C R I T I C A • C U L T U R A • C I N E M A - cinecircoloromano
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SCHEDE FILMOGRAFICHE<br />
HAPPY FAMILY di Gabriele Salvatores<br />
mercoledì 22 - giovedì 23 dicembre 2010<br />
Gabriele Salvatores (Napoli - luglio 1950) Trasferitosi a Milano, il suo primo approccio al mondo dello spettacolo non avvenne<br />
attraverso il cinema: iniziò infatti la sua attività fondando nel 1972 a Milano (assieme a Ferdinando Bruni) il Teatro dell’Elfo, per<br />
cui diresse molti spettacoli d’avanguardia, fino al 1989, anno in cui passò definitivamente al mondo della celluloide. Del 1989 è il<br />
film “Marrakech Express”, cui seguì nel 1990 “Turné”. Nel 1991 giunse la consacrazione internazionale con “Mediterraneo”,<br />
Premio Oscar come miglior film straniero (la pellicola si aggiudicherà anche tre premi David di Donatello per il miglior film, il<br />
montaggio ed il suono e, nel 1992 un Nastro d’Argento per la regia). Nel 1990 è anche regista dell’unico videoclip girato dal cantautore<br />
Fabrizio De André, per la canzone la domenica delle salme. La sua cosiddetta “trilogia della fuga”, composta dai tre film<br />
sopra citati, è idealmente proseguita nel 1992 da “Puerto Escondido”. L’anno seguente dirige “Sud” (1993). Nel 1997 “Nirvana”<br />
segna l’inizio di un periodo di sperimentazione narrativa durante il quale firmò “Denti” (2000) e “Amnèsia” (2002). Nel 2003 ha<br />
diretto “Io non ho paura” tratto dall’omonimo romanzo di Ammaniti. La pellicola gli vale una nuova nomination all’Oscar e il<br />
“Gattopardo d’oro” - Premio Luchino Viscont. Del 2005 è “Quo vadis, baby?”, tratto dall’omonimo romanzo di Grazia Verasani.<br />
Nel 2008 torna a dirigere un film tratto da un romanzo di Ammaniti, “Come Dio comanda”.<br />
Interpreti: Fabio De Luigi (Ezio), Diego Abatantuono (Papà), Fabrizio Bentivoglio (Vincenzo), Margherita Buy (Anna), Carla Signoris<br />
(Mamma), Valeria Bilello (Caterina), Corinna Augustoni (Nonna Anna), Gianmaria Biancuzzi (Filippo), Alice Croci (Marta), Sandra<br />
Milo<br />
Genere: Commedia<br />
Origine: Italia<br />
Soggetto: tratto dall’omonima commedia di Alessandro Genovesi prodotta dal Teatro dell’Elfo di Milano<br />
Sceneggiatura: Alessandro Genovesi e Gabriele Salvatores<br />
Fotografia: Italo Petriccione<br />
Musica: Louis Siciliano<br />
Montaggio: Massimo Fiocchi<br />
Durata: 90’<br />
Produzione: Maurizio Totti per Colorado Film/RAI Cinema<br />
Distribuzione: 01 Distribution<br />
SOGGETTO: All’inizio il protagonista Enzo, 38 anni, si rivolge direttamente alla m.d.p., dichiarando il proposito di scrivere una storia<br />
da cui fare un film. A poco a poco emerge un gruppo di personaggi, che si trovano ad interagire tra loro ma che, rischiano seriamente<br />
di restare senza autore. Ecco due famiglie: entrano in contatto perché i rispettivi figli sedicenni vogliono sposarsi. Ma nella cena<br />
che organizzano per conoscersi meglio, é invitato anche Enzo. Indecisione e paura si insinuano tra i sentimenti. Quando sembra che<br />
tutto si fermi, il racconto riprende. Quei personaggi vogliono vivere, e magari anche morire, ma provare emozioni. Lo scrittore prova<br />
ad accontentarli e a soddisfare anche se stesso.<br />
VALUTAZIONE: Dal profondo Nord Est del precedente “Come Dio comanda”, Salvatores ci invita a spostarci a Milano, città viva e<br />
vibrante, piena di attività e di molte culture. “Happy family” é una storia soprattutto spiazzante. Rifacendosi ad un testo teatrale, il regista<br />
scrive il puzzle narrativo come fosse il diario della precarietà contemporanea, tra il bel vivere e le belle case della buona borghesia<br />
e una irrefrenabile voglia di fuga. Nello schizofrenico diagramma delle paure quotidiane si insinua la malattia, che può essere vera (il<br />
tumore maligno) o simbolica (l’uso di ‘canne’). Passati i cinquanta, la famiglia si propone a Salvatores come il luogo di una comunità<br />
magari disordinata ma alla quale volere bene e nella quale recuperare quell’armonia che sembra sempre sfuggire di mano. Il gioco del<br />
cinema é ancora in grado di offrire quella duttilità espressiva che fa confondere vero e falso quasi senza farsene accorgere.<br />
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