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CICILEO (la vera storia dell'Apollo 13) - Primperan, vita da trentaneo

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“In effetti non è molto diversa questa casa <strong>da</strong> una navicel<strong>la</strong> grazie a cui ci preserviamo <strong>da</strong>gli affanni<br />

del nostro pianeta, no? Ci ritiriamo qui in totale libertà, facciamo qualsiasi cosa vogliamo e i<br />

problemi che sono fuori di qui ci sembrano così lontani che sembra <strong>da</strong>vvero di guar<strong>da</strong>rli <strong>da</strong>llo<br />

spazio” sostenni io, guar<strong>da</strong>ndo fuori <strong>da</strong>gli oblò del<strong>la</strong> cucina. Le macchine in co<strong>da</strong> al semaforo, <strong>la</strong><br />

pioggia, <strong>la</strong> gente senza ombrello con le buste del<strong>la</strong> spesa: quante più immagini disagiate e scomode<br />

riuscivamo a percepire <strong>da</strong>i vetri, tanto più straordinario appariva il nostro confort di stare al<br />

calduccio in piena euforia dionisiaca.<br />

“Vivere insieme come un viaggio tra le stelle!” sospirò Sergio.<br />

“Costel<strong>la</strong>to <strong>da</strong> una serie di stupidi problemi che una stazione aerospaziale provvederà sempre a<br />

risolverci!” disse Strillo.<br />

“Secondo me dovreste smetter<strong>la</strong> di fumare!” ci censurò Ulisse.<br />

Ma ormai era tardi, il countdown era avviato e presto anche Ulisse sarebbe montato nel nostro scafo<br />

spaziale. Avevamo 24 anni, <strong>la</strong> Terra ci stava stretta, i Terrestri antipatici e soprattutto le trasmissioni<br />

televisive del nostro pianeta ci avevano stufato. Quel<strong>la</strong> sera l’Apollo <strong>13</strong> si staccò <strong>da</strong>l suo piccolo<br />

lotto nel centro del<strong>la</strong> città, <strong>la</strong> nostra navicel<strong>la</strong> con il tetto a falde si mise in viaggio. Astronauti del<br />

divertimento, il nostro compito era di portare ovunque <strong>la</strong> bandiera di quanto dolce fosse il far nul<strong>la</strong>.<br />

Così quando venni a vivere qui, faticai poco a sbaragliare i ricordi che <strong>la</strong> casa portava con sé nel<strong>la</strong><br />

mia mente. I nonni, le cene di Natale con l’albero seppellito <strong>da</strong>lle carte luccicanti dei regali di tutta<br />

<strong>la</strong> famiglia, i termosifoni spesso spenti, <strong>la</strong> volta in cui mio zio si ubriacò e pisciò nel<strong>la</strong> pianta del<br />

salone, o quel<strong>la</strong> in cui mio fratello tolse <strong>la</strong> sedia sotto il culo al capo di mio padre che si era alzato<br />

per sbattere il tre di bastoni ur<strong>la</strong>ndo “Scopa!”: ho ancora ben archiviato nel<strong>la</strong> mia mente il rep<strong>la</strong>y<br />

del filmato con cui il signore andò giù per terra. Ricor<strong>da</strong>va <strong>la</strong> stessa grazia di quel<strong>la</strong> famosa me<strong>la</strong><br />

che permise a Newton di scoprire <strong>la</strong> forza di gravità; per poco mio padre non finì con il ritrovarsi lui<br />

di culo per terra.<br />

Presi questi ricordi e li misi in un cartone che, come spesso succede, andò perduto nel trasloco,<br />

verso chissà dove.<br />

Rimase <strong>la</strong> casa vuota, salvo per quei mobili che neanche un titano sarebbe riuscito a spostare, e c’è<br />

<strong>da</strong> chiedersi come fossero arrivati fino lì, visto che tutti erano più grandi delle porte delle stanze che<br />

li contenevano.<br />

“Io credo” diceva Strillo con <strong>la</strong> precisione di un correttore di bozze “che prima abbiano messo qui<br />

<strong>la</strong> credenza, e poi abbiano tirato su i muri del<strong>la</strong> cucina!”, rimaneva l’ipotesi più probabile.<br />

In una delle antine di quel<strong>la</strong> credenza c’era <strong>la</strong> gigantesca collezione di vhs di mio nonno, tutte le<br />

puntate di Quark, ogni documento che riguar<strong>da</strong>sse anche marginalmente il papa e le brigate rosse,<br />

ed infine quel poco di fiction che trasmettevano quando lui era in <strong>vita</strong>, programmi capostipiti di ciò<br />

che avrebbe iniziato ad inon<strong>da</strong>re le nostre televisioni dopo <strong>la</strong> sua morte. La cosa singo<strong>la</strong>re era che<br />

mio nonno non aveva il videoregistratore, le cassette gliele registravamo noi nipoti, o i suoi figli,<br />

visto che le sue due nuore avevano ereditato <strong>da</strong>ll’età del<strong>la</strong> pietra l’assoluta incapacità di re<strong>la</strong>zionarsi<br />

con ogni oggetto fornito di tasti. Gli portavamo i nastri e lui li metteva nel<strong>la</strong> credenza senza vederli,<br />

come fosse <strong>la</strong> cosa più naturale del mondo. Quando ci azzar<strong>da</strong>mmo ad obiettare e compimmo<br />

l’ovvio gesto, portò lui stesso indietro al negozio il videoregistratore che gli rega<strong>la</strong>mmo per il suo<br />

settantesimo compleanno. Lo cambiò con tre rasoi elettrici.<br />

Per dovere di cronaca riporto <strong>la</strong> notizia che mio nonno aveva <strong>la</strong> barba.<br />

“Cicileo” fa Strillo.<br />

“Eo” dico io, che <strong>la</strong> mattina ho <strong>la</strong> voce più bassa del<strong>la</strong> sirena del Titanic. Mr Quark ci tiene<br />

compagnia:<br />

Le falene aspettano che i tapiri defechino per depositare le proprie uova nello sterco caldo...<br />

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