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QUANDO PASSAVA IL GIRO<br />

di Roberto Barzanti<br />

13<br />

Una storica immagine<br />

del Giro del ‘54 con<br />

Fausto Coppi all’uscita<br />

di Porta Camollia<br />

Questo Giro d’Italia del Centenario mi pare un bel<br />

po’ scombinato. Il percorso non mi piace proprio.<br />

Se per essere “rivoluzionari” bisognava rivoluzionare<br />

la geografia e disegnare un itinerario a rovescio le trovate<br />

paiono piuttosto lambiccate. Che fascino potrà avere<br />

la parata di squadre nella cronometro inaugurale al Lido di<br />

Venezia, tra <strong>il</strong> Des Bains e l’ Excelsior dal pacchiano orientalismo?<br />

E perché chiudere con una cronometro individuale<br />

destinata a non cambiar nulla nella classifica ai Fori Imperiali<br />

quasi si dovessero tessere le lodi della Romanità come<br />

ai “bei” tempi? . In questo Giro capovolto non mi ci ritrovo.<br />

Torriani non l’avrebbe fatto. Figurarsi <strong>il</strong> Vesuvio al posto<br />

del Mortirolo, e <strong>il</strong> quatto Appennino marchigiano al posto<br />

delle aguzze Dolomiti e in mezzo M<strong>il</strong>ano con una tappa<br />

tutta chiusa nel labirinto cittadino. Quel ch’è peggio è che<br />

non passa da Siena. Quando eravamo ragazzi – son consentiti<br />

ricordi senza lacrime? – stavamo in attesa. Appena<br />

usciva la comunicazione ufficiale del percorso via a compulsar<br />

la “Gazzetta” sperando che transitasse da Siena o almeno<br />

in prossimità. La carovana era un bel vedere.<br />

S’andava ai bordi della strada ed era una gara ad acchiappare<br />

caramelle e ninnoli vari, volantini pubblicitari e bandierine<br />

colorate, cartoline pronte per l’autografo. Non era<br />

frequente che <strong>il</strong> Giro passasse dalle nostre parti, ma talvolta<br />

capitava ed era una festa. Nel ’48 gran volata allo stadio,<br />

che allora era anche velodromo, con Leoni trionfante.<br />

Questo Giro del Centenario toccherà Firenze in<br />

provenienza dal Lido di Camaiore e poi via da Campi<br />

Bisenzio alla volta di Bologna. La Toscana la sfiora<br />

appena: arriverà nel capoluogo – che non riesce a esserlo<br />

– <strong>il</strong> 22 maggio, alla tredicesima tappa e poi se<br />

ne andrà quasi avesse paura curvando verso nord.<br />

Sarà la trentesima volta che i girini rendono omaggio<br />

alla città gigliata. Alfredo Martini ha evocato l’anno<br />

che più gli è rimasto dentro, <strong>il</strong> 1946: “Si vedevano<br />

ancora le rovine prodotte dalla guerra. Passammo tra<br />

le macerie. Nella tappa che da Montecatini puntava<br />

su Prato, vinse Leoni e poi ci fu la Prato-Bologna<br />

vinta da Coppi”. I nomi delle città si confondono con<br />

quelle dei campioni. L’epica fa tutt’uno con <strong>il</strong> paesaggio.<br />

E ovunque in vetrina specialità e tradizioni,<br />

come in una Fiera nazionale.<br />

La tappa più memorab<strong>il</strong>e ospitata a Siena è,<br />

forse, a mio modo di sentire, quella del 19 maggio<br />

1952: la terza di quel Giro, <strong>il</strong> quarto vinto da<br />

Coppi. La partenza con raduno nel Campo e <strong>il</strong> via<br />

da Porta Romana fu uno spettacolo. Mi è capitato di<br />

rievocarlo con Emore Baglioni che del ciclismo senese<br />

è l’anima e <strong>il</strong> patriarca. Nella stanza che possiede<br />

in via de’Servi si può visitare un piccolo<br />

museo alla buona, pieno di cimeli da far invidia ai<br />

collezionisti appassionati. Tra le fotografie e le pagine<br />

esposte ecco quella che riporta la cronaca di<br />

quella mattina del 20 maggio. La tappa l’aveva<br />

vinta Bev<strong>il</strong>acqua, Nino Def<strong>il</strong>ippis in rosa. Coppi si<br />

era dovuto affacciare a più riprese dal balcone del<br />

Continental (dove alloggiava con la sua squadra)<br />

proprio come aveva dovuto fare, decenni prima,<br />

Gabriele D’Annunzio. E giù applausi a non finire.<br />

La partenza all’indomani era fissata a Porta Romana,<br />

in mezzo ai paggi di Contrada e allo sventolio<br />

dei vess<strong>il</strong>li. Il sindaco tardò ad abbassare la<br />

bandierina perché i girini si erano fatti prendere dal<br />

clima paliesco: tutti a indossare i berretti e a provarsi a<br />

stamburare.<br />

L’episodio più curioso riguarda Hugo Koblet che si<br />

dava arie di divo ed era ammiratissimo dalle ragazze. Prima<br />

della partenza Hugo era solito fare un’abbondante colazione.<br />

E così fece. Prese posto ad un tavolo della Speranza<br />

e con metodica calma ingurgitò con eleganza – così per ridere<br />

– un pantagruelico menu: quattro bicchieri di latte,<br />

quattro uova al burro, mezzo pollo lesso e una bistecca al<br />

sangue con contorno di asparagi. “La folla – riferisce lo<br />

scrupoloso cronista – ha sottolineato ogni portata con <strong>il</strong> suo<br />

stupito ‘buon appettito’”. Altra benzina rispetto al doping<br />

che oggi d<strong>il</strong>aga. La tappa fu funestata da un incidente terrib<strong>il</strong>e.<br />

Orfeo Ponsin, della Frejus, scendendo velocissimo<br />

lungo la Merluzza, presso Madonna di Bracciano, fu sbalzato<br />

di sella e sbatté violentemente la fronte contro un albero.<br />

Morì sul colpo. Prima di partire aveva detto alla<br />

fidanzata: “Quest’ anno voglio finirlo <strong>il</strong> Giro, andrò cauto<br />

fino a Roma. Poi tenterò le mie carte, per prendermi, se mi<br />

riesce, una vittoria di tappa”. Il sogno di Orfeo, con quel cognome<br />

squ<strong>il</strong>lante che più veneto non si può – era nato a<br />

San Giorgio in Bosco, presso Padova, in una famiglia contadina<br />

– si infranse contro un albero maledetto, lungo la<br />

Cassia. Il Giro è stato teatro di stupende imprese e di<br />

enormi fatiche, di ingenue gioie e brucianti delusioni.<br />

Quanti nomi son scritti nell’albo centenario! •

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