60 40 20 0 Grafico 11: Percentuale di citadini non informati, per titolo di studio (2002). totale laurea diploma licenza media licenza elementare Fonte: ns. elaborazioni su dati Osservatorio di Pavia Media Research (2003). 2002 2001 Grafico 12: Valenza dell'informazione televisiva (2001-2002). 47 58 0 20 40 60 80 100 32 43 negativo neutro positivo Fonte: ns. elaborazioni su dati Osservatorio di Pavia Media Research (2003). 36 10 5
Appendice. Un caso controverso: la contaminazione OGM <strong>nel</strong> nord Italia. L’eliminazione delle colture relative a 381 ettari in Piemonte è stata causata da una presenza OGM riscontrata compresa fra lo 0,02% e lo 0,11%. Su 200 campioni di mais analizzati, 15 sono risultati contaminati da organismi geneticamente modificati con un’incidenza del 7,5%. E’ il risultato delle analisi condotte dall’Ente Nazionale Sementi Elette (ENSE) nei primi mesi del 2003. Si è, quindi, concretizzato il problema della contaminazione delle sementi con organismi biotech, che ha portato al sequestro di diverse partite <strong>nel</strong>l’Italia settentrionale vendute come “tradizionali”. In base ai test eseguiti, la percentuale di contaminazione è risultata leggermente più elevata per la soia (8,7%) rispetto al mais. Ma è interessante notare che la frequenza di campioni positivi è stata particolarmente significativa (27,6%) <strong>nel</strong> caso di provenienza del seme dagli Stati Uniti, dove gli OGM sono normalmente coltivati. Rispetto all’anno precedente, la percentuale di campioni contaminati è scesa da poco più del 50% del 2002 al 7,5% attuale per merito del MiPAF di effettuare solo analisi qualitative (tese a stabilire la presenza e non la quantità di OGM) per far scattare i sigilli alle partite contaminate. Questo è stato possibile grazie alla decisione di ribadire la “tolleranza zero” rispetto ai limiti che erano in discussione a Bruxelles (0,3% per colza e cotone, 0,5% per pomodoro, bietola, cicoria, mais e patata, 0,7% per la soia), nonostante le richieste di “certezze” da parte degli agricoltori che si trovano inconsapevolmente ad acquistare e coltivare un prodotto contaminato. Tale linea di condotta è utile per mettere in piedi una filiera produttiva complessiva che sia considerata OGM-Free, anche se da più parti viene indicata la necessità di continuare la ricerca, evitando di bandire la sperimentazione sia in laboratorio che in campo aperto, pur rispettando il principio di precauzione e, ovviamente, le distanze di sicurezza per evitare la contaminazione dei campi limitrofi e, quindi, casi come quello relativo al Piemonte ed altre regioni del nord della penisola. Bisogna sottolineare che l’Italia, in effetti, ha un <strong>sistema</strong> agroalimentare unico, fortemente interconnesso con i contesti territoriali e culturali delle varie regioni del paese, la cui produzione tipica e di qualità si è affermata a livello internazionale in un contesto tendente alla globalizzazione ed all’appiattimento del gusto. Questa qualità diffusa della produzione ha origine <strong>nel</strong>la peculiarità del <strong>sistema</strong> produttivo: l’agricoltura italiana è caratterizzata da una superficie aziendale molto parcellizzata e con una stretta interazione tra aree coltivate ed aree naturali e boschive. Immaginare una coesistenza fra colture transgeniche, convenzionali e biologiche in contesti di questo genere sembra essere estremamente complicato. <strong>Le</strong> aziende coinvolte <strong>nel</strong>la contaminazione da OGM in Piemonte sono per la maggior parte associate alla Coldiretti, sostenitrice del rispetto della tolleranza zero: la responsabilità dimostrata dalle autorità amministrative e giudiziarie della regione, per il rispetto della legge violata con la commercializzazione di sementi contaminate da biotech, è stata sostenuta da una decisa azione per tutelare il territorio e risarcire tutti gli imprenditori agricoli danneggiati. Anzi, secondo l’associazione, questo caso ha dimostrato che il <strong>sistema</strong> dei controlli funziona ed è possibile seguire una via italiana per la semina sicura e l’origine garantita a tutela della qualità degli alimenti e dell’ambiente. Nonostante siano anch’esse associazioni di categoria, si sono mostrate di parere opposto Cia e Confagricoltura. La prima sostiene che la decisione di bandire le colture contaminate non ha valore dal punto di vista tecnico e, inoltre, risulta onerosissima per gli agricoltori: la contaminazione potenziale e accidentale di altre coltivazioni poteva e doveva essere prevista. La tolleranza zero sarebbe possibile solo se l’Europa vietasse totalmente l’importazione delle sementi prodotte negli USA e commercializzate dalle multinazionali; in mancanza di tale divieto, infatti, le contaminazioni sono sempre possibili. Anche Confagricoltura sostiene la prevedibilità della contaminazione; ragion per cui, per poter avere una filiera OGM-Free, servirebbe un serio lavoro di programmazione, di collaborazione tra pubblico e privato e di rilancio di una filiera nazionale per la produzione di sementi. Dunque, la nuova normativa comunitaria sui prodotti finiti contenenti OGM deve contribuire a riportare anche <strong>nel</strong> nostro paese il dibattito su basi pragmatiche e di massima tutela dei consumatori e degli agricoltori (per i quali è stato chiesto anche un indennizzo) che, in tale vicenda, rappresentano le uniche vere vittime. 33