fottuto destino!”<br />
“Io credo a me, a te, non al destino!”<br />
“Strillo, tu sei romantico all’inverosimile! Anche se tenti di stuprare le commesse del<strong>la</strong> Feltrinelli, e per poco<br />
non ti arrestano, rimani un romantico!” prova a buttar giù una battuta che non mi fa affatto ridere.<br />
“Prova a dire questa cosa ai miei amici, vedrai come ridono!”<br />
“L’Apollo <strong>13</strong>. Mi mancate!” dice lei, pensando al<strong>la</strong> nostra navicel<strong>la</strong> per un secondo appena.<br />
“Quando mi resi conto che non ce l’avrei mai fatta ad indovinare il tuo numero, se non prima di un paio di<br />
mesi, ammettendo che tu mi rispondessi ogni giorno, ho chiuso gli occhi e ho cercato di immaginare <strong>la</strong><br />
combinazione che mi avrebbe permesso di entrare in contatto con te...”<br />
“... ed hai fatto un numero internazionale, del Cile, no? Me l’hai raccontata <strong>la</strong> <strong>storia</strong>!”<br />
“... del Congo! Non era del Cile, era del Congo. Stammi a sentire un secondo, per favore! Non perdere già <strong>la</strong><br />
pazienza...”<br />
“Scusa, dimmi!”<br />
“Allora, vedendo un numero senza capo né co<strong>da</strong> digitato <strong>da</strong>l destino, <strong>da</strong>l fottuto destino, come lo chiami tu, o<br />
<strong>da</strong>lle mie dita cieche che si affi<strong>da</strong>vano al<strong>la</strong> sorte, ho capito una cosa, Barbara!”<br />
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