C R I T I C A • C U L T U R A • C I N E M A - cinecircoloromano
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PASSEGGIANDO TRA I FESTIVALS<br />
V° FESTIVAL DI ROMA: la Lupa si mangia il Leone<br />
Il Festival Internazionale del Film di Roma è arrivato<br />
alla sua quinta edizione. Ad onta di chi ne preconizzava<br />
una precoce dipartita, pensando ad una rapida liquidazione,<br />
una volta esaurita la esperienza veltroniana,<br />
che l’aveva tenuta a battesimo, è più in salute che mai.<br />
Risente meno della crisi internazionale rispetto alla<br />
mostra di Venezia, confermando, a sua differenza, tutte<br />
le sale disponibili. Conferma la sua vocazione di maggiore<br />
attenzione alle preferenze del grande pubblico.<br />
Privilegiando, pur sempre nella attenta ricerca della<br />
qualità, le produzioni spettacolari e tradizionali, rispetto<br />
a quelle di ricerca sperimentale. Continua a mantenere<br />
i suoi cavalli di battaglia, che ne fanno un festival<br />
unico: la splendida sezione Alice nelle città, dei film<br />
per l’infanzia e per l’adolescenza, e gli incontri dei<br />
protagonisti del grande cinema con il pubblico. Pur con<br />
il rammarico del ridimensionamento parziale della<br />
sezione Extra, quella curata da Mario Sesti, che spesso<br />
ha fornito le opere più interessanti ed intriganti, la qualità<br />
media dei film proposti si mantiene elevata. Nella<br />
ideale competizione a distanza con la ben più blasonata<br />
kermesse veneziana, Roma, ancora una volta la<br />
spunta. Prevale, di poco, ma prevale. La Lupa<br />
Capitolina si mangia il Leone di San Marco. Le punte<br />
di diamante dalla scuola di cinema inglese, che, negli<br />
ultimi anni, sta producendo le cose più belle nel settore.<br />
La strepitosa commedia “We want sex”, di Nigel<br />
Cole, che fa ridere e fa pensare e fa entusiasmare, sulla<br />
vera storia di 187 operaie della Ford inglese che, negli<br />
anni ’60, misero in scacco la multinazionale dell’auto,<br />
chiedendo parità di trattamento retributivo rispetto ai<br />
maschi: una vera rivoluzione per l’epoca. Lo struggente,<br />
bellissimo “Oranges and sunshine” di Jim Loach,<br />
figlio del mitico Ken, che alla sua opera prima fa subito<br />
centro, con la storia di<br />
130.000 bambini di famiglie<br />
disagiate che furono<br />
brutalmente deportati<br />
dalla Gran Bretagna<br />
all’Australia nel dopo<br />
guerra. L’ironico, sulfureo,<br />
impagabile “Burke<br />
& Hare” del grande John<br />
Landis, che, per fare i<br />
film che vuole fare, deve<br />
lasciare Hollywood e<br />
rivolgersi alla industria<br />
europea, supportata dagli<br />
artigiani italiani, i migliori<br />
del mondo per calzature<br />
di Catello Masullo<br />
Julianne Moore, Marc’Aurelio alla carriera<br />
6<br />
e cappelli d’epoca, per ammissione dello stesso regista<br />
ad una mia domanda specifica. Di grande impatto emotivo<br />
il ritorno in patria di Susanne Bier, dopo la felice<br />
parentesi americana, con “In a better world”, che, per<br />
la prima volta, mette d’accordo pubblico e critica,<br />
aggiudicandosi sia il premio assegnato dagli spettatori<br />
che il gran premio della giuria. Molto forte e toccante<br />
il film irakeno “I fiori di Kirkuk” di Fariborz<br />
Kamkari, con la creativa collaborazione della italiana<br />
orchestra di Piazza Vittorio per le musiche.<br />
Interessante “Kill Me Please” di Olias Barco, una<br />
sorta di “Helzapoppin” macabro e grottesco, di un<br />
umorismo noir ed irresistibile, che si è aggiudicato il<br />
Marco Aurelio d’Oro, il massimo premio del Festival.<br />
La presenza del cinema italiano non è stata invece forte<br />
come a Venezia, la cui Mostra è più brava a fare incetta<br />
in questo specifico mercato. Non sono però mancate<br />
le opere degne di nota. Come il film sorprendente di<br />
Claudio Cupellini, “Una vita tranquilla”. Un film di<br />
genere, un noir classico, che non ti aspetti dall’autore<br />
del delizioso e leggero “Lezioni di cioccolato”. Con<br />
una incredibile verosimiglianza ed un meccanismo<br />
molto intrigante di alternanza delle tre lingue: napoletano,<br />
italiano e tedesco, che vengono usate come tane<br />
in cui nascondersi dal protagonista, un monumentale<br />
Toni Servillo, che con questa interpretazione vince<br />
finalmente il premio per miglior attore ad un festival<br />
internazionale. Interessanti le sezioni collaterali come<br />
quelle tenute presso la Casa del Cinema, ove segnaliamo<br />
il medio metraggio “L’elefante occupa spazio” di<br />
Francesco Bernabei. Anche quest’anno i “movie hunters”<br />
del Cinecircolo hanno approfittato a piene mani<br />
del Festival di Roma, che offre maggiori possibilità di<br />
pescare film più adatti alla nostra programmazione.<br />
Infatti la locandina prevede<br />
ben cinque titoli, di cui<br />
tre dalla passata edizione,<br />
che sono usciti nelle sale<br />
solo questo anno, molto di<br />
recente: “Hachiko” di<br />
Lasse Hallstrom,<br />
“L’uomo che verrà” di<br />
Giorgio Diritti, e “The<br />
Last Station”, di Michael<br />
Hoffman. I due film selezionati<br />
dal programma di<br />
questo anno del Festival<br />
di Roma sono: “We want<br />
Sex” e “Una vita tranquilla”,<br />
già qui commentati.