NsB 48.pdf - Cappella Universitaria di Siena
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E<strong>di</strong>toriale<br />
Una croce d’amore<br />
<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>a De Pasquale Pag. 3<br />
L’angolo del Don<br />
Seguire Dio dovunque Egli voglia<br />
<strong>di</strong> Don Roberto Bianchini Pag. 4<br />
Parole Benedette<br />
Fede: affidarsi come bambini<br />
<strong>di</strong> Fabio Fiorino Pag. 5<br />
<strong>Cappella</strong>nia<br />
Le Dieci Parole<br />
<strong>di</strong> Roberta Pipitone Pag. 6<br />
Verso la cresima<br />
<strong>di</strong> Chiara Savella<br />
<strong>di</strong> Michele Pellegrini Pag. 7<br />
Esperienze<br />
Fare bene il bene<br />
<strong>di</strong> Matteo Molinari Pag. 8<br />
“Qui sotto batte un cuore clown”<br />
<strong>di</strong> Ana Manso Pag. 9<br />
Il silenzio eloquente delle lacrime<br />
<strong>di</strong> Alessandra Cocco Pag. 10<br />
Destinazione assoluto<br />
<strong>di</strong> Alice Pappelli e Fabio Fiorino Pag. 11<br />
Conferenze<br />
Generare la vita vince la crisi!?<br />
<strong>di</strong> Alice Pappelli Pag. 12<br />
2<br />
In questo numero vi augurano buona lettura...<br />
Musical<br />
<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>a De Pasquale e Elisa Belvisi<br />
<strong>di</strong> Marta Marini Pag. 13<br />
<strong>di</strong> Angelo Donzello Pagg. 14-15<br />
<strong>di</strong> Fabio Fiorino<br />
<strong>di</strong> Elena Romito<br />
<strong>di</strong> Federica e Francesca Camilletti Pag. 16<br />
Personaggio<br />
“Se ognuno fa qualcosa…”<br />
<strong>di</strong> Fabrizio Buscemi Pag. 17<br />
Riflettendo<br />
“Siate come i bambini”<br />
<strong>di</strong> Mari Maltese Pag. 18<br />
Quando la pazienza è forza<br />
<strong>di</strong> Roberta Briamonte Pag. 19<br />
Ci salverà la solidarietà?!<br />
<strong>di</strong> Giuseppe Vazzana Pag. 20<br />
Ciak si gira<br />
Quando il cinema era un para<strong>di</strong>so<br />
<strong>di</strong> Eugenio Alfonso Smurra Pag. 21<br />
Consigli <strong>di</strong> lettura<br />
Un Papa in borghese<br />
<strong>di</strong> Marianna Di Tizio Pag. 22<br />
UniVersi<br />
Da Sophie a Maria: cronistoria <strong>di</strong> canti spirituali<br />
<strong>di</strong> Alfonso Napoli Pag. 23<br />
Arte a parte<br />
La Chiesa <strong>di</strong> San Vigilio: un tesoro da scoprire<br />
<strong>di</strong> Vincenzo Di Gennaro Pag. 24<br />
La porta che “porta” al cielo<br />
<strong>di</strong> Chiara Maniscalco Pag. 25<br />
Passatempo<br />
Cruciverba<br />
<strong>di</strong> Filippo Bardelli Pag. 26<br />
Bacheca Pag. 27
UNA CROCE D’AMORE<br />
Davanti un crocifisso, mi fermo. Lo fisso. Cerco <strong>di</strong> ascoltare il silenzio.<br />
La domanda sorge spontanea: quanto dolore c’è <strong>di</strong>etro quella croce? Quanto amore<br />
nell’accettarla? Nessun uomo, penso, potrà mai capire fino in fondo questo grande mistero<br />
d’amore <strong>di</strong> un Dio che ci ha amati fino al punto <strong>di</strong> dare la Sua vita per noi. Mi risuonano le<br />
parole <strong>di</strong> San Paolo: “Sono stato crocifisso con Cristo, non sono più io che vivo ma Cristo<br />
vive in me” (Gal 2,20).<br />
Da queste parole San Paolo ci fa capire che se vogliamo davvero essere una cosa sola con<br />
Cristo, tanto da farlo <strong>di</strong>morare costantemente dentro <strong>di</strong> noi, dobbiamo prima immergerci nel mistero della<br />
croce. Il tempo della Quaresima è il tempo del cristiano per riflettere su quanto importante e fondamentale<br />
sia la via della croce, ripercorrendo il cammino stesso <strong>di</strong> Gesù.<br />
Maltrattato, umiliato, flagellato, deriso e infine crocifisso. Cosa mai saranno le nostre misere sofferenze, più<br />
o meno gravi, messe a confronto col Suo calvario? Ma il mistero è ancora più grande: Gesù si è fatto obbe<strong>di</strong>ente<br />
fino alla morte caricandosi il dolore dei nostri peccati e accettando la più alta forma <strong>di</strong> sofferenza,<br />
per rendersi simile a noi, alla nostre povertà. Ma non è forse questa la rivelazione più grande? Se ha sopportato<br />
tutto questo per noi, per <strong>di</strong>mostrarci il Suo amore, è abbastanza per avere la certezza che Lui è con noi<br />
sempre. E se Dio, l’Onniponte, è con noi, <strong>di</strong> quale croce dobbiamo temere? Ogni sofferenza vista alla luce<br />
della fede è una grazia grande che ci permette <strong>di</strong> essere più vicini a Gesù, il Solo capace <strong>di</strong> rendere ogni nostro<br />
carico leggero (Mt 11,30). Certo, chiunque davanti alla sofferenza ha paura - anche Gesù ne ha avuta -<br />
ma se ci affi<strong>di</strong>amo e se cre<strong>di</strong>amo con tutto noi stessi in questo Padre buono che ci sostiene, allora tutto<br />
prende una luce nuova. Oggi la tentazione più grande è legata al potere, alla superbia, alla gloria dell’esser<br />
qualcuno, quel qualcuno auto-sufficiente in tutto, che non si affida a nient’altro che alle sue forze. In questa<br />
mentalità mondana risulta <strong>di</strong>fficile entrare in un atteggiamento <strong>di</strong> abbandono: riconoscerci piccoli e bisognosi<br />
della Sua forza comporta un gesto <strong>di</strong> grande umiltà. Ma Gesù ci <strong>di</strong>ce “Vegliate e pregate per non cadere<br />
in tentazione” (Mt 26,41): ecco il fulcro <strong>di</strong> tutto. La pace interiore, la serenità, la grazia <strong>di</strong> accettare ogni<br />
cosa derivano tutte dalla preghiera: con essa tutto è possibile! Se facciamo della preghiera la fonte primaria<br />
<strong>di</strong> vita entreremo sempre <strong>di</strong> più in quel mistero <strong>di</strong> dolore-amore racchiuso in Dio dove ogni cosa - casa, lavoro,<br />
stu<strong>di</strong>o, riposo – <strong>di</strong>venta preghiera. Allora<br />
potremo davvero sentire la presenza <strong>di</strong> Cristo<br />
Risorto dentro <strong>di</strong> noi, sperimentando che<br />
è bello riconoscersi piccoli e deboli per accogliere<br />
quell’abbraccio <strong>di</strong> vita che ci viene donato<br />
ogni volta che glieLo chie<strong>di</strong>amo. Lo<br />
stesso Cristo morto e risorto per noi duemila<br />
anni fa è alle porte del nostro cuore, pronto<br />
a donarci la gioia e la pienezza <strong>di</strong> vita per le<br />
quali siamo stati creati.<br />
La Quaresima è un percorso segnato dalla<br />
preghiera e dalla con<strong>di</strong>visione, dal silenzio e<br />
dal <strong>di</strong>giuno, in attesa <strong>di</strong> vivere la gioia pasquale.<br />
Rallegriamoci, è Pasqua ogni volta<br />
che risorgiamo in Dio. In Lui il buio è speranza,<br />
la sofferenza è gioia, la morte è vita, la<br />
croce è UNA CROCE D’AMORE!<br />
"Chi vuole schivare la sofferenza, tiene lontana la vita stessa e la sua grandezza.<br />
Non c’è amore senza sofferenza. Là, dove non c’è niente che valga che per esso si soffra, anche la stessa vita<br />
perde il suo valore" (Benedetto XVI). ■<br />
3
4<br />
SEGUIRE DIO DOVUNQUE<br />
EGLI VOGLIA<br />
Tutta la vita del cristiano trascorre nella tensione tra libertà e volontà <strong>di</strong> Dio. L’uomo è<br />
creato da Dio come essere libero e in tal modo il creatore accetta un rischio drammatico.<br />
La sua creatura può orientare a Lui la sua libertà ed usarla per corrispondergli, oppure può<br />
allontanarsi da Lui, fino al rifiuto del suo amore e la negazione della sua stessa esistenza. La<br />
capacità <strong>di</strong> intercettare la volontà del Signore sulla propria vita e la determinazione a realiz-<br />
zarla sono al centro dell’avventura cristiana <strong>di</strong> ogni uomo in ogni tempo e situazione.<br />
Questi temi sono riproposti alla riflessione della Chiesa e del<br />
mondo intero dalla vicenda della rinunzia del Papa Benedetto<br />
XVI al ministero petrino. Al <strong>di</strong> là dello stupore per l’ine<strong>di</strong>to atto<br />
con cui Papa Ratzinger ha voluto porre termine al suo servizio<br />
pontificale, resta la provocazione che la sua scelta pone a tutti<br />
noi. Essa è innanzitutto una scelta <strong>di</strong> libertà estrema. Ci <strong>di</strong>ce<br />
che se l’uomo prende sul serio l’esercizio della libertà deve poi<br />
seguire ciò che essa gli detta ed avventurarsi in sentieri ine<strong>di</strong>ti e<br />
talvolta frainten<strong>di</strong>bili. Ma la libertà <strong>di</strong> cui stiamo parlando non è<br />
assoluta capacità <strong>di</strong> autodeterminarsi, quanto capacità, affinata<br />
nella preghiera, <strong>di</strong> intercettare la volontà <strong>di</strong> Dio e liberamente<br />
aderirvi con tutto se stessi. L’uomo è davvero libero quando cer-<br />
ca Dio con tutto il cuore e pone nella realizzazione della Sua<br />
volontà lo stesso senso della sua vita. Allora non è libero <strong>di</strong>, ma<br />
libero per; non libero <strong>di</strong> fare ciò che vuole, realizzando i suoi de-<br />
sideri, ma libero per mettere se stesso a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> Dio,<br />
pronto a seguirlo dove Egli lo conduce.<br />
La convinzione certa che ha mosso il Papa a formulare la sua<br />
rinunzia è che Dio stesso, come lo ha condotto all’ascesa al som-<br />
mo pontificato, ora, per il bene della Chiesa, lo chiama a scende-<br />
re da quell’altezza e occupare un posto ine<strong>di</strong>to, ma la cui carat-<br />
teristica centrale sarà il nascon<strong>di</strong>mento nella preghiera. In ciò non possiamo non leggere anche una libertà<br />
da. In questo caso da ogni lusinga che possa far scambiare l’esercizio <strong>di</strong> un servizio con l’affermazione <strong>di</strong> un<br />
potere personale. In un mondo in cui chi detiene qualsiasi forma <strong>di</strong> potere ne resta sovente schiavizzato e<br />
non se ne sa allontanare, il Papa ha mostrato con umiltà che il senso della vita è donarla per i fratelli e questo<br />
nel modo che Dio in<strong>di</strong>ca, anche cioè, rinunciando al potere. La scelta <strong>di</strong> Benedetto XVI <strong>di</strong>ce anche libertà<br />
da ogni con<strong>di</strong>zionamento esterno. Un gesto come il suo è facilmente frainten<strong>di</strong>bile; la mentalità del mondo<br />
non ne comprende la logica <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco; all’interno della Chiesa stessa c’è chi lo legge come una fuga dalla<br />
croce; agli occhi <strong>di</strong> molti resterà un gesto <strong>di</strong> natura opposta a quello eroico <strong>di</strong> Giovanni Paolo II <strong>di</strong> rimanere<br />
sul trono <strong>di</strong> Pietro fino all’ultimo respiro. Ma quando si è certi interiormente che la volontà del Padre condu-<br />
ce in una <strong>di</strong>rezione, la libertà si deve orientare a quella scelta senza considerare altro: è piacendo a Dio solo<br />
che si può fare della propria vita un sacrificio che sale al Padre e favorisce la crescita del Regno. Volesse<br />
Dio che ogni <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Gesù potesse essere capace <strong>di</strong> esercitare la libertà <strong>di</strong> seguire il Signore in un grado<br />
così eroico come ha mostrato <strong>di</strong> saper fare Benedetto XVI. ■<br />
Quando si è certi interiormente che la volontà del Padre conduce in una <strong>di</strong>rezione, la libertà si<br />
deve orientare a quella scelta senza considerare altro
FEDE: AFFIDARSI COME BAMBINI<br />
Papa Benedetto XVI ci lascia in ere<strong>di</strong>tà una testimonianza sublime <strong>di</strong> fede e l’invito ad abbandonarsi, come<br />
bambini, nelle braccia <strong>di</strong> Dio, Padre buono: è questa la con<strong>di</strong>zione in<strong>di</strong>spensabile per procedere nel cammino<br />
della vita, fatta anche <strong>di</strong> scelte <strong>di</strong>fficili e sofferte.<br />
“Convertirsi” significa seguire Gesù in modo che il suo Vangelo sia guida concreta della<br />
vita; significa lasciare che Dio ci trasformi, smettere <strong>di</strong> pensare che siamo noi gli unici costruttori<br />
della nostra esistenza; significa riconoscere che siamo creature, che <strong>di</strong>pen<strong>di</strong>amo<br />
da Dio, dal suo amore, e soltanto «perdendo» la nostra vita in Lui possiamo guadagnarla.<br />
Questo esige <strong>di</strong> operare le nostre scelte alla luce della Parola <strong>di</strong> Dio. Convertirsi significa<br />
non chiudersi nella ricerca del proprio successo, del proprio prestigio, della propria posizione,<br />
ma far sì che ogni giorno, nelle piccole cose, la verità, la fede in Dio e l’amore <strong>di</strong>ventino<br />
la cosa più importante. (U<strong>di</strong>enza generale, 13 feb 2013)<br />
In questo Anno della fede la Quaresima è un tempo favorevole per riscoprire la fede in Dio come criterio-<br />
base della nostra vita e della vita della Chiesa. Ciò comporta sempre una lotta, un combattimento spirituale,<br />
perché lo spirito del male naturalmente si oppone alla nostra santificazione e cerca <strong>di</strong> farci deviare dalla via<br />
<strong>di</strong> Dio.<br />
Nei momenti decisivi della vita, ma, a ben vedere, in ogni momento, siamo <strong>di</strong> fronte a un bivio: vogliamo seguire<br />
l’io o Dio? L’interesse in<strong>di</strong>viduale oppure il vero Bene, ciò che realmente è bene?<br />
Non abbiamo dunque paura <strong>di</strong> affrontare anche noi il combattimento contro lo spirito del male: l’importante<br />
è che lo facciamo con Lui, con Cristo, il Vincitore. (Angelus, 17 feb 2013)<br />
Siamo nell’Anno della fede. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come<br />
bambini nelle braccia <strong>di</strong> Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette <strong>di</strong><br />
camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il<br />
suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Sì, siamo contenti per il dono della fede; è<br />
il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere! Ringraziamo il Signore <strong>di</strong> questo ogni giorno, con la preghiera<br />
e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo! (U<strong>di</strong>enza generale, 27<br />
feb 2013)<br />
In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano <strong>di</strong>minuite, e ho<br />
chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, <strong>di</strong> illuminarmi con la sua luce<br />
per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene<br />
della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della<br />
sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare<br />
la Chiesa significa anche avere il coraggio <strong>di</strong> fare scelte <strong>di</strong>fficili, sofferte,<br />
avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi.<br />
Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto<br />
nei momenti <strong>di</strong>fficili. Non per<strong>di</strong>amo mai questa visione <strong>di</strong> fede, che è<br />
l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore,<br />
nel cuore <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore<br />
ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo<br />
amore. Grazie! ■<br />
Testi completi agli in<strong>di</strong>rizzi:<br />
http://www.vatican.va/holy_father/bene<strong>di</strong>ct_xvi/au<strong>di</strong>ences/2013/index_it.htm<br />
http://www.vatican.va/holy_father/bene<strong>di</strong>ct_xvi/angelus/2013/index_it.htm<br />
5
6<br />
LE DIECI PAROLE<br />
Dallo scorso ottobre presso la <strong>Cappella</strong> <strong>Universitaria</strong> è proposta un’esperienza <strong>di</strong> catechesi<br />
nell’Anno della Fede sulla me<strong>di</strong>tazione delle Dieci Parole, segno dell’amore <strong>di</strong> Dio Padre.<br />
Quante volte sentiamo <strong>di</strong>re o ripetiamo noi stessi: “Dio parla, parla attraverso le opere del-<br />
la sua creazione, parla attraverso le opere buone che riceviamo dai nostri fratelli, parla attraverso<br />
i miracoli” tralasciando ogni tanto che Lui ci parla prima <strong>di</strong> tutto attraverso le sue<br />
Parole, le sue <strong>di</strong>eci Parole. Il percorso sulle <strong>di</strong>eci Parole proposto da Don Fabio Rosini ci serve da monito a<br />
rispolverare quelli che possono esser <strong>di</strong>ventati semplici ricor<strong>di</strong> immagazzinati nella nostra memoria dai tempi<br />
del catechismo, ci accompagna alla riscoperta, una per una, delle Parole che Dio <strong>di</strong>ce nel Suo tentativo <strong>di</strong><br />
entrare in comunicazione con l’uomo, <strong>di</strong> mostrargli la via da seguire al fine <strong>di</strong> portare a compimento la sua<br />
unica volontà per tutti noi: essere santi! Il segreto è suggellato in queste Parole, che risuonano all’orecchio<br />
dell’uomo oggi come allora, quando Dio consegnò a Mosè<br />
sul monte Sinai le tavole della Legge, suscitando nel cuore<br />
quella sapienza antica che si rinnova ad ogni tappa del<br />
cammino. La prima Parola è per ricordare all’uomo chi è il<br />
Signore e ciò che Egli ha fatto per lui: “Io sono il Signore<br />
tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto dalla<br />
con<strong>di</strong>zione servile” (Dt 5,6); questa Parola apre tra l’uomo<br />
e il suo Salvatore una relazione <strong>di</strong> fiducia, in ricordo <strong>di</strong><br />
quella liberazione che Egli ha operato per amore. Nel rievocare<br />
l’esperienza della schiavitù, determinata dalla sottomissione<br />
agli idoli, Dio ci mostra il suo volto <strong>di</strong> Padre<br />
che nella premura ci suggerisce, attraverso le altre Parole,<br />
come fare, come agire per evitare <strong>di</strong> ricadere in quella<br />
con<strong>di</strong>zione. E’ la storia <strong>di</strong> Giobbe a testimoniarci questo<br />
rapporto <strong>di</strong> estrema fiducia: al suo urlo <strong>di</strong> dolore Dio non<br />
resta in silenzio. Le Sue parole raggiungono il cuore <strong>di</strong><br />
Giobbe e, come un fiume <strong>di</strong> bene<strong>di</strong>zione, lo conducono a<br />
comprendere nell’esperienza della privazione quella del<br />
dono, nel buio della morte la luce della vita, nella lacerazione<br />
che porta con sé il dolore il sollievo connaturato<br />
alla gioia. E’ quin<strong>di</strong> nella piena libertà che Giobbe scopre<br />
la fonte della vera gioia: conoscere Dio e stare alla Sua<br />
presenza! Ad esprimere ancora la relazione <strong>di</strong> affidamento<br />
sono la storia <strong>di</strong> Saul e quella <strong>di</strong> Davide: due uomini<br />
che riconoscono nel loro peccato le loro debolezze e in<br />
questa stessa consapevolezza la potenza del Padre. Queste,<br />
insieme a molte altre testimonianze <strong>di</strong> vita, ci fanno<br />
me<strong>di</strong>tare su come solo gli uomini che attingono a questa<br />
Legge possano risanare le ra<strong>di</strong>ci della loro storia per accogliere nuovi frutti; frutti che nascono al tempo opportuno,<br />
frutti che proprio per la loro consonanza al ritmo <strong>di</strong>vino ci portano ad entrare in sintonia e armonia<br />
con la Vita. Per gli uomini la Legge <strong>di</strong> Dio è proprio questo tempo: un uomo che ascolta la parola del Signore<br />
è come un “albero piantato lungo corsi d’acqua che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno<br />
mai; riusciranno tutte le sue opere” (Sal 1,3). ■<br />
frase<br />
“Beato l'uomo che teme il Signore e trova grande gioia nei suoi comandamenti” (Sal 111,1)
VERSO LA CRESIMA<br />
LA MIA RINASCITA SPIRITUALE<br />
L'impronta <strong>di</strong> Dio nella nostra vita é vivace, presente e costante. Questo é quello in cui<br />
credo fermamente, questa é la consapevolezza acquisita durante il mio percorso <strong>di</strong> catechesi<br />
alla preparazione della cresima. L’aver imparato a riconoscere la mia fragilità innazi al<br />
Signore mi ha salvato da un’esistenza piena <strong>di</strong> dubbi, rancore e rabbia, ed ho imparato a<br />
chiedere aiuto e perdono. Ho avuto una grande guida spirituale, la cara suor Rita, che grazie<br />
al suo affetto e alla sua pazienza mi ha aiutata a rinascere, a ricredere in ciò che già faceva<br />
parte <strong>di</strong> me ma che per troppo tempo avevo messo da parte. La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un affetto importante, mio<br />
padre, mi ha allontanata dalla fede, continuavo a pregare, praticavo poco, e tutto mi sembrava un susseguirsi<br />
<strong>di</strong> abiut<strong>di</strong>ni asettiche prive <strong>di</strong> un significato profondo.<br />
Non molto tempo fa l’occasione del battesimo del<br />
mio nipotino mi ha portata a cercare Dio e a preparami<br />
alla confermazione. Ho iniziato questo percorso come<br />
un dovere crisitano, ma col passare del tempo qualcosa<br />
in me iniziava a cambiare e sentivo sempre <strong>di</strong> più la<br />
consapevolezza <strong>di</strong> affidarmi totalmente a “Qualcuno”<br />
<strong>di</strong> immensamente misericor<strong>di</strong>oso e longamine come solo<br />
il Signore può essere. L’approccio allo stu<strong>di</strong>o dei doni<br />
dello Spirito Santo ha fatto sì che la mia anima si potesse<br />
arricchire, ed ecco la mia nuova rinascita che mi<br />
sta portando a vivere la mia vita con maggiore serenità<br />
e degna <strong>di</strong> essere vissuta. ■<br />
RISCOPRIRE L'APPARTENENZA A CRISTO<br />
Arriva per tutti prima o poi il momento in cui si avverte, quasi d’un tratto, che dalle espe-<br />
rienze della giovinezza si sta approdando a una stagione nuova della vita; è un po’ la vita<br />
stessa che chiama allora a una crescita, a una maturità nuova, anche nella propria esperienza<br />
cristiana. La cosa nasce magari da quella che viene avvertita quasi come un’esigenza burocratica:<br />
“devo fare la cresima”… Per molti nell’imme<strong>di</strong>ato c’è la scelta del matrimonio; per<br />
altri è la nascita d’un figlio, o anche solo la richiesta <strong>di</strong> accompagnare, come padrino o madrina,<br />
la crescita d’un bambino o d’un ragazzo <strong>di</strong> amici o parenti. Le occasioni possono essere tante, ma sullo<br />
sfondo c’è quasi sempre anche un’esigenza più profonda: ognuno a suo modo avverte che quell’occasione<br />
rimette in causa la sua scelta <strong>di</strong> fede, e spinge a riprenderne in esame le ragioni.<br />
Ogni storia è <strong>di</strong>versa, e non per tutti – per motivi pratici o per sensibilità personale – è possibile inserirsi in<br />
un cammino <strong>di</strong> gruppo. Proprio per questo da qualche settimana Io, Fabio ed Elisa ci siamo resi <strong>di</strong>sponibili<br />
per avviare qui in <strong>Cappella</strong> una nuova esperienza <strong>di</strong> catechesi, rivolta proprio a quanti si presentano spontaneamente<br />
chiedendo <strong>di</strong> essere accompagnati in un percorso che li porti a riattivare la fede del loro battesimo;<br />
una fede che ci si è portati dentro, magari solo come un caro ricordo <strong>di</strong> quando s’era più piccoli. Volta<br />
per volta uno <strong>di</strong> noi affianca uno <strong>di</strong> loro, e con<strong>di</strong>vide con lui un itinerario breve ma significativo, che ricalca,<br />
con qualche adattamento, quello che già nei primi secoli veniva proposto ai giovani o agli adulti che volevano<br />
farsi cristiani: <strong>di</strong>eci incontri nei quali, attraverso alcune pagine del Vangelo, si riscopre l’incontro con Gesù,<br />
il significato vero che la sua presenza ha nella nostra vita. E da questo percorso fatto insieme riparte anche<br />
la riscoperta dell’appartenenza alla Chiesa <strong>di</strong> Cristo, che passa anche attraverso la presenza <strong>di</strong>screta del sacerdote<br />
e l’accoglienza della comunità orante che celebra l’Eucarestia domenicale. ■<br />
“Sentivo la consapevolezza <strong>di</strong> affidarmi totalmente a Qualcuno”<br />
“Quell’occasione rimette in causa la scelta <strong>di</strong> fede”<br />
7
8<br />
FARE BENE IL BENE<br />
“In questi tempi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>fferenza siamo chiamati a riscoprire l’essenziale, a <strong>di</strong>scernere ciò<br />
che è irrinunciabile per la fede. È nell’oggi della storia che possiamo manifestare la <strong>di</strong>fferenza<br />
cristiana con la pratica dell’urgente carità”. In queste frasi Luciano Manicar<strong>di</strong> sintetizza<br />
nel volontariato l’essenza del cristianesimo.<br />
Essere cristiani vuol <strong>di</strong>re “amare il prossimo tuo come te stesso” in qualsiasi momento, anzi<br />
soprattutto nelle situazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio fisico, economico e spirituale.<br />
Ogni giorno si presentano sotto i nostri occhi svariate occasioni <strong>di</strong> carità: dal collega <strong>di</strong> università<br />
che richiede un supporto psicologico o un aiuto tangibile nello stu<strong>di</strong>o, al men<strong>di</strong>cante che chiede<br />
qualche centesimo per sopravvivere, al ragazzo con la se<strong>di</strong>a a rotelle che fa fatica a spostarsi, all’anziano del<br />
condominio che non riesce a salire le scale. Molto spesso si rimane impassibili <strong>di</strong> fronte a ciò come se il problema<br />
non ci riguardasse minimamente, credendo che il nostro aiuto serva a poco; invece, come insegna Madre<br />
Teresa <strong>di</strong> Calcutta, “quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facessimo l'oceano<br />
avrebbe una goccia in meno”. Proprio nei piccoli gesti quoti<strong>di</strong>ani si percepisce che “la felicità più grande<br />
è essere utile agli altri” e che offrire il proprio tempo e la propria <strong>di</strong>sponibilità, in forma gratuita, per il bene<br />
del prossimo è la più nobile qualità che può esprimere un essere umano.<br />
Trascorrere un’ora alla settimana in una casa <strong>di</strong> riposo facendo sorridere gli anziani, ascoltare i carcerati,<br />
far <strong>di</strong>vertire i <strong>di</strong>versamente abili,<br />
insegnare a leggere e a scrivere ai<br />
bambini svantaggiati significa donare<br />
un po’ del nostro tempo per<br />
qualcosa <strong>di</strong> necessario ed e<strong>di</strong>ficante.<br />
Naturalmente ciò che conta<br />
non è la quantità ma la qualità<br />
del tempo de<strong>di</strong>cato agli altri: “non<br />
importa quanto si dà, ma quanto<br />
amore si mette nel dare”.<br />
Come <strong>di</strong>rebbe Manzoni “si dovrebbe<br />
pensare più a far bene che a<br />
stare bene: e così si finirebbe anche<br />
a star meglio”. Infatti, ciò che<br />
un volontario matura nella sua attività<br />
è la consapevolezza <strong>di</strong> essere<br />
fortunato e grato a Dio per il dono<br />
più grande in assoluto: la vita.<br />
Paradossalmente si scopre come<br />
“la carità fa più bene a chi la fa<br />
che a chi la riceve” (don Carlo Gnocchi), perché proprio quando si gioca con un coetaneo <strong>di</strong>versamente abile<br />
o si <strong>di</strong>aloga con un anziano si nota che un piccolo gesto o una minima attenzione ricevuta li rende immensamente<br />
felici nonostante le loro sofferenze. Ci si accorge quin<strong>di</strong> come i nostri “problemi”, come l’esame da<br />
sostenere, un voto desiderato ma non ottenuto, un’influenza <strong>di</strong> tre giorni, i litigi con un amico sono in realtà<br />
solo sciocchezze.<br />
L’aspirazione a fare il bene e l’immensa sod<strong>di</strong>sfazione che ne deriva spingono il volontario a continuare progressivamente<br />
nella sua operosità in modo totalmente <strong>di</strong>sinteressato.<br />
Per questo motivo il volontariato deve essere un'attività svolta con il cuore e non deve essere sentita come<br />
un obbligo o un impegno, ma come uno stimolo interiore a donarsi. Questo è il bene! ■<br />
“Si dovrebbe pensare più a far bene che a star bene: e così si finirebbe a star meglio”<br />
(Alessandro Manzoni)
“QUI SOTTO BATTE<br />
UN CUORE CLOWN”<br />
Dicono che il naso rosso sia la<br />
maschera più piccola del mondo,<br />
quella che lascia vedere il cuore. Vi<br />
posso raccontate delle tante esperienze<br />
<strong>di</strong> clown-terapia vissute in<br />
casa <strong>di</strong> riposo e in ospedale: reparti<br />
<strong>di</strong> geriatria, ortope<strong>di</strong>a, oncologia<br />
generale, pe<strong>di</strong>atria, neurochirurgia pe<strong>di</strong>atrica, neuropsichiatria<br />
infantile, ematologia pe<strong>di</strong>atrica, persino<br />
ai prelievi <strong>di</strong> sangue dei bambini e al pronto soccorso.<br />
Però come faccio a spiegarvi quello che sento?<br />
Ad esempio, quando decido <strong>di</strong> svegliarmi presto<br />
presto (eppure quanto mi<br />
piace dormire!) e fare servizio<br />
prima <strong>di</strong> andare a<br />
lavoro e come questo mi<br />
carica <strong>di</strong> energia per tutta<br />
la giornata (e per tutta<br />
la vita!). Quando ho accettato<br />
<strong>di</strong> far parte del<br />
meraviglioso progetto<br />
“Domiciliamoci”, che consiste<br />
nell’andare a trovare<br />
a casa bambini con malattie<br />
a lungo corso, e aiutare<br />
loro e la loro famiglia a<br />
superare la sofferenza<br />
attraverso l’allegria <strong>di</strong> un<br />
sorriso. Quando troviamo<br />
bambini che piangono per<br />
il dolore e che pian piano<br />
lo <strong>di</strong>menticano e iniziano<br />
a sorridere e quasi sempre<br />
alla fine anche a ridere,<br />
con quel riso che esce<br />
dal cuore e si vede negli occhi. Quando le famiglie<br />
ci guardano con le lacrime agli occhi e ci sorridono<br />
<strong>di</strong>cendo soltanto”grazie”. Quando i nonnini ci aspettano,<br />
ci chiamano, ci danno la mano e, entrando nel<br />
nostro mondo <strong>di</strong> fantasia, per alcuni minuti si ricordano<br />
come è buono essere sempre bambini e come<br />
in quei momenti tutto sembra piu leggero. Quando<br />
gli adulti con malattie a lunga degenza ci ricevono e<br />
riempiono il loro e il nostro cuore <strong>di</strong> gioia <strong>di</strong>menticandosi<br />
momentaneamente dei loro guai. In un mon-<br />
do abituato a che tutto abbia un prezzo, spesso ci<br />
chiedono: vi possiamo pagare? La risposta è sempre<br />
la stessa: MAI. Un vero volontario e <strong>di</strong> conseguenza<br />
un vero clown <strong>di</strong> corsia risponde sempre così a<br />
questa domanda. Tutto quello che vogliamo è un<br />
sorriso dell’anima. La gioia che la gratuità<br />
dell’amore donato in ogni servizio porta alle nostre<br />
vite è qualcosa che assolutamente niente al mondo<br />
può pagare.<br />
Essere clown è allenarsi in uno stile <strong>di</strong> vita che io<br />
trovo molto simile a quello cristiano genuino e che<br />
quin<strong>di</strong> è entrato nella mia vita in perfetta sintonia.<br />
É mettersi in gioco. É spogliarsi <strong>di</strong> preconcetti per<br />
donarsi agli altri. È imparare<br />
a ridere <strong>di</strong> noi stessi.<br />
È coltivare l’umiltà. È alimentarsi<br />
della bellezza<br />
della vita per poi cambiare<br />
quello che ce la priva.<br />
É trasformare una lacrima<br />
in un sorriso. É tornare a<br />
sentire la gioia e<br />
l’innocenza <strong>di</strong> essere bambino.<br />
É credere ancora <strong>di</strong><br />
più nei sogni. È, amando<br />
la vita in ogni suo momento,<br />
non avere paura della<br />
morte e imparare anche a<br />
sorriderle. È credere ostinatamente<br />
nel potere<br />
dell’amore, perché lo<br />
guar<strong>di</strong>amo in faccia, negli<br />
occhi <strong>di</strong> chi si ama anche<br />
nella sofferenza più profonda<br />
e scopriamo come<br />
esso stesso che guarisce davvero, succeda ciò che<br />
succeda. È tornare a casa sempre con un sorriso<br />
immenso nel cuore, ma a volte è anche arrivare a<br />
casa e non riuscire più a trattenere le lacrime... e<br />
perché? Perche amare gli altri è anche sentire con<br />
loro, è - oltre portare sempre una <strong>di</strong>strazione e un<br />
sorriso – soprattutto avere consapevolezza della<br />
grandezza delle loro vittorie ma anche delle loro<br />
sofferenze, è... sentirsi vivo, accogliendo la vita, a<br />
cuore aperto, in tutte le sue <strong>di</strong>mensioni. ■<br />
Per curiosità:<br />
http://www.vipsiena.com/<br />
http://www.vipitalia.org/<br />
9
10<br />
IL SILENZIO ELOQUENTE<br />
DELLE LACRIME<br />
Lungo i secoli della storia Maria è apparsa varie volte ai figli che gli furono affidati da Ge-<br />
sù sulla Croce. Le apparizioni più conosciute e riconosciute dalla Chiesa, sono quelle <strong>di</strong> La<br />
Salette nel settembre 1846, quella <strong>di</strong> Lourdes nel 1858, quella <strong>di</strong> Fatima nel 1917. E man mano<br />
in tempi più vicini e in attesa della conferma ufficiale della Chiesa, a Medjugorje dal 1981.<br />
Fra tutte queste apparizioni e manifestazioni pro<strong>di</strong>giose, spesso non è nemmeno conosciuta<br />
dagli stessi italiani la lacrimazione della Madonna a Siracusa, avvenuta nel 1953. Eppure questa<br />
mariofania è così significativa, preziosa e soprattutto vicina a noi che credo sia importante<br />
conoscerne la storia e cercare <strong>di</strong> comprendere il perché la Madre del nostro Signore ci ha voluto parlare,<br />
anche se con il silenzio eloquente delle lacrime. A Siracusa la mattina del 29 agosto 1953 un quadretto<br />
<strong>di</strong> gesso raffigurante il Cuore Immacolato <strong>di</strong> Maria, posto sul capezzale <strong>di</strong> una giovane e umile coppia <strong>di</strong> sposi,<br />
Angelo e Antonietta Iannuso, inizia a<br />
lacrimare; per ben quattro giorni, fino al<br />
primo settembre, il quadretto continuerà<br />
a piangere sotto gli occhi stupiti e pieni <strong>di</strong><br />
gioia <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> fedeli che in pochi giorni<br />
accorrono per assistere al pro<strong>di</strong>gioso<br />
evento. Il miracolo è l’unico <strong>di</strong> cui ci è<br />
giunta anche una testimonianza filmata. In<br />
quei giorni molte persone malate ricevettero<br />
delle grazie e una commissione scientifica<br />
analizzò il quadretto e le lacrime<br />
che furono prelevate il primo settembre.<br />
Nel 1950 Pio XII proclamò il dogma dell'Assunta<br />
e tre anni dopo a Siracusa Maria<br />
Assunta (così come era già avvenuto a<br />
Lourdes per il dogma dell’Immacolata Concezione)<br />
si manifestò con il segno<br />
“corporeo” delle lacrime. Lo stesso Pio XII<br />
il 17 ottobre del 1954 in un ra<strong>di</strong>omessaggio<br />
ai fedeli spiegò che se è vero che Maria è<br />
beata in cielo, ella non smette <strong>di</strong> essere<br />
Madre, <strong>di</strong> prendersi cura dei fratelli del<br />
suo Gesù e si commuove fino alle lacrime.<br />
Tra le interpretazioni più significative <strong>di</strong> questo pro<strong>di</strong>gioso evento va ricordata soprattutto quella <strong>di</strong> Giovanni<br />
Paolo II: “Le lacrime <strong>di</strong> Maria […] testimoniano la presenza della Madre nella Chiesa e nel mondo. Sono<br />
lacrime <strong>di</strong> dolore per quanti rifiutano l'amore <strong>di</strong> Dio, per le famiglie <strong>di</strong>sgregate o in <strong>di</strong>fficoltà, per la gioventù<br />
insi<strong>di</strong>ata dalla civiltà dei consumi e spesso <strong>di</strong>sorientata. […] Sono lacrime <strong>di</strong> preghiera: preghiera della<br />
Madre che dà forza ad ogni altra preghiera, e si leva supplice anche per quanti non pregano perché <strong>di</strong>stratti<br />
da mille altri interessi, o perché ostinatamente chiusi al richiamo <strong>di</strong> Dio. Sono lacrime <strong>di</strong> speranza, che sciolgono<br />
la durezza dei cuori e li aprono all'incontro con Cristo Redentore”.<br />
Con questo breve articolo non si può spiegare a fondo un pro<strong>di</strong>gio come quello della lacrimazione, ma attraverso<br />
il sito ufficiale del santuario della Madonna delle Lacrime e tanti altri siti a lei de<strong>di</strong>cati potrete approfon<strong>di</strong>re<br />
meglio la storia del miracolo e le sue interpretazioni. Le apparizioni <strong>di</strong> Maria e le lacrime versate da<br />
quel quadretto a Siracusa sono un dono che Dio ci fa per consolare il nostro dolore e per richiamarci sulla<br />
giusta strada nella vita, quella che conduce a Lui. ■<br />
Per approfon<strong>di</strong>re:<br />
http://www.youtube.com/watch?v=CXk1t4DOH84<br />
http://www.youtube.com/watch?v=fGh62oRMtbU
DESTINAZIONE ASSOLUTO<br />
Caminante, no hay camino<br />
se hace camino al andar<br />
viandante, non c’è un cammino<br />
si fa il cammino camminando<br />
(A. MACHADO, Cantares)<br />
Don Sandro Lusini è un prete maremmano che da molti anni fa il parroco a Porto Santo Stefano, sul litora-<br />
le toscano detto dell’Argentario. E’ un sacerdote colto che si de<strong>di</strong>ca anche all’insegnamento e questo lo si<br />
può comprendere conversando con lui o ascoltandolo pre<strong>di</strong>care. Ciò che invece è più <strong>di</strong>fficile da indovinare<br />
è la sua doppia natura <strong>di</strong> caminante, cioè <strong>di</strong> pellegrino. Non è uno sportivo amante del trekking, né un post<br />
hippie itinerante per l’Europa, ma un pellegrino dell’anima e questa sua natura lo ha portato spessissimo –<br />
quasi a cadenza annuale – sulle vie che partendo da varie parti d’Europa conducono alla splen<strong>di</strong>da capitale<br />
Gallega: Santiago De Compostela.<br />
Il suo primo pellegrinaggio fu nell’ormai lontano 1989, quando Giovanni Paolo<br />
II volle che proprio intorno alla tomba dell’apostolo Giacomo si celebrasse<br />
la Giornata Mon<strong>di</strong>ale della Gioventù. Da allora in tutto il mondo cattolico<br />
e anche al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> esso riprese quel fenomeno che nel me<strong>di</strong>oevo era<br />
stato tanto significativo per la civiltà cristiana e che poi si era affievolito<br />
fin quasi a scomparire nei secoli della modernità.<br />
Don Sandro si è inserito –non senza <strong>di</strong>stinguo – in questo fenomeno contemporaneo<br />
lasciandosi plasmare dal pellegrinaggio nella sua identità <strong>di</strong> cristiano<br />
e <strong>di</strong> sacerdote. Nel libro che ha de<strong>di</strong>cato al Cammino nel 2012<br />
(Destinazione Santiago) si presenta anzitutto come un cristiano che nella<br />
sfida e nella fatica del camminare realizza la <strong>di</strong>mensione della ricerca <strong>di</strong><br />
Dio in una maniera simbolicamente efficace. Tutti i veri pellegrini sono pellegrini<br />
dell’assoluto, viandanti della Ricerca, portatori del desiderio e cercatori<br />
<strong>di</strong> umanità.<br />
Nell’esperienza del cammino queste due linee convergono e quasi si fondono:<br />
ricerca <strong>di</strong> Dio e scoperta <strong>di</strong> sé. E così si comprende anche il <strong>di</strong>stinguo a<br />
cui si accennava sopra: oggi il camino per molti si riduce a una sfida verso se stesso, ad un mettersi alla prova<br />
facendo qualcosa <strong>di</strong> alternativo e la <strong>di</strong>mensione della ricerca quasi scompare. I francescani che officiano la<br />
chiesetta <strong>di</strong> O Cebreiro – uno dei luoghi più poetici <strong>di</strong> tutto il percorso – riferiscono non senza una punta <strong>di</strong><br />
sgomento che sono pochissimi i pellegrini che si fermano a pregare con loro la sera o che cercano la Confessione.<br />
Per molti Santiago è <strong>di</strong>ventato uno dei tanti riti <strong>di</strong> formazione della gioventù europea.<br />
Tutt’altra esperienza vive chi coglie la valenza metaforica del camino come icona dell’umano peregrinare ed<br />
accetta la vera sfida che Santiago –e tutti gli altri pellegrinaggi – propone. La fatica che segna i milioni <strong>di</strong><br />
passi che separano il passo <strong>di</strong> Roncisvalle e il portico della Gloria che immette nella cattedrale compostellana<br />
sono l’icona dell’avventura umana. Accettare quella fatica vuol <strong>di</strong>re accogliere la vita così com’è, senza escludere<br />
nulla, ma cercando <strong>di</strong> capire il senso <strong>di</strong> tutto e facendo anche quello che non si comprende subito<br />
fino in fondo, ma che si presentisce liberante e purificante. In fondo il senso del Cammino non si svela<br />
all’arrivo sulla piazza dell’Obradoiro e nemmeno forse la seconda o la terza volta che si raggiunge la punta <strong>di</strong><br />
Finisterre: il senso ultimo dell’esistenza si apre all’uomo nel momento della morte quando Dio dona la visione<br />
<strong>di</strong> tutta la vita e il suo segreto si apre davanti allo sguardo dell’anima.<br />
Dunque: adelante, la via Lactea ci aspetta! ■<br />
Per approfon<strong>di</strong>re:<br />
Sandro Lusini, Destinazione Santiago, Grosseto, Moroni E<strong>di</strong>tore, 2012<br />
11
12<br />
GENERARE LA VITA<br />
VINCE LA CRISI!?<br />
Questa è stata la domanda e l’affermazione slogan dell’incontro svoltosi in febbraio<br />
nell’au<strong>di</strong>torium Santo Stefano alla Lizza nell’ambito delle iniziative per celebrare la trentacinquesima<br />
Giornata per la Vita 2013.<br />
Sono intervenuti al <strong>di</strong>battito il vicepresidente del Movimento Per la Vita Italiano Pino Moran<strong>di</strong>ni<br />
e il Prof. Luciano Cillerai, <strong>di</strong>rettore del Dipartimento <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Aziendali e Sociali<br />
dell’Università <strong>di</strong> <strong>Siena</strong>.<br />
Il punto <strong>di</strong> partenza è stato la contrapposizione netta tra realismo e speranza: la realtà è<br />
critica e buia, come ci conferma l’analisi dei dati statistici dell’ISTAT relativi all’anno 2011. Da essi emerge<br />
che il 50% dei ragazzi italiani tra i 25 e i 34 anni vive ancora in casa dei e con i genitori e che quasi una donna<br />
su quattro, dopo aver messo al mondo un figlio, perde il lavoro; più della metà <strong>di</strong> quelle che lo mantengono<br />
prendono poi in considerazione l’idea <strong>di</strong> lasciarlo. La domanda che si presenta a questo punto è: è possibile<br />
la speranza? È proprio vero che “generare la vita vince la crisi” in un’Europa dove avviene un aborto<br />
ogni 12 secon<strong>di</strong>? Viviamo in una società che sembra aver paura della crisi, a <strong>di</strong>fferenza del passato quando<br />
in momenti <strong>di</strong> crisi ancora peggiore <strong>di</strong> questa<br />
la vita non faceva paura. Crisi non solo economica,<br />
ma anche e soprattutto valoriale e<br />
culturale; <strong>di</strong> fronte a questi dati realistici<br />
due sono le possibilità: chiudersi in se stessi o<br />
aprirsi all’altro, all’Amore. Quest’ultima la via<br />
che il Dott. Moran<strong>di</strong>ni ci ha voluto in<strong>di</strong>care<br />
come maestra: considerare i figli come risorsa;<br />
<strong>di</strong>fendere la vita annunciando con parole<br />
e opere la speranza insita in essa; far capire la<br />
centralità della questione antropologica; porre<br />
alla base della società non l’economia ma la<br />
persona umana e la famiglia. Queste ultime<br />
dovrebbero essere inserite dallo Stato come<br />
valori fondativi della società: dalla crisi si esce<br />
infatti con la riscoperta dei valori. In che<br />
modo? Una delle soluzioni illustrataci dal<br />
Prof. Cillerai consiste nell’adozione <strong>di</strong> un progetto<br />
che trascende la filantropia: l’Economia<br />
<strong>di</strong> Comunione (EdC). Si tratta <strong>di</strong> un nuovo<br />
modo <strong>di</strong> pensare e fare impresa basato sul Vangelo, una nuova cultura del dare, che non costituisce<br />
un’alternativa all’economia <strong>di</strong> mercato ma si propone <strong>di</strong> trasformare dall’interno le strutture dell’impresa<br />
attraverso tre punti car<strong>di</strong>ne: aiuto agli in<strong>di</strong>genti, rispetto dell’economia sociale e tensione verso il capitale<br />
umano. L’EdC promuove una cultura del dare gratuitamente e generosamente che si contrappone a quella<br />
dell’avere e si pone come fine quello <strong>di</strong> suscitare la reciprocità. Questa realtà conta nel mondo 861 aziende,<br />
concentrate soprattutto nel settore dei servizi; impren<strong>di</strong>tori, <strong>di</strong>rigenti, collaboratori decidono <strong>di</strong> reinvestire<br />
gli utili allo scopo <strong>di</strong> autofinanziarsi, formare una nuova cultura e promuovere progetti a favore dei ceti<br />
più poveri.<br />
E’ possibile dunque la speranza; è possibile un futuro migliore in cui l’economia <strong>di</strong>venterà bioeconomia, la<br />
politica biopolitica e “modo esigente <strong>di</strong> vivere la carità” (Giorgio La Pira).<br />
Segnaliamo ancora l’iniziativa citta<strong>di</strong>na europea “Uno <strong>di</strong> noi”, promossa dal Movimento Per la Vita italiano,<br />
estremamente significativa e meritevole <strong>di</strong> ogni sostegno (per conoscerla meglio visita il sito www.mpv.org).■<br />
“Basterebbe un giorno senza nessun aborto e Dio concederebbe la pace al mondo fino al termine<br />
dei giorni” (San Pio da Pietrelcina - risposta ad una domanda del Dott. Lotti)
IL NOSTRO/VOSTRO MUSICAL<br />
Tornando in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sei mesi, mai avremmo pensato <strong>di</strong> poter scrivere qual-<br />
cosa sulla riuscita <strong>di</strong> questo recital o ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> parlarne, dopo ben tre<br />
repliche. Il progetto inizia nel novembre del 2011. Tutto è nato dalla voglia<br />
<strong>di</strong> fare qualcosa tutti insieme, qualcosa <strong>di</strong> nuovo. Così, unendo i gruppi<br />
(consolidati da tempo) che operano all’interno della cappella e accogliendo i<br />
nuovi abbiamo deciso <strong>di</strong> buttarci in questa sfida. Inizia il lancio <strong>di</strong> idee e la<br />
scelta cade, senza esitazione, su “State buoni se potete”, recital sulla storia<br />
<strong>di</strong> San Filippo Neri, tratto dal film con Johnny Dorelli. Il film e la storia hanno toccato tutti al momento della<br />
visione, e le musiche <strong>di</strong> Branduar<strong>di</strong> ci hanno affascinato. La presenza <strong>di</strong> Marta (musicista, da anni <strong>di</strong>rettrice<br />
del coro della cappella) è stata sicuramente un punto <strong>di</strong> forza in questa “missione”, che ha curato la parte<br />
musicale. Per quanto riguarda la parte recitata, hanno nominato “registe” proprio le sottoscritte, entrambe<br />
con poca esperienza ma tanta voglia <strong>di</strong> farcela e <strong>di</strong> essere all’altezza. Il progetto prende la sua forma. Si parte!<br />
Un totale <strong>di</strong> trentasei teste tra musicisti, percussionisti, coristi e attori: impresa ardua, ma non impossibile.<br />
Non sono mancati i momenti <strong>di</strong> sconforto, <strong>di</strong> tensione, <strong>di</strong> stanchezza ma la voglia <strong>di</strong> arrivare in fondo, <strong>di</strong><br />
provare noi stessi, <strong>di</strong> metterci in gioco fino alla fine, <strong>di</strong> crederci nonostante tutto, ormai erano le linee guida<br />
che accomunavano tutti! Finalmente, il tanto atteso primo debutto arriva a <strong>di</strong>cembre: non poteva andar meglio!<br />
Ricor<strong>di</strong>amo ancora gli sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> tutti, che dopo tanti sacrifici, erano lì, sul palco, a godersi gli applausi<br />
<strong>di</strong> gioia (alcuni anche <strong>di</strong> stupore) del pubblico. Sono poi seguite altre due repliche, anch’esse conclusesi<br />
splen<strong>di</strong>damente! Sicuramente è stato il progetto più grande e impegnativo in cui la <strong>Cappella</strong> si sia mai cimentata,<br />
anche quello in cui ci si è “scoperti” <strong>di</strong> più, nel bene e nel male. Alla fine <strong>di</strong> tutto nessuno si è risparmiato,<br />
tutti ne sono usciti arricchiti da un punto <strong>di</strong> vista professionale, spirituale, ma soprattutto umano. State<br />
buoni se potete, ma non a lungo… pronti per rimettervi in gioco? ■<br />
“A uno <strong>di</strong>ede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo la capacità <strong>di</strong> ognu-<br />
no” (Mt 25,15). Riflettendo su questa frase del Vangelo e su quanto sia importante che ogni<br />
persona scopra i talenti che il Signore le ha donato, ho pensato alla realizzazione <strong>di</strong> un<br />
recital.<br />
Ciò che stupisce è che la stessa idea è venuta contemporaneamente anche a varie persone<br />
durante una gita lo scorso anno e abbiamo interpretato questo fatto come un segno della<br />
provvidenza iniziando così questa specie<br />
<strong>di</strong> “avventura”.<br />
Ho arrangiato le canzoni in modo da sfruttare gli strumenti<br />
(anche vocali) che avevamo a <strong>di</strong>sposizione e ci siamo<br />
messi subito sotto con le prove.<br />
E' stato bello veder crescere nella fatica ma anche nel<br />
<strong>di</strong>vertimento questo spettacolo che, nonostante momenti<br />
<strong>di</strong> scoraggiamento e <strong>di</strong> incomprensioni umane, ha preso<br />
lentamente forma.<br />
Vorrei ringraziare uno ad uno musicisti ed attori, ognuno<br />
per aver dato il suo prezioso apporto umano ed artistico.<br />
Saremo felici, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> mettere in scena le prossime repliche,<br />
vivendo questa bellissima esperienza con tutto il<br />
calore possibile nella speranza magari <strong>di</strong> trasmetterlo! ■<br />
“The best of”:<br />
http://www.youtube.com/watch?v=onB3xKlP6RQ<br />
13
14<br />
STATE BUONI...
… SE POTETE!<br />
15
16<br />
Mai avrei immaginato <strong>di</strong> ritornare su un palco... tantomeno dopo averlo fatto l’ultima vol-<br />
ta circa venti anni prima quando mi ritrovai a essere protagonista del saggio <strong>di</strong> fine anno<br />
organizzato da una scuola <strong>di</strong> ballo in cui ero stato “intrappolato” per accompagnare mia cu-<br />
gina, che del resto poi si ritirò e <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>cono fossi particolarmente invaghito! In quel grup-<br />
po ero l’unico bambino circondato da ragazzine adolescenti che si cimentavano in non so<br />
quale forma strana <strong>di</strong> ballo… per me un trauma!! Immaginate quin<strong>di</strong> la mia reazione alla pro-<br />
posta <strong>di</strong> rappresentare San Filippo Neri, secondo patrono del mio paese, canonizzato dal papa mio concitta-<br />
<strong>di</strong>no! Questa volta non più adolescenti sconosciute e balli i<strong>di</strong>oti, ma giovani amici desiderosi <strong>di</strong> mettersi in<br />
gioco e portare avanti un progetto davvero grande e originale! Non vi nascondo che son stati i miei “colleghi”<br />
<strong>di</strong> palcoscenico e la grinta delle registe amiche Clau<strong>di</strong>a e Elisa a darmi forza, <strong>di</strong> volta in volta, per personifi-<br />
care don Filì, apparentemente prete “ignorante e bugiardo”, ma realmente uomo innamorato <strong>di</strong> Dio, custode<br />
geloso dei suoi “bastardelli <strong>di</strong> casa Proietti, anime abbandonate bisognose <strong>di</strong> tutto”. Mesi <strong>di</strong> lavoro in cui ci<br />
siamo davvero esposti, moderando il nostro (a volte fremente) temperamento, occasione specialissima per<br />
<strong>di</strong>vertirsi tanto con poco, sorridere e ridere a crepapelle, ma anche, e soprattutto, per conoscersi! Ahh, pa-<br />
ra<strong>di</strong>so para<strong>di</strong>so!! ■<br />
UN PROGETTO DIVENTATO<br />
REALTA’<br />
Il sipario è chiuso, non si può vedere che succede, ma il vociferare ce lo fa intuire: il tea-<br />
tro è pieno e c’è impazienza. E’ ora, ma noi, lì <strong>di</strong>etro, ci conce<strong>di</strong>amo ancora un attimo per<br />
un abbraccio collettivo. Adesso però non c’è più tempo, ognuno ai propri posti: attori sù e<br />
musicisti giù tra il pubblico. Siamo <strong>di</strong> fronte al palco, ognuno armato del proprio strumento<br />
<strong>di</strong> cui fino a qualche mese fa non conosceva neanche il nome. Basta uno sguardo e, grazie<br />
alla complicità che è stata frutto del lungo periodo <strong>di</strong> prove, capiamo <strong>di</strong> essere tutti pronti.<br />
Si inizia: il violino c’è, attacca insieme al timpano, in perfetta sincronia, e poi, a seguire, tutti gli altri. Le sce-<br />
ne si susseguono e noi, dalla platea, percepiamo che i pezzi <strong>di</strong> un grande puzzle, fino a ieri apparentemente<br />
inconciliabili si stanno ricomponendo, scoprendo un’immagine <strong>di</strong> una bellezza superiore alle nostre stresse<br />
aspettative. Tra un pensiero e l’altro arriva la fine, e noi siamo <strong>di</strong> nuovo tutti sul palco, ancora una volta uni-<br />
ti in un abbraccio e allora alzo gli occhi e mi <strong>di</strong>co: “come ho fatto non lo so a pensare <strong>di</strong> partire da solo”. ■<br />
Vedere uno spettacolo teatrale è <strong>di</strong> solito piacevole. Quando è fatto da<br />
persone che conosci <strong>di</strong>venta anche più interessante. Se magari ti capita <strong>di</strong><br />
assistere alle prove e riuscire a farti una vaga idea del lavoro che ci è <strong>di</strong>e-<br />
tro, allora <strong>di</strong>venta superlativo. Per noi lo è stato a tal punto da tornare tre<br />
volte a vedere Fabio, che pensavamo fosse più uno spettacolo d’uomo che<br />
un uomo <strong>di</strong> spettacolo, ed invece si è rivelato un bravissimo attore; Ivan<br />
che con la sua voce ben impostata e la sua <strong>di</strong>sinvoltura sembrava non aver fatto altro nella vita; lo sguardo<br />
innamorato <strong>di</strong> Arianna; l’espressione severa e solenne <strong>di</strong> Angelo; la capacita d’improvvisare <strong>di</strong> Gianmarco; la<br />
comicità <strong>di</strong> Mickey e Filippo; la <strong>di</strong>sponibilità a mettersi in gioco <strong>di</strong> Marina e Paolo; Giuseppe così a suo agio<br />
nei panni del papa; la voce incantevole <strong>di</strong> Elisa; l’effervescenza <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>a e delle sue collaboratrici e la stra-<br />
or<strong>di</strong>naria competenza del coro e dei musicisti. Ringraziamo tutti perché siamo uscite da ogni spettacolo un<br />
po’ più felici e leggere… A quando il prossimo? ■<br />
Foto <strong>di</strong>sponibili all’in<strong>di</strong>rizzo:<br />
http://www.capunisi.it/index.php/foto-e-video
“SE OGNUNO FA QUALCOSA…”<br />
Lo chiamavano 3P: era il parroco<br />
della chiesa <strong>di</strong> San Gaetano, a<br />
Brancaccio, quartiere dov’era anche<br />
nato. Vi troverà la morte il 15<br />
settembre 1993, giorno del suo<br />
compleanno: era <strong>di</strong>venuto scomodo<br />
perché offriva nuove prospettive,<br />
annunciava che nuove vie sono possibili. Non si rassegnava<br />
<strong>di</strong> fronte alla barbarie che con tentacolare<br />
pervasività ghermisce coloro che per fame, per ignoranza<br />
<strong>di</strong> possibilità altre, vi si abbandonano. Formava<br />
le coscienza Padre Pino Puglisi in una terra per<br />
cui aveva compreso fosse necessario dare la vita: e<br />
proprio per questo accolse col sorriso il sacrificio<br />
estremo. Aveva intuito che<br />
per strappare terreno a Cosa<br />
Nostra era necessario arrivare<br />
prima <strong>di</strong> lei, impe<strong>di</strong>re<br />
che si prendesse i più piccoli,<br />
coloro che era ancora<br />
possibile salvare offrendo<br />
loro vie nuove. Era convinto<br />
bisognasse dare ai ragazzi<br />
del suo quartiere la possibilità<br />
della scelta tra culture<br />
antitetiche, tra vita e morte.<br />
Aveva compreso che il <strong>di</strong>segno<br />
<strong>di</strong> Dio sulla sua vita era<br />
<strong>di</strong> presentare ai ragazzi del<br />
suo quartiere un modello<br />
valoriale e comportamentale<br />
che facesse della carità evangelica<br />
il suo punto focale.<br />
Dava loro la possibilità <strong>di</strong><br />
aprirsi ad una cultura che,<br />
profondamente cristiana,<br />
vedeva nell’amore al prossimo,<br />
nel rispetto fraterno e<br />
della vita umana baluar<strong>di</strong><br />
insostituibili. Era una vera e<br />
propria guerra, combattuta con la Cosa Nostra dei<br />
fratelli Graviano, mandanti del suo omici<strong>di</strong>o, sul terreno<br />
delle scelte etiche, della <strong>di</strong>mensione educativa:<br />
eppure 3P era un guerriero mite (questo il tratto<br />
che più riecheggia nelle descrizioni delle persone<br />
“La cultura sottesa alla mafia è la sven<strong>di</strong>ta del valore della <strong>di</strong>gnità umana”<br />
che lo hanno conosciuto) che, consapevole della<br />
necessità <strong>di</strong> agire, lo faceva con una pacatezza dai<br />
tratti rivoluzionari.<br />
È proprio per la sua consapevolezza del fatto che<br />
Mafia e Cristianesimo rappresentano antitetici riferimenti<br />
etico-culturali, come ha anche sostenuto<br />
proprio a Palermo Benedetto XVI nel suo <strong>di</strong>scorso<br />
ai giovani siciliani del 3 ottobre 2010, che Don Puglisi<br />
sarà beatificato il 25 maggio prossimo, nonché <strong>di</strong>chiarato<br />
martire in o<strong>di</strong>um fidei. Il suo assassinio è<br />
stato considerato gesto dovuto alla sua adesione al<br />
messaggio vivifico del Vangelo e compiuto da uomini<br />
che, in sfregio ad esso, hanno anteposto la morte<br />
alla vita, l’esaltazione dell’amor proprio alla <strong>di</strong>mensione<br />
collettiva. Padre Puglisi ha, dunque, reso viva<br />
la buona novella, <strong>di</strong>venendone<br />
testimone luminoso ed<br />
incarnando il dettato evangelico<br />
per cui non vi è amore<br />
più grande dell’esser pronti a<br />
“dare la vita per i propri amici”<br />
(Gv 15,13). Ha <strong>di</strong>mostrato<br />
che la forza <strong>di</strong> un Dio che è<br />
Amore sta proprio nella possibilità<br />
<strong>di</strong> trasformare la morte<br />
in vita, il sacrificio in momento<br />
<strong>di</strong> creazione: la sua<br />
morte è un dare la vita, non<br />
un perderla.<br />
La figura <strong>di</strong> 3P, la sua testimonianza,<br />
il suo agire e la sua<br />
morte si pongono come modello<br />
inelu<strong>di</strong>bile per chiunque<br />
abbia a cuore le sorti<br />
della esistenza umana: egli<br />
<strong>di</strong>viene pungolo delle coscienze,<br />
il suo messaggio non<br />
può lasciare in<strong>di</strong>fferenti non<br />
soltanto la Chiesa, <strong>di</strong>vina<br />
comunità <strong>di</strong> cui lui faceva<br />
parte, ma l’intero corpo civile<br />
del Paese. A noi, dunque, raccoglierne l’ere<strong>di</strong>tà spirituale<br />
ed etica nella consapevolezza che l’unica via<br />
per essere cre<strong>di</strong>bili è <strong>di</strong>venire non maestri ma testimoni<br />
del messaggio evangelico. D’altronde poi, come<br />
3P <strong>di</strong>ceva, se “ognuno fa qualcosa…”. ■<br />
17
18<br />
A volte succede che le azioni che<br />
portiamo avanti siano motivate da<br />
una sorta <strong>di</strong> sentimento <strong>di</strong> sfida nei<br />
confronti della vita, dovuto fondamentalmente<br />
al fatto che non accettiamo<br />
il nostro limite, anzi lo<br />
o<strong>di</strong>amo. E allora apparentemente<br />
siamo delle “brave persone”, il mondo che ci circonda<br />
continua ad elogiarci per i ripetuti successi, cavalchiamo<br />
la cresta dell’onda, ma, in fondo, sentiamo<br />
<strong>di</strong> non meritarci tutto questo: qualcosa dentro<br />
<strong>di</strong> noi urla <strong>di</strong> fermarci, <strong>di</strong> smettere <strong>di</strong> combattere.<br />
L’esperienza <strong>di</strong> vita e il pensiero <strong>di</strong> una teologa del<br />
nostro tempo venuta a mancare nel 2010 può forse<br />
aiutarci a deporre le armi. Sto parlando <strong>di</strong> Adriana<br />
Zarri e il testo da cui parto per la mia riflessione è<br />
“Teologia del quoti<strong>di</strong>ano”<br />
e<strong>di</strong>to da Einau<strong>di</strong><br />
nella collana “Vele”,<br />
Torino, 2012. Si tratta<br />
<strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> scritti<br />
che la teologa ha raccolto<br />
da quando ha<br />
intrapreso la scelta <strong>di</strong><br />
una vita monastica<br />
laica <strong>di</strong> tipo eremitico,<br />
in una cascina del<br />
piemontese. Tanti sono<br />
gli argomenti che<br />
la Zarri tratta, tra cui<br />
la possibilità <strong>di</strong> vivere<br />
ogni giorno il miracolo<br />
cristiano a partire<br />
dall’amicizia e dalla<br />
interazione con le piccole<br />
cose. Trapela<br />
l’immagine <strong>di</strong> una fede<br />
attiva e contemplativa<br />
allo stesso tempo ove<br />
l’Eucaristia è il fulcro <strong>di</strong> una vita vissuta nel continuo<br />
“scontro” con il limite, nel continuo doversi accorgere<br />
della propria miseria e della miseria <strong>di</strong> ogni<br />
oggetto del creato; una miseria che però non svilisce<br />
il cuore dell’uomo de<strong>di</strong>to al duro lavoro terreno,<br />
ma che è un sacrificio che spera nell’eterna mi-<br />
“SIATE COME I BAMBINI”<br />
sericor<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Dio. Il testo della Zarri ci trasmette<br />
che ciò che a volte, per i “principianti” della fede, è<br />
messo in atto in modo quasi meccanico, può essere<br />
compiuto come reale slancio d’amore, dalla raccolta<br />
dei frutti <strong>di</strong> stagione alla mungitura <strong>di</strong> una mucca.<br />
Ogni azione umana può essere paragonabile a quella<br />
<strong>di</strong> Abramo che offre al Signore il suo amato figlio<br />
Isacco e riceve la grazia, la restituzione del dono.<br />
Ma ciò che la scrittrice definisce la sua “felice ossessione”<br />
è l’indagine contemplativa sulla Santissima<br />
Trinità: partendo da una sud<strong>di</strong>visione dell’intera<br />
realtà per tria<strong>di</strong>, la pensatrice <strong>di</strong>mostra come le tre<br />
parti siano un segno della presenza del Padre, del<br />
Figlio e dello Spirito Santo in ogni cosa, del Dio trino<br />
<strong>di</strong> cui, grazie all’incarnazione del Figlio, l’uomo<br />
<strong>di</strong>venta partecipe in un vincolo d’amore che non è<br />
mai statico.<br />
E’ interessante che in<br />
questa luce il comando<br />
evangelico “Siate<br />
come i bambini” non<br />
consista in una regressione<br />
infantile, ove del<br />
bambino risalterebbero<br />
solamente la capricciosità<br />
e il piagnisteo<br />
ancestrali (primo<br />
sta<strong>di</strong>o). Al contrario si<br />
tratta <strong>di</strong> un “tornare<br />
in avanti” come lo definisce<br />
l’autrice, <strong>di</strong> un<br />
“<strong>di</strong>ventare” bambini<br />
(terzo sta<strong>di</strong>o), acquisendo<br />
la capacità <strong>di</strong><br />
stupirsi delle piccole<br />
cose con cuore semplice<br />
dopo aver sperimentato<br />
la crisi<br />
d e l l ’ i n d i f f e r e n z a<br />
d e l l ’ e t à a d u l t a<br />
(secondo sta<strong>di</strong>o). E’ un processo che si conclude<br />
con l’acquisizione <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> innocenza<br />
originaria così come, in sede trinitaria, lo Spirito<br />
Santo “conclude” l’amore che intercorre tra Padre<br />
e Figlio. In entrambi i casi a permettere la conclusione<br />
è la capacità <strong>di</strong> lasciarsi amare. ■<br />
“Il Cristianesimo vissuto è un arrendersi non per stanchezza, ma per sapienza e grazia, nella<br />
scoperta che il lontano è vicino”
QUANDO LA PAZIENZA E' FORZA<br />
La pazienza è la virtù dei forti –<br />
recita un detto popolare. Chissà<br />
quante volte, invece, ne abbiamo<br />
persa ancora <strong>di</strong> più nel sentirci <strong>di</strong>re<br />
queste parole, perché ci suonava-<br />
no come una magra consolazione,<br />
senza svelarci alcunché sui nostri sacrifici. Eppure<br />
queste semplici parole nascondono profonde verità.<br />
Ogni giorno la nostra pazienza viene messa alla pro-<br />
va, quando siamo in auto bloccati nel traffico o in<br />
coda alla posta, nel tollerare certe stranezze del<br />
nostro coinquilino<br />
o nell'accettare<br />
quelli che ci sem-<br />
brano dei torti.<br />
Per tutto ciò ab-<br />
biamo bisogno <strong>di</strong><br />
una pazienza del<br />
quoti<strong>di</strong>ano, ovvero<br />
<strong>di</strong> quella calma<br />
necessaria per una<br />
convivenza pacifi-<br />
ca con gli altri, <strong>di</strong><br />
quello sforzo che<br />
facciamo per evi-<br />
tare un esaurimen-<br />
to nervoso. Ma<br />
c'è, poi, una pa-<br />
zienza più spiritua-<br />
le, che è quella virtù che ci serve nel non abbando-<br />
nare i nostri sogni, nel saper aspettare quel giorno<br />
in cui vedremo i frutti dei nostri sacrifici. Quante<br />
volte, infatti, ci siamo detti “non ce la faccio più” <strong>di</strong><br />
fronte a una delusione, a una sconfitta o a un rifiu-<br />
to? Ed è proprio in questi momenti <strong>di</strong> sconforto che<br />
il Signore ci rende più forti, grazie alla pazienza,<br />
facendoci accettare la vita con le sue sbavature e<br />
le sue assur<strong>di</strong>tà. Ma questa accettazione non è pas-<br />
siva rassegnazione. È, anzi, un duro lavoro su se<br />
stessi, sulla propria visione del mondo, per trovare il<br />
modo <strong>di</strong> trasformare le <strong>di</strong>fficoltà in opportunità. In<br />
questo senso la pazienza è perseveranza, è continu-<br />
are a percorrere la propria strada nonostante tutto.<br />
È resistere quando tutto sembra suggerirci <strong>di</strong> molla-<br />
re. È costanza, quella persistenza che ci occorre<br />
per rimettere insieme, pezzo dopo pezzo, ogni volta<br />
che crolla, tutto ciò che con fatica abbiamo co-<br />
struito. La pazienza è indulgenza <strong>di</strong> fronte al tra<strong>di</strong>-<br />
mento <strong>di</strong> un'amica. È ritardare il momento in cui le<br />
ferite che la vita ci lascia bruceranno con tutta la<br />
loro potenza, facendoci perdere la ragione. Molto<br />
più spesso identifichiamo la pazienza con l'attesa.<br />
La pazienza è anche speranza<br />
Quando ero bambi-<br />
na, mio nonno mi<br />
fece piantare una<br />
piccola pianta. Mi-<br />
si i semi nella ter-<br />
ra, perio<strong>di</strong>camente<br />
ci aggiungevo l'ac-<br />
qua e piano piano<br />
crebbe il fusto, poi<br />
le foglie e infine<br />
dei bellissimi fiori.<br />
Ecco, così è la pa-<br />
zienza: aspettare<br />
che progetti e af-<br />
fetti sboccino,<br />
p r endendocene<br />
cura nel frattem-<br />
po, e non avere<br />
troppa fretta, perché, per usare parole <strong>di</strong> Benedet-<br />
to XVI, “il tempo non scorre invano”. Aspettare è<br />
molto <strong>di</strong>fficile e spesso, più tempo passa, più le no-<br />
stre aspettative <strong>di</strong>minuiscono. Ma la pazienza è an-<br />
che speranza, quella speranza che ci dona Dio per<br />
farci vedere, ogni giorno, i nostri piccoli miracoli, e<br />
poi coglierli. Pazienza è fiducia, in Dio e nella vita<br />
che ci ha dato, grazie alla quale possiamo vivere pie-<br />
namente e i nostri sforzi non saranno affatto sforzi,<br />
ma atti pieni d 'amore. E allora la pazienza sarà amo-<br />
re per la vita. ■<br />
19
20<br />
CI SALVERA’ LA SOLIDARIETA’ ?!<br />
L’evento chiave che ha segnato gli ultimi tre anni della nostra società italiana è sicuramen-<br />
te quello relativo alla così detta “crisi economica globale”.<br />
Su questo tema sono stati versati fiumi e fiumi <strong>di</strong> inchiostro ed al tempo stesso esperti e<br />
politici <strong>di</strong> ogni schieramento hanno fatto il possibile per cercare <strong>di</strong> risolvere questo angoscioso<br />
problema sociale che <strong>di</strong>rettamente ha colpito le nostre famiglie.<br />
In realtà la soluzione al problema era alla portata <strong>di</strong> mano <strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong> noi, bastava solamente<br />
allungare la mano e prendere da qualsiasi biblioteca un testo noto a tutti con il nome <strong>di</strong><br />
“Bibbia” e andare a cercare al suo interno il Vangelo <strong>di</strong> Luca e più precisamente Lc 10,25-37.<br />
Qui troviamo la parabola del “Buon Samaritano” in cui si racconta la storia <strong>di</strong> un uomo che provenendo da<br />
Gerusalemme e recandosi verso Gerico fu aggre<strong>di</strong>to da briganti che lo derubarono <strong>di</strong> tutto ciò che aveva e<br />
lo ferirono gravemente, ma la cosa ancora più grave è che mentre l’uomo giaceva per terra in fin <strong>di</strong> vita passarono<br />
alcune persone che lo ignorarono, fino a quando giunse un samaritano che si pro<strong>di</strong>gò a prestare soccorso<br />
al pover’uomo portandolo a proprie spese in una locanda affinchè questi ricevesse il dovuto ristoro<br />
ed ulteriori cure.<br />
La parabola del “Buon Samaritano”<br />
non deve essere per tutti noi una<br />
semplice storiella da raccontare ai<br />
bambini prima <strong>di</strong> andare a letto; essa<br />
dovrebbe piuttosto rappresentare<br />
per la società un punto <strong>di</strong> riferimento<br />
per superare tutte le <strong>di</strong>fficoltà che<br />
spesso derivano dalle <strong>di</strong>fferenze economiche<br />
tra ceti <strong>di</strong>fferenti.<br />
Dalla parabola emerge chiaramente<br />
l’elemento della solidarietà, ovvero la<br />
presenza della benevolenza, della<br />
comprensione e dell’aiuto reciproco<br />
che dovrebbero manifestarsi nei momenti<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà.<br />
La solidarietà in questo momento<br />
così grigio della nostra società deve<br />
poter essere per tutti noi lo strumento<br />
ideale con cui ri<strong>di</strong>segnare il nostro<br />
rapporto con il prossimo.<br />
Se solo chi ha <strong>di</strong> più iniziasse a donare<br />
qualcosa a chi ha <strong>di</strong> meno sono<br />
convinto che nel giro <strong>di</strong> pochi giorni<br />
la crisi economica verrebbe a risolversi.<br />
Il Premio Nobel per la Pace 1980, l’argentino Adolfo Maria Pérez Esquivel, in un suo romanzo scrisse: “la<br />
grande ricchezza dell'umanità sta nella solidarietà”. Riflettendo su queste parole ci accorgiamo che la vera<br />
ricchezza non consiste nel possedere i molti beni terreni. Al contrario, l’unica e vera ricchezza è quella che<br />
risiede nel cuore <strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong> noi.<br />
In fondo, come scrisse Salomone nei suoi Proverbi, “chi dona al povero non sarà mai nel bisogno” (Pv 28,27).<br />
■<br />
La solidarietà in questo momento così grigio della nostra società deve poter essere per tutti noi<br />
lo strumento ideale su cui ri<strong>di</strong>segnare il nostro rapporto con il prossimo.
QUANDO IL CINEMA<br />
ERA UN PARADISO<br />
Salvatore è un vivace ragazzino<br />
che vive in un povero paese della<br />
campagna siciliana: finita la seconda<br />
guerra mon<strong>di</strong>ale, in un periodo<br />
<strong>di</strong> miseria e ricostruzione, le uniche<br />
<strong>di</strong>strazioni sono le proiezioni al<br />
“Cinema Para<strong>di</strong>so”, la sala cinematografica<br />
parrocchiale. Il piccolo Totò si <strong>di</strong>verte a<br />
spiare <strong>di</strong> nascosto i film mostrati in anteprima al<br />
parroco per l’inesorabile censura e a recitare a memoria<br />
le battute guardando in controluce i fotogrammi<br />
che ruba quoti<strong>di</strong>anamente. Affascinato dal<br />
lavoro del proiezionista Alfredo (che <strong>di</strong>venterà per<br />
lui una figura paterna insostituibile), cresce insieme<br />
ai film, le cui immagini istruiranno in<strong>di</strong>rettamente<br />
anche i rumorosi e<br />
ignoranti paesani,<br />
parafrasando così<br />
l’importanza e la forza<br />
del Cinema come<br />
mezzo educativo.<br />
Così Salvatore andrà<br />
verso una nuova vita,<br />
più grande del suo<br />
paesino, spinto proprio<br />
da Alfredo che<br />
lo salverà convincendolo<br />
a partire per<br />
seguire i suoi sogni e<br />
a non fare mai più<br />
ritorno.<br />
Noi però lo vedremo<br />
tornare, ormai uomo e affermato regista, per i funerali<br />
dell’amico. Gli anni sono passati, il paese è cambiato<br />
ed il vecchio “nuovo” cinema sta per essere<br />
demolito…<br />
Premio Oscar e Premio Speciale della Giuria a Cannes<br />
nel 1989, Nuovo Cinema Para<strong>di</strong>so è un vero capolavoro<br />
<strong>di</strong>retto nel 1988 da Giuseppe Tornatore:<br />
un film capace <strong>di</strong> farsi amare sia da chi semplicemente<br />
ne segue la storia, sia da chi è legato all’Arte<br />
del cinema, sia da chi è legato persino alla pellicola,<br />
al materiale supporto cinematografico.<br />
Il nome della sala, lo stesso del film, è senza dubbio<br />
evocativo: il cinema è il Para<strong>di</strong>so per gli abitanti del<br />
"Il segreto del successo <strong>di</strong> Nuovo Cinema Para<strong>di</strong>so è dovuto al fatto che generazioni <strong>di</strong> persone<br />
in tutto il mondo ritengono la sala cinematografica un luogo <strong>di</strong> educazione"<br />
(Giuseppe Tornatore).<br />
paese ed è altro rispetto alla vita quoti<strong>di</strong>ana; è al<br />
contempo uno spettacolo magico e un momento<br />
collettivo. Una rappresentazione del cinema in netta<br />
contrapposizione con quella attuale, in cui la visione<br />
cinematografica <strong>di</strong>venta sempre più<br />
un’esperienza in<strong>di</strong>viduale: il VHS prima, il DVD poi,<br />
ora ad<strong>di</strong>rittura il download e lo streaming.<br />
Nel “Cinema Para<strong>di</strong>so", invece, il cinema acquista<br />
una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> empatica fruizione, in cui il pubblico<br />
interagisce con il film: gli spettatori fanno il<br />
verso degli in<strong>di</strong>ani davanti ad Ombre rosse <strong>di</strong> John<br />
Ford; dormono, mangiano, bevono, fumano, schiamazzano,<br />
applaudono a scena aperta, si innamorano<br />
e soprattutto sognano. Non esiste più una <strong>di</strong>fferenza<br />
tra la piazza - il luogo classico della socializzazione<br />
- e la sala: gli abitanti del paese <strong>di</strong>ventano un<br />
tutt'uno con i <strong>di</strong>vi <strong>di</strong><br />
Hollywood, storpiano<br />
i loro nomi facendoli<br />
propri e si impossessano<br />
delle loro figure<br />
per farle <strong>di</strong>ventare<br />
più vicine, poterle<br />
toccare e interpretare<br />
a loro volta.<br />
Tornatore mette in<br />
scena una celebrazione<br />
della Settima<br />
Arte: attraverso i<br />
gran<strong>di</strong> film, i kolossal<br />
americani, ma anche<br />
quelli più intimi e<br />
nazional-popolari che<br />
davano speranza nel <strong>di</strong>fficile dopoguerra, il regista<br />
esalta il mito del Cinema. Nuovo Cinema Para<strong>di</strong>so è<br />
un film sul passato, sul ritorno, ma soprattutto è<br />
un’appassionata favola metacinematografica.<br />
Sorprendendoci a piangere appena dopo aver sorriso,<br />
Nuovo Cinema Para<strong>di</strong>so vive <strong>di</strong> questo slancio<br />
viscerale grazie anche all’in<strong>di</strong>menticabile composizione<br />
musicale <strong>di</strong> Ennio Morricone che crea una<br />
rara vicinanza tra il linguaggio del cinema e quello<br />
della musica: ogni tanto provate a chiudere gli occhi.<br />
Buona Visione. ■<br />
21
22<br />
Nel racconto “L’ultimo Natale”,<br />
Valerio Massimo Manfre<strong>di</strong> immagina<br />
una Città del Vaticano parallela<br />
a quella attuale per ambientare un<br />
evento epocale per l’Occidente: il<br />
crollo della Chiesa cattolica. Nella<br />
finzione narrativa, il terzo millennio<br />
<strong>di</strong>venta il contesto storico in cui la corruzione<br />
morale e la <strong>di</strong>ffusione della religione islamica concorrono<br />
a provocare la sconfitta del cattolicesimo.<br />
Il pontefice, quin<strong>di</strong>, si vede costretto ad abbandonare<br />
definitivamente i palazzi vaticani: con solenne<br />
umiltà depone l’abito bianco, lo zucchetto, le scarpe<br />
in cuoio rosso e si sfila l’anello in ametista per<br />
indossare vestiti<br />
che lo rendono<br />
un citta<strong>di</strong>no comune<br />
della capitale.<br />
L’autore lo<br />
descrive mentre<br />
si immerge tra la<br />
folla <strong>di</strong> curiosi e<br />
giornalisti, lo segue<br />
quando affronta<br />
il delirio<br />
metropolitano<br />
fino a raggiungere<br />
uno dei quartieri<br />
più miseri<br />
della periferia<br />
romana.<br />
Durante il percorso<br />
che compie, il protagonista del racconto pronuncia<br />
delle parole dalle quali trapela una fede salda<br />
che rischia <strong>di</strong> tramutarsi in resa passiva agli eventi.<br />
La fiducia nell’onnipotenza del Signore si accosta<br />
all’accettazione dello stato a cui la società ha<br />
condannato se stessa: <strong>di</strong> fronte alla decadenza spirituale<br />
e morale a cui assiste, il pontefice si mostra<br />
tanto rispettoso quanto impotente. Continua a credere<br />
che la volontà <strong>di</strong> Dio opera attraverso la Storia,<br />
ma non riesce a capire in che modo possa verificarsi<br />
la salvezza <strong>di</strong> un’umanità che procede volontariamente<br />
verso la propria <strong>di</strong>struzione. Si affida,<br />
dunque, a una rassegnazione serena, finché gli even-<br />
UN PAPA IN BORGHESE<br />
ti non giungono a sconvolgerlo quando una situazione<br />
imbarazzante gli rivela Dio nell’innocenza <strong>di</strong> un<br />
bambino in<strong>di</strong>feso. Similmente a quanto è accaduto<br />
più <strong>di</strong> duemila anni fa, Dio si manifesta nelle membra<br />
delicate <strong>di</strong> un neonato. Tuttavia, questa volta,<br />
la creatura che porta speranza alla Chiesa non è il<br />
Figlio <strong>di</strong> Dio, non è stata generata per opera dello<br />
Spirito Santo e non è avvolta dalle braccia amorevoli<br />
della Vergine. Il bambino del racconto nasce tra<br />
l’immon<strong>di</strong>zia e i calcinacci <strong>di</strong> una <strong>di</strong>menticata comunità<br />
<strong>di</strong> recupero per prostitute, fuoriesce dal ventre<br />
<strong>di</strong> una donna che non può occuparsi <strong>di</strong> lui perché<br />
deve tornare al posto che le è stato assegnato<br />
sulla strada, non ha un padre e sembra essere privo<br />
persino d’identità poiché la madre non ha scelto per<br />
lui un nome. Un<br />
figlio abbandonato,<br />
un essere<br />
qualunque, concepito<br />
per sbaglio<br />
e sopravvissuto<br />
per caso, in<strong>di</strong>ca<br />
al pontefice la<br />
misericor<strong>di</strong>a e<br />
l’umiltà <strong>di</strong> un Dio<br />
che non smette<br />
<strong>di</strong> mostrarsi agli<br />
uomini, e per farlo<br />
sceglie un corpicinoapparentementeinsignificante,<strong>di</strong>mostrando<br />
che ai Propri<br />
occhi nessuna esistenza è priva <strong>di</strong> senso.<br />
Una particolare inventiva e lo stile asciutto ed essenziale<br />
consentono a Manfre<strong>di</strong> <strong>di</strong> condurci lungo<br />
questa catabasi urbana. L’inizio in me<strong>di</strong>as res e la<br />
rivelazione graduale <strong>di</strong> informazioni che permettono<br />
<strong>di</strong> ricostruire l’antefatto rendono coinvolgente una<br />
trama ricca <strong>di</strong> fascino poiché biblicamente inaccettabile<br />
ma storicamente possibile. Evitando i patetismi<br />
e pre<strong>di</strong>ligendo eventi e <strong>di</strong>aloghi, l’autore ci porta<br />
a scoprire insieme al protagonista che la vita è<br />
degna <strong>di</strong> essere accolta in ogni circostanza, anche<br />
quando sembra <strong>di</strong>vorata dalle macerie materiali e<br />
spirituali dell’umanità. ■<br />
Il racconto è tratto dalla raccolta “Misteri <strong>di</strong> Natale”, a cura <strong>di</strong> Nino Ravenna, E<strong>di</strong>zioni<br />
San Paolo, 2004.
DA SOPHIE A MARIA:<br />
CRONISTORIA DI CANTI SPIRITUALI<br />
Ti vedo raffigurata amabilmente,<br />
Maria, in infinite immagini,<br />
ma nessuna può mai raffigurarti<br />
quale t’immagina l’anima mia.<br />
Con un inno a Maria si chiudono i<br />
Canti spirituali, raccolta <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci<br />
componimenti elaborati tra<br />
l’autunno del 1799 e l’agostosettembre<br />
del 1800 dal poeta tedesco<br />
Georg Friedrich Philipp Freiherr<br />
von Hardenberg, meglio conosciuto<br />
come Novalis, voce <strong>di</strong> spicco nel panorama del Romanticismo<br />
tedesco. L’intimo incontro dell’anima poetante<br />
coi contenuti simbolico-allegorici del Cristianesimo<br />
proietta i dogmi della Fede all’interno <strong>di</strong> una<br />
“religione poetica”, che poggia - superandola però -<br />
sulla tra<strong>di</strong>zione tedesca dei canti luterani.<br />
Nella Vergine, in Cristo e nel mistero della resurrezione,<br />
Novalis contempla con sguardo estetico, potenziato<br />
da slanci mistici, il più alto grado d’intreccio tra<br />
la trama <strong>di</strong> sensibilità e finito e l’or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> sovrasensibilità<br />
e infinito. La resurrezione <strong>di</strong> Cristo e la redenzione<br />
dell’umanità, ontologicamente superiori<br />
nell’universo dei valori del poeta tedesco alla creazione,<br />
sono già temi che pervadono i versi dei più celebri<br />
Inni alla notte, composti negli anni imme<strong>di</strong>atamente precedenti ai Canti. Scrive così nell’inno V: La pietra è<br />
sollevata/ l’umanità è risorta/ noi tutti siamo tuoi,/ non sentiamo più vincoli./ Fugge ogni pena amara/ davanti<br />
all’aurea coppa,/ se nell’ultima Cena/ terra e vita <strong>di</strong>leguano.<br />
Nei Canti la prefigurazione della Passione <strong>di</strong> Cristo <strong>di</strong>venta un enigma per tutti i sensi terreni; solo chi conosce<br />
l’amore (pochi) non avverte fame insaziabile e sete eterna. Dalla consapevolezza, tuttavia, che mai è completa<br />
nella <strong>di</strong>mensione terrena la congiunzione con l’amato in un’unica sostanza, deriva che: Non ha mai fine<br />
la cena soave/ non è mai sazio l’amore/ […] Da sempre più tenere labbra/ mutato, <strong>di</strong>viene il possesso/ più intimo<br />
e vicino./ Voluttà più ardente/ percorre con brivi<strong>di</strong> l’anima./ Più assetato e affamato/ <strong>di</strong>viene il cuore:/ e<br />
così dura il go<strong>di</strong>mento d’amore/ <strong>di</strong> eternità in eternità./ Se una volta chi è <strong>di</strong>giuno/ lo avesse gustato,/ lascerebbe<br />
ogni cosa/ per sedere con noi/ alla mensa della nostalgia/ che non è mai scarsa./ Saprebbe l’infinita/<br />
pienezza dell’amore/ e loderebbe il cibo/ <strong>di</strong> carne e <strong>di</strong> sangue.<br />
La <strong>di</strong>mensione eucaristica, nella figura <strong>di</strong> Cristo come “me<strong>di</strong>atore monoteista”, si apre al panteismo cosmico,<br />
ampiamente sviluppato negli Inni, in cui la partecipazione del <strong>di</strong>vino è insita nell’essere stesso della natura.<br />
Soltanto alla luce <strong>di</strong> ciò, allora, appare comprensibile, se non giustificabile, l’ar<strong>di</strong>ta identificazione, all’interno<br />
del mistero dell’amore, tra Cristo e Sophie, fidanzata del poeta, la cui prematura morte secondo molti pose<br />
le basi alla stesura dei Canti spirituali. Insomma, storie <strong>di</strong> donne ovvero cronistoria <strong>di</strong> un’opera decisiva per<br />
la riabilitazione del Me<strong>di</strong>o Evo cristiano all’interno del panorama culturale europeo. ■<br />
Per approfon<strong>di</strong>re:<br />
http://www.readme.it/libri/Filosofia/Canti%20spirituali.shtml<br />
Da allora so che il tumulto del mondo<br />
si è <strong>di</strong>leguato per me come un sogno,<br />
e un cielo <strong>di</strong> dolcezza ineffabile<br />
mi sta per sempre nell’anima.<br />
23
24<br />
Il passante <strong>di</strong>stratto non prova<br />
alcun interesse per l’austera facciata<br />
<strong>di</strong> S. Vigilio, fatta <strong>di</strong> mattoni<br />
e semplici cornici <strong>di</strong> calcare. Eppure,<br />
metafora del cristiano che riconosce<br />
la vera ricchezza nell’anima,<br />
la chiesa che oggi ospita la <strong>Cappella</strong><br />
<strong>Universitaria</strong> custo<strong>di</strong>sce al suo interno un meraviglioso<br />
tesoro d’arte, che pochi altri luoghi della<br />
‘<strong>Siena</strong> da cartolina’ raggiungono. La lunga presenza<br />
gesuita (1561-1775) ha plasmato gli spazi <strong>di</strong> S. Vigilio,<br />
adattandoli alle esigenze <strong>di</strong> un or<strong>di</strong>ne de<strong>di</strong>to<br />
all’evangelizzazione dentro e fuori i confini europei.<br />
La scansione simmetrica degli spazi, intorno alla<br />
grande aula rettangolare,<br />
ha guidato la decorazione<br />
della chiesa, e l’arte del Sei<br />
e Settecento, che ne ricopre<br />
le pareti, si è adattata<br />
felicemente a trasmettere<br />
in maniera semplice e <strong>di</strong>retta<br />
il messaggio religioso. Il<br />
grande pulpito, sull’asse<br />
me<strong>di</strong>ano della sala, e gli<br />
otto confessionali, lungo le<br />
pareti, testimoniano<br />
l’impegno profuso<br />
dall’or<strong>di</strong>ne nel formare coscienze<br />
cristiane, mentre lo<br />
sforzo compiuto contro le<br />
teorie eterodosse è vivacemente<br />
espresso nella tela<br />
dell’altar maggiore. La Gloria<br />
<strong>di</strong> Sant’Ignazio <strong>di</strong> Loyola,<br />
<strong>di</strong>pinta dal celebre Mattia<br />
Preti nel 1681, simboleggia<br />
la vittoria dei Gesuiti<br />
sull’Eresia, rappresentata<br />
dalla ripugnante figura in<br />
basso a destra dell’osservatore. Una raffinata orchestrazione<br />
della decorazione artistica unisce in<br />
modo armonioso l’esaltazione della vera fede, e dei<br />
suoi <strong>di</strong>vulgatori, alla stimolazione della preghiera e<br />
della me<strong>di</strong>tazione. Gli angeloni in stucco dell’altar<br />
maggiore (G.A. Mazzuoli) accompagnano l’ascesa al<br />
LA CHIESA DI SAN VIGILIO:<br />
UN TESORO DA SCOPRIRE<br />
Per saperne <strong>di</strong> più:<br />
http://www.capunisi.it/index.php/san-vigilio<br />
Para<strong>di</strong>so <strong>di</strong> Ignazio, mentre i can<strong>di</strong><strong>di</strong> busti <strong>di</strong> Pietro<br />
e Giulia De’Vecchi (G. Mazzuoli, 1672 ca.) guidano<br />
con pose e sguar<strong>di</strong> il fedele nella contemplazione<br />
del Crocefisso, all’interno dell’omonima cappella. Gli<br />
strumenti della Passione, ostentati sulla piccola volta,<br />
e il valore simbolico del nero e del rosso, presenti<br />
tra i marmi dell’altare, partecipano coerentemente<br />
allo ‘spettacolo del sacro’. Senza dubbio, il grado<br />
emotivo più forte viene raggiunto dalle quin<strong>di</strong>ci tele<br />
raffiguranti il Giu<strong>di</strong>zio Universale poste sul soffitto<br />
(R. Vanni 1635 ca.). L’attento inserimento dell’or<strong>di</strong>ne<br />
gesuita nel tessuto religioso della città è <strong>di</strong>mostrato<br />
dalla cappella del Taja, oggi usata dal coro universitario.<br />
Ai lati del trigramma (JHS) ideato da San Bernar<strong>di</strong>no<br />
da <strong>Siena</strong> si collocano il beato senese Giovanni<br />
Colombini, fondatore<br />
dei Gesuati, e Sant’Ignazio<br />
per i Gesuiti: tutti uniti nel<br />
Nome <strong>di</strong> Gesù! Tra le famiglie<br />
nobili che concorsero<br />
all’abbellimento della chiesa<br />
svolsero un ruolo preminente<br />
i Biringucci, committenti<br />
dell’altar maggiore e del<br />
monumento, vicino alla sagrestia,<br />
de<strong>di</strong>cato a Marcello<br />
(B. Mazzuoli 1745), patrocinatore<br />
<strong>di</strong> borse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />
per i giovani de<strong>di</strong>ti all’arte.<br />
La memoria funebre speculare<br />
a questa ci ricorda<br />
l’attenzione rivolta verso S.<br />
Vigilio da parte <strong>di</strong> alti rappresentanti<br />
della gerarchia<br />
ecclesiastica: il committente<br />
della tomba <strong>di</strong> Antonio<br />
Rospigliosi (G.A. Mazzuoli<br />
1658 ca.) fu il car<strong>di</strong>nale Giulio,<br />
poi Papa Clemente IX.<br />
Un altro Papa sostenne<br />
questa chiesa, il senese Alessandro VII Chigi, che<br />
da porporato aveva <strong>di</strong>retto a <strong>di</strong>stanza la decorazione<br />
della cappella <strong>di</strong> famiglia (sull’altare Educazione<br />
della Vergine, G.F. Romanelli, 1639 ca.). Ecco in sintesi<br />
il tesoro <strong>di</strong> S. Vigilio. ■
LA PORTA CHE “PORTA” AL CIELO<br />
Il complesso architettonico della facciata del Duomo <strong>di</strong> <strong>Siena</strong>, tutto in marmo bianco con<br />
qualche decorazione in rosso <strong>di</strong> <strong>Siena</strong> è <strong>di</strong>visibile in due metà: inferiore e superiore. La parte<br />
inferiore fu realizzata da Giovanni Pisano tra il 1284 e il 1297. A questa fase appartengono<br />
i tre portali e i due torrioni laterali. L’intera Cattedrale <strong>di</strong> <strong>Siena</strong> è una vera e propria trasposizione<br />
architettonica del libro dell’Apocalisse e la facciata, in particolare, costituisce il<br />
“frontespizio” per l’intero “testo” costituito dalle immagini che troviamo dentro e fuori <strong>di</strong><br />
essa, dando all’intera chiesa l’aspetto del misterioso “rotolo scritto sul lato interno ed esterno”<br />
(Ap 5,1). Apocalisse significa rivelazione e il Duomo <strong>di</strong> <strong>Siena</strong>, come ogni altro tempio cristiano, si pone<br />
come segno rivelatore <strong>di</strong> cose ultime, <strong>di</strong> verità escatologiche; i marmi colorati, le dorature così come le tinte<br />
accese dei <strong>di</strong>pinti e delle vetrate all’interno evocano le mura <strong>di</strong> quella città futura “costruite con <strong>di</strong>aspro” e<br />
le sue fondamenta “adorne <strong>di</strong> ogni specie <strong>di</strong> pietre preziose” (Ap 21,28).<br />
Giovanni Pisano curò anche la decorazione scultorea della Cattedrale e corredò la facciata <strong>di</strong> numerose statue<br />
gotiche: Profeti, Patriarchi, Filosofi pagani e Profetesse. Tutte figure accomunate da un unico programma<br />
iconografico: l’annuncio della venuta <strong>di</strong> Cristo. Infatti la base concettuale della facciata è costituita<br />
dall’associazione tra il Tempio ed il corpo del Salvatore, con un’importante <strong>di</strong>fferenza rispetto ad altre gran<strong>di</strong><br />
Cattedrali: rispetto ad altre facciate teofaniche, a <strong>Siena</strong> il Cristo non è rappresentato in modo esplicito,<br />
ma attraverso alcune figure allusive. Figure che comunicano corporeità e drammaticità umana. Tra questi<br />
personaggi, due risultano essere particolarmente importanti:<br />
Davide e Salomone posti all’ingresso principale.<br />
Accanto a figure esemplari come i re sopracitati, troviamo<br />
altri personaggi allusivi del tutto inaspettati, rappresentanti<br />
<strong>di</strong> linee storiche, culturali e teologali apparentemente<br />
in contrasto con tutto il resto. E’ il caso <strong>di</strong> Balaam,<br />
indovino delle sponde dell’Eufrate il quale, mosso<br />
dallo Spirito, annunciò la futura venuta del Salvatore: il<br />
Nuovo Testamento citerà Balaam come esempio <strong>di</strong> profezia<br />
“involontaria”. Annunciatori “involontari” <strong>di</strong> Cristo<br />
sono Platone e Aristotele, posti tra i profeti d’Israele.<br />
Tutto ciò non deve stupire in quanto simboleggia la definitiva<br />
armonizzazione del pensiero pagano con la fede<br />
cristiana. Importanza simbolica assume la facciata intesa<br />
come “porta” d’ingresso. La porta fu elevata a una nuova<br />
<strong>di</strong>gnità dal Cristo: “Io sono la porta: se uno entra attraverso<br />
<strong>di</strong> me sarà salvo” (Gv 10,9). Se Cristo è la vera porta,<br />
“porta del cielo” è sua madre, alla quale il Duomo è<br />
de<strong>di</strong>cato. Tra le immagini mariane osserviamo i rilievi<br />
dell’architrave che raccontano la natività e l’infanzia<br />
della Vergine. Spostandoci nella parte alta della chiesa,<br />
realizzata da Caimanino <strong>di</strong> Crescentino, troviamo le tre<br />
bellissime cuspi<strong>di</strong> ottocentesche nei cui mosaici sono<br />
rappresentante l’Incoronazione, la Presentazione al tempio<br />
e la Natività della Vergine. Attraverso Maria, prima<br />
porta in assoluto, umano e Divino s’intrecciano e chi entra<br />
nel Tempio entra “per Maria” dalla cui carne venne la<br />
carne <strong>di</strong> Cristo, nuova via verso il cielo. ■<br />
Per approfon<strong>di</strong>re:<br />
http://www.operaduomo.siena.it/<br />
25
ORIZZONTALI<br />
1. La catechesi del lunedì sera, 11. Il bellissimo giovane della cultura greca, 16. L’imposta sugli acquisti, 19. Si contrappone alle altre, 20. Bagna<br />
Firenze, 21. Uno…inglese, 22. Discordare dal coro, 23. Capolavoro <strong>di</strong> Steven Spielberg, 24. Il successore <strong>di</strong> Giovanni Paolo II, 28. Corpo<br />
dei Carabinieri, 29. Il numero perfetto, 30. Si respira, 32. Sondrio, 33. Può essere nero o rosso, 34. Ispida, 35. Patriarca nipote <strong>di</strong> Abramo, 37.<br />
Acceso, 38. Una cifra in<strong>di</strong>cativa, 39. Lo pronunciano gli sposi, 41. Prefisso per sette, 43. Bari, 44. Il re della foresta, 46. Andati in latino, 47.<br />
Associazione nata nella <strong>Cappella</strong> <strong>Universitaria</strong>, 49. Istituto Tecnico Commerciale, 50. Furono moltiplicati insieme ai pani, 51. Identifica la<br />
Colombia, 52. Contrada senese verde, bianca e rossa, 53. Rieti, 55. In<strong>di</strong>ana University Press Online, 57. Cagliari, 58. Un ego della psicologia, 60.<br />
Frutto estivo, 63. Quella pubblica cura la salute della popolazione, 66. Metà…gara, 67. Una delle più note opere <strong>di</strong> Ver<strong>di</strong>, 68. Identifica la<br />
terza coniugazione, 69. Ha musicato “State buoni se potete”, 72. L’Holiday degli alberghi, 73. L’amata <strong>di</strong> Cirifischio, 75. A noi, 76. Taranto, 77.<br />
In questo momento, 79. Sono <strong>di</strong>spari nelle <strong>di</strong>ta, 80. Le facce del dado, 81. Il centro dell’anta, 82. In<strong>di</strong>ca abbondanza, 84. Uno dei veggenti <strong>di</strong><br />
Medjugorje, 85. Il Generale a cui fu attribuito l’omici<strong>di</strong>o dei fratelli Rosselli, 87. Effetto acustico, 90. Grosso serpente, 91. Capolavoro <strong>di</strong> De<br />
André, 94. Non è solido né liquido, 96. Dispari in nero, 98. Sono inseguiti dai gatti, 101. Le vocali del Milan, 102. Tipo <strong>di</strong> farina, 103. Giorno,<br />
104. Il glorioso film con Leonardo Di Caprio e Kate Winslet, 108. Errore, 110. Associazione Sportiva, 112. Cagliari, 114. Il compianto Massimo<br />
della TV, 115. Le suore <strong>di</strong> San Vigilio, 122. Le vocali sulla carta, 123. Quelli <strong>di</strong> zucca hanno grande valore nutritivo, 124. Diritto allo Stu<strong>di</strong>o<br />
Universitario, 125. Le hanno gli uccelli, 126. L’investigatore <strong>di</strong> Agatha Christie, 128. Trento, 129. Si celebra nella prima domenica <strong>di</strong> febbraio,<br />
130. Un Cesare della TV.<br />
VERTICALI<br />
1. Lo è la donna che cambia spesso umore, 2. Enna, 3. Chi li ha dorme sonni poco tranquilli, 4. European Article Number, 5. Un sacramento,<br />
6. Una “Cina” del sud est asiatico, 7. L’Edgar Allan della poesia, 8. Quella sacra può annullare il matrimonio, 9. Quello delle armi si concede<br />
agli avversari, 10. L’antica legge, 11. Asti, 12. Il curato <strong>di</strong> Renzo e Lucia, 13. Si contrappone a Off, 14. Cloruro <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o, 15. Sudò sette camicie,<br />
17. La Lario ex moglie <strong>di</strong> Berlusconi, 18. La capitale greca, 22. Provincia siciliana, 25. Le vocali della sera, 26. Sono pari negli atomi, 27.<br />
Monica attrice, 31. Verso sud…per i Negrita, 36. Fa parte del cappello, 39. Così è la Sindone, 40. Quartiere <strong>di</strong> Napoli, 42. Quello greco misura<br />
3.14, 45. All’inizio dell’occhio, 48. Metallo prezioso, 50. Il più classico tubero, 52. Oxford English Dictionary, 54. Dentro, 56. Ventre, 59. Colorazione<br />
dei capelli, 60. Né tuoi né suoi, 61. Il John dei Beatles, 62. Ente Bilaterale del Turismo, 64. Le vocali in più, 65. Altare, 66. L’apostolo<br />
pre<strong>di</strong>letto, 70. Pregiato tessuto, 71. Le celebri nozze narrate nel Vangelo, 73. Fausto della canzone, 74. Abitante <strong>di</strong> Catania, 78. Ravenna, 80.<br />
Stare…in prima persona, 83. Marca automobilistica, 84. Prima persona, 85. Quella internet è la più nota, 86. Motore a iniezione <strong>di</strong>retta, 87.<br />
La…fine del mese, 88. Cantarono per primi “Vivo per lei”, 89. In mezzo alla virata, 92. Cagliari, 93. <strong>Siena</strong>, 95. Strumento a corde simile alla<br />
chitarra, 97. Si fanno quando ci si <strong>di</strong>verte, 99. Il più famoso circo, 100. Non è preceduto da nessuno, 103. L’antica Romania, 105. Terni, 106.<br />
Capoluogo del nord Italia, 107. Il Galeazzo che sposò la figlia <strong>di</strong> Mussolini, 109. Articolo maschile, 110. Decisiva battaglia nella guerra <strong>di</strong> Abissinia,<br />
111. Ipotizza, 112. Chiamare…in inglese, 113. Tenda conica resa famosa dai nativi americani, 116. Metà…girata, 117. Monte sacro della<br />
mitologia greca, 118. Punto car<strong>di</strong>nale dell’oriente, 119. Cratere meteoritico <strong>di</strong> Marte, 120. Electro Optics Technology, 121. Raddoppiata significa<br />
“così come”, 123. Identifica Singapore, 127. In mezzo alle noci.<br />
26<br />
CRUCIVERBA<br />
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18<br />
19 20 21 22 23<br />
24 25 26 27 28 29<br />
30 31 32 33 34 35 36 37<br />
38 39 40 41 42 43 44 45<br />
46 47 48 49 50<br />
51 52 53 54 55 56 57<br />
58 59 60 61 62 63 64 65 66<br />
67 68 69 70 71<br />
72 73 74 75 76 77 78<br />
79 80 81 82 83 84<br />
85 86 87 88 89 90<br />
91 92 93 94 95 96 97<br />
98 99 100 101 102 103 104 105 106 107<br />
108 109 110 111 112 113 114<br />
115 116 117 118 119 120 121 122<br />
123 124 125 126 127 128<br />
129 130<br />
frase<br />
Le soluzioni del numero precedente sono <strong>di</strong>sponibili all’in<strong>di</strong>rizzo:<br />
http://www.capunisi.it/index.php/nero-su-bianco
MEMORANDUM<br />
27