L'Equipaggio di Deep Space 16 Γ in Mosca cieca
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Quelle macchiate <strong>di</strong> sangue raggr<strong>in</strong>zivano e cadevano, mentre altre, lucide,<br />
perfette, crescevano a vista d’occhio, r<strong>in</strong>serrando la katana nel ventre<br />
dell’animale. La creatura si piegò su sé stessa, muggendo per il dolore, e<br />
afferrò con i denti la spada che sporgeva, strappandola via. Un fiotto <strong>di</strong><br />
sangue bruno <strong>in</strong>ondò il terreno, ma quasi subito una nuova fila <strong>di</strong> squame<br />
venne a fermare l’emorragia.<br />
La Bat’Leth pesava nelle sue mani. L’abbassò, affasc<strong>in</strong>ato suo malgrado.<br />
Delle ferite che lui era riuscito ad <strong>in</strong>fliggergli, non rimanevano che due strie<br />
<strong>di</strong> squame più lucenti. E lui era stanco. Non voleva morire. Non voleva<br />
morire. Rialzò lo sguardo verso la cupola, da dove trasparivano i volti <strong>di</strong><br />
migliaia <strong>di</strong> esseri. Ma non c’era salvezza, non c’era pietà <strong>in</strong> quell’arena.<br />
La creatura si rialzò, goffamente, sulle zampe posteriori.<br />
Allargò le ali, r<strong>in</strong>ghiando, e quasi lo toccò con le zanne.<br />
Lui lasciò andare la Bat’Leth. Che senso aveva? Era troppo stanco per<br />
correre ancora. Non sentì nemmeno il dolore quando la creatura gli squarciò<br />
la gola con i suoi artigli. Lo sguardo gli si velò, si velò <strong>di</strong> verde, verde<br />
sangue, e cadde a terra. La terra era <strong>di</strong> smeraldo, bagnata del suo sangue, il<br />
suo verde sangue romulano, e l’ultima cosa che sentì fu l’urlo della folla<br />
<strong>in</strong>torno a lui, che <strong>in</strong>neggiava alla creatura.<br />
Ufficio del Primo M<strong>in</strong>istro<br />
“Signor M<strong>in</strong>istro, posso entrare?”<br />
La voce stridula <strong>di</strong> J’nior al <strong>di</strong>ffusore pareva ancora più sgradevole <strong>di</strong><br />
quanto fosse <strong>di</strong> persona.<br />
Parmen scosse la testa, <strong>di</strong> cattivo umore. Gli sarebbe piaciuto rifiutare, ma<br />
non poteva, non <strong>in</strong> quel momento. Premette l’apertura della porta. L’uomo<br />
entrò nel suo stu<strong>di</strong>o con un sorriso sod<strong>di</strong>sfatto che glielo rese, se possibile,<br />
ancora più o<strong>di</strong>oso. Gli era antipatico praticamente tutto <strong>di</strong> lui: il suo modo<br />
<strong>di</strong> camm<strong>in</strong>are, quasi curvo <strong>di</strong> fronte a chi era più potente <strong>di</strong> lui, le sue<br />
smorfie servili, l’abitu<strong>di</strong>ne che aveva <strong>di</strong> gesticolare nell’aria con le antenne<br />
prensili superiori… E la sua voce, poi! Si sedette senza aspettare che lui<br />
gliene desse il permesso, e gli porse un chip <strong>di</strong> memoria.<br />
“Sono i risultati degli ascolti della puntata <strong>di</strong> stasera della <strong>di</strong>retta dall’arena,<br />
Signore - <strong>di</strong>sse - Guar<strong>di</strong>. Abbiamo toccato punte dell’84 per cento dello<br />
share!”<br />
<strong>16</strong><br />
<strong>Deep</strong> <strong>Space</strong> <strong>16</strong> <strong>Γ</strong> - Episo<strong>di</strong>o 004: <strong>Mosca</strong> Cieca